La  valigetta  dei  colori

 

 

 

 

 

 

Tutto questo iniziò quando ebbi tra le mani la valigetta dei colori che era stata di mio padre.

Infatti, nella mia scelta della pittura, due cose ebbero il loro peso: una sorta di “predestinazione” manifestata manifestata con una ricca e –posso dire tranquillamente- “selezionata” produzione grafica; e la valigetta dei colori di mio padre insieme ad un vecchio cavalletto rotto ed alcuni rotoli di tela imprimita.

La grafica è stata la tappa indispensabile alla successiva attività di pittore, tuttavia fu già da sé un punto di arrivo.

Infatti oltre a sveltire il tratto e formare la visione dell’oggetto, educò la mente alla continuità ed alla coscienza indispensabili per aspirare legittimamente ad una “produzione artistica”.

La valigetta fu dunque l’occasione per concretare la disposizione alle cose della pittura.

 


 

Riparai il cavalletto, costruii i telai per le pezzature di tela ed iniziai a pitturare, decidendo che il modo migliore per onorare questi ricordi era il cercare seriamente qualche buon risultato.

Il pezzo migliore di tutta l’attrezzatura rimaneva la valigetta dei colori tanto che ancor oggi la conservo con devozione.

Ad essa si devono tutti i quadri fino al 1975/76.  Poi cominciai ad appoggiare i tubetti di colore un po’ dappertutto, ammucchiando tele dietro le porte, dietro le poltrone e sopra gli armadi.  Sul mio tavolo avevano ormai un posto fisso il barattolo dei pennelli, la trementina, le spatole, i vari recipienti, gli stracci… la valigetta era ormai troppo piccola e dovetti accantonarla: adesso tutta la mia casa è diventata una valigetta dei colori!