LA VITA, LA PITTURA, L'ARTE di

RECENSIONI e FRAMMENTI CRITICI

RECENSIONI

M. Lepore, Corriere Lombardo, 6-7 Dicembre 1947; E. Somaré, Il tempo di Milano, 21 Dicembre 1947; O. Vergani, L’Illustrazione Italiana, 19 Febbraio 1950; G. Milesi, L’Eco di Bergamo, 7 Settembre 1950; L. Borgese, Corriere della Sera, 7 Marzo 1951; M. Radice, L’Italia, 13 Marzo 1951; R. Viviani, Corriere degli Artisti, 15 Marzo 1951; C. Baroni, Il Popolo, 18 Novembre 1952; M. Lepore, Corriere d’Informazione, 12 Maggio 1956; M. Corradi, Gazzetta di Parma, 5 Aprile 1956; T. Manfrini, Il Gazzettino di Rovereto, 17 Marzo 1958; L. V., Alto Adige, 2 Aprile 1958; Corriere Piceno, Roma, 31 Dicembre 1966; V. Scorza, Il Giornale del Mezzogiorno, Novembre-Dicembre 1966; M. Caligiure, Estro, Roma, Ottobre 1967; G. Mancini, Teleuropa, Ottobre 1967; Il Giornale di Vicenza, 29 Maggio 1968; L. Santucci “G. Gambarini”, monografia 1970; Ponte Rosso, Edizioni d’Arte; T. Marcheselli, Gazzetta di Parma, 6 Novembre 1970; M. Lepore, Corriere d’ Informazione, 17 Novembre 1970; Dino Villani, Libertà, 26 Novembre 1970; G. Pettenati, L’Opinione Pubblica, Parma, 12 marzo 1971; L. Lazzari, L’Eco di Bergamo, 1973; M. Lepore, La Provincia Azzurra, Stresa, Gennaio 1975.

FRAMMENTI CRITICI

Enrico Somaré

Il tempo di Milano

21 dicembre 1947

Pittore alla deriva nel senso che nessuna corrente lo trascina e le lentezze e gli indugi delle acque lungo le rive del suo tenue vero lo trattengono. Affiorano sulle pareti della Galleria le note dei suoi paesaggi blandi che rendono, ad un occhio attento, una sommessa palpitazione di grigi e verdi smarriti, un palpito come di foglie cadute l’una accanto all’altra sull’umido terreno di un autunno pittorico.

Orio Vergani

Illustrazione Italiana

19 gennaio 1950

Artista che matura con cosciente amore e delicatezza la qualità di una pittura condotta sulla linea della buona tradizione dell’arte lombarda...

...paesista di chiaro sentimento poetico, che davanti ad ogni oggetto cerca che il colloquio emotivo trovi una nota di alta castità, aliena dai virtuosismi e dagli effetti facili...

 

Mario Radice

L’Italia

13 marzo 1951

...sono paesaggi di carattere postimpressionistico, dipinti con colori freschi, chiari e con l’apparente semplicità di chi ha buona e lunga esperienza.

 

Leonardo Borgese

Corriere della Sera

7 marzo 1951

...che ama la chiarezza, l’ordine, le luci diffuse e gentili, che lavora e che studia con serenità e che più di una volta riesce a far sostare chi non abbia l’occhio guasto o dalla noiosa avanguardia o dalla stanca retroguardia...

 

Costantino Baroni

Il Popolo

18 novembre 1952

...con la pacata nota bucolica dei suoi paesaggi imperlati di luminosità dolce...

 

Mario Lepore

Corriere d’Informazione

17 novembre 1970

La sua opera, come qui si può constatare, ha l’impronta, pur nella naturale evoluzione che ogni Artista ha, di una coerenza rigorosa di linguaggio e di fedeltà alla poetica interpretazione della natura ispiratrice. Il colore limpido ed esatto nel tono di origine naturalistica, tende durante un periodo che va approssimativamente dal 1940 al 1950 alle gamme molto chiare e luminose e alla resa di vibratili trasparenze atmosferiche, con fini passaggi tonali.

In seguito, la pennellata si fa più sintetica e robusta, mentre la cromia diventa più intensa e la costruzione delle masse più scandita nei piani e più vigorosa nell’insieme. Sempre però mantenendo l’Artista una bella armonia e limpidezza della tavolozza e della pennellata succosa.

 

Mario Lepore

La provincia azzurra

gennaio-marzo 1975

Pittore con un buon impianto disegnativo - che poi significa conoscenza della forma - Gambarini, appunto per questa sua dote sa riassumere con una pennellata agevole la struttura delle cose, del dato fisico naturale, e compositivamente riesce a ordinare i piani del dipinto in un insieme ben organizzato, senza tuttavia dare un deliberato “tono” architettonico al quadro, anzi lasciandolo aperto alle emozioni del colore, della luce, dello spazio, che registra con sensibilità e comunicativa, attraverso una pronta e larga  esecuzione, una bella scelta delle gamme cromatiche, una acuta e meditata capacità di modulazioni del tono. Appunto nel tono - che in definitiva è saggiare la luce sul colore, dargli vita sulla luce - è uno dei maggiori punti di forza di questa pittura. La sua varietà e finezza di passaggi, la vibralità degli accordi generali come delle singole note cromatiche sono in dipendenza di questo giusto modo di usare il colore, e si accordano con la pur riscontrabile avvolgente atmosfericità - altro aggancio alla tradizione lombarda - in cui egli immerge i suoi motivi pittorici, realizza l’espressione dell’impressione provata.

Nei suoi dipinti (e anche in quello qui presentato: “Donna e lampada” - 1939), Gambarini offre il saggio di un lavoro che dura anni, solitamente più soffuso e palpitante di luci intenerite e chiare nei dipinti meno recenti, mentre negli ultimi sembra volgersi - con naturale evoluzione - verso una strutturazione più risentita, una evocazione più evidente delle forme, ma  sempre restando equilibrato, nè obliando, anzi ricercando, un approfondimento delle caratteristiche che distinguono la sua pittura e la sua visione: una visione di trasfigurante realtà, lirizzata nel suo intimo da un sentimento poetico della natura, nobile e vivo.

 

Mario Monteverdi

Dizionario Critico

Artitalia

Milano 1990

Formatosi nel clima del Novecento, Giuseppe Gambarini mantenne tuttavia una sua vena poeticamente naturalistica che gli permise di non soggiacere alla retorica della pittura ufficiale. Egli andò poi sempre più selezionando il proprio linguaggio e raccolse i suggerimenti che gli provenivano da una fonte lombarda illuminata dalla concezione neoimpressionista di Arturo Tosi, tendendo tuttavia, nell’ultima fase della sua attività, a una maggiore sintesi, a un colore più piatto giocato sulle nette contrapposizioni, tuttavia ben armonizzato nel registro e nel timbro. Una visione molto nitida ch’era indice della chiarezza interiore dell’artista che non venne mai meno a una concezione ispirata al vero ma cosciente dell’autonomia espressiva della pittura.