Che Elisa sia ormai non più una promessa ma un’affermata e validissima rappresentante della musica italiana, ce lo ha già dimostrato da un pezzo. La sua vittoria al festival di Sanremo 2001 – con la sua unica canzone in italiano – è stata una conseguenza più che una causa del suo successo in escalation dell’ultimo anno. Con la pubblicazione di “Then Comes The Sun” ha dimostrato una maturazione a livello melodico e vocale senza pari, riuscendo a sfornare un album di una tale armonia fra immaginario e sonorità da sembrare un film perfetto. Ma per la giovane artista friulana non è abbastanza: appena giunta alla fine della prima fase del suo tour, con davanti ancora tutte le date estive e gli impegni ai festival, Elisa ha dei super-progetti da portare avanti. Prima di tutto l’esportazione della sua musica all’estero, che si realizza all’inizio dell’estate con la pubblicazione - in Europa e successivamente in America - di un disco che racchiude brani tratti da tutti e tre i suoi LP; quindi la possibilità di portare a termine il musical ‘senza tempo’ di cui ci aveva già parlato ai tempi dell’MTV Day 200; e per finire un album live-acustico che preveda la presenza di un coro di voci bulgare e di uno...gospel! Come pensavamo, Elisa non smetterà mai di stupirci.

Il tuo disco è uscito già da un po’ di tempo: qual è il tuo rapporto con “Then Comes The Sun” adesso, a mesi di distanza dalla sua pubblicazione? Si è rivelato quello che ti aspettavi?
Sì assolutamente. Sono contentissima, è il disco di cui sono più contenta perchè l’ho fatto molto di getto, non è stato pensato. La realizzazione è durata 2 mesi e mezzo e sono andata via un po’ a malincuore perchè l’ho fatto in California, dove avevo degli amici cari: c’era Corrado Rustici...Sono stata bene là, ho un bellissimo ricordo di quel periodo. Ancora lo ascolto e mi piace suonarlo dal vivo. Per cui sono molto contenta.

Crediamo davvero che questo sia il tuo album più complesso, da tutti i punti di vista: melodico, armonico, lirico. Ci piacerebbe sapere dalla tua viva voce i passi che hanno portato alla sua realizzazione…
“Asile’s World” e “Then Comes The Sun” sono la conseguenza del tempo e di tutto quello che ho fatto prima. “Pipes And Flowers” era molto istintivo, mi ero lasciata guidare tantissimo dalal produzione perchè ero molto più immatura e meno sicura di ciò che volevo. O meglio sapevo quello che volevo ma ero timida. Era poco rispetto a ciò che serviva sapere. Sapevo magari cosa volevo di una certa atmosfera, di un mondo ma non sapevo tradurlo dicendo ‘ok qui mettiamo quel basso’. Ma Corrado mi ha aiutato tantissimo in quel momento. Era il primo disco e c’era una raccolta di materiale molto grossa alle spalle: credo che sia sempre così per il primo disco, perchè hai un sacco di anni di materiale proprio perchè è il primo, è come se fosse un best of. Il secondo ha rappresentato un momento di cambiamento per me e infatti è stato più travagliato, ha avuto 10 mesi di lavorazione, 5 produzioni diverse. E’ un disco in cui io volevo essere presente e dare il meglio di me, forse in maniera fin troppo aggressiva, a posteriori. Infatti il risultato è stato molto intenso perchè quando lo sento mi risulta intenso, però anche un po’ violentato, una musica violentata da troppe mani, da troppe menti. Quando ho cominciato a scrivere “Then Comes The Sun” ero in un momento molto più pacifico in cui avevo superato molti dubbi sia musicali che della mia vita – perchè credo che le due cose vadano sempre legate insieme – e volevo semplicemente aver un bel ricordo di quell’esperienza e volevo crescere. E volevo dare anche agli altri la possibilità di crescere insieme a quello che stavo facendo. Per cui è stato un disco di ‘testa aperta’, di collaborazioni, in cui chiunque aveva qualcosa da dire lo poteva fare e c’era un’onestà di fondo per cui qualsiasi cosa non andasse bene lo dicevo subito. Questo teneva vivi i miei sensi non si confondevano perchè ero molto istintiva. E così andavamo avanti anche veloci, abbiamo registrato in maniera molto live. Devo essere grata anche al periodo di cambiamento più difficile e pesante di “Asile’s World” perchè se non ci fosse stato quello non mi sarei resa conto di quanto siano più importanti altri valori che sono venuti fuori con “Then Comes The Sun”.

Quanto credi che abbia influito sulla tua ‘coscienza compositiva’ il fatto di aver vinto Sanremo con l’unico brano che tu abbia mai cantato in italiano, per poi tornare al pubblico con un album interamente cantato in inglese?
E’ una cosa a cui ho pensato parecchio e ho provato a fare esperimenti in italiano che mi hanno soddisfatto fino a un certo punto per cui non mi sentivo pronta a fare un intero disco in italiano, soprattutto perchè le canzoni che avevo deciso di includere all’interno di “Then Comes The Sun” erano già quasi terminate anche a livello di testi in inglese. Per cui quello che avrei dovuto fare sarebbe stata una sorta di grande traduzione ed è un lavoro abbastanza difficile, pesante e poco spontaneo perchè quei pezzi erano già nati in un altro modo e io ho voluto conservarli così. Spero di riuscire un giorno a fare un disco in italiano con quell’istinto, non perchè lo devo fare.

Parliamo un po’ dei brani nello specifico: “Rainbow” potrebbe sembrare una canzone d’amore, ma il primo verso dice: “Tu non sei più mia nemica…”. A chi è rivolta?
Alla mia migliore amica. E’ un testo che avevo scritto per lei perchè ci eravamo avvicinate dopo un periodo in cui non eravamo più in sintonia ed è una persona importante per me, per cui è per lei.

L’amore, invece, esplode in “Dancing”, ma è un sentimento ‘impaurito’, che chiede proprio alla musica una rassicurazione esistenziale. Quanto c’è di autobiografico nei tuoi testi?
Tutto. E’ completamente autobiografico. “Dancing” l’ho vissuto veramente e ho ballato veramente con questa persona.

In “Fever” si respira tutta un’altra aria, sia dal punto di vista lirico che da quello dell’arrangiamento. Significa che per ogni volta che si abbassa lo sguardo c’è il suo corrispettivo reattivo?
Sicuramente, è una bella prospettiva, non l’avevo mai visto così. Il disco è un po’ un diario perchè anche a livello di testi ci sono stati un mucchio di cambiamenti, rispetto a “Pipes And Flowers” dove c’erano per esempio molte metafore e doppi sensi. Su “Asile’s World” c’erano ancora di più ma parlavano di cose vere e avevano ragione di esserci perchè erano un momento di grande confusione. Però è stato interessantissimo riuscire a scriverne lo stesso. Quello che è successo con “Then Comes The Sun” è che ho scritto di realtà pura, era come un diario. Infatti ci sono persone della mia vita che si trovano veramente in mezzo a questo disco. Credo che sia questo il motivo di questi sbalzi, come se fossero delle giornate sempre diverse.

I testi delle canzoni di “Then comes the sun”, ascoltati (e letti) nella loro sequenza, sembrano come tracciare un filo che definisce un senso di continuità, come fosse un ‘concept album’, con “Rock Your Soul” che termina con le parole “and the sun/and the sun/and the sun” e “It Is What It Is” che comincia proprio con la frase che intitola il lavoro. Quanto c’è di reale in questa nostra considerazione?
Lo è, è un concept album. La scaletta l’ho fatta io. Avevo studiato le tonalità di ogni canzone, una sorta di percorso armonico che hai quando ascolti il disco per intero. Il concetto del disco è quello del sole. Non è basato su di me ma è come se ci fosse qualche occhio esterno che vede anche me all’interno di un paesaggio, di una vita. Non sarò io a sopravvivere, sarà una di queste canzoni e non è neanche importante anche se tutto questo va perso perchè c’è qualcosa di più grosso che va avanti di cui faccio parte.

E’ per quello che alla fine c’è quella scarna ripresa – come ghost-track, peraltro – di “Rainbow”? Hai in qualche modo voluto chiudere un cerchio?
Sì esattamente così.

Un po’ in tutto l’album, e più nitidamente sul finire di “Fairy Girl” e nelle primissime note di “The Window”, spiccano delle fioriture che esprimono la tua splendida progressione vocale. Noi amiamo definire il tuo lavoro, e non a caso, come “i misteri delle voci friulane”. Dopo aver sperimentato le vocalità dell’Est europeo, quale sarà la tendenza dei tuoi studi?
Dipende molto da come riuscirò a vivere il resto della mia giornata perchè per riuscire ad avere certe tecniche e ad utilizzarle costantemente ci vuole una vita molto disciplinata e a volte io sono troppo amante della libertà per riuscirci. Dipenderà molto da questo perchè in “Then Comes The Sun” le canzoni sono più a favore della mia voce; il resto l’avevo scritto come se fossero due persone diverse, una la compositrice e una la cantante invece si sono un po’ unite e cercherò di conservare questa cosa. Penso che il fatto di esplorare altre tecniche e altri mondi, altre sonorità arriverà con il tempo con gli anni se continuerò a fare questo e con l’entrata in altri generi musicali.

Parliamo un po’ di altri progetti, quelli ai quali avevamo accennato ai tempi della nostra prima intervista per mtv.it. In primis “Le Creature Del Suono”, il famoso musical/film ‘senza tempo’: che fine ha fatto? Ci stai ancora lavorando?
E’ lì. Ho scritto gran parte delle musiche ed è una cosa a cui tengo tantissimo, spero di trovare collaboratori e avere tempo per farlo. Mi piacerebbe molto pensare che fosse il mio prossimo progetto ma non so se potrà corrispondere alla realtà.

Il secondo era la possibilità e la speranza di realizzare un live-album acustico, quello riferito all’esperienza che ti aveva vista sul palco con Giorgio Pacorig. Non ne farai più nulla?
Mi piacerebbe farlo all’inizio del prossimo anno e spero di riuscirci. È un live in cui vorrei prendere alcune canzoni da tutti e tre i dischi e forse - se ce la faccio, ma forse dovrò metterlo in un altro progetto perchè è troppo distante - vorrei fare anche delle cover, però forse lo farò più avanti, magari uno tutto cover. Però la cosa acustica che vorrei fare è un live con un pianoforte, un basso acustico, un quartetto d’archi, una chitarra acustica, batteria, percussioni anche africane e latine e mi piacerebbe avere un coro di voci bulgare, almeno sei e dall’altra parte un corso di 6 voci gospel. Vorrei incrociare queste voci diversissime, da una parte quella bianca-bianca-bianca e dall’altra quella nera-nera-nera. Anche lì mi piacerebbe avere delle percussioni africane molto legate al ritmo e a certe zone del corpo, delle vibrazioni molto legate al primo al secondo chakra. E dall’altra parte cose più eteree, legate alle popolazioni più nordiche, che leghino insieme. Mi sento un po’ così anch’io di avere due anime.

Sappiamo che presto verrà pubblicato il tuo disco in Europa: ci vuoi parlare di come si svolgerà l’esportazione della tua musica?
Esce il disco in Europa e in America. E’ una sorta di best of che racchiude alcuni brani del primo, del secondo e quasi tutto il terzo. Ha 12-13 canzoni. Esce in Europa in giugno e in America a settembre-ottobre. In Italia uscirà una versione a tiratura limitata di questo disco per averlo anche qui.

Come ti stai preparando per la promozione all’estero?
Continuo a fare le mie cose di sempre... si unirà alla promozione in italia, visto che avremo una tournée estiva anche in Italia. Sarà mescolato a queste cose.

A tour quasi finito, qual è l’impressione generale che hai avuto dai tuoi live? C’è qualche cosa in particolare che ti è rimasta impressa?
La gente è stata la cosa che mi ha colpito di più ho visto un cambiamento positivo del pubblico. Ho visto persone più intente a godersi lo spettacolo veramente e questo mi ha fatto tanto piacere. Ho visto tante persone cantare, ballare, tanti cori. Questo mi piace perchè un concerto è un momento di celebrazione, di condivisione di una cosa e quando vedo il pubblico che sente di partecipare mi piace perchè sento di aver lasciato una porta aperta e loro riescono a entrare. È la cosa più bella che è successa ultimamente.

E cosa ci dici dei pupazzetti che hai sul palco?
L’orso è di Max e serve perchè è quello che lo aiuta con i minidisc. Perché lui a un certo punto doveva mandare delle sequenze, non solo suonare, e allora ha messo l’orsetto per sembrare meno serio. Poi io ho il cane sopra l’asta, che mi ha regalato per coincidenza la mamma di Max, è lì dall’altra tournée mi piace non ho mai pensato di toglierlo.