E' la prima volta che il nostro Patriarca scrive un articolo per spiegare il suo punto di vista sul conflitto fra Palestinesi e Israeliani.

Palestinesi e Israeliani

Prospettive sul conflitto fra Palestinesi e Israeliani

1. Noi crediamo in Dio, onnipotente e misericordioso, che può fare ciò che gli uomini non sono stati capaci di fare fino ad ora. La vera pace è un dono che Dio solo può dare. Per questo invitiamo tutti i credenti a perseverare nella preghiera e nel rimanere saldi nella propria fede e speranza: un giorno vedremo giorni migliori in questa terra benedetta da Dio, fatta santa da Dio e considerata come santa da tre religioni che vivono insieme su di essa, Giudaismo, Cristianesimo e Islam. Noi piangiamo tutte le vittime, Palestinesi e Israeliani. Condividiamo profondamente il dolore dei loro famigliari, parenti e amici. Ci sentiamo coinvolti in ogni vita umana. Noi siamo per la difesa di ogni vita umana, della dignità e sicurezza di ogni essere umano, che sia palestinese o israeliano. Noi crediamo che solo vie di pace possono portare alla pace.

Situazione attuale

2. Lo Stato di Israele esiste e ha il diritto di esistere e di vivere in sicurezza. Lo Stato di Palestina non esiste ancora, ma ha lo stesso diritto di esistere e di vivere in sicurezza.

3. Lo Stato di Israele occupa territori di un altro stato. I Palestinesi sono sotto l'occupazione militare israeliane, con tutto ciò che questo implica in privazioni o limitazioni di libertà, sofferenza e umiliazione. I Palestinesi hanno il diritto di vedere la fine dell'occupazione militare israeliana dei loro territori occupati nel 1967 e di creare in essi il loro stato indipendente. Fin tanto che l'occupazione dura, hanno il diritto e il dovere di reclamare la loro terra e la loro libertà e di organizzare una resistenza al fine di raggiungere questo obiettivo. Ma noi affermiamo ancora che in questa resistenza solo vie di pace possono portare alla pace.

La radice del conflitto

4. Il conflitto fra Palestinesi e Israeliani non è fondamentalmente una questione di terrorismo palestinese che minaccia la sicurezza o l'esistenza di Israele. E' una questione di occupazione militare israeliana che cominciò nel 1967 e che provoca la resistenza palestinese, che poi minaccia la sicurezza di Israele.
Continuare a parlare di terrorismo palestinese, senza vedere il diritto dei Palestinesi alla loro libertà e alla fine dell'occupazione, è condannare se stessi a non vedere la realtà, e a rimanere impotenti nel raggiungere una soluzione.

5. Quindi si deve molto semplicemente rimuovere la causa così che l'effetto, cioè la violenza, non esista più. Invano si combatterà contro le varie espressioni di violenza attraverso condanne, rappresaglie o una guerra dichiarata: fin tanto che c'è la causa, permarrà anche l'effetto; fin tanto che c'è l'occupazione, il ciclo della violenza continuerà. Da ambedue le parti combattenti e innocenti continueranno ad essere uccisi.

Per porre fine all'occupazione

6. Dal momento che la causa di tutta la violenza è l'occupazione militare israeliana delle terre palestinesi, una volta che l'occupazione sarà finita, la violenza cesserà. Se Israele ha un sincero desiderio di porre fine a tutta questa violenza, la via da intraprendere non è la guerra o le rappresaglie ma una rapida e seria azione che ponga fine all'occupazione.
Quindi Israele, l'Autorità Palestinese e la comunità internazionale devono ritornare ai negoziati, ma in un modo nuovo e sincero, per porre fine all'occupazione.
Per porre fine alla violenza.

7. Alcune persone insistono sulla necessità di emettere dichiarazioni che condannino la violenza. Condannare la violenza è necessario. Ma rimuovere la sua causa, cioè l'occupazione, che la produce è molto più efficace. Allo stesso modo, chiamare la violenza palestinese terrorismo e la violenza israeliana legittima difesa, rende futile ogni dichiarazione o condanna e impedisce qualsiasi cessazione della violenza. Quindi, più che condanne della violenza, ciò di cui abbiamo bisogno è un'azione che ponga fine a tutte le forme di violenza, ponendo fine alla sua causa primaria, l'occupazione.

Pace, mutuo riconoscimento e sicurezza

8. Cosa vogliono i Palestinesi? Vogliono la loro libertà, la loro terra e il loro stato indipendente. Cosa vogliono gli Israeliani? Vogliono la loro sicurezza entro confini sicuri, protetti da tutti gli attacchi o minacce. Le due esigenze sono interdipendenti. L'indipendenza palestinese, dopo la fine dell'occupazione, porterà alla cessazione di ogni violenza e quindi alla sicurezza di Israele.
Ma, invece di porre fine all'occupazione, il governo Israeliano la mantiene e segue vie -rappresaglie e recentemente la guerra dichiarata- che portano solo all'opposto della sicurezza, cioè a una maggior reazione e violenza palestinese, e quindi ad una maggior insicurezza Israeliana. L'oppressione e le umiliazioni imposte al popolo palestinese possono solo produrre violenti reazioni palestinesi che minacciano la sicurezza del popolo israeliano e riempie la sua anima di paura e rancore.

9. Se il governo israeliano vuole veramente la sicurezza, la repressione violenta che ha usato fino ad ora non è la via giusta. Infatti, la sua violenza ha solo dato origine a nuove forme di violenza palestinese. Quindi la sicurezza del popolo israeliano rimane minacciata. Per questo deve abbracciare l'altra via che produrrà certamente la sicurezza: dichiarare il proprio sincero desiderio di terminare l'occupazione e cominciare al più presto possibile seri e rapidi colloqui per porvi fine.

Domande

10. Perché gli Israeliani non hanno ancora deciso di fare la pace? D'altronde fare la pace è nelle loro mani. Essi soli possono porre fine all'occupazione, e quindi aprire la via verso la pace. Perché gli Israeliani hanno finora rifiutato di restituire ai Palestinesi i Territori occupati nel 1967 e che sono solo 5000 km2 o 22% dell'intera Palestina storica, di cui lo Stato di Israele possiede il 78%?

a. Israele conserva ancora il sogno di avere tutti i territori palestinesi, ma vuoti, senza palestinesi? Dopo 100 anni di conflitto, è tempo di rendersi conto che questo sogno è qualcosa di impossibile. Oggi tre milioni di palestinesi vivono nei Territori Occupati. Israele deve accettare di aver a che fare con questa realtà vivente palestinese e non dovrebbe pensare più di sopprimerla o confinarla in qualche forma camuffata di occupazione o sistema d'apartheid.

b. Israele non ha fiducia nei palestinesi? Teme che non saranno capaci, quando avranno il loro stato indipendente, di essere pacifici vicini? Questa supposizione è infondata. Le manifestazioni di ostilità palestinese oggi non sono dovute a ostilità innata contro il popolo israeliano, ma piuttosto un'espressione della resistenza del popolo palestinese a ciò che esso considera come un tentativo di espropriarlo o di mandarlo via dalla sua terra. Quando la guerra terminerà, anche l'ostilità terminerà.

Guardando verso il futuro

10. Se Israele non crede veramente che la fine delle ostilità è una possibilità nell'anima di Israeliani e Palestinesi, allora la regione è condannata ad una guerra permanente e alla violenza. Sarà uno stallo assoluto per la regione e per i sopravvissuti di Israele nella regione. La sola via di uscita da questo stallo è credere nella pace e costruirla per mezzo di vie di pace e non attraverso mezzi di violenza.

11. Israele sarà sempre circondato da paesi arabi, inclusa la Palestina. Fino ad ora, Israele non è riuscito ad avere relazioni normali con essi. La ragione è che la politica perseguita finora da Israele e la comunità internazionale, con il pretesto di proteggere il nuovo Stato di Israele, mantenendo però le ingiustizie contro i Palestinesi, ha causato e alimentato sentimenti ostili in tutti i paesi arabi. Se uno volesse veramente proteggere qualcuno, non si circonderebbe di nemici, ma piuttosto di amici.
La politica attuale deve essere cambiata per trasformare i paesi confinanti in amici. Questa trasformazione non è una cosa impossibile. E' sufficiente attuare la giustizia per i Palestinesi, por fine all'occupazione e creare lo Stato di Palestina. Quando i Palestinesi saranno soddisfatti, quando saranno liberi e indipendenti nel loro stato, diventeranno amici di Israele. Quando i Palestinesi saranno amici di Israele, gli altri popoli arabi saranno nient'altro che amici. Solo in questo modo Israele, circondato da amici, vivrà nella tanto desiderata sicurezza.
La proposta dell'Arabia Saudita di instaurare una pace generale con Israele, adottata dal summit arabo di Beirut nel marzo del 2002, è un segno e un invito a Israele: i paesi arabi sono pronti ad avviare la pace con Israele sia come stato che come popolo.

12. Le Nazioni Unite hanno già preso tutte le decisioni necessarie per risolvere il problema. Ciononostante la comunità internazionale manca di coraggio e non osa prendere le necessarie misure al fine di attuare le proprie decisioni, com'è stato fatto invece in vari altri casi. Ancora, per garantire pace nella regione, la politica mondiale deve cambiare al fine di trattare i popoli su basi di giustizia ed eguale rispetto per tutti.

Gerusalemme, 8 maggio 2002

+ Michel Sabbah
Patriarca latino di Gerusalemme

From Fr. Raed Abusahlia
Latin Patriarchate's Homepage: http://www.Lpj.org
"Nonviolence Homepage": http://go.to/nonviolence


Translated by Basello Gian Pietro <gpbasello@eudoramail.com>
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san Giovanni in Persiceto, 11/V/2002