La Settimana Santa a Cassano Ionio

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Azione culminante di tutta la ritualità che segna la Settimana Santa a Cassano Ionio in Calabria è la Processione dei misteri, che si snoda il Venerdì Santo, con un lungo e tortuoso percorso per le strade dell'antico centro storico, dalle nove del mattino alle sette di sera.

Sacra rappresentazione e rito penitenziale insieme, la processione dei Misteri concretizza e presentifica atti e comportamenti radicati nella cultura mediterranea, nella tradizione medioevale e nella predicazione post-tridentina dei missionari inviati a ri-evangelizzare le plebi rurali del Sud.
Riti purificatori, penitenziali e azione teatrale (enfatizzata dall'influenza della dominazione spagnola) concorrono, dunque, a dare fisionomia e sostanza alla processione che coinvolge, con comportamenti differenziati, tutta la comunità ma che vede i flagellanti, i cantori delle passioni, i portatori delle varette (i gruppi dei misteri della passione e morte di Gesù), i fedeli in corteo per tutto il tempo della durata del percorso appartenenti tutti alle classi misere, emarginate, segnate dal dolore della malattia, della disoccupazione, dell'emigrazione, della devianza e prive di ogni speranza di risolvere i loro problemi sul piano storico.
Essi, ripercorrendo la Via Crucis, contemplando i patimenti di Cristo e i dolori della Madonna, imitando, con la flagellazione, la passione e la morte dell'Uomo-Dio, sperano dì risorgere, come Lui, dal male presente e dalla morte temuta

Già i primi tre giorni della Settimana Santa vedono le famiglie impegnate nella confezione dei pani pasquali, detti tortani, preparati tutti, anche se morfologicamente diversi, con lo stesso impasto di farina e uova. I tortani accompagneranno il frugale pasto del Venerdì Santo e quello abbondante e grasso della Pasquetta, qui detta Passalakkua, poiché un tempo si attraversavano le acque del fiume Ejano per recarsi in aperta campagna, dove si mangiava sull'erba con la famiglia e gli amici.
Figura centrale del rito drammatico dell'Imitatio Christi è la disciplina, il fedele incappucciato che, per tutta la durata della processione, si percuote ininterrottamente gli omeri e il petto con flagelli di ferro battuto a cinque lingue (discipline, da cui, appunto, prende il nome).
Le discipline (i flagellanti) sono, negli ultimi anni cresciuti di numero, dopo una notevole decrescita negli anni settanta e ottanta, giungendo, come ai tempi del secondo conflitto mondiale e del successivo dopoguerra, a oltre duecento nel 1997 e nel 1998.

Il numero delle discipline varia, insomma, con il variare dell'intensità di crisi che segna la comunità.
Le discipline fanno la loro prima comparsa, con i suonatori di tròccola, bùccína e tamburi, la sera del Giovedì Santo quando, durante la predica di Passione, il sacerdote chiama l'Addolorata per consegnarle il Figlio crocifisso mentre gruppi silenziosi di fedeli visitano i Sepolcri adornati di grano bianco
Già da qualche ora le discipline, in posti bui o in locali adiacenti al Duomo, hanno compiuto in segreto il rito della vestizione indossando la tunica bianca ('u ciddizzu) cinta da un cordone e il cappuccio, ponendo (ma non tutti) sulla spalle un asciugamano di cotone per attutire i colpi di flagello e sistemando infine, sul petto la medaglia (del tutto rara) della Confraternita del Crocifisso.
I flagellanti (essendo da tempo scomparse la figura del confratello penitente della Congrega addetto a curare la cessione e i riti della Settimana Santa) sono tutti comuni fedeli che si percuotono per voto.

Terminata la predica di Passione i gruppi dei cantori, il buccinatore, i tamburini e il troccolante si attardano in chiesa a suonare e cantare mentre i fedeli defluiscono lentamente dopo aver toccato e baciato il lembo della veste dell'addolorata. Usciti dal Duomo i cantori continuano a eseguire le Passioni lungo le strade del paese per tutta la notte, tornando a casa giusto il tempo per ristorarsi e per prepararsi ad affrontare la lunga giornata del venerdì.

Dal sagrato del Duomo, preceduto e annunziato dai suonatori dì bùccina, tamburi e tròccola, alle nove del mattino del Venerdì Santo il corteo si muove lentamente: prima le diciotto varette, poi le varie associazioni, i fedeli che, per voto, portano la medaglia distintiva della Confraternita, le Verginelle (bambine che vestono la divisa dell'Addolorata) e i flagellanti.
Subito dopo è il Cristo morto portato da quattro discipline, dietro il quale si pone il Vescovo, alle cui spalle avanza solenne, incoronata da una corona d'oro, la seicentesca statua dell'Addolorata attorniata da gruppi di donne che intonano le Passioni e seguita da una gran folla, che va sempre più ingrossandosi fino ad assumere forme imponenti.

Consistenti ali di folla, persone che gremiscono balconi, finestre e soglie assistono alla processione a cui, poi, si accodano, avvicinandosi al Cristo morto e all'Addolorata per baciarli e toccarli con una mano o con un fazzoletto da conservare gelosamente per l'acquisita potenza taumaturgica. Raccolta, silenziosa, sofferta, prettamente penitenziale, la Processione abbandonando il centro storico si trasforma.
Tutto procede regolare e ogni elemento è al suo posto; il corteo rallenta e la visione d'insieme si fa ancora più impressionante ma qualcosa di immediatamente avvertibile, quasi palpabile, è avvenuto.
I gruppi si soffermano a cantare più a lungo e con maggior vigore, rifiutandosi di avanzare e attuando una forma rituale di opposizione all'ordine costituito, ai preti e al potere civile. A codesto comportamento, che denuncia anche la grande forza di aggregazione e di riconferma dell'identità e della dignità collettiva di cui si carica la Processione (e che in passato si rivelò efficace strumento di opposizione collettiva al regime fascista) si aggiunge il diverso modo di vivere la Processione di tutti gli altri.
E' lo stesso contesto, insomma, che sì avverte cambiato.
Nel mentre le varette rientrano in chiesa e le discipline e l'Addolorata indugiano a lungo dietro gli irremovibili gruppi canori, assediate dalla folla immensa, la gente sorride, si ferma a parlare, passeggia, rinsalda rapporti, fissa appuntamenti. Assume comportamenti da tempo festivo.
Compiuto tutto intero con compunzione e contrizione il rito della passione e della morte di Gesù, il fedele attende la Resurrezione di Cristo e, quindi, la sua.
E' perciò, tempo di gioia.
E' tempo di festa.