NICARAGUA
SENTENZA
DEL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI
Sessione
sugli interventi degli Stati Uniti in Nicaragua
Bruxelles,
5-8 ottobre 1984
I. INTRODUZIONE
Il Tribunale Permanente dei Popoli opera all'interno del
quadro giuridico stabilito dalla Dichiarazione universale dei diritti dei
popoli, adottata ad Algeri il 4 luglio 1976. Questa è la tredicesima sessione
del Tribunale.
Il Tribunale si propone innanzitutto di sostenere il
diritto di ogni popolo a scegliere liberamente il proprio futuro e le vie del
proprio sviluppo politico, economico, culturale e ideologico, senza alcuna
ingerenza esterna.
Il Tribunale è il risultato dell'impegno comune di
giuristi e di personalità di diverso orientamento, e provenienti da ogni parte
del mondo, uniti per costituire un organismo che possa verificare se le
principali ingiustizie lamentate da un popolo sono realmente fondate.
In questo caso, il Tribunale si è proposto di accertare se le accuse rivolte al governo degli Stati Uniti dal governo e dal popolo del Nicaragua hanno un fondamento nel diritto internazionale.
A questo fine, il Tribunale ha invitato ambedue le parti
a partecipare al presente procedimento.
Il Nicaragua ha presentato al Tribunale testimonianze e
rapporti di esperti. Il governo degli Stati Uniti ha declinato l'invito a
partecipare al dibattimento. Tuttavia il Tribunale, di propria iniziativa, ha
richiesto ad un esperto di diritto internazionale, il professor Francis Boyle,
di presentare un rapporto completo a giustificazione delle attività ostili di
cui il governo degli Stati Uniti è stato accusato.
II. DESTABILIZZAZIONE E STATO DI GUERRA GLOBALE
1) Gli interventi politici e le azioni militari
a. Le azioni militari
La vittoria della rivoluzione sandinista sulla dittatura
di Somoza e la creazione di un nuovo Stato in Nicaragua coincidono con la fuga
di numerose ex-guardie somoziste e di personaggi compromessi con il passato
regime. Costoro si insediano soprattutto negli Stati Uniti, in Guatemala e in
Honduras dove ben presto tentano di organizzarsi e di trovare appoggi in vista
della destabilizzazione del governo sandinista.
Questa attività porta, all'inizio, alla costituzione di
bande senza strategia militare e politica e spesso senza rapporti tra di loro.
Queste bande si manifestano ben presto con azioni
sovversive e criminali nelle zone di frontiera con l'Honduras, colpendo tra
l'altro i militanti impegnati nella campagna di alfabetizzazione. Le azioni si
moltiplicano con il passare degli anni e, a partire dalla fine del 1981,
assumono il carattere di un’iniziativa controrivoluzionaria sempre più
coordinata, ben provvista di mezzi, equipaggiata militarmente e con una
strategia ben definita volta a terrorizzare le popolazioni, distruggere il
potenziale economico dello Stato nicaraguense e colpire gli obiettivi vitali del
tessuto socio-economico del paese.
L'estensione degli attacchi, che non cessano di
intensificarsi a partire dal 1981, è stata minuziosamente documentata dai
rapporti che hanno illustrato la serie delle aggressioni, dei sabotaggi, degli
atti di terrorismo, delle azioni belliche perpetrate dalle forze
controrivoluzionarie e dai loro alleati contro il popolo e lo Stato del
Nicaragua.
Dal 1981 al 1 settembre 1984, si contano 64 sequestri, 42
rapimenti, 30 assassinii, 45 provocazioni armate, 289 infiltrazioni, 922
scontri, 240 imboscate, 345 attacchi, 98 atti di sabotaggio, per un totale di
2.475 azioni che testimoniano una progressione incessante della politica
aggressiva. A tutto ciò si aggiungono i numerosi piani di aggressione che sono
stati provati dinnanzi al Tribunale (piano "Navidad Roja", piano
"C", piano "Marathon", piano "Sierra").
Di questo imponente insieme di fatti si debbono ricordare
gli episodi più significativi, peraltro ben conosciuti giacché la stampa
internazionale vi ha fatto largamente eco:
- attentato con esplosivo all'aeroporto di Città del
Messico, con il danneggiamento di un aereo della compagnia Aeronica e il
ferimento di tre membri dell'equipaggio (1981);
- attentato con esplosivo all'aeroporto internazionale
Augusto C. Sandino di Managua, con quattro morti e tre feriti (22-2-1982);
- tentativo di invasione da parte dell'organizzazione
controrivoluzionaria "Misura" diretta da Stedman Fagoth nella regione
di Zelaya Nord (piano "Natale rosso", dicembre 1981);
- tentativo da parte di un commando controrivoluzionario
della FDN di occupare la città di Jalapa (Nuova Segovia) (piano "C",
dalla fine del 1982 all'aprile 1983);
- bombardamento dell'aeroporto internazionale Augusto C.
Sandino di Managua da parte di un bimotore del gruppo "ARDE", e
bombardamento di due porti - Porto Corinto e Porto Sandino - da parte di aerei
pirata T28 (settembre 1983);
- attacco navale con i battelli "piraña"
contro il deposito di combustibile di Puerto Corinto e contro Puerto Cabezas, e
attentato all'oleodotto di Puerto Sandino (ottobre 1983);
- attacco della marina militare dell'Honduras nel golfo
di Fonseca contro imbarcazioni nicaraguensi (novembre 1983);
- attacco del villaggio Opali nel dipartimento di Nuova
Segovia da parte di un elicottero NH-500 (1 settembre 1984).
Con tutta evidenza si tratta di un'aggressione così
massiccia che non si sarebbe potuta sviluppare senza appoggi rilevanti
dall'esterno alle forze controrivoluzionarie, che non solo non riescono a
stabilire basi di massa tra la popolazione, ma al contrario suscitano una
reazione di maggiore coesione nazionale intorno al governo, come ha riconosciuto
la CIA dinnanzi al Congresso degli USA nel settembre 1983. Il ricorso presentato
al Tribunale e la maggior parte dei rapporti e delle testimonianze hanno
indicato nel governo degli USA e nei governi da esso sostenuti (innanzitutto
l'Honduras e, in misura minore, il Costa Rica) i responsabili di questo sostegno
fondamentale, e il centro di elaborazione della strategia di aggressione.
Il Tribunale considera che queste accuse sono fondate.
b. La politica americana in America Latina
Già nel maggio 1980 un Comitato riunito a Santa Fè
redasse un rapporto per il partito repubblicano che, con il titolo "una
nuova politica estera americana per gli anni ottanta", indicava le linee
maestre cui si sarebbe dovuta ispirare la politica degli USA nei confronti del
continente latino-americano.
Le idee forza di questa politica sono fondate sulla
dottrina della sicurezza nazionale: la guerra è un dato permanente della storia
umana e coinvolge considerazioni politico-ideologiche.
La difesa della sicurezza del continente dalla minaccia
comunista diventa l'obiettivo principale. In questo contesto il Nicaragua occupa
un posto di rilievo. Il trionfo sandinista in Nicaragua è visto come una
manifestazione della minaccia comunista perché "la base nicaraguense sul
continente americano permetterà d'ora in poi la diffusione del nuovo modello
rivoluzionario".
La difesa dei diritti dell'uomo è relativizzata, mentre
sono esaltati il modello capitalistico e i suoi valori ideologici di libertà
politica formale legati ad una concezione della democrazia come puro
procedimento senza alcun rapporto con la situazione concreta degli uomini. Gli
sviluppi della politica statunitense per il Centro-Americana mostrano che
l'amministrazione Reagan ha agito nel senso del documento di Santa Fè.
Nella conferenza stampa del 21-7-1983 il presidente
Reagan dichiarò che sarebbe stato estremamente difficile garantire la stabilità
in America Centrale fin tanto che il governo del Nicaragua fosse rimasto al
potere (New York Times, 22-7-1983).
Altre dichiarazioni simili, di cui il Tribunale ha preso
conoscenza, sono confermate dai rapporti della Commissione sull'America Centrale
istituita dall'Amministrazione Reagan: il rapporto della commissione Kissinger
per esempio conclude che "il consolidamento di un regime marxista-leninista
a Managua" costituisce "una minaccia permanente alla sicurezza" (NYT,
12-1-1984).
Gli stessi accenti si leggono nelle analisi di un centro
studi assai vicino all'amministrazione Reagan: il rapporto della "Rand
Corporation" del 1983 ("Politica statunitense per il
Centro-America") insiste sul concetto che la sicurezza degli USA dipende
essenzialmente dalla capacità di prevenire il consolidamento di ogni regime
ostile nella regione dei Caraibi e in America Centrale.
c. L'organizzazione e l'appoggio della controrivoluzione
Queste dichiarazioni sono state costantemente
accompagnate da azioni e iniziative concrete. Già a partire dal 9-3-1981 il
Governo Reagan ha autorizzato azioni militari segrete contro il Governo del
Nicaragua, mentre interrompeva ogni relazione con questo paese ed avviava una
guerra economica e diplomatica.
Nella primavera del 1981 gli elementi controrivoluzionari
rifugiati in Florida e in Honduras cominciarono a ricevere un addestramento
militare da parte delle forze speciali statunitensi (NYT, 5-4-1981).
Il 1 dicembre 1981 Reagan approvava un piano di azioni
segrete contro il Nicaragua articolato in dieci punti, elaborati dal Consiglio
di Sicurezza, per la creazione di una forza militare di 500 uomini e lo
stanziamento di 19 milioni di dollari per la realizzazione di operazioni
paramilitari in Nicaragua.
Questi dati, rivelati dall'ex ambasciatore in El Salvador
Robert White, non sono mai stati smentiti. Nel corso dell'estate 1982 il
congresso degli USA ha appreso che le forze controrivoluzionarie dirette dalla
CIA erano state incrementate di 1000 unità.
In dicembre la CIA comunicava che queste forze erano
arrivate a 4000 uomini.
L'impegno della CIA appariva sempre più chiaramente
diretto alla costituzione di una forza organizzata a partire dalle diverse bande
controrivoluzionarie, fino ad allora separate. A partire da questo periodo le
forze controrivoluzionarie cominciarono a lanciare continui attacchi contro il
territorio nicaraguense a partire dall'Honduras, trasformato in una base
permanente delle operazioni previste dal piano del 1 dicembre 1981
dall'ambasciatore John Negroponte, esperto di contro-insurrezione (White, Allen,
"The Harass: United States intervention in Central-America", p. 60).
Appariva sempre più chiaramente alla stessa opinione
pubblica americana che le azioni statunitensi non erano dirette ad interrompere
un flusso d'armi dal Nicaragua al El Salvador, la cui realtà non è mai stata
dimostrata, ma ad abbattere il governo nicaraguense (Newsweek, 8-11-1982).
La reazione del popolo americano dinnanzi a queste
minacce trova finalmente un'eco al Congresso che, dinnanzi alla clamorosa
evidenza dei fatti, approvò nel dicembre 1982 l'emendamento Boland-Zabloski al
"War Act", proibendo al governo di dare qualsiasi aiuto ai gruppi
paramilitari che cercano di rovesciare il governo del Nicaragua o di provocare
una guerra tra Nicaragua ed Honduras.
Questi atti, se rappresentano per il Tribunale una prova
non sospetta dell'impegno del governo Reagan in sostegno alle forze
controrivoluzionarie, non arrivarono (anche per il contrasto con il Senato a
maggioranza repubblicana) a fermare il coinvolgimento dell'amministrazione nelle
attività controrivoluzionarie; nel maggio 1983 le forze controrivoluzionarie
aprirono un altro fronte di operazioni contro il Nicaragua a partire dal Costa
Rica, con 500 armi da fuoco e centomila dollari forniti dalla CIA (White, p.
64). Il 4 maggio il Presidente Reagan riconobbe pubblicamente che gli USA
prestavano un aiuto diretto alla controrivoluzione.
Nello stesso anno le forze controrivoluzionarie erano
giunte, grazie agli aiuti, ad organizzare 10.000 unità. E la CIA, d'altra
parte, forniva materiale importante: i due aerei che hanno bombardato l'8-9-1983
l'aeroporto di Managua erano stati forniti dalla CIA (White, p. 65). Si ha
ragione di credere che altri atti di aggressione come il bombardamento dei porti
siano stati preparati dalla CIA, dato che nel mese di luglio 1983 rappresentanti
dell'amministrazione ammisero dinnanzi alla stampa che la CIA stava
predisponendo dei piani per tre porti del Nicaragua, tra cui Corinto (San
Francisco Examiner, 17-7-1983). Qualche mese dopo l'attacco contro il deposito
di combustibile di Porto Corinto, l'amministrazione ha dichiarato pubblicamente
sulla stampa che la CIA aveva diretto l'operazione utilizzando reparti
addestrati specialmente per queste missioni (NYT, 18-4-1984).
Il momento culminante di queste attività fu la posa di
mine nei porti del Nicaragua all'inizio di quest'anno, ma preparata fin dal
1983. L'operazione fu supervisionata direttamente da agenti della CIA che
stazionavano su un'imbarcazione al limite delle acque territoriali nicaraguensi.
Questa operazione causò gravi danni a navi nicaraguensi, olandesi, panamensi,
liberiane, giapponesi e sovietiche (cosa che ha comportato il rischio di un
confronto diretto con l'URSS). Il governo Reagan non ha nascosto la propria
responsabilità nell'operazione, rivendicata come un atto di autodifesa per El
Salvador ed i suoi alleati, in conformità con il diritto internazionale (NYT,
9-4-1984).
Ma la serie di fatti ricordati convince il Tribunale del
fatto che il minamento dei porti non è altro che l'ultimo atto di una politica
di aggressione lungamente preparata sul piano ideologico e sul piano operativo.
Questa opinione è d'altra parte condivisa da insigni esponenti statunitensi: il
senatore Patrick Leahy ha dichiarato che "ogni senatore che pensa che
l'operazione del minamento sia un caso straordinario, o che essa sia differente
da missioni segrete, non sa minimamente di cosa si tratti. Il minamento dei
porti del Nicaragua è una conseguenza logica di un programma che ha come
obiettivo la condotta di una guerra segreta contro un paese sovrano con il quale
manteniamo relazioni diplomatiche normali" (Washington Post National Weekly,
30-4-1984).
Il sostegno finanziario alla controrivoluzione, passato
dai 19 milioni di dollari del 1982 a ben 54 milioni di dollari nel 1983,
continua a crescere. Questa somma d'altra parte, non concerne che l'aiuto
ufficiale, perché in realtà l'aiuto totale prestato supera finora i cento
milioni di dollari per ciascun anno. Bisogna infatti considerare che, in seguito
alla crescente opposizione del Congresso, il governo Reagan ha scelto una nuova
strada per sostenere la controrivoluzione, utilizzando organizzazioni private
che raccolgono truppe mercenarie.
Il 1-9-1984 le forze militari del governo sandinista
hanno abbattuto un elicottero utilizzato dalla controrivoluzione per un attacco
proveniente dal territorio honduregno. Nell'equipaggio furono identificati due
cittadini statunitensi dei quali non si è saputo altro se non che erano membri
del gruppo "Civilian Military Assistance" (CMA).
Cinque organismi governativi (tra cui il Consiglio di
Sicurezza Nazionale, il dipartimento della giustizia, e la CIA) hanno
riconosciuto di aver avuto conoscenza dell'esistenza di questa organizzazione,
attiva da almeno un anno nella guerra segreta contro il Nicaragua.
Rappresentanti ufficiali del Governo di Washington sono andati oltre,
riconoscendo che i mercenari erano stati reclutati per aggirare la decisione del
Congresso (NYT, 10-9-1984). Il dipartimento della giustizia non ha peraltro mai
avviato un'inchiesta sulle attività della CIA, nonostante le violazioni del
Neutrality Act che una tale organizzazione potrebbe provocare.
d. La subordinazione dell'Honduras e del Costa Rica
La rivoluzione sandinista ha radicalmente modificato i
rapporti di forza in America Centrale, facendo perdere agli USA l'alleato più
fedele nella regione. Dinnanzi a questa realtà gli Stati Uniti hanno cercato un
nuovo interlocutore privilegiato.
L'Honduras presentava numerose caratteristiche che lo
indicavano per questo scopo:
1. la situazione geografica;
2. la relativa stabilità politica;
3. la debolezza economica della borghesia locale;
4. una struttura militare pronta a collaborare ai
progetti USA.
Dal 1979 fino ad oggi, la presenza nord-americana in
Honduras non ha cessato di crescere; la militarizzazione del paese ne è senza
dubbio il sintomo più evidente. In quattro anni, dal 1980 al 1984, l'aiuto
militare si è decuplicato, raggiungendo i 40 milioni di dollari all'anno. Le
manovre militari congiunte USA-Honduras si moltiplicano; nei primi mesi del 1984
si sono contati solo 41 giorni senza esercitazioni comuni! La presenza di
consiglieri e di militari americani in Honduras è oggi permanente; alla fine
del 1983 erano più di 5.000.
Gli stanziamenti per installazioni statunitensi in
territorio honduregno sono giunti, per gli anni fiscali 1982, 1983, 1984 (con
qualche impegno già preso per il 1985), a 85 milioni di dollari.
Molte di queste installazioni sono state decise
all'insaputa del parlamento honduregno o in violazione alle leggi locali. Il
caso del campo di addestramento di Porto Castilla, per esempio, è noto per
essere stato imposto dagli USA. Questo fatto mostra in modo evidente la
subordinazione degli interessi honduregni alle pressioni nordamericane.
La situazione del Costa Rica è diversa, date le
dimensioni minori e più recenti della sua militarizzazione. L'accrescimento
della militarizzazione del paese non è sfuggito peraltro agli osservatori
internazionali. L'avvio di questo processo data dal gennaio 1982, quando Israele
e il Costa Rica siglarono un accordo di cooperazione militare. Questo accordo
metteva in discussione la tradizionale neutralità del paese e ne rafforzava
l'allineamento con le posizioni nord-americane. Le aggressioni sempre più
numerose di elementi controrivoluzionari in partenza dal territorio del Costa
Rica dimostrano chiaramente quanto questo paese sia stato trascinato
nell'ingranaggio. Fortemente indebitato, il Costa Rica è alla mercè degli
organismi internazionali controllati dagli Stati Uniti (FMI, BID, BIRD, ecc.).
e. Pressioni sugli alleati
Il Governo degli USA ha inoltre esercitato costanti
pressioni sui suoi alleati per porre fine ad ogni forma di aiuto al Nicaragua:
dall'aiuto militare, come nel caso della Francia, all'appoggio economico o alla
cooperazione economica, come è provato in particolare dalla lettera inviata dal
segretario di Stato George Shultz ai ministri degli esteri dei paesi della CEE,
della Spagna e del Portogallo in occasione del vertice di San Josè di Costa
Rica nel settembre 1984.
L'insieme di questi fatti manifesta chiaramente
l'esistenza nell'amministrazione statunitense di una volontà di
destabilizzazione del governo del Nicaragua, attraverso mezzi politici e
militari.
2) Le pressioni economiche
Esistono elementi sufficienti per dimostrare come
l'amministrazione Reagan abbia tentato di destabilizzare l'economia nicaraguense.
Questo impegno è stato diretto:
1) ad imporre una riduzione sostanziale dell'accesso del
Nicaragua al commercio internazionale per soddisfare i bisogni fondamentali del
paese, quali sopratutto le derrate alimentari ed il materiale essenziale per la
ricostruzione dell'economia;
2) ad indurre le istituzioni monetarie internazionali
(compreso il FMI e la Banca Mondiale) a rifiutare prestiti al Nicaragua;
3) a sostenere (e intraprendere direttamente) attività
che minano progetti di ricostruzione economica in Nicaragua, come il blocco dei
porti, il mantenimento e l'addestramento di forze militari di invasione in
Honduras e Costa Rica.
Queste attività ostili non danneggerebbero seriamente
un'economia potente come quella degli Stati Uniti, ma arrecano danni terribili
ad un paese come il Nicaragua, già in lotta per superare i guasti provocati
dalla dittatura di Somoza e da una lunga guerra civile, come pure per soddisfare
i bisogni primari del popolo.
Dal 19 luglio 1979, quando salì al potere l'attuale
governo nicaraguense, sono stati realizzati notevoli progressi economici. Il
precedente governo di Somoza aveva gravato il paese di un debito estero di 1,65
miliardi di dollari USA. Un forte debito per una piccola economia. Le finanze
dello Stato contenevano solo 3,5 milioni di dollari, che è abbastanza per
mantenere l'economia per soli tre giorni.
Grazie ad una fondamentale riorganizzazione della
produzione, dovuta sopratutto all'introduzione della riforma agraria, il paese
riuscì rapidamente, durante i primi tre anni del nuovo Governo, a ristabilire
la propria economia.
Prima del luglio del 1979, circa il 55% delle terre
coltivabili del Nicaragua era di proprietà o era controllata da circa 2000
grandi o medi proprietari terrieri, mentre solo il 3% era di proprietà o sotto
il controllo di oltre 120.000 contadini. Per la fine del 1983, lo Stato del
Nicaragua possedeva il 23% della terra, i piccoli agricoltori e le loro
cooperative il 20% e gli agricoltori di media grandezza il 44%.
Nel 1980 la crescita economica raggiunse il 10%, nel 1981
l'8,7% ma nel 1982 scese all'1,4%. Fortunatamente, grazie ad alcune misure prese
per frenare i disastrosi effetti della politica contro il Nicaragua condotta
dall'Amministrazione Reagan, nel 1983 il livello di crescita poteva risollevarsi
a raggiungere il tasso di 4,5%.
Tuttavia, dalla metà del 1984 l'economia del Nicaragua
sta nuovamente affrontando serie difficoltà per le seguenti ragioni:
- in primo luogo, l'attuale recessione economica mondiale
non ha risparmiato l'economia nicaraguense. Benché la produzione agricola,
grazie alla riforma agraria, e la produzione di manufatti siano aumentate con
una media del 40%, i prezzi del mercato mondiale per i principali prodotti
esportati dal Nicaragua come il cotone, il caffè, lo zucchero e la carne come
pure i prezzi di manufatti nicaraguensi sono crollati, anche ad un livello
inferiore ai costi di produzione.
- in secondo luogo la politica economica ostile condotta
dall'amministrazione Reagan, ha praticamente privato il Nicaragua di ogni
accesso al mercato USA; ad esempio ha ridotto la quantità di zucchero che il
Nicaragua esporta negli USA dell'80%. Stanno ora per essere attuati ulteriori
limiti commerciali, da imporre al Nicaragua.
- terzo, l'urgente necessità della popolazione
nicaraguense di difendere la propria patria dall'intervento militare guidato
dagli USA attraverso l'Honduras, il Costa Rica e El Salvador ha obbligato
l'economia nicaraguense ad affrontare notevoli oneri finanziari ed ha sottratto
manodopera che sarebbe stata necessaria per una pacifica opera di ricostruzione
economica. Addirittura il 25% del bilancio dello Stato è ora impiegato per le
spese di difesa (acquisto di armi, addestramento dell'esercito, ecc.).
- quarto, in conseguenza dell'enorme debito ereditato da
Somoza, l'attuale governo non ha potuto impedire la trasformazione dell'economia
del Nicaragua in una cosiddetta "economia di debito internazionale".
Come molte altre economie del Terzo Mondo, anche l'economia del Nicaragua
necessiterà temporaneamente di nuovi prestiti esteri al fine di far fronte
adeguatamente alle obbligazioni del debito estero. Il debito estero del
Nicaragua ammontava a circa 3,6 miliardi di dollari verso la fine del 1983. A
causa del boicottaggio del prestito estero al Nicaragua attuato
dall'amministrazione Reagan, è diventato estremamente difficile per il governo
nicaraguense continuare a controllare il debito estero, finanziare le
importazioni ed ottenere un accesso ai mercati mondiali. Il Nicaragua è
attualmente obbligato a utilizzare il 70% dei guadagni delle sue esportazioni
per far fronte al debito estero. Il peso di tale debito ha effetti disastrosi
per un'economia di piccole dimensioni come quella del Nicaragua.
È anche importante sottolineare come l'accusa che
l'economia del Nicaragua sia legata a quelle dei paesi socialisti sia del tutto
falsa! Per esempio, per quanto riguarda le obbligazioni del debito estero, nel
1983, il Nicaragua ha ricevuto 600 milioni di dollari in prestito dall'estero.
Solo il 18% di questa somma è giunto da paesi socialisti; il rimanente è stato
ricevuto da altri paesi latino-americani, da una parte di paesi dell'Europa
Occidentale e dalle banche internazionali.
Tra il 1979 e l'inizio del 1983, il nuovo governo
nicaraguense ha ricevuto prestiti esteri e donazioni per un totale di 1,88
miliardi di dollari.
Di questa somma solo il 21,4% è stato fornito dai paesi
socialisti ed un quarto del 21,4% fu fornito da Cuba, un 22,4% venne dagli altri
paesi latino-americani ed il 7,5% (sopratutto donazioni) fu inviato dall'Europa
Occidentale. La rimanenza di questi prestiti fu fornita da istituzioni monetarie
ed anche, durante l'amministrazione Carter, da istituzioni monetarie
statunitensi.
Nel 1982 solo il 5% della totalità del commercio
internazionale del Nicaragua si è svolto con paesi socialisti.
A causa del rifiuto da parte del Pentagono di vendere
armi al Nicaragua, il paese fu obbligato a comprare piccole quantità di armi
dai paesi dell'Europa orientale e da alcune nazioni non allineate come l'Algeria
e la Libia. Prima che l'amministrazione Reagan giungesse al potere, il Nicaragua
aveva acquistato una piccola quantità di armi (40 milioni di dollari) in
Francia. L'amministrazione Reagan riuscì a persuadere il governo francese di
Mitterand a porre termine all'invio di armi al Nicaragua.
Un sostanzioso numero di paesi dell'Europa Occidentale ha
continuato a fornire al Nicaragua un aiuto per lo sviluppo economico nonostante
le pressioni dell'amministrazione Reagan.
In base a questi elementi il Tribunale giunge alla
conclusione che la politica economica del Governo Reagan nei confronti del
Nicaragua ha effetti rovinosi per l'economia di questo paese. In ogni caso i
costi più elevati per la vita economica e sociale del Nicaragua sono in
conseguenza dell'aggressione militare diretta, appoggiata e finanziata dagli
USA.
Nel settore dell'allevamento del bestiame e della
produzione agricola, che sono particolarmente importanti per il Nicaragua per il
fatto che forniscono lavoro a circa il 45% della forza lavoro e rappresentano il
60% del denaro fornito dall'esportazione, il danno subito è stato ingente, la
popolazione contadina è stata duramente colpita: 478 lavoratori sono stati
uccisi dagli attacchi controrivoluzionari e 581 sono stati rapiti.
Inoltre 120.672 persone sono state obbligate ad evacuare
le zone dei conflitti e sono state trasferite in zone più sicure, necessitando
quindi di un aiuto per la ricostruzione delle economie familiari.
Il costo di questa operazione ammontò a oltre 55 milioni
di dollari. Le perdite ammontano a 17,6 milioni di dollari per danni alle
infrastrutture e agli attrezzi meccanici, più 19,6 milioni di dollari
considerando i danni alla perdita dei raccolti. Una stima minima delle ulteriori
perdite in questi settori ammonta a 64,4 milioni di dollari. Le perdite di
produzione e i mancati guadagni nel settore pubblico per il resto dell'economia
sono state stimate nel 1983 per 64,8 milioni di dollari. Il danno è stato
particolarmente serio nei settori della silvicoltura, della pesca, dell'energia,
dei trasporti e delle costruzioni. Le stime di questi danni sono largamente
incomplete e rappresentano un livello minimo dei danni. Esse non tengono in
considerazione la perdita di vite umane e le sofferenze patite dal popolo, e le
conseguenze (impossibili da stimare in cifre) per la perdita di ospedali, scuole
ed altri servizi sociali.
3) La lotta ideologica
L'amministrazione USA considera il proprio intervento in
America Centrale, e particolarmente in Nicaragua, non come un atto di violenza,
ma piuttosto di solidarietà con i popoli e di legittima difesa degli interessi
collettivi.
Per giustificare il proprio intervento, gli USA tentano
di modellare per l'opinione pubblica mondiale un'immagine dello Stato sandinista,
che mette in dubbio la sua legittimità e lo presenta come una minaccia
militare, politica, ideologica. Il Nicaragua non sarebbe la vittima aggredita,
bensì l'aggressore.
Le accuse che contribuiscono a costruire questa immagine
sono numerose, ma la principale è quella di "marxismo-leninismo". A
causa della sua ideologia "marxista-leninista", il Fronte Sandinista
ha deviato dall'originaria tendenza, democratica e pluralista, della Rivoluzione
nicaraguense. Esso è accusato di avere instaurato un regime totalitario che
controlla tutti gli organismi statali, e di escludere dal potere tutte le altre
forze che avevano contribuito al rovesciamento della dittatura.
Ogni libertà sarebbe stata abolita, i diritti umani
violati, le minoranze indigene perseguitate e minacciate di sterminio.
Inoltre, a causa del suo carattere
"marxista-leninista", il Fronte Sandinista viene presentato come
profondamente anticristiano, al di là della sua immagine superficiale.
Prove di ciò sarebbero il conflitto con la gerarchia
cattolica e l'espulsione di ecclesiastici stranieri, come pure l'offesa contro
il Papa in occasione della sua visita in Nicaragua.
Quei cristiani impegnati attivamente nella rivoluzione
sarebbero manipolati dal Fronte Sandinista, la cui ideologia può averne
corrotto la fede e spezzato la fedeltà alla vera Chiesa.
Su un piano geopolitico, il Fronte Sandinista
"marxista-leninista" è considerato sotto l'egemonia di Mosca e
rappresenterebbe perciò una forza che permetterebbe la penetrazione del
comunismo internazionale nell'America Centrale.
La tendenza ad esportare la rivoluzione è resa evidente
dall'aiuto militare che verrebbe fornito alla guerriglia in El Salvador.
La campagna di accuse contro il Nicaragua si avvale di
tutti i potenti mezzi che gli USA possono utilizzare tanto attraverso la loro
rete diplomatica quanto attraverso gli apparati ideologici.
Sotto questo aspetto assumono importanza particolare le
multinazionali attive nel campo dei mass-media e l'Istituto per la Religione e
la Democrazia (recentemente fondato), che è specializzato nello scontro
ideologico attraverso argomenti di tipo religioso.
Le accuse precedenti coincidono con quelle portate da
alcuni settori dell'opposizione nicaraguense, ed in particolare dalla "Coordinadora
democratica" che ha ne "La Prensa" il suo principale mezzo di
espressione.
Inoltre importanti settori della gerarchia della Chiesa
cattolica, nicaraguense e internazionale, e delle Chiese evangeliche (in
particolare alcune sette protestanti) contribuiscono alla campagna con accuse ed
argomentazioni che riflettono in modo impressionante quelle degli apparati
ideologici nord-americani.
Per le motivazioni sopra indicate, l'amministrazione
statunitense afferma che il Governo Sandinista manca di legittimità. Il potere
dei sandinisti è illegale, l'opposizione armata, quindi, deve essere
considerata legittima, mentre invece vengono considerati illegittimi gli sforzi
per una difesa armata alla rivoluzione.
In tale prospettiva l'intervento degli USA in Nicaragua
è visto come una crociata per la difesa della democrazia, per la difesa di
un'opposizione oppressa, per la difesa delle minoranze indigene, della Chiesa,
della civiltà occidentale e cristiana.
È chiaro che questa immagine della rivoluzione
nicaraguense è fondata su un'ideologia, che viene attribuita alla rivoluzione
sandinista, più che ad un'analisi dei fatti. È sorprendente osservare la
enorme discrepanza tra la gravità delle accuse e l'inconsistenza delle prove.
L'argomentazione ideologica non si fonda sui fatti, vi si sostituisce.
Inoltre, la prospettiva "marxista-leninista"
attribuita al Fronte Sandinista non ha nulla in comune con il progetto storico e
l'orientamento teorico della rivoluzione popolare sandinista, il cui scopo
principale è quello di guidare la pratica della liberazione del popolo
attraverso un'elaborazione originale e per nulla dogmatica di varie componenti
del pensiero derivate dalla tradizione sandinista, cristiana, marxista.
Non esiste alcuna prova concreta che possa far sorgere
dubbi sull'autonomia e l'autenticità cristiana di quei sacerdoti, di quei laici
religiosi e cristiani impegnati nella rivoluzione a partire dalla loro fede. I
testimoni comparsi davanti al Tribunale e le relazioni ad esso pervenute provano
tutto il contrario.
Appare chiaro che, per quanto pretestuosa, la
presentazione di un immagine "marxista-leninista" della rivoluzione
popolare sandinista ha una funzione ben precisa: nascondere le contraddizioni
politiche ed economiche, e trasformarle in conflitti ideologici e religiosi,
nascondere, a livello geopolitico, le contraddizioni Nord-Sud, tra le forze
degli oppressori e il popolo oppresso, per porre al centro dello scontro il
conflitto Est-Ovest, e cioè tra il "capitalismo occidentale e
cristiano" e il mondo comunista "ateo" e
"marxista-leninista".
Il Nicaragua deve essere perciò considerato un caso
esemplare. La dottrina della sicurezza nazionale applicata alla situazione del
Nicaragua coincide perfettamente con quella sviluppatasi in tutto il continente,
ed in particolare nel "cono sud".
Riconoscere la validità di questa dottrina
significherebbe, per i popoli oppressi, abbandonare per sempre i loro sogni di
libertà. Per gli USA la campagna ideologica contro il Nicaragua fa parte della
loro lotta per l'egemonia mondiale. Un'egemonia che, giustamente, è messa in
causa del tentativo del popolo nicaraguense di spezzare la logica dei blocchi e
di conquistare il diritto a disporre del proprio destino; di rompere con la
cultura della dominazione e del fatalismo, per instaurare una cultura della
libertà.
Reprimendo le aspirazioni del popolo nicaraguense e degli
altri popoli oppressi, gli USA contraddicono gli ideali della rivoluzione che li
ha condotti, oltre due secoli fa, a conquistare il proprio diritto alla vita e
alla libertà.
III. LE ORIGINI STORICHE DELL'INTERVENTO AMERICANO
Bisogna ricordare come l'interesse degli USA nell'America
Centrale, ed in particolare in Nicaragua, sia stato costante sin dalla prima metà
del XIX secolo. La sua origine, come pure le sue diverse manifestazioni in campo
economico e politico, sono legate allo sviluppo del sistema capitalista negli
stessi USA.
Gli Stati Uniti non hanno atteso la rivoluzione
sandinista del 1979, nè la rivoluzione cubana del 1959, e neppure la
rivoluzione di ottobre del 1917, per considerare questa regione sotto la propria
influenza. Si possono distinguere quattro periodi nella storia dell'intervento
degli USA in Nicaragua:
1) Durante il primo periodo (approssimativamente
1825-1860) è in gioco una concessione territoriale che renda possibile la
costruzione di una rete fluviale di transito tra l'Oceano Atlantico e il
Pacifico. Il risultato è una perdita parziale della sovranità territoriale del
Nicaragua, a beneficio degli interessi economici privati nordamericani. Lo Stato
americano interviene a due livelli: da un lato, a livello internazionale ed in
modo diretto, contro la Gran Bretagna che cerca di conservare la propria
supremazia sui mari (sottoscrizione di un accordo che ferma il progetto per
tutte le parti interessate - l'accordo Clayton-Bulwer del 1850 -); dall'altro,
in modo diretto, prima appoggiando in Nicaragua l'una o l'altra fazione della
borghesia (conservatrice a Grenada e liberale a Leon) poi, attraverso un
cittadino americano, William Walker, che riuscì ad instaurare una dittatura
locale ufficialmente riconosciuta dagli Stati Uniti nel 1856.
2) Il secondo periodo (approssimativamente 1860-1932) è
caratterizzato dal moltiplicarsi - sopratutto nella zona della Costa Atlantica -
di imprese americane che sfruttano i prodotti naturali (legnami pregiati e da
costruzione, miniere, monocolture di prodotti tropicali - canna da zucchero e
banane -), sotto forma di zone franche con un governo proprio (hanno una propria
moneta: funzionano - salvo le miniere - con l'acquisto da parte dell'impresa dei
prodotti, pagando i piccoli produttori con una moneta spendibile solo per i beni
di consumo importati dall'impresa stessa) ed una manodopera del tutto
indipendente. Nella regione del Pacifico lo sviluppo della coltivazione del caffè
introdusse un nuovo sistema di produzione agricola, promosso dalla borghesia
liberale; ciò provoca l'espulsione dei contadini dalle terre adatte alle
piantagioni, ed il formarsi di un proletariato rurale senza terra. Questa
borghesia s'impadronì del potere (Zelaya), ma difese gli interessi capitalisti
locali e centro americani contro quelli degli USA, attraverso una politica
nazionalista.
Questa politica fu anche una reazione contro la teoria
del potere imperiale americano, che giustificava non solo la guerra
ispano-americana, ma anche l'intervento militare in Nicaragua. A partire dalla
prima decade del XX secolo, il Dipartimento di Stato Americano funzionò come
una banca che assicurava un sostegno finanziario ai governi malleabili dei
Caraibi e dell'America Centrale, mentre gli altri governi dovevano affrontare i
marines ed i servizi segreti che proteggevano le miniere e le piantagioni di
banane di proprietà nordamericana. Il potere politico degli USA era così al
servizio degli interessi economici privati nordamericani con una doppia
strategia: da un lato la concessione di ogni tipo di privilegio per i politici
locali che assicurano la loro collaborazione, dall'altro l'intimidazione da
parte dei marines, della polizia segreta e della repressione. Così tra il 1926
ed il 1933, le truppe americane occupano numerose zone del Nicaragua. È
precisamente contro questo controllo e questa presenza militare che il Generale
Augusto Cesar Sandino sviluppa la sua lunga "guerra di guerriglia" che
a poco a poco si estende a tutto il paese (1927-1933). Essa si concluse con il
ritiro delle truppe americane, ma anche con l'assassinio di Sandino, che rimane
come simbolo della lotta antimperialista.
3) Il terzo periodo (1932-1972) è caratterizzato, in
campo politico, dallo svilupparsi di un regime dittatoriale nell'ambito della
dottrina della Sicurezza Nazionale (il periodo somozista 1937-1979). Questo
regime, instaurato dal governo americano, è stato da esso costantemente
sostenuto attraverso l'addestramento e l'equipaggiamento di una forza armata (la
Guardia Nazionale) e attraverso finanziamenti e prestiti. Questa presenza
americana "per procura" aveva una doppia funzione; innanzitutto essa
assicura al Governo americano l'appoggio necessario alla sua politica
internazionale, dapprima contro l'asse Berlino-Roma-Tokyo (verso la fine degli
anni '30 e l'inizio degli anni '40) ed in seguito contro il blocco comunista.
In secondo luogo queste dittature allineate con la
politica degli Stati Uniti assicuravano alle imprese multinazionali di beni di
consumo o sofisticati manufatti una manodopera servile a basso costo. È contro
l'imperialismo americano e contro questa dittatura, che in Nicaragua ha
raggiunto la sua forma estrema, che si levò la lotta sotto la guida del Fronte
Sandinista.
Dopo la rivoluzione del 1979, il nuovo governo ha
iniziato nella società nicaraguense un processo che ha spezzato i legami con il
sistema capitalista. Sulla scena internazionale il paese si è collocato tra
quelli non-allineati. Tali avvenimenti accaddero quando in Salvador, Guatemala,
ed in misura minore, in Honduras si svolgevano lotte armate. Invece di
riconoscere le reali motivazioni di tali movimenti, il Governo statunitense
asserisce la necessità di costituire un fronte che si opponga alla penetrazione
sovietica nell'emisfero che essi considerano sotto il proprio controllo
(Rapporto della Commissione Kissinger, gennaio 1984, capitolo 4).
Questa è una nuova tappa nella sua azione geopolitica.
Secondo questa prospettiva, la rivoluzione nicaraguense costituisce una
spaccatura nella precedente linea di difesa dei Caraibi e dell'America Centrale,
non solo a causa del cambiamento nell'equilibrio delle forze, ma anche in quanto
essa può essere esempio di un nuovo modello di società per tutta l'America
Latina. La rivoluzione nicaraguense appare come simbolo di una speranza di
cambiamento possibile. In pratica questa ideologia americana di difesa
anticomunista si esprime attraverso un intervento militare indiretto, ed
un'azione diretta sul piano economico e politico.
IV. IL NICARAGUA ALLA RICERCA DELLA PROPRIA IDENTITÀ
Nonostante i numerosi ostacoli che l'aggressione esterna
ha imposto, il Nicaragua è riuscito in questi anni ad avviare la ricostruzione
della società e dello Stato, in modo da offrire a donne, uomini e bambini nuove
ragioni per vivere.
Benché sia all'inizio, questo processo di sviluppo
costituisce per tutti i popoli del mondo una promessa ed una speranza.
Anche se lo Stato non ha ancora trovato la sua piena
legittimità formale, le strutture di potere sono state trasformate
profondamente, in modo da dare al popolo il diritto di esprimersi e di servire i
veri interessi dei diseredati. Contrariamente alla maggior parte dei paesi del
continente., il Nicaragua non è governato da singoli individui, ma da strutture
collettive (Giunta di Governo, Consiglio di Stato,...). Il potere è dunque
largamente "partecipato" e non è quindi la proprietà di individui e
di gruppi privilegiati. Oltre ad essere ampiamente pluralista, il Governo è
estremamente aperto verso l'esterno: dà una notevole importanza alla solidarietà
con i paesi del Terzo Mondo e fa attivamente parte del Movimento dei Paesi
non-allineati. Partecipa pienamente alle attività di quei paesi dell'America
latina che intendono mantenere il Continente come zona denuclearizzata (Trattato
di Tlatelolco).
Allo stesso tempo la società nicaraguense sta vivendo un
periodo di intensa attività: la campagna di alfabetizzazione ha ridotto la
percentuale di analfabeti dal 50% al 12%; il programma di educazione permanente
per gli adulti, la campagna sanitaria con vaccinazioni di massa che hanno
debellato la poliomelite, lo sviluppo di cooperative nel settore agricolo, la
riforma agraria che ha portato ad una distribuzione delle terre ai contadini più
poveri, l'umanizzazione della giustizia e del sistema carcerario.
A queste attività si affiancano la costruzione di una
serie di scuole primarie e secondarie sopratutto in zone rurali, con la
partecipazione di insegnanti volontari; numerosi cittadini lasciano i propri
studi o le proprie occupazioni abituali per dedicare periodi di tempo alla
raccolta del cotone e del caffè. Stanno producendo effetti decisamente positivi
per il livello di cultura la creazione di biblioteche mobili, l'ampio sviluppo
di laboratori e centri per la poesia, la danza e il teatro. Questo processo
globale sta trasformando profondamente la vita individuale e collettiva:
l'esperienza della solidarietà nei quartieri, la partecipazione
all'organizzazione e la difesa della vita quotidiana si manifestano anche a
livello di religione popolare: questa non è più un momento d'alienazione o
pretesto per ogni tipo di eccesso, bensì si è trasformata in un momento di
presa di coscienza crescente del fatto che l'autentica fede rappresenta uno
stimolo per impegnarsi al servizio della felicità e libertà di tutti.
In vista delle elezioni del 4 novembre 1984, 1.560.000 di
cittadini nicaraguensi con più di 16 anni (il che significa il 93,7% della
popolazione avente diritto al voto) si sono iscritti nelle liste elettorali. Ciò
costituisce una chiara dimostrazione del fatto che il popolo è ormai pronto ad
assumersi le proprie responsabilità politiche e decidere liberamente il proprio
destino.
La dittatura in Nicaragua è morta.
È chiaro che la costruzione di una nuova società dopo
la rivoluzione del 19 luglio 1979 è stata segnata anche da errori politici e da
azioni individuali negative, che sono stati particolarmente rilevanti nelle
relazioni con le minoranze indigene della Costa Atlantica, che sono state il
bersaglio favorito dalla propaganda controrivoluzionaria e sono divenuti
strumenti utilizzati dai suoi agenti.
In questa regione la situazione di guerra che dura da
anni impone ovviamente misure di sicurezza, compreso il dislocamento di gruppi
di popolazione lungo il confine del Nord, e rende molto difficile correggere gli
errori commessi e stabilire relazioni di reciproca fiducia. Tuttavia, sopratutto
dopo l'amnistia concessa il 1 dicembre 1983, soluzioni pacifiche e durevoli
appaiono ora possibili.
V. I TENTATIVI DI PACE
In relazione allo stato di guerra esistente contro il
Nicaragua e ai fatti che dimostrano la partecipazione dell'Honduras e degli
Stati Uniti in questa attività bellica, il Governo del Nicaragua ha manifestato
fin dall'inizio una chiara volontà di negoziare un accordo di pace. Ciò in
conformità all'obbligo di regolare pacificamente le controversie (Carta delle
Nazioni Unite, art. 1), con il ricorso agli strumenti indicati dall'art. 33
della stessa Carta, comprese le vie giurisdizionali (ricorso presentato alla
Corte Internazionale di Giustizia il 9 aprile 1984). Concretamente le
manifestazioni più significative di questa volontà di pace sono state le
seguenti:
1. Contatti e proposte di negoziati diretti con il
governo degli Stati Uniti:
i contatti sono iniziati a Managua il 12-8-1981 con
l'incontro tra Thomas Enders (segretario di stato aggiunto) e Daniel Ortega
(coordinatore della JGRN), e sono proseguiti fino all'aprile 1982 con
l'ambasciatore Anthony Quainton. Sono poi ripresi nel giugno 1983 con Richard
Stone e sono continuati nel 1984 a Manzanillo (Messico), tra Hugo Tinoco
(Nicaragua) e Harry Shlaudeman (USA).
2. Contatti e proposte di negoziati diretti con
l'Honduras: sono stati avviati nel 1981 ai livelli più elevati, con la visita
di Daniel Ortega a Tegucigalpa; nel 1982 si sono svolti successivi incontri a
livello dei capi di Stato Maggiore (2 maggio) e dei ministri degli esteri (8
ottobre).
3. Risposte favorevoli alle iniziative del gruppo di
Contadora:
è particolarmente significativa la risposta data agli
obiettivi definiti nella proposta "basi giuridiche per garantire la pace e
la sicurezza internazionale tra gli Stati dell'America Centrale"
(15-10-1983), che prevedeva:
a) un trattato per garantire il mutuo rispetto, la pace e
la sicurezza tra la Repubblica di Nicaragua e gli USA;
b) un trattato di pace, di amicizia e di cooperazione tra
la Repubblica di Honduras e il Nicaragua;
c) un accordo per contribuire alla soluzione pacifica del
conflitto armato interno in El Salvador;
d) un trattato generale sul mantenimento della pace e
della sicurezza e sulle relazioni di amicizia e cooperazione tra le Repubbliche
dell'America Centrale. Proposta ampliata il 30-11-1983 con un progetto di
impegno sulle questioni militari e un accordo destinato a promuovere lo sviluppo
economico-sociale in America Centrale.
4. La decisione di sottoscrivere l'atto di Contadora
(settembre 1984):
ciò significa che il Nicaragua accetta l'impegno
multilaterale per la pace (sostituendo i trattati bilaterali prima indicati)
proposto dal gruppo di Contadora. L'accordo implica per i cinque paesi
dell'America Centrale la messa in opera di misure di distensione regionale,
alcuni impegni in materia di riconciliazione (diritti dell'uomo, processi
elettorali, ecc.) e impegni in materia di sicurezza relativi a: arresto della
corsa agli armamenti e inizio di negoziati sul controllo degli armamenti,
eliminazione delle basi o dei campi d'addestramento militari stranieri,
eliminazione del commercio extra ed intraregionale di armamenti destinati a
persone o gruppi irregolari che combattono per il rovesciamento dei rispettivi
governi, e divieto di ogni sostegno a queste formazioni irregolari. Inoltre
l'atto di Contadora prevede altre misure importanti: la creazione di un
meccanismo multilaterale destinato a canalizzare e controllare gli aiuti e la
cooperazione economico-sociale nei cinque paesi dell'America Centrale e la
creazione di una commissione internazionale e imparziale per la verifica e il
controllo del rispetto degli impegni assunti.
Dinnanzi a questo atteggiamento del Nicaragua, favorevole
ad un negoziato, si devono segnalare:
1) le richieste degli Stati Uniti concernenti il blocco
del traffico di armi inviate dal Nicaragua a El Salvador - mai provato - che
rendono di fatto impossibile ogni accordo bilaterale tra i due paesi;
2) i rifiuti reiterati dell'Honduras per un negoziato
bilaterale con il Nicaragua, e la organizzazione di riunioni parallele a quelle
di Contadora con gli Stati dell'America Centrale ad esclusione del Nicaragua (la
nota iniziativa degli USA: "Forum della pace e della democrazia",
nell'ottobre 1982; la riunione a Tegucigalpa dei Ministri degli Esteri di
Contadora, El Salvador, Honduras e Nicaragua, nel 1984, per ritardare le misure
proposte dal gruppo di Contadora, ecc.):
3) nonostante che, nell'ambito del processo di Contadora,
ci siano state sei riunioni dei cinque paesi dell'America Centrale, ad eccezione
del Nicaragua, nessuno di essi ha risposto al documento citato;
4) la non accettazione da parte degli USA dell'atto di
Contadora e la influenza determinante di questa posizione sul rifiuto dei paesi
centro-americani.
Da questi fatti non emerge alcuna volontà degli USA e
dei suoi alleati centro-americani di avviare il conflitto verso un processo di
soluzione pacifica. Peraltro, essendo crescente l'impegno degli USA e
dell'Honduras nel conflitto contro il Nicaragua, si può affermare che questi
Stati sarebbero stati obbligati alla ricerca di una soluzione pacifica della
controversia ai sensi dell'art. 33 della Carta delle Nazioni Unite. Perché
questo atteggiamento? Occorre sottolineare che i tentativi di pacificazione del
gruppo di Contadora e le proposte precedenti di negoziati avanzate dal Nicaragua
hanno come prospettiva principale la regionalizzazione del conflitto
centro-americano, l'eliminazione degli aiuti militari stranieri di qualsiasi
natura, la gestione in ambito multinazionale degli aiuti economici e sociali. Ciò
comporta evidentemente una rottura dello schema della politica estera degli
Stati Uniti per quanto riguarda l'America Centrale che - secondo i documenti
esaminati dal Tribunale - comporta:
1) il principio fondamentale dell'egemonia degli Stati
Uniti in una zona che è considerata frontiera strategica per la sicurezza degli
stessi Stati Uniti;
2) la globalizzazione del conflitto, interpretato come
espressione della tensione est-ovest;
3) il controllo degli Stati Uniti sull'aiuto
economico-sociale nella zona (aiuto bilaterale subordinato a condizioni
politiche), con esclusione del Nicaragua.
La proposta di pace del gruppo di Contadora impedisce
l'isolamento del Nicaragua, considerato dagli USA un paese allineato con l'Est,
e ammette l'esperienza di una rivoluzione nazionale e non-allineata in America
Centrale.
VI. CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
Il governo del Nicaragua accusa gli Stati Uniti di avere
ripetutamente violato i suoi diritti sovrani in molti modi. La sua accusa più
grave riguarda il crimine internazionale di aggressione di cui si sarebbero resi
colpevoli gli Stati Uniti, cercando, attraverso l'uso di numerose forme di
intervento illegali, di privare il Nicaragua del suo diritto
all'autodeterminazione.
Questo crimine d'aggressione è stato perpetrato con
azioni che violano i diritti del Nicaragua ed, in certi casi, implicano o
incoraggiano violazioni del diritto di guerra. Questo tipo di comportamento
illegale è ulteriormente aggravato dal persistente rifiuto del Governo degli
Stati Uniti a cercare una composizione pacifica delle controversie come
richiesto dal diritto delle genti, nonostante i costanti sforzi del governo del
Nicaragua per negoziare una soluzione pacifica.
Più concretamente, il Nicaragua denuncia il fatto che
gli Stati Uniti hanno formato, addestrato, finanziato ed armato le forze
controrivoluzionarie stanziate in territorio honduregno, con l'obiettivo di
rovesciare il legittimo governo sandinista, violando così le regole che
impediscono il ricorso alla forza e l'intervento negli affari interni di un
altro paese - regole stabilite dall'articolo 2 (4) della Carta delle Nazioni
Unite, dagli articoli 18 e 20 della Carta dell'OSA e dall'articolo 1 della
Convenzione dell'Avana del 20 febbraio 1928 sui diritti e i doveri degli Stati
in caso di guerra civile.
Queste numerose violazioni, orchestrate dalla CIA, hanno
causato perdite umane e sofferenze per il popolo nicaraguense ed hanno portato a
numerose incursioni illegali nel suo territorio per seminare il terrore tra la
popolazione civile e privarla, in tempi di grande crisi, delle proprie risorse
alimentari.
In particolare, il Nicaragua accusa il Governo degli
Stati Uniti di aver violato nel modo più grave, le regole più elementari del
diritto minando i suoi poteri (art. 1,2,3 dell'VIII Convenzione della seconda
Conferenza dell'Aja), causando così numerosi danni ai suoi impianti portuali e
a numerose navi battenti bandiere straniere; l'aver posto le mine costituisce un
atto di guerra e rappresenta una aggressione da parte di un paese che è
ufficialmente in pace con il Nicaragua e che intrattiene con esso relazioni
diplomatiche.
Il Nicaragua accusa anche gli Stati Uniti di minacciare
un'invasione in larga scala del suo territorio, - attraverso le continue manovre
militari aeree, navali e per via terra - e sulla base di precisi piani
strategici.
Tali manovre e tali piani costituiscono un'aggressione
che viola i diritti del Nicaragua e lo obbliga ad usare le sue scarse risorse
per difendersi dal pericolo che nasce da queste attività illegali.
Il Nicaragua sostiene che queste iniziative illegali
manifestano da parte degli Stati Uniti un comportamento criminale secondo il
significato attribuito a questo termine dal Tribunale di Norimberga.
LA DIFESA DEGLI STATI UNITI
Gli Stati Uniti sostengono di agire in una situazione di
legittima difesa, in conformità ai diritti dei popoli, ed accusano il Nicaragua
di esportare la rivoluzione attraverso un massiccio rifornimento di armi ai
ribelli salvadoregni; questa "esportazione della rivoluzione"
rappresenta, secondo il governo degli Stati Uniti, un intervento negli affari
interni dei El Salvador.
In questo momento gli Stati Uniti sostengono che il
minamento dei porti nicaraguensi e l'appoggio alle forze controrivoluzionarie
costituiscono un'espressione legittima del diritto di autodifesa collettiva.
Quest'argomentazione si basa su un'interpretazione estensiva dell'articolo 51
della Carta delle Nazioni Unite che sostiene il naturale diritto di legittima
difesa di ogni Stato.
Gli Stati Uniti accusano il Nicaragua di sostenere le
forze ribelli di El Salvador; un tale appoggio costituirebbe un atto di
aggressione ai sensi dell'articolo 39 della Carta dell'ONU e della risoluzione
di definizione di aggressione adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni
Unite del 1974.
Essi sostengono che le loro azioni non costituiscono
altro che ragionevoli e proporzionali tentativi di porre fine al flusso di armi
destinate a El Salvador e non hanno intenzione di rovesciare il Governo
Sandinista.
Il Governo USA afferma inoltre di non essere responsabile
della condotta dei "contras" nella loro opposizione interna contro il
Governo sandinista.
Gli Stati Uniti affermano infine che il Nicaragua ha
disconosciuto le regole dell'OSA (Organizzazione degli Stati Americani) sui
diritti umani e la democrazia, e che ciò è sufficiente a giustificare le
pressioni esterne, volte a ottenerne il rispetto.
I FATTI
Il Tribunale, sulla base delle diverse prove a lui
presentate, giunge alle seguenti conclusioni:
- il Governo degli Stati Uniti non ha dimostrato la sua
accusa principale, cioè che esista un appoggio del Nicaragua alle forze ribelli
in El Salvador;
- l'evidente obiettivo delle forze controrivoluzionarie
operanti lungo i confini ed all'interno del territorio nicaraguense è quello di
destabilizzare, se non di rovesciare, il Governo Sandinista a Managua;
- attraverso l'operato della CIA, queste forze
controrivoluzionarie sono sostanzialmente dirette, equipaggiate e controllate
dagli Stati Uniti;
- il Governo degli Stati Uniti ha ostacolato i tentativi
del Nicaragua per trovare un accordo pacifico e non ha tentato in buona fede di
raggiungere una soluzione negoziata;
- le operazioni militari e paramilitari dei "contras"
hanno causato grandi sofferenze e gravi danni al popolo nicaraguense;
- gli Stati Uniti hanno intrapreso manovre militari a
fini di provocazione e hanno stabilito dei piani per un'invasione su vasta scala
del Nicaragua.
DECISIONE DEL TRIBUNALE
Gli USA hanno violato in diversi momenti le regole
fondamentali del diritto internazionale dei popoli. Il persistere di queste
gravi violazioni testimonia una politica sistematica di cui il Tribunale intende
stigmatizzare il carattere lesivo dei diritti fondamentali di ogni Stato e delle
esigenze più elementari della comunità internazionale.
A) Risulta in primo luogo, da testimonianze e documenti,
che numerose iniziative americane sono contrarie sia ai principi di diritto
internazionale generale che regolano i rapporti tra gli Stati, sia ai trattati
di cui sono parte gli stessi USA (violazione del G.A.T.T che proibisce le
restrizioni discriminatorie sulle importazioni di zucchero; violazione della
Convenzione dell'Avana del 20-2-1928 sui diritti e doveri degli Stati in caso di
guerra civile, in relazione all'appoggio accordato alle forze ribelli, abuso
delle regole di libertà marittime in relazione alle manovre navali il cui solo
scopo fu di minacciare la sicurezza e la stabilità di uno Stato costiero,
ecc.).
Le accuse oggetto dell'esame del Tribunale sono
addirittura più gravi di queste violazioni. È il motivo per cui il Tribunale
non intende soffermarsi su di esse. Queste violazioni debbono in ogni caso
essere condannate, anche se non dovessero inscriversi in una politica di
sistematico disconoscimento della sovranità e dell'indipendenza del Nicaragua.
B) Risulta, in secondo luogo, dalle prove sottoposte al
Tribunale, che gli USA appoggiano in modo massiccio le forze
controrivoluzionarie che tentano di rovesciare il governo legittimo del
Nicaragua, sostenendole con aiuti militari, con forniture di materiali e con
l'invio di consiglieri, e ricorrendo ad una politica di strangolamento economico
e di isolamento diplomatico del paese, abusando della propria potenza e dei
propri diritti.
Questi fatti costituiscono una violazione flagrante della
norma che garantisce il diritto elementare di ogni Stato a scegliere la propria
forma di governo e proibisce qualunque intervento straniero negli affari interni
di un altro Stato.
Questo fondamentale principio è riconosciuto dalla Carta
delle Nazioni Unite e confermato da una serie di risoluzioni dall'Assemblea
generale delle Nazioni Unite: 2131 (XX), 2625 (XXV), 2734 (XXV) e 36/103. Queste
risoluzioni furono approvate anche con il voto degli USA.
Il rispetto di questa norma s'impone sopratutto in questo
momento in cui non esistono dubbi sulla volontà democratica del popolo
nicaraguense, contrariamente alle argomentazioni degli USA, ai quali il
Tribunale nega qualsiasi diritto di giudicare della forma democratica degli
altri governi.
Non esiste alcuna ragione umanitaria che giustifichi un
tale intervento. La situazione critica esistente ora in Nicaragua non fornisce
alcuna giustificazione di intervento, specialmente poiché essa è dovuta in
gran parte alle attività ostili promosse dagli stessi USA.
Indipendentemente dall'intervento illegittimo che
manifestano, questi fatti costituiscono un'aggressione secondo il diritto
internazionale. L'aggressione ha avuto una precisa definizione nella Risoluzione
3314 (XXIX), le cui disposizioni, approvate all'unanimità dall'Assemblea
Generale, l'organo competente per interpretare la Carta, debbono essere
considerate declarative di diritto.
In base alle prove possedute dal Tribunale, risulta che:
- il minamento dei porti nicaraguensi da parte di agenti
statunitensi è un "uso di armi da parte di uno Stato contro il territorio
di un altro Stato" secondo l'art. 3b della Risoluzione, anche se non
costituisse un blocco illegale secondo l'art. 3c;
- l'appoggio dato dagli USA alle forze irregolari che
cercano di rovesciare l'autorità legale del Nicaragua costituisce, nelle
condizioni in cui si effettua, un "coinvolgimento sostanziale" a
fianco delle forze che "mettono in atto gravi azioni armate contro un altro
Stato" ai sensi dell'articolo 3g della Risoluzione.
Queste azioni, che attentano alla sovranità e
all'indipendenza politica del Nicaragua in violazione della Carta delle Nazioni
Unite, sono di una gravità tale che manifestano un'aggressione palese.
Non esistono "circostanze pertinenti" secondo
l'art. 2 della risoluzione, che possano smentire questa conclusione.
Il principio di legittima difesa può giustificare
l'intervento armato degli USA:
È vero che il diritto di legittima difesa collettivo,
come sostengono gli USA, è riconosciuto dalla Carta delle Nazioni Unite e dal
diritto internazionale generale.
Il Tribunale constata comunque che le condizioni di
questa legittima difesa, di cui si avvalgono gli USA, non esistono per i
seguenti motivi:
- non ci sono prove dell'esistenza di un'aggressione
armata del Nicaragua contro El Salvador. È vero che sono avvenuti alcuni
trasporti di armi in favore dei ribelli nel Salvador, ma tuttavia mancano prove
sicure. Anche se questi trasporti fossero realmente avvenuti, non si potrebbe
parlare di "aggressione" secondo la risoluzione 3314 (XXIX), senza la
quale non si può ricorrere al principio di legittima difesa;
- anche supponendo l'esistenza di una tale aggressione,
resta il fatto che gli USA si sono sempre astenuti, fino ad ora, e sembra che si
siano persino rifiutati, dall'informare gli organi competenti delle Nazioni
Unite delle minacce che invocano oggi per giustificare la loro politica di
intervento 5 anni dopo averla intrapresa. Il principio di legittima difesa non
potrebbe essere ammesso, salvo a non misconoscere i termini e lo spirito della
Carta, se non dopo che i meccanismi di sicurezza collettivi esistenti, che
potrebbero permettere di evitare un ricorso individuale, si siano rivelati
inefficaci. Ma questo non è il caso preso in esame.
Non è stata provata la situazione di emergenza, che
avrebbe potuto giustificare l'azione individuale della quale in ogni caso gli
USA avrebbero dovuto informare il Consiglio di Sicurezza. È persino più
difficile accettare l'idea che gli USA possano addurre il motivo di una qualche
paralisi del Consiglio per rivendicare il diritto di intervento individuale in
Nicaragua; gli USA sono infatti responsabili in massima parte di una tale
inefficienza, attraverso i loro veti.
Si può arrivare alle stesse conclusioni riguardo le
procedure di regolamento dell'OSA a cui gli USA non si sono rivolti, prima
d'intraprendere i loro interventi illegittimi.
In questo contesto, il Tribunale rifiuta qualsiasi
tentativo di criticare il Nicaragua per non essere ricorso a tali procedure.
In ogni modo, non dovrebbe esserci bisogno di
sottolineare che anche questo fatto, seppure dovesse essere provato, non
potrebbe mai giustificare le aggressioni perseguite dagli USA in violazione del
diritto dei popoli.
- Resterebbe infine una sproporzione evidente tra la
politica che gli USA perseguono per distruggere l'autorità legale del Nicaragua
e la difesa legittima che essi pretendono di perseguire.
Per questi motivi, il Tribunale considera che il crimine
di aggressione sia stato provato.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE
Condanna la politica seguita dagli Stati Uniti nei
confronti del Nicaragua in quanto contraria alle norme del diritto
internazionale che vietano ogni intervento negli affari interni di uno Stato
sovrano e proibiscono qualsiasi tipo di aggressione.
Avverte che queste violazioni delle norme più elementari
della società internazionale costituiscono dei crimini per il diritto dei
popoli.
Dichiara che il diritto del popolo nicaraguense alla
autodeterminazione e all'indipendenza non può essere negato qualunque sia il
pretesto invocato.
Si appella alla comunità internazionale affinché venga
preservato questo diritto e siano puniti i crimini che lo violano.
MESSAGGIO DEL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI
Tra la dignità e il disprezzo, il Nicaragua definisce,
in questi giorni, il proprio destino.
Il popolo che trionfò nel 1979, dopo 25 anni di lotta e
50.000 morti, si è trovato di fronte ad un paese devastato dalla guerra e
spogliato per quasi mezzo secolo dalla dittatura della famiglia Somoza.
Prima del 1979, il Nicaragua era il paese centroamericano
che più spendeva in armamenti e meno in campo sanitario ed educativo. Dopo che
la rivoluzione sandinista sciolse l'esercito della dittatura e mise in atto
profonde riforme sociali, il paese è stato obbligato a vivere in uno stato di
guerra.
Si tratta di una guerra di aggressione, di ferocia
crescente, illegale e non dichiarata, attraverso la quale gli USA negano al
Nicaragua il diritto all'indipendenza e all'autodeterminazione, che essi stessi
hanno conquistato da più di due secoli, come già prima gli avevano negato il
diritto di ribellarsi contro la tirannia, come stabilito dalla Dichiarazione di
Indipendenza ai tempi di Washington e Jefferson.
Questo vasto progetto criminale, finanziato in nome dei
diritti umani, invoca la democrazia per restaurare la dittatura e invoca la
patria per restaurare la colonia.
Sul piano militare, utilizza un esercito formato in
maggioranza da soldati e ufficiali della dittatura somozista, amnistiati da una
rivoluzione che non fucilò nessuno nel momento del trionfo.
Questo esercito, che si propone di logorare il Nicaragua,
ha le sue principali basi in Honduras ed a Miami ed è notoriamente reclutato,
finanziato, addestrato, e diretto dal Governo degli USA. Alle sue azioni
partecipano, direttamente, i consiglieri militari americani.
Benché la guerra di aggressione abbia nel Nicaragua il
suo obiettivo principale, il suo campo di operazione abbraccia anche i paesi
confinanti, che si stanno trasformando in grandi basi militari in funzione di
una concezione geopolitica imperialista che considera il territorio
centroamericano come parte del territorio degli USA.
Sono ormai numerose le vittime del terrorismo di Stato
che l'attuale amministrazione nordamericana sta utilizzando, per vie dirette e
indirette, contro il Nicaragua. L'incessante offensiva sta obbligando il
Nicaragua a sacrificare buona parte dei suoi progetti di sviluppo per far fronte
alle enormi spese della difesa nazionale, e lo sta obbligando a utilizzare in
campo militare le scarse risorse materiali e umane del paese, che la rivoluzione
avrebbe destinato a fini più costruttivi. Oltre agli attacchi militari,
invasioni, bombardamenti, attentati e sabotaggi, la guerra di aggressione
comprende asfissianti pressioni politiche, economiche e culturali ed implica
infinite violazioni delle leggi degli Stati Uniti e delle norme giuridiche
internazionali.
La aggressione cerca una giustificazione attraverso una
gigantesca campagna a livello internazionale di "avvelenamento"
dell'opinione pubblica del mondo intero, destinata a mostrare la vittima nel
ruolo di assassino e a convertire, magicamente, l'assassinio in vittima.
Poco si sa nel mondo su ciò che la rivoluzione
nicaraguense è riuscita a realizzare: in piena guerra di aggressione è stata
capace di alfabetizzare mezzo milione di persone ed ha potuto far scendere la
mortalità infantile per lo meno di un terzo, secondo i calcoli più prudenti, e
forse della metà.
In cambio, la propaganda riduce l'attuale storia
dell'America Centrale, in termini di guerra fredda tra i blocchi, come se la
rivoluzione nicaraguense e i processi rivoluzionari che si sviluppano in
Guatemala e in El Salvador non fossero più che echi di voci false e fossero il
risultato di una cospirazione tramata nelle stanze segrete del Cremlino.
In questo modo si stravolge la realtà di una regione del
mondo in cui arrivare vivo e sano ai 15 anni di età costituisce una impresa ed
un privilegio, e dove la democrazia nordamericana mette e toglie dittatori come
pedine da una scacchiera.
Gli Stati Uniti, che devono la propria indipendenza e
libertà alla lotta popolare, hanno negato al popolo in lotta del Nicaragua ogni
credito per la ricostruzione di un paese distrutto da una dittatura che gli
stessi Stati Uniti avevano imposto. In cambio, hanno stanziato e stanziano
tuttora milioni di dollari destinati alla distruzione.
Per il sistema di potere fondato sullo sfruttamento di
molti paesi da parte di pochi paesi, il pericolo non nasce da un traffico di
armi, mai provato, verso la guerriglia di El Salvador. Il Nicaragua è
pericoloso perché esporta un esempio, non armi: l'esempio di un piccolo paese
che non si lascia umiliare, che realizza con forza un'indipendenza nazionale non
ridotta all'inno e alla bandiera e che getta le basi affinché sul suo suolo
risplenda una vera democrazia.
Non si attacca il Nicaragua perché non è democratico,
ma affinché non lo sia. Non si attacca il Nicaragua perché è una dittatura
militare, ma affinché torni ad esserlo. Non si attacca il Nicaragua perché è
un paese satellite di una grande potenza, ma affinché torni ad esserlo. Ecco un
popolo armato, che difende il suo diritto alla vita. Per la prima volta nella
storia il popolo nicaraguense occupa l'asse centrale del potere ed è
protagonista e creatore del proprio destino.
Per la prima volta, il Nicaragua esercita pienamente la
sua sovranità. Questo è ciò che non viene perdonato a questo paese tanto
povero ma altrettanto ricco di dignità
Questa è la sua sfida, la sua maledizione. la sua
meraviglia.
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Questo documento è tratto dal libro TRIBUNALE
PERMANENTE DEI POPOLI Le sentenze: 1979 - 1991
E' possibile richiederlo direttamente alla NCE o all'
ASICUBA
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