Negli oceani si cercano nuove fonti petrolifere: dalle coste africane a quelle americane , nel Sud Est asiatico e al largo della Norvegia.
Negli ultimi 20 anni sono stati scoperti, grazie alle nuove tecnologie, 50 milioni di km quadrati di bacini marini che potrebbero contenere petrolio.
Nonostante l'aumento del prezzo del greggio, ormai nessuno più parla della fine della risorsa petrolio. Le riserve stimate sono di circa 140 miliardi di tonnellate, sufficienti, al ritmo di consumo attuale, per altri 40 anni. Le riserve di gas naturale, di circa 150 mila miliardi di metri cubi, sono sufficienti invece per altri 60-70 anni.
Si pensa che il petrolio sia distribuito intorno al globo in una sorta di anello di cui i giacimenti dell'Alaska, del Mare del Nord e dell'isola di Sahalin sarebbero solo una parte. In genere i bacini si trovano nelle coste continentali, dove nel corso dei milioni di anni i resti organici si sono depositati nei fondali, sono stati ricoperti da sedimenti, compressi da strati di roccia e conservati per milioni di anni in condizioni particolari di pressione e temperatura.
Per trovare i giacimenti occorrono molti finanziamenti e tecnici preparati. In genere, i giacimenti sono localizzati lungo la linea di costa dei continenti e risalgono a 60 o 100 milioni di anni fa. Per questo sono necessarie indagini geologiche approfondite . In genere bacini con orientamento Nord-Sud sono attraversati da correnti fredde, più ossigenate, che favoriscono lo sviluppo degli esseri viventi.
Le tecnologie per la scoperta dei giacimenti petroliferi sono principalmente due: la sismica e la perforazione direzionale.
Con la prima si utilizzano piccole esplosioni in superficie dalle quali hanno origine onde sismiche. Queste viaggiano con una velocità differente e vengono riflesse nei vari strati che incontrano incontrando i sensori che le registrano e permettono di radiografare il sottosuolo.
La perforazione direzionale, che ha sostituito la vecchia trivella, consta di un tubo formato da vari tratti collegati da snodi che permettono di fare delle curve. All'estremità del tubo vi è lo scalpello che emette raggi gamma o neutroni e con la misura della resistenza elettrica , permette di esaminare la natura della roccia che incontra. Se in passato, con i metodi tradizionali, un giacimento veniva sfruttato per il 30%, ora, con le nuove tecnologie si riesce a sfruttare fino al 50 % del giacimento. Anche vecchi giacimenti, abbandonati perché poco redditizi, possono ancora fornire petrolio.
Sono allo studio i "pozzi intelligenti" , con più diramazioni per raggiungere diverse zone del giacimento e con valvole per permettere la risalita del petrolio e separarlo dal gas e dall'acqua.