Interviste

Nonna di Alessandra
Età attuale: 66
Luogo dei fatti: Nuraminis

Racconto :
"Nel periodo della guerra c'era molta miseria; nei primi periodi, le famiglie avevano le scorte necessarie per l'anno, cioè il grano per fare il pane, i legumi, il bestiame che si allevava in casa, ma le scorte finirono quando arrivarono i militari. Nel Comune si frequentavano le scuole.

A febbraio del 1943 erano state chiuse perché requisite dai militari, così si legge nelle note della pagella. Alcuni militari avevano occupato anche le case dei privati mentre ai proprietari lasciavano le stanze indispensabili per la loro famiglia. In casa avevamo un maiale, prima di ucciderlo dovevamo andare a dichiararlo in Comune, dove ci avevano obbligato a darne metà.

Mio marito, che aveva fatto la guerra '15-'18, accettò ma una condizione: ogni giorno un gruppo di militari dovevano mangiare il maiale a casa nostra. Venivano sei militari diversi, lui soddisfatto raccontava la sua prigionia durata sette anni.

Lui era partito all'età di soli 17 anni, era stato ferito e fatto prigioniero. Aveva trovato una famiglia che l'aveva ospitato e dato un lavoro, lo trattavano come un figlio.
Consumata la metà del maiale si salutarono commossi e disse: - Non potete immaginare, figlioli, quanto sono felice di aver ricambiato l'affetto e le attenzioni che anch'io ho avuto".

In ogni rione (vicinato) avevano fatto dei rifugi. Quando suonavano le sirene, tutti correvano al rifugio. In ogni famiglia subentrò la miseria, non si trovava più il filo per cucire, molte persone disfarono i merletti che avevano fatto alla loro biancheria, le donne filavano la lana di pecora.

Per colorare i tessuti utilizzavano ciò che trovavano, per esempio per fare il giallo utilizzavano la buccia di melagrana secca e così si facevano i vestiti. Il comune aveva dato ad ogni famiglia una tessera con i bollini, poi aveva razionato il cibo, per esempio spettavano 150 g di pane a ogni persona.

Anche lo zucchero e il latte era razionato: spettava a ogni famiglia ¼ (di latte). Poiché non bastava la notte mandavano le bambine a comprare il latte direttamente dal pastore, che ci diceva: -. Bambine se sentite qualche rumore nascondetevi in mezzo alle pecore! La mattina allora si andava a comprare il latte che spettava, ¼ a famiglia.

I proprietari anche se avevano grano in casa non potevano macinare ciò che volevano, infatti anch'essi dovevano rispettare la quantità stabilita. Spesso però non bastava allora si macinava di nascosto, e al posto degli asini si mettevano le persone per fare meno rumore.

C'era il coprifuoco, non si poteva lasciare la luce accesa più di una certa ora (all'imbrunire). Se qualcuno lasciava la luce accesa più del previsto doveva avere una scusa valida altrimenti veniva multato.

Durante il giorno si lavorava, essendo un piccolo paese la giornata si trascorreva a lavorare i campi, sia gli uomini sia le donne. A Nuraminis arrivarono moltissime persone dalle città (gli sfollati). A causa della crisi non si trovava più il sapone per lavarsi, e perciò si utilizzava solo l'acqua dei pozzi ma anche quella venne a mancare poiché la gente era tanta.

Cominciò così l'invasione di pidocchi e pulci. La fame si faceva sentire sempre di più, scoppiò la malaria. Io mi ammalai di malaria; per fortuna in quel periodo si incominciò a trovare una cura: punture di talchina e chinino di stato. Il nostro paese non era stato bombardato ma spezzonato.

Furono colpiti il campanile e due campane che ancora oggi sono custodite nella parrocchia. Quando i soldati andarono via riaprirono le scuole. Fra le fessure dei banchi c'erano pulci e pidocchi, i bambini erano costretti ad ammazzarli ma avevano un bruttissimo odore, perciò molte persone ritirarono i loro figli.

Nel frattempo arrivarono gli americani e vista l'invasione di questi insetti, avevano fatto disinfestare tutte le case con il DDT. Testimonianza che ancora oggi si può leggere in alcuni portoni vecchi.


Vicina di casa di Silvia
Anni: 75
Luogo dei fatti: Selegas (CA)

Racconto
Dove abitavo io, a Selegas, un piccolo paesino, non si avvertivano grandi cambiamenti a causa della guerra. Si era abituati ad una vita umile e con tante privazioni. Notizie della guerra arrivavano raramente, noi ragazze eravamo all'oscuro di quello che succedeva intorno.

Improvvisamente cominciarono ad arrivare dalla città tante persone che chiedevano ospitalità oppure case in affitto perchè erano state costrette ad abbandonare le loro case. Avevamo così saputo che a Cagliari, in città, c'erano stati i bombardamenti o, gli spezzonamenti, così li chiamavano.

Io, che non sapevo cosa fossero gli spezzonamenti, pensavo alle tegole, spezzoni di tegole che andavano a colpire chiunque. Era però una guerra lontana, che non ci riguardava. E la gente continuava ad arrivare da Cagliari. Arrivava con ogni mezzo che aveva a disposizione: motocicletta, camion, perfino in bicicletta.

La gente del paese era ospitale; mia madre dava il pane fatto in casa perchè diceva: "Il pane non deve mancare a nessuno". Gli sfollati arrivavano così com'erano quando le bombe li avevano sorpresi:  anche in camicia da notte.

Non avevano niente, nemmeno i vestiti; li chiedevano in prestito. Con alcuni abbiamo fatto amicizia e queste amicizie durano tuttora. Noi eravamo all'oscuro di tutto, in paese non avevamo la radio, non si compravano i giornali. Per avere qualche notizia con le amiche andavamo a Suelli, a pochi chilometri di distanza, dove incontravamo gli amici che avevano la radio. Ma non avevamo capito la gravità dei fatti.


Nonna di Nicola
Anni: 79
Luogo dei fatti: Cagliari

Racconto
Ero arrivata a Cagliari per trovare mio fratello, studente universitario, che stava a pensione in una famiglia in Via Azuni. Qui ho conosciuto Olga, la figlia del padrone di casa, una ragazza di vent'anni, vivace ed estroversa. Abbiamo legato subito: io paesana, lei cittadina, mi aveva affascinato la sua disinvoltura e la sua voglia di vivere.

La sera ricodo che siamo andati tutti insieme al cinema. A me non capitava mai di andare al cinema: al paese non c'era. Il cinema era il "Politeama Margherita", un bellissimo cinema (distrutto dai bombardamenti). Tornati a casa, siamo andati a letto. Io, come mia abitudine, avevo messo la camicia da notte, notai che gli altri, compresa Olga, rimasero vestiti.

Tra ragazze si hanno tante cose da raccontare, perciò ci siamo addormentate tardissimo. Ad un tratto sono stata svegliata dalle sirene. Improvvisamente  gli abitanti della casa si sono precipitati rapidamente fuori di casa: "Ai rifugi, presto, seguici!" Io mi vestii rapidamente, ma quando scesi le scale e andai in strada, non c'era più nessuno.

Dovevo andare ai rifugi. Ma quali? Dove? Così dopo un attimo di smarrimento, tornai a casa e mi misi a letto. Quella notte non è successo nulla, ma non riuscii a chiudere occhio finchè non ritornarono tutti. L'indomani sono rientrata al mio paese. Dopo un paio di giorni ho saputo che un bombardamento aveva distrutto le case di Via Azuni e ucciso Olga.

Era morta insieme a tante altre persone mentre cercavano di raggiungere il rifugio. Avevo sentito un'angoscia profonda: la guerra, con le sue bombe, non era  lontana, era vicina più che mai. Solo allora mi resi conto di quanto fossi stata fortunata quella notte. La notizia mi fece molta impressione e non ho mai dimenticato quella ragazza appena conosciuta che è rimasta nei miei ricordi per tutta la vita.



Nonno di Sonia
Età in cui sono accaduti i fatti: nove anni "Balilla"
Età attuale: 67 anni

Racconto
Verso le ore 20:00 iniziò a suonare l'allarme e a spegnersi le luci e questo significava che gli aerei stavano per bombardare la città. Abitavo in Via Alghero e andavo alla scuola "Riva" in Piazza Garibaldi; quando sentivamo l'allarme andavamo nel rifugio, che era in una chiesa situata in Via San Domenico.

Fortunatamente, il giorno in cui fu bombardata la chiesa non mi trovavo lì. Quel giorno ci furono parecchi morti. Mio padre fu chiamato a far parte della croce rossa nella seconda guerra mondiale, mentre nella prima guerra mondiale faceva parte dell'esercito. I feriti venivano trasportati all'ospedale militare che si trovava in Via San Benedetto (adesso c'è un ospizio).

La cucina dell'ospedale si trovava in Viale Merello, mio padre prendeva i viveri per la mia famiglia che erano patate lesse, polenta, brodo di gallina e, la domenica, mangiavamo pastasciutta condita con estratto di pomodoro (che costava due centesimi) e pane nero.

Finiti i bombardamenti venimmo sfollati a Settimo San Pietro; passati due anni tornammo a Cagliari e la nostra casa non c'era più.

Piazza Garibaldi: scuole elementari del Riva
Piazza Garibaldi - Le scuole elementari del Riva