CASAMICCIOLA 1883

 Il "Big One"  

 

Pietro Ramella

UN BERSAGLIERE FRA LE MACERIE

 

Ramella Pietro di Domenico, panettiere da Favaro Biellese e di  Pistonatto Giovanna Bosconerese, era nato il 5 dicembre 1861. Dopo la concessione della decorazione e la fine del servizio militare presenta domanda presso la Soc. Strada Ferrata Centrale e Tramvie del Canavese prendendo servizio il 10 settembre 1886 con la qualifica di fuochista, poi macchinista. Nel 1887 la famiglia si trasferisce da Bosconero a Castellamonte, stazione terminale della ferrovia dopo il prolungamento della linea da Rivarolo. Fu posto in quiescenza il 31 maggio 1927, dopo 40 anni e 9 mesi di servizio e morirà il 27 luglio 1949.

 

De Andreis F. I terremoti e l’isola d’Ischia nel luglio 1883

   

È il 28 luglio 1883, siamo a Casamicciola, sull’isola d’Ischia. Sono le 9,30 della sera. Il paese risplende di mille lumi: alberga in essa la gioia e la vita. Quando in un baleno la coprono le tenebre: in esse regna il dolore e la morte. S'ode improvviso un rombo cupo e profondo; un boato orribile e tremendo o come una specie di mina che esplodendo sotto i piedi volesse sprofondare e inabissare la terra, accompagnata dall’urto strisciante di vento che tagliava gli arti ed il tronco .. un moto sussultorio ed ondulatorio, uniti al vorticoso, produssero rumore assordante che ripercuotendosi risuonava con un tono metallico speciale, fragoroso; in soli 13 secondi ebbe termine l’opera istantanea di distruzione, d’inaudito terrore e di generale desolazione. Nel medesimo tempo si sollevò un polverio opprimente, immenso e la più completa oscurità sorprese ogni superstite nel luogo ove si trovava; ognuno barcollando cadeva e l’isola intera fu coperta in dieci minuti da un vasto lenzuolo di morte e sepolcrale silenzio. Nel movimento sussultorio, i tetti, le travi, le mura, le volte ed i lastrichi si aprirono in varie direzioni e tutto fu lanciato in aria a vari metri d’altezza in guisa di piume, e così distaccati allontanati e gittati a distanza, lasciavano profonde voragini, orrendi spechi. Precipitavano confusi insieme uomini, donne, fanciulli, fino a raggiungere abbracciati ed ammonticchiati i pianoterra o le sottostanti cantine restando ivi sepolti e coperti da monti di rovine che furono la pietra sepolcrale di tanti infelici. Le vie erano scomparse, i rottami dei fabbricati di una strada sottoposta l’avevano ingombrata fino a farne scomparire ogni traccia. Nel medesimo tempo si sollevò un polverio opprimente, immenso e la più completa oscurità sorprese ogni superstite nel luogo ove si trovava; ognuno barcollando cadeva e l’isola intera fu coperta in dieci minuti da un vasto lenzuolo di morte e silenzio.

 

Dal diario del bersagliere Pietro Ramella - Mio nonno raccontava - del nipote  Pietro Ramella (Jr)

Alle 21,30 la terra aveva quindi tremato per 15 lunghissimi secondi (8° grado Mercalli). 2.333 morti e 706 feriti. Solo a Casamicciola si ebbero 1.784 morti e 448 feriti; tra essi 625 villeggianti e 51 stranieri. Dimorava allora a Villa Verde Pasquale Croce con la moglie Luisa e i figli Benedetto, di 17 anni, e Maria, di 13 (Alfonso era in collegio). Benedetto Croce, futuro Filosofo e Storico, rimase molte ore sotto le macerie riportando per tutta la vita le angosce, fisiche e morali, di quei sepolti vivi. “Eravamo a tavola per la cena io la mamma, mia sorella ed il babbo che si accingeva a prendere posto. Ad un tratto come alleggerito, vidi mio padre ondeggiare e subito in un baleno sprofondare nel pavimento stranamente apertosi, mia sorella schizzare in alto verso il tetto. Terrorizzato cercai con lo sguardo mia madre che raggiunsi sul balcone dove insieme precipitammo e così io svenni”. Il padre fu coperto tutto dalle macerie, ma parlò dalle nove e mezzo del sabato fino alle undici antimeridiane della domenica successiva. Benedetto era sepolto fino al collo nelle pietre, aveva però il capo fuori di esse. Il giovinetto fu estratto dalle rovine verso mezzogiorno, poco prima che il padre avesse cessato di parlare. Si racconta che con gran senso pratico dicesse al figlio "offri centomila lire a chi ti salva". A peggiorare la situazione venne un temporale che sembrò sommergere tutto e tutti. La voce del padre, implorante invano soccorso, gli giungeva sempre più fioca fino a che egli stesso perse i sensi. Verrà dissepolto assieme ai suoi da quel groviglio di sassi, calcinacci e travi. Trasportato a Napoli, gli venne inflitto il duplice ingessamento della gamba e del braccio fratturati: duplice, perché l’operazione, riuscita male la prima volta, dové essere ripetuta (claudicò comunque per tutta la vita).

Dalle parole di Benedetto Croce … una brusca interruzione e un profondo sconvolgimento sofferse la mia vita familiare per il terremoto di Casamicciola del 1883, nel quale perdetti i miei genitori e la mia unica sorella, e rimasi io stesso sepolto per parecchie ore sotto le macerie e fracassato in più parti del corpo. Rinvenni a notte alta, e mi trovai sepolto fino al collo, e sul mio capo scintillavano le stelle, e vedevo intorno il terriccio giallo, e non riuscivo a raccapezzarmi su ciò ch’era accaduto, e mi pareva di sognare. Compresi dopo un poco, e restai calmo, come accade nelle grandi disgrazie. Chiamai al soccorso per me e per mio padre, di cui ascoltavo la voce poco lontano; malgrado ogni sforzo, non riuscii da me solo a districarmi. Verso la mattina (ma più tardi), fui cavato fuori, se ben ricordo, da due soldati e steso su una barella all’aperto. Lo stordimento della sventura domestica che mi aveva colpito, lo stato morboso del mio organismo che non pativa di alcuna malattia determinata e sembrava patir di tutte, la mancanza di chiarezza su me stesso e sulla via da percorrere, gl’incerti concetti sui fini e sul significato del vivere, e le altre congiunte ansie giovanili, mi toglievano ogni lietezza di speranza e m’inchinavano a considerarmi avvizzito prima di fiorire, vecchio prima che giovane. Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino, e mi siano sorti persino pensieri di suicidio….

 

 

 Sabato 28 luglio 1883 una violenta scossa di terremoto colpì l’isola d’Ischia con epicentro la cittadina di Casamicciola, ove distrusse completamente la ridente stazione termale frequentata al momento da duemila villeggianti, tra cui numerosi stranieri. Il Comandante del Presidio Militare di Napoli. ordinò che gli Zappatori del 6° Bersaglieri partissero subito per l’isola.  Il reparto, di cui facevo parte io,  si trovava a Maddaloni dove aveva partecipato con il resto del Reggimento al campo estivo d’istruzione. Raggiunta Napoli in treno, il 29 ci siamo imbarcati su uno dei battelli a vapore che facevano la spola con Ischia, c’erano medici, infermieri, carabinieri, pompieri,  e materiale vario, al ritorno le navi portavano a Napoli i feriti. Quando siamo arrivati al porto mi sono reso conto della gravità del disastro, la città non c’era più., tutte le case erano crollate o fortemente danneggiate, la piazzetta della marina  era piena di scampati e di feriti, che attendevano di essere imbarcati per Napoli. Una volta a terra, il tenente che comandava la Compagnia ci divise in gruppi affidandone il comando ai sottoufficiali. A me, come caporale il tenente affidò il comando di sei uomini e m’indicò il luogo dove si doveva scavare. Erano le rovine di un albergo frequentato da stranieri. Cominciammo a scavare a mani nude, le pale non servivano a smuovere i calcinacci, usare i picconi era pericoloso perché i colpi potevano far precipitare i muri lesionati. Con cautela concentrammo i nostri sforzi dove si sentivano provenire delle invocazioni, anche in lingue che non conoscevamo. Spostammo parti di muro, porte, mobili e suppellettili sfondate, sempre tenendo d’occhio le parti ancora in piedi per timore che ci cadessero addosso, anche perché nel corso della giornata ci furono diverse scosse d’assestamento che fecero crollare speroni di muro rimasti in bilico. Dopo alcune ore sotto un sole cocente trovammo i primi corpi, morti, feriti gravi e meno gravi ed alcuni frastornati ma indenni. Mentre altri commilitoni portavano via le salme e trasportavano i feriti ai posti di pronto soccorso approntati al porto, io e la mia squadra continuammo a scavare seguendo le indicazioni di uno dei salvati, fortunosamente indenne, che in un italiano con inflessione inglese ci invitava di insistere perché sotto le macerie si trovavano altre persone tra cui sua moglie di cui sentivamo i lamenti.  Fu in quel momento che una scossa d’assestamento fece crollare una parte di muro che per poco non ci investì, i soldati istintivamente corsero via spaventati, mi venne istintivo di urlare“ Forsa fioi, tirumie fora L’inglese mi guardò sorpreso, non aveva capito cosa avevo detto, ma quando vide che avevamo ripreso  a scavare con lena si tranquillizzò. Ci volle del tempo, nel frattempo era scoppiato un violento temporale con tuoni, fulmini e scrosci d’acqua, ma finalmente riuscimmo a  trovare tre scampati, tra cui la moglie dell’inglese, che erano rimasti protetti da una nicchia formata da porzioni di volta  di una delle stanze del pianterreno. La signora si gettò singhiozzando nelle braccia del marito, dopo di che li accompagnai al centro di  soccorso. Prima di lasciarmi mi ringraziò di quanto avevamo fatto,  mi chiese cognome, grado e reparto di appartenenza e stringendomi la mano mi disse: “Sono il console inglese di Napoli, la segnalerò ai suoi superiori, mi faccia sapere cosa posso fare per lei e i suoi compagni”. Io mi schermii e mi venne istintivo salutarlo militarmente. Raggiunti i miei uomini, ci riunimmo alla compagnia e finalmente mangiammo, nel corso della giornata avevamo rosicchiato solo gallette, poi riposammo nelle tende allestite dal genio. Al mattino riprendemmo a scavare, e fu molto più dura, infatti, trovammo pochi superstiti, mentre i morti cominciavano a putrefarsi a causa del calore. I becchini arrivati da Napoli si rifiutarono di toccarli per cui fummo noi soldati che disimpegnammo il triste servizio, finché venne l’ordine di seppellirli dove li avevamo trovati coprendoli di calce ed acido fenico, mi ricordo la terribile  puzza di morte ed acido. Il 2 agosto venne ad Ischia re Umberto I° che accompagnato dalle autorità ispezionò quanto restava della città, passò anche davanti al luogo dove stavamo scavando ed un ufficiale che precedeva il corteo ci fece mettere sull’attenti finché non fu passato. Restai a Casamicciola fino al 5 agosto, quando la Compagnia Zappatori rientrò a Napoli con il I° Battaglione. Fummo messi in quarantena per due giorni a Bagnoli, dopo di che rientrammo a Napoli. Alcuni mesi dopo fui convocato dal comandante del mio Reggimento che mi informò che mi era stata conferita, come a molti altri bersaglieri, l’Argento al Valor Civile. Allora mi ricordai del Console inglese. La medaglia mi fu poi utile per ottenere un impiego alle Ferrovie del Canavese, dove lavorai fino a 67 anni.”

Il comune di Casamicciola nell’isola d’Ischia contava allora 4.300 anime e il terremoto ne uccise oltre 1/3, avendo provocato 1.784 vittime, oltre a 448 feriti. Già allora l'isola d'Ischia era meta turistica tanto che nella sventura morirono 625 forestieri. Casamicciola  era un centro mondano e oltre alle terme nuove vi si potevano ammirare pittoresche rovine d’impianti termali risalenti all’antica Roma. L’arcipelago include Ischia, lProcida e Nisida. Ischia con i suoi 46,4 km2, è la più estesa dell’arcipelago. D'origine vulcanica come le altre, è prevalentemente montuosa e culmina nei 788 m del monte Epomeo. Già il 4 marzo 1881, alle ore 13, una scossa violentissima della durata di soli 7 secondi sconvolse Casamicciola, provocando la morte di 124 persone e gravi danni agli abitati di Casamicciola e di Lacco Ameno (altre 2 rinomate località dell’isola sono Forio (sulla costa occidentale) e Barano (alle pendici meridionali del monte Epomeo). I soccorsi organizzati immediatamente procedettero al recupero delle vittime e al ripristino delle case abitabili.

 

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO PER GLI AFFARI DELL’INTERNO

Veduto Il D.R. 11 Agosto 1884 con cui fu conferita a RAMELLA Pietro, zappatore nel 6° Reggimento Bersaglieri la medaglia d’argento al Valor Civile con la seguente motivazione: “Addì  29 luglio 1883, nell’isola di Ischia adoperandosi con manifesto rischio della vita al soccorso dei pericolanti per le macerie rovinate dal terremoto rendendo meno gravi le conseguenze di quella catastrofe”  notifica al benemerito RAMELLA Pietro la sovrana concessione suddetta e spedisce al medesimo questa notificazione in testimonianza dell’onore ottenuto, del quale sarà dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale del Regno. Roma, addì 28 Agosto 1884

 

[…] il miglior pregio della vita, la maggiore soddisfazione che in essa possa provarsi è data non dalle fortune materiali, non dagli arricchimenti, non dai gradi conseguiti, non dagli onori, ma dal produrre qualcosa di obiettivo e di universale, dal promuovere un nuovo e più alto costume, una nuova e più alta disposizione negli animi e nelle volontà, dal modificare in meglio la società in mezzo a cui si vive, godendo di quest’opera come un artista della sua pittura o della sua statua, e un poeta della sua poesia. Benedetto Croce         

     

Sempre un caporale del 6° bersaglieri, Paolo Curcio, mettendo a repentaglio la propria vita si calò in una buca tra le macerie estraendone una ragazza. Per tale azione fu decorato con la medaglia d’oro al v.c con la seguente motivazione: “Per la segnalata azione di valore compiuta a Casamicciola nell'estrarre dalle macerie, con evidente e continuo pericolo della propria vita, la ragazza sedicenne Concetta Giganti, da Napoli, che riuscì a trarre in salvamento dopo lungo lavoro. 31 luglio 1883”.

 

"La sera di sabato 28 luglio 1883 avanzava con la consueta serenità. Gli alberghi, i palazzi, le case private erano animate; s'era intenti alla cena, si passeggiava e si conversava per le vie. Alle falde dell’Epomeo, sul versante settentrionale dell’isola d’Ischia, di fronte al mare aperto, il paese era costituito, a quei tempi, da casette ed aristocratiche villette disperse tra giardini, orti e vigneti. Il sole calava all’orizzonte; le luci spuntavano nei casolari dove i contadini si riposavano dalle fatiche quotidiane. Così a Forio dove si celebrava, con luminarie e fuochi pirotecnici, la festa di Sant’Anna. A Panza, a Serrara, a Fontana, a Lacco e negli altri paesi dell’isola, la sera procedeva tranquilla come al solito. Dicesi che, per quanto il giorno prima avesse rinfrescato una brezza soave, verso il tramonto l’aria s'era fatta quieta e soffocante; che, allo zeffiro della giornata, era succeduta quell’afa opprimente, dagli abitatori dell’Italia meridionale chiamata “aria di terremoto”. Sono le nove e mezza della sera quando in un baleno la coprono le tenebre.....  In soli 13 secondi ebbe termine l’opera istantanea di distruzione, d’inaudito terrore e di generale desolazione.

De Andreis F. I terremoti e l’isola d’Ischia nel luglio 1883

     
Da un fascicolo d'autore ignoto (consegnato dal nipote Pietro Ramella) riportiamo dalle pagine 6/7/8
     

Il giorno 30 giunse  finalmente la truppa (il grosso con non poche polemiche per il ritardo). La 14ma Compagnia del 6° del Capitano Barbieri s‘imbarcò alle 3.35 (notte) sul piroscafo elettrico e giunse nel pomeriggio insieme con 60 operai delle Società Cassian Bonn per la canalizzazione dell’acqua potabile. Il capitano Gervasi: in quel cumulo di rovine non v’era speranza di rintracciare qualcuno ancora vivo ma attraversando per caso verso le quattro del giorno 31 quei monti di macerie con il Capitano Mastelloni e il Tenente Battezzati avvertirono qualche voce e dei rumori che provenivano da sotto le  macerie: dato l’allarme insieme ad alcuni soldati cominciarono lo scavo. Dopo varie ore di 1avoro animati dalle voci che rispondevano dalle cavità aprirono una specie di tunnel che li condusse in un vuoto di volta di una delle stanze del pianterreno di un’abitazione. Incontrarono una prima sepolta, la signora Amalia Cobuzio che presa da forte emozione non poté fare a meno di piangere e in singhiozzi faceva capire che c’era un’altra sepolta di nome Giuletta Bregy. Un Bersagliere da solo si accinge all’opera di aprire un varco la dove avverte un gemito e, dopo penoso 1avoro, rinviene una fanciulla bellissima di circa 16 anni, senza nessuna ferita Se la mette sulle spalle e la conduce alla Marina, facendo più di due chilometri. Durante il tragitto la giovane abbraccia e bacia il suo salvatore, gli dona un anello, e quando sono alla spiaggia gli chiede «Mi accompagni a Napoli?» «Non posso» risponde il bersagliere, allora essa piange e segna il suo nome su un taccuino. Un altro bersagliere con grande fatica pratica un foro nelle macerie e si fa calare a capo in giù dove a un certo punto trova una donna che allattava il suo bambino e 1i estrae sani e salvi.

L’opera prestata con tanta abnegazione valse il conferimento di numerose onorificenze, tra cui la Croce di Cavaliere dell’Ordine d’Italia al Capitano Raffaello Serpieri comandante della 4ª compagnia  del I Battaglione e l’oro a Curcio per aver tratto a salvamento  dopo lungo e faticato lavoro reso più arduo dalla oscurità della notte una fanciulla di sedici anni, sfidando la sorte e continuo pericolo di rimanere egli stesso sepolto fra le macerie sotto alle quali aveva dovuto penetrare carponi.

  l'argento di Pietro Ramella  

 

I Bersaglieri salvano il marchese Martorana

Fra le macerie dello stabilimento termale Belliazzi si trovava il marchese Martorana ancora vivo sotto le macerie. L’onorevole Giustino Fortunato si impegnò con questi di salvarlo e così fu. Mise a guardia sul posto un domestico che non doveva abbandonare il luogo finché il marchese Martorana non venisse disseppellito. Il servitore mantenne la parola invocando più volte aiuto fino a quando a tarda sera non intervennero i Bersaglieri. Questi si misero all’opera di scavo e trassero dalle macerie il marchese ancora vivo senza neppure una contusione; egli aveva avuto il sangue freddo di dar la carica al suo orologio per accertarsi del tempo (che passava)

Una Donna viene salvata da 5 Bersaglieri

Il signor Girauld Lèopoldo e la guardia municipale Giuseppe Quintavalle qui giunsero a a bordo del piroscafo Tifeo portando provvigioni di pane. Essi dopo aver eseguito il proprio compito stavano per tornare alla Marina  quando seppero che da sotto le macerie si sentivano dei gemiti di persone ancora vive. Allora essi insieme a cinque Bersaglieri dissotterrarono in brevissimo tempo una donna per nome Lucia Marotta, semiviva estratta dalla casa rovinata. A Lacco Ameno i Bersaglieri si distinguono per coraggio e altruismo. Nei dintorni della chiesa del Rosario crollata e situata nella parte superiore di Lacco i soldati lavorano senza sosta scavando con abnegazione e sfidando ogni pericolo, cacciandosi a preferenza là dove più facile appariva la caduta di un muro o di una frana: erano i Bersaglieri che si distinguevano tra l’altro per il loro berretto da lavoro il fez. Una vecchia volendo esprimere l’ammirazione per essi e a suo modo esclamò «Ma chiste songo aneme de’ cane» (questi hanno un coraggio da cani)

I Bersaglieri ed il terremoto del 28 luglio 1883 di Pietro Ramella (Jr)

     

     Da tutte le città partirono soccorsi e truppe. Tra i primi ad accorrere i soldati e gli ufficiali distaccati presso lo Stabilimento Termale Militare di Ischia. Nella giornata successiva reparti del genio e del 15° fanteria seguiti dal resto dei Bersaglieri. Seguirono poi i contingenti del 7°, 8°, 65° e 66° reggimento di fanteria.

Il 20 aprile 2000 è stato aperto al pubblico il Museo Civico di Casamicciola Terme nella Villa Comunale della Bellavista. Il Museo è realizzato in collaborazione con il Servizio Sismico Nazionale e rappresenta la prima struttura culturale pubblica di Casamicciola. Il Museo è collegato all’antico Osservatorio Geofisico sulla collina della Gran Sentinella istituito nel 1891 e dismesso nel 1923 con il recupero della " vasca sismica" inventata dall’autodidatta triestino Giulio Grablovitz con la quale registrò il terremoto di San Francisco nel 1906.
Orario d’apertura Villa Comunale della Bellavista
dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle13,00 martedì e giovedì anche dalle 15,00 alle 18,00 Domeniche da giugno a settembre dalle ore 18,00 alle 22,00
Martedì e giovedì di agosto e sabato chiuso.
Osservatorio Geofisico 1885 sulla collina della Gran Sentinella
Dal 15 giugno al 15 ottobre 2006 - dal martedì alla domenica dalle 10 alle 12 e dalle 18 alle 22 - Lunedì e Ferragosto chiuso

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Alle ore 21,30 di sabato 28 luglio 1883 una scossa di terremoto dell’8° grado della scala Mercalli colpì l’isola d’Ischia con epicentro la cittadina di Casamicciola.Il sisma della durata di 16 secondi distrusse completamente la ridente stazione termale frequentata al momento da duemila villeggianti, tra cui numerosi stranieri, attratti dalla bontà delle sue acque minerali conosciute fin dall’antichità. Furono distrutti i grandiosi stabilimenti termali ed i lussuosi alberghi, e le pensioni e le più modeste case degli isolani. I primi soccorsi furono opera dei militari che si trovavano nella città di Ischia, risparmiata dal sisma, presso lo “stabilimento di bagni” appartenente al Ministero della Guerra, da 50 condannati al confino per motivi politici, per lo più socialisti, dai loro guardiani e da isolani provenienti dalle zone non colpite. Due telegrammi avvisarono della catastrofe il prefetto di Napoli ed il Comandante del Presidio Militare. Il primo reparto che si mise in viaggio fu la Compagnia Zappatori (di cui mio nonno Pietro era caporale). Arrivati il mattino del 29 a Casamicciola, completamente distrutta, i bersaglieri, divisi in drappelli agli ordini d'un graduato, iniziarono l’opera di ricerca dei sopravvissuti. Si prodigarono tutta la giornata nonostante che diverse scosse d’assestamento seguite da un violento temporale mettessero in pericolo la loro incolumità. I morti erano portati al cimitero, i feriti ai posti di pronto soccorso organizzati nei pressi del porto per poi essere trasferiti con le navi a Napoli. Il 30 luglio giunsero ad Ischia anche il I e IV battaglione* del 6° Reggimento bersaglieri agli ordini del colonnello Bruto Bruti, seguiti al 1° agosto dal II Battaglione così per una forza complessiva di 31 ufficiali e 643 soldati di truppa. L’opera di soccorso continuò senza soste, ma il calore, s'era in piena estate, cominciò a far decomporre i cadaveri via via dissepolti, tanto che i becchini appositamente fatti arrivare da Napoli si rifiutarono di toccarli e quindi trasferirli al cimitero. A questa triste incombenza si prodigarono i bersaglieri, non tralasciando tuttavia di mettere a repentaglio la loro vita per salvare in situazioni pericolose i sopravvissuti anche se il loro numero diminuiva con il passare del tempo. Un altro problema che i bersaglieri dovettero affrontare fu quello degli sciacalli che si aggiravano tra le macerie per razziare preziosi e quanto avesse valore, molti furono arrestati e consegnati ai carabinieri. Il loro intervento ad Ischia si protrasse fino al 5 agosto quando il Reggimento, sostituito da altri reparti, rientrò a Napoli, facendo però due giorni di quarantena a Bagnoli.

Nota del sito * Alla costituzione organica del 6° reggimento nel 1871 concorsero gli ex battaglioni autonomi VI-XIII-XIX e XXI assumendo però la numerazione interna dal I al IV. Allora i reggimenti erano 10 con 4 battaglioni cadauno per un totale di 40. Il 16 settembre del 1883, solo dopo il terremoto per effetto della legge 29/6/1882 e R.D. 27/8/1883 il IV battaglione andò a far parte del 12° reggimento neocostituito su tre battaglioni appunto il IV poi XXI-XXIII-XXXVI. La numerazione antica venne ripristinata completamente nel 1886 nel 50° della fondazione del corpo. i neo costituiti erano l'11° e 12° reggimento. L'intero corpo passava quindi su 12 reggimenti da 3 battaglioni cadauno per un totale di 36 corrispondenti ai 12 corpi d'armata territoriali.