FLAI CGIL Emilia Romagna |
comunicazione web |
Home | Sicurezza sul lavoro | Agroalimentare | Sicurezza alimentare | contratti |
Domande frequenti tratto da
Greenpeace COSA SONO GLI OGM? Gli OGM - Organismi Geneticamente Manipolati - sono organismi artificiali, spesso brevettati e dunque di proprietà privata di una azienda. Sono ottenuti inserendo nel patrimonio genetico dell'organismo "ospite" pezzi di DNA di organismi diversi. COSA HANNO DI DIVERSO RISPETTO AI NORMALI INCROCI? La tecnica di incrocio, tuttora utilizzata in agricoltura nel miglioramento delle varietà vegetali e delle razze animali, si adotta per riprodurre piante e animali migliorandone le caratteristiche attraverso accoppiamenti selettivi fra individui tra loro fertili, generalmente appartenenti alla stessa specie. Al contrario, la manipolazione genetica "combina" organismi che in natura non possono fecondarsi: batteri con cereali, pesci con fragole, scorpioni con piante, ecc. MA NON ABBIAMO SEMPRE OTTENUTO OGM CON GLI INCROCI DELLE PIANTE? L'agricoltura è di per sé un'attività in cui l'uomo interagisce con gli ecosistemi e molte colture attuali sono il risultato di incroci tesi a concentrare le caratteristiche positive di varietà diverse. Per fare ciò è però necessario che le piante che si incrociano siano compatibili, altrimenti entrano in gioco le barriere naturali che impediscono, nella maggior parte dei casi, la fecondazione tra individui di specie diverse. Al contrario, gli OGM sono il frutto di ricombinazioni artificiali del materiale ereditario ottenute mediante l'inclusione di frammenti di DNA di un organismo donatore in un organismo ospite che in natura non potrebbero in alcun modo scambiarsi il materiale ereditario. L'inclusione della caratteristica di resistenza al freddo indotta nelle fragole attraverso l'inclusione della sequenza di DNA che nei pesci artici determina una maggior tolleranza alle basse temperature non sarebbe mai stata possibile con le tecniche di incrocio finora utilizzate in agricoltura. Per questo motivo sostenere che gli OGM si sono sempre creati non ha alcun fondamento. PERCHE' GREENPEACE E' CONTRO GLI OGM? Il rilascio in natura di OGM tramite coltivazione e allevamento o contaminazione accidentale può produrre effetti irreversibili sugli ecosistemi. Diversamente da un inquinante chimico, gli OGM possono riprodursi e moltiplicarsi, estendendo la propria presenza sia nello spazio che nel tempo e sfuggendo a qualsiasi controllo. GREENPEACE E' CONTRO OGNI FORMA DI INGEGNERIA O MANIPOLAZIONE GENETICA? No.
Greenpeace è contraria al rilascio nell'ambiente degli OGM, ma non esiste
un'opposizione preconcetta di Greenpeace contro l'intero spettro di
manipolazioni genetiche; in special modo non è contraria alle applicazioni
bio-mediche esenti da rischi sanitari e ambientali a breve e lungo
termine.
GREENPEACE E' CONTRO IL PROGRESSO ? Un reale progresso è quello orientato verso un'agricoltura e produzione alimentare in armonia con l'ambiente e privi di residui chimici. Con gli OGM non si hanno nè vantaggi ambientali nè sanitari, al contrario si orienta la ricerca verso la direzione opposta adattando gli organismi viventi alle esigenze della chimica (per esempio, rendendo alcune colture agrarie tolleranti a particolari erbicidi). COS' E' LA MONSANTO? La Monsanto è una industria che ha costruito parte del suo successo aziendale sulla chimica oggi ëvalorizzata' grazie alle biotecnologie, le quali naturalmente vengono presentate come tecnologie rispettose dell'ambiente e capaci di lenire gli impatti negativi dei pesticidi. Monsanto è la multinazionale diventata famosa per aver prodotto l'Agente Arancio, il defoliante tossico e cancerogeno usato nella guerra del Vietnam; successivamente si è concentrata sui PCB, i pericolosi composti organoclorurati più nocivi del DDT ora vietati pressoché ovunque, ma che continueranno per millenni ad inquinare fiumi e mari, a causa della loro persistenza. Il grande business della Monsanto è oggi quello biotecnologico, per il quale ha sostenuto grandi investimenti finanziari ó per esempio, legati all'acquisizione di numerose società di ricerca titolari di brevetti ó che devono entro breve termine assicurare la remunerazione del capitale impegnato per evitare la bancarotta. Una tale scommessa spiega l'arroganza che contraddistingue questa multinazionale nel sostenere la promozione delle colture transgeniche. Il processo di concentrazione oligopolistica dell'industria biotecnologica interessa anche altre multinazionali impegnate in fusioni societarie fra giganti o nell'assorbimento di piccole aziende di ricerca. Il controllo in poche mani dei brevetti biotecnologici e delle sementi che ne derivano, mette in serio pericolo quell'agricoltura plurale, sostenibile e ëbio-diversa' che tutt'ora occupa il 50% della forza lavoro mondiale, per la quale l'accesso alla terra e alle risorse genetiche è letteralmente fonte di sopravvivenza. Ecco perchè la Monsanto viene portata ad esempio di una politica commerciale sensibile alle sole logiche del mercato e indifferente alle molteplici conseguenze negative di carattere ambientale e socio-economico. MA PERCHÉ QUANDO SI PARLA DI OGM SI PARLA COSÌ TANTO DI SOIA E MAIS? Circa il 60% dei prodotti trasformati presenti sugli scaffali dei nostri supermercati contiene almeno un ingrediente originato da una di queste due colture. Si tratta di piante che danno un prodotto ó il seme, per quanto vi siano utilizzazioni agricole anche delle altre parti del vegetale ó estremamente duttile e poliedrico, capace di dar luogo a numerose applicazioni sia nell'industria agroalimentare che mangimistica. Queste virtù rendono inoltre il mais e la soia particolarmente vocate al commercio internazionale e si può dire che svolgano un ruolo da apripista per la globalizzazione agricola, ancora lontana dall'imporsi essendo i flussi di import/export di derrate limitati intorno al 10% della produzione agricola mondiale. SOIA La soia viene gergalmente chiamata una proteoleaginosa in quanto il suo seme è ricco sia di grassi che di proteine; l'iniziale estrazione delle sostanze oleose utilizzate principalmente nei prodotti alimentari umani lascia un sottoprodotto particolarmente ricco di proteine molto ricercate per l'alimentazione del bestiame. A differenza del mais, la distinzione tra alimenti e mangimi è meno importante per la soia, per la quale sia la farina che l'olio provengono dallo stesso processo di lavorazione. Da questo si evince che se l'intero mercato dell'olio di soia si orientasse verso l'esclusione degli OGM, si otterrebbe lo stesso risultato anche per la farina di soia (prodotta dalla stessa pianta non-OGM). Una tale scelta è però limitata dal fatto che l'olio ó in particolare se sottoposto a processi di raffinazione intensi - non contiene né proteine, né DNA (entrambi invece presenti nella farina). E' quindi impossibile sapere se un olio derivi da una fonte geneticamente modificata, a meno di monitorare la filiera nella sua interezza attraverso un adeguato sistema di tracciabilità. IN QUALI ALIMENTI SI TROVA LA SOIA? La soia si trova in una grande quantità di alimenti trasformati in quanto i suoi derivati sono di uso comune sotto forma di farina, olio e lecitina. La lecitina è un emulsionante di provenienza quasi esclusiva dalla soia, mentre la dicitura "grassi vegetali" e "grassi vegetali idrogenati" corrisponde in circa l'80% dei casi ad olio di soia. MAIS Il mais
rappresenta una importante fonte mangimistica somministrata al bestiame
sia ëtal quale' che dopo un processo di trasformazione. Per quel che
riguarda altre modalità di utilizzazione, il mais interessa l'industria
alimentare per molteplici prodotti di consumo, sotto forma di dolcificante
(come sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio) o amido, oppure
quale fonte di etanolo (usato nella produzione delle bevande oltre che
dall'industria meccanica). Un sottoprodotto di molte delle lavorazioni
menzionate è il glutine di mais impiegato come alimento degli animali
allevati. HO SENTITO PARLARE DI "MAIS Bt". COS' E'? Il Mais Bt è un prodotto transgenico della Ciba Geigy che contiene un gene per la produzione della tossina Bt del Bacillus thuringensis ad azione insetticida, principalmente contro le larve dei lepidotteri (farfalle). Questo mais è stato inoltre ingegnerizzato integrando un fattore per la resistenza al Basta (un erbicida della Hoechst, affiliata alla Ciba), ed un gene per la resistenza all'antibiotico ampicillina quale marcatore. PERCHE' LE COLTIVAZIONI Bt RAPPRESENTANO UN PERICOLO PER L'AGRICOLTURA BIOLOGICA? Il Bacillus thuringensis ancor prima di trovare impiego nelle colture transgeniche rappresentava un efficace ed ëecologico' insetticida naturale spesso usato in agricoltura biologica, spargendo le spore del batterio. Quando la spora viene inghiottita da una larva essa si attiva nello stomaco e produce una tossina che normalmente la uccide. Le piante Bt, invece, producono costantemente la tossina, con tre principali conseguenze: gli insetti
nocivi che cominciano ad attaccare il mais non sempre muoiono, nel qual
caso possono riuscire a spostarsi in un campo limitrofo esercitando
l'attività parassitaria; Anche per alcuni additivi alimentari alle aziende produttrici viene richiesto di presentare i risultati delle ricerche condotte che possono durare anche alcuni anni. Per l'approvazione degli OGM in campo alimentare, al contrario, si è fatto ricorso ad un concetto pseudoscientifico, la sostanziale equivalenza. La tesi è che modificando piccole porzioni di DNA le caratteristiche dell'organismo non sarebbero comunque differenti da quelle degli organismi non manipolati. In realtà, studi tossicologici condotti su animali alimentati con soia resistente all'erbicida Roundup Ready (semi e erbicida entrambi prodotti dalla Monsanto), dimostrano differenze significative nella composizione biochimica tali da portare a ritardi nell'accrescimento e ad alterazioni delle cellule pancreatiche. L'inesistenza di un valido processo di tracciabilità dai campi al piatto delle colture transgeniche impedisce, infine, qualsiasi intervento di controllo. Per questo è pura demagogia dire che gli OGM sono controllati come i farmaci. CON GLI OGM RISOLVEREMO IL PROBLEMA DELLA FAME NEL MONDO E DELLE MALATTIE ? L'introduzione degli OGM in agricoltura viene giustificata con la tesi che le colture transgeniche garantirebbero una maggiore produzione alimentare ritenuta necessaria per sfamare gli 800 milioni di persone che soffrono la fame. In realtà, il problema dell'insicurezza alimentare è principalmente connesso ad una iniqua ripartizione delle risorse e non ad una eventuale sottoproduzione agricola; è anche necessario sottolineare che le coltivazioni geneticamente modificate non hanno dimostrato alcun vantaggio produttivo rispetto a quelle tradizionali. La produzione odierna di cibo, quale media complessiva a livello mondiale, è tale da soddisfare l'attuale consumo umano fino a raggiungere un valore medio pari a 2.700 calorie al giorno, ben al di sopra del valore di 2.500 calorie, ritenuta la soglia minima media per assicurare un'alimentazione adeguata. Questi dati globali nascondono però profonde ineguaglianze: mentre nell'Europa occidentale disponiamo di 3.350 calorie pro capite al giorno (negli USA 3.570), nel Sud-Est asiatico non si superano le 2.350 e nell'Africa al di sotto del Sahara le 2.150! Difficile capire come le biotecnologie possano sanare tali squilibri; più facile ritenere che siano destinate ad aggravare le sperequazioni nell'accesso al cibo, legate principalmente alla mancanza di democrazia economica e sociale. A dimostrazione dell'assenza di una causalità diretta fra livelli di produzione nazionale e livelli di consumo, il Brasile, pur essendo il terzo esportatore mondiale di derrate agricole verso i paesi industrializzati, vanta il triste dato del 18% della popolazione in condizioni di insicurezza alimentare. Finora, oltre il 70% delle piante transgeniche che sono state immesse sul mercato sono state manipolate per renderle più resistenti all'attacco di erbicidi prodotte dalle stesse multinazionali che producono le sementi, o in grado di produrre da sé sostanze insetticide. Nel tentativo di offrire una faccia presentabile alle biotecnologie agricole, alcuni sforzi della ricerca sono stati orientati verso un miglioramento qualitativo delle colture per assicurare una più adeguata copertura dei fabbisogni dietetici. Il ëriso alla vitamina A' (anche conosciuto come golden rice) risponde a questa logica, ma la sperimentazione in corso non sembra mantenere le promesse dell'enfasi demagogica con cui è stata presentata: calcolando la quantità di vitamina A disponibile attraverso il riso transgenico, è stato stimato che una donna adulta può soddisfare un fabbisogno pari a 500 microgrammi con 3.75 kg di riso al giorno, una quantità che aumenta fino a 9 kg con la cottura! Anche in questo caso la soluzione risiede nella diversificazione alimentare e nell'inclusione nella dieta di vegetali naturalmente ricchi di vitamina A che sono spesso presenti in natura e che possono facilmente ed economicamente sopperire ai fabbisogni. Lo stesso Istituto Internazionale di Ricerca sul Riso (IRRI), impegnato nella sperimentazione del golden rice, ha recentemente affermato che siamo lontani da una sua commercializzazione, tanto da aggiungere che prima di cinque anni difficilmente verranno effettuate prove in campo, e che i nutrizionisti devono continuare a promuovere fonti convenzionali di vitamina A. Le promesse di ricadute sociali degli OGM sembrano ad oggi più demagogia che scienza. SE GLI OGM NON SONO SICURI, COME MAI GLI AMERICANI LI MANGIANO DA DIECI ANNI E NON HANNO NESSUN PROBLEMA DI SALUTE? Negli Stati Uniti, i cibi transgenici sono ben più numerosi di quelli presenti nel vecchio continente e sono sul mercato da oltre un decennio, senza che ai consumatori statunitensi sia stato concesso il diritto a sapere di cosa si nutrivano attraverso un'adeguata etichettatura dei prodotti. Per questo, è praticamente impossibile sapere chi consuma alimenti geneticamente modificati, di quale tipo, in che quantità e per quanto tempo, tutte informazioni essenziali per poter valutare correttamente i possibili effetti indotti sulla salute dal consumo di cibi transgenici. Ciò che rende impraticabile una valutazione accurata degli impatti sanitari degli OGM è il fatto che tutta la popolazione è indistintamente esposta, impedendo qualsiasi analisi di tipo epidemiologico per la quale è necessario poter comparare i dati della popolazione esposta all'agente che si vuole studiare, in questo caso gli OGM, con una porzione di popolazione quanto più simile a quella di studio per le caratteristiche considerate (area di residenza, esposizione ad inquinanti, distribuzione dell'età, comportamenti ed abitudini alimentari, stili di vita ecc.) non alimentata con alimenti transgenici. Solo attraverso uno studio così preparato si può forse riuscire a definire i cambiamenti indotti dal consumo di OGM in campo alimentare. L'impatto sanitario degli OGM deve essere necessariamente valutato sulla base di studi di lunga durata, contrariamente a quanto viene richiesto dalla normativa relativa al rilascio dell'autorizzazione alla commercializzazione che si ëaccontenta' di più limitate verifiche sperimentali e deve essere inoltre tenuto in considerazione che sempre maggiori evidenze scientifiche correlano il consumo di OGM e l'insorgenza di ipersensibilizzazioni o di allergie. Queste patologie sono già in netto aumento nelle popolazioni dei paesi industrializzati come conseguenza dell'abbassamento delle difese immunitarie e l'esposizione ad agenti allergenici ambientali, e rischiano di aggravarsi e moltipicarsi a causa degli OGM. Quindi chi sostiene che basta volgere lo sguardo verso gli USA per rassicurarsi sull'innocuità per la salute degli OGM sottovaluta grossolanamente la complessità della questione oppure mente di proposito all'opinione pubblica. IN EUROPA I CONSUMATORI POSSONO SCEGLIERE DI NON COMPRARE GLI OGM? L'opposizione dei consumatori europei verso l'uso di OGM in campo alimentare ha imposto alle autorità di mettere a punto un sistema di etichettatura dei prodotti come strumento per assicurare l'esercizio della libera scelta del consumatore. Greenpeace ha sempre sostenuto che l'etichettatura sia indispensabile ma non sufficiente, in quanto è ben più necessario tenere separati i prodotti agricoli transgenici da quelli tradizionali. In caso contrario la contaminazione da OGM nei prodotti tradizionali rende vana e insensata anche l'etichettatura (sia in positivo ó assenza di OGM ó che in negativo ó presenza di OGM). Nel 1998 è entrata in vigore una Direttiva che prevedeva l'obbligo di riportare in etichetta l'eventuale presenza di OGM. Ma dopo due anni, la Commissione Europea ha riconosciuto che lo stato di contaminazione delle sementi rendeva impossibile garantire l'assenza totale di OGM negli alimenti e ha quindi varato un testo corretto della direttiva in vigore dove si prescrive che la presenza di ingredienti transgenici non debba essere riportata in etichetta qualora la percentuale di OGM sia al di sotto dell'1% (ad esclusione di un impiego intenzionale, nel qual caso l'obbligo di etichettare si estende anche al di sotto di tale soglia). L'obbligo di riportare in etichetta la dicitura relativa ad ingredienti originati da colture transgeniche scatta quindi solo nel caso si superi un valore limite e sia rilevabile analiticamente la presenza di DNA o proteine dovute alla manipolazione genetica, mentre nessuna informazione viene fornita per ingredienti ó come l'amido od olii particolarmente processati ó ottenuti da piante geneticamente modificate, ma ësostanzialmente equivalenti' a quelli ottenuti da piante convenzionali. Il consumatore ha quindi accesso ad una informazione parziale ed esclusivamente riconducibile al prodotto da acquistare, mentre viene totalmente tenuto all'oscuro delle modalità di ottenimento ó i processi produttivi ó delle derrate agricole, su cui si possono nutrire preoccupazioni di carattere ambientale o etico. Il diritto all'informazione e alla scelta consapevole è, inoltre, negato anche all'agricoltore: i frequenti casi di contaminazione delle sementi emersi nel corso della primavera dell'anno in corso denunciano una situazione allarmante di rischio di inquinamento genetico dei nostri campi, di cui i contadini sono ignari, con potenziali ripercussioni anche sulla salute dei consumatori, come evidenziato dal caso StarLink (il mais transgenico che aveva ottenuto l'autorizzazione al commercio negli USA per il solo uso in zootecnia, ma che ha contaminato accidentalmente oltre 300 prodotti alimentari con decine di casi di allergie denunciati e un conseguente danno economico stimato in oltre 2.000 miliardi di lire dalla stessa Aventis, la multinazionale che lo ha prodotto, brevettato e messo in commercio). Sostenere, quindi, che i consumatori europei possono scegliere se mangiare o meno gli OGM è una manipolazione della verità. PERCHE' SIETE CONTRARI AI BREVETTI SUGLI OGM QUANDO SERVONO ALLA SCIENZA PER MIGLIORARE LA QUALITA' DELLA VITA ? Nel 1998, in risposta alle pressioni provenienti dalle industrie biotecnologiche, l'Unione Europea ha emanato una Direttiva che consente esplicitamente di brevettare organismi viventi come piante ed animali o parti di essi. La domanda di brevetti su organismi viventi e sulle tecnologie sviluppate per la loro manipolazione ha subito una impennata negli ultimi anni con il moltiplicarsi di ricerche su piante transgeniche e animali ënuovi' come la chimera uomo-maiale, le cui applicazioni risultano ancora oscure. Ad oggi sono state presentate all'EPO di Monaco (l'Ufficio Europeo per i Brevetti) più di 15.000 richieste di brevetti nel campo dell'ingegneria genetica ed oltre 2.000 sui geni umani di cui circa 300 già concesse prima del 1998. Le domande di brevetti che riguardano specie animali sono oltre 600 e una dozzina circa sono già state approvate mentre per le piante le richieste sono 1.500 di cui 100 già accolte. La concessione del brevetto è subordinata alla presentazione dettagliata dell'invenzione, che nel caso di organismi viventi transgenici riguarda anche la sequenza genica. I sostenitori della brevettabilità degli organismi viventi sostengono che la concessione del brevetto consente al mondo scientifico ed industriale di coprire i costi di ricerca e sviluppo delle tecnologie. Secondo una ricerca commissionata dal quotidiano britannico The Guardian, sono circa 127.000 i geni umani o sequenze parziali di geni umani brevettati da aziende farmaceutiche, aziende biotecnologiche, istituti di ricerca privati ed università. Un'azienda francese, la Genset, detiene circa il 29% del totale dei brevetti di geni umani, "possedendone" oltre 36.000. L'azienda Myriad Genetics dello Utah, che possiede i diritti intellettuali di due geni mutanti, il BRCA1 ed il BRCA2, considerati indicatori della predisposizione al tumore alle ovaie ed alle mammelle, ha inviato lettere di diffida a molti laboratori di ricerca chiedendo di interrompere l'uso diagnostico dei due geni in assenza del pagamento dei diritti brevettuali. Molti istituti di ricerca hanno ricevuto una simile lettera dalla compagnia Athena Diagnostic che rivendicava il possesso di diritti esclusivi di alcuni test diagnostici per il morbo di Alzheimer e ricordava che il loro uso da parte di qualsiasi altro istituto rappresentava una violazione della legge. L'Athena offriva di condurre i test al prezzo di circa 450.000 lire per ogni campione, un prezzo circa il doppio rispetto a quello offerto da molte strutture sanitarie attrezzate. Non
credere, quindi, a chi dice che la brevettabilità degli organismi viventi
favorisce lo sviluppo e l'applicazione terapeutica dell'ingegneria
genetica.
|