In "campo" con padre Ermanno

di Gian Pietro Basello

Pubblicato su La Voce della Comunità (periodico di Comunità Speranza) di novembre 1999.

Sul finire di agosto cominciò la nostra avventura premeditata una settimana prima nell’appartamento di via del Fossato. Si trattava di un "campo" per obiettori Caritas, organizzato da padre Ermanno in alcuni luoghi cari a san Francesco. Il nostro piccolo gruppo era così composto: gli obiettori Caritas Andrea, Fabrizio, Lorenzo e il sottoscritto, più due "validissime" terziarie francescane, Chiara e Lucia.

30 AGOSTO 1999

Passo dei Mandrioli (1173m) Non avrei mai immaginato quante volte avremmo dovuto varcarlo nei giorni successivi. La lunghezza della salita e il continuo alternarsi di curve è stato però sempre ripagato dal meraviglioso paesaggio che domina per largo tratto tutta la valle.

Villaggio san Francesco Il villaggio è un’accogliente e vasta struttura gestita dai frati conventuali per offrire ai gruppi un luogo di silenzio e preghiera immerso nella natura. Quando siamo arrivati, la pioggia formava un fittissimo e finissimo sipario che avvolgeva tutto. Del villaggio ricordo con piacere: l’ospitalità, particolarmente incarnata nella persona di fra Roberto; la convivialità dei pranzi e delle cene; il grande campo da calcio, teatro di epiche gesta dei miei colleghi; le partite a calcio-volley con gli altri giovani ospiti Silvia e Davide (e con sporadici interventi di padre Ermanno); i vespri accompagnati dal suono angelico del salterio (un antico strumento a corda) magistralmente pizzicato da un giovane postulante di Longiano; le strane vetrate della chiesa (una specie di mosaico formato da spessi pezzettoni di vetro inseriti in un’armatura) splendenti all’interno di giorno e rilucenti di notte all’esterno; il meraviglioso cielo stellato solcato dalla via lattea.

Badia Prataglia Nel pomeriggio abbiamo fatto una veloce "scappata" alla vicina Badia Prataglia. Abbiamo visitato l’antica chiesa romanica cogliendo quel breve ma intenso momento di fraternità che segue la messa feriale in una piccola comunità. La chiesa non è grande ma era piena di fedeli: chi continuava a pregare, chi in silenzio sistemava il presbiterio, chi asciugava il bagnato lasciato dagli ombrelli appoggiati sulla balaustra del fonte battesimale, chi sulla porta salutava quanti uscivano. Usciti fuori, fummo colti da una calda minuta leggera pioggia estiva.

31 AGOSTO

La Verna Per arrivare a La Verna da Badia si è costretti a prendere una strada fuori mano, che segue la valle del Corezzo e che ti culla con i suoi dolci saliscendi nel verde. Non c’è tanta traccia dell’uomo, solo un paio di paesotti, qualche gregge (accompagnato da relativo pastore motorizzato) che ti taglia la strada, un paio di nascoste e incantevoli cascate dietro il ciglio della strada. Poi, giunti alla Beccia, il turista attento scopre in alto, alla sua sinistra, i contrafforti de La Verna. Sono lì a pochi passi, un po’ più in alto, ma per raggiungerla l’automobilista dovrà compiere un lungo giro, una specie di largo abbraccio che si posa sulla spalla sinistra del monastero.

E’ incredibile come sia facile appartarsi a La Verna nonostante la grande affluenza di fedeli e turisti. Ho passato gran parte della mattinata seduto sul muretto interno del precipizio, dove le ripide scale risalgono seccamente ad angolo retto facendoti ritrovare nella cappella di san Sebastiano. Alla mia destra, in mezzo alla valle, c’era la città di Poppi; sul fondo, le colline si perdevano nella bruma; più vicino, sotto di me, c’era il bivio della Beccia; a sinistra, poco più in alto, c’era la finestra che chiude il corridoio delle stimmate aprendosi su questo stupendo panorama. Ogni tanto qualcuno si affacciava e mi guardava. Appollaiato, leggevo alcuni passi delle Fonti Francescane (FF; editio minor ovviamente) in cui si narrava del rapporto fra san Francesco e La Verna. San Francesco amava stare sporto sull’infinito proprio lì dove mi trovavo io, anche se allora non c’era muretto di pietre ma solo nuda roccia (FF 1911).

Semplice e bellissima la messa celebrata nella minuscola cappella dove san Bonaventura concepì il suo straordinario itinerario della mente umana in Dio.

Nel pomeriggio, breve divagazione all’umido sasso Spicco (segnalato per i turisti inglesi dal cartello "Jutting out stone") con l’enorme masso sporgente appoggiato e la fenditura nella roccia che sale fino al corridoio delle stimmate. Da sotto si vede il ponte su cui poggia il corridoio, ma san Francesco aveva solo qualche tronco o asse di legno e tantomeno aveva un confortevole passaggio coperto (rileggete FF 1906!).

1 SETTEMBRE

Camaldoli La mattina fu interamente dedicata alla visita in rapida successione del cenobio (vita comunitaria) e dell’eremo (vita in solitudine) di Camaldoli. Il cenobio non mi è proprio piaciuto e vi lascio un giudizio basato comunque su una fugace impressione: mi sembra un luogo elegante e lussuoso dove le persone in vista vanno spacciandosi per pii cattolici (non per niente vi si celebrano sontuosi congressi). Mi è piaciuta, invece, la sala annessa alla farmacia, con gli antichi alambicchi, mortai e pestelli: quali sapienti mani li avranno adoperati lungo i secoli, ricavandone unguenti curativi e miracolose medicine!

Eremo di sant’Alberico Insomma, la giornata doveva rimanere nella memoria per qualcos’altro: nel pomeriggio padre Ermanno ci sorprende con uno dei suoi "contrordini", imbastendo un fuori programma che ci avrebbe dovuto portare alle foci del Tevere nei pressi del non vicinissimo monte Fumaiolo. Ci ritroviamo così a costeggiare di sotto la superstrada E45, abbandonandoci ai saliscendi improvvisi e alle curve. Giunti alle Balze attraversiamo quasi senza accorgercene un fosso accompagnato dal cartello "Fiume Tevere". Decidiamo allora di visitare prima l’eremo di sant’Alberico che scopriremo poco dopo, disperso nel folto della foresta, in una selletta che ricongiunge un cocuzzolo rotondo al più grande monte Monticino (1348m). Il parcheggio è più giù; il sentiero si inerpica ripido ricoperto da grossi sassi. Lungo la salita accompagnata da uno spontaneo rosario, rimaniamo silenziosamente colpiti dai tanti sassolini appoggiati (o comunque infilati in ogni fessura) sui pilastrini della via Crucis, segno di una particolare pietà popolare. Ma ecco un raccolto spazio verde, circondato all’intorno da un muricciolo, con al centro la casa dell’eremita che nasconde al suo interno una piccola chiesetta. Mentre padre Ermanno si dilegua per completare il suo quotidiano ufficio di preghiera, mi stendo sui gradini di pietra riscaldata dal sole per guardare i cumuli bianchi che scompaiono dietro il profilo obliquo verde della montagna. Dopo una veloce messa, ci soffermiamo a chiacchierare con fra Vincenzo, l’eremita. Il caso vuole che ne vediamo la semplice tavola ordinatamente apparecchiata, il pane, la pentola pronta per scaldare la minestra. E’ un po’ freddo, perché il sole abbandona presto questo stretto avvallamento e non è difficile pensare ai lunghi inverni. Fra Vincenzo sta sempre qui, anche se ogni giorno scende in paese a piedi, per esercitare i suoi doveri di frate e sacerdote. E’ una persona semplice, dalla lunga barba, i cui occhi brillano quando gli chiediamo di raccontare di don Quintino, il suo predecessore che l’aveva voluto discepolo e compagno. Quintino Sicuro, quinto nato di una grande famiglia, brillante finanziere in Francia: all’improvviso abbandona tutto e vaga per l’Italia a piedi nudi, come un novello san Francesco. La provvidenza lo manda da queste parti e gli propone di ridare vita e spiritualità all’eremo che sant’Alberico abitava nel VIII secolo (se ben ricordo).

Le Balze Sulla via del ritorno, una breve sosta alle Balze ci permette di salutare il nostro carissimo collega Marco impegnato con un folto gruppo di ragazzi della sua parrocchia di Cannucceto. Pochi giorni dopo avrebbe seguito le nostre orme all’eremo, come testimonia una sua cartolina appesa nell’appartamento di via del Fossato.

2 SETTEMBRE

Assisi Giunse finalmente il gran giorno di Assisi. Dopo un inizio un po’ preoccupante, padre Ermanno è riuscito a trasformare quello che sembrava un tour de force in una piacevole visita. Prima tappa è stata la rinnovata chiesa di santa Maria degli Angeli. E’ sempre un’emozione soffermarsi davanti alla cappella del transito e vedere l’antica porta che san Francesco aveva varcato da vivo per l’ultima volta. Qui è tutto così grande e bianco, in netto contrasto con quello che ci aspettava poco dopo a san Damiano e alle Carceri.

Dopo un affollato san Damiano, abbandoniamo temporaneamente Assisi scendendo a valle fino a Rivotorto. Qui padre Ermanno gioca in casa: dopo aver celebrato messa e aver visitato il primo rifugio di san Francesco e compari, mangiamo in una comoda sala dell’annesso convento.

Nel pomeriggio visitiamo l’eremo delle Carceri. Mi sono inoltrato nella serie di stretti passaggi che conducono al "giaciglio" del santo. Dietro di me non c’era nessuno e mi sono potuto soffermare un po’ nell’angusta cameretta. Attraverso la porticina da cui si entra e la finestrella quadrata della stanza attigua, scorgevo la "V" formata dai due fianchi del canalone che si aprono sulla piana. A quella distanza le auto sono puntini e mi stupivo di quanto poco sembrava apparentemente cambiato da ciò che vedeva san Francesco. Finito il giro e ritornato da sopra al piazzaletto (quello con il pozzo) di partenza, puoi sporgerti e, guardando il complesso, tratteggiare dietro i muri il percorso appena compiuto. Sembra tutto così precario, a malapena appoggiato sulla roccia che spunta disordinatamente sotto la muratura più regolare.

La giornata si chiuse con la visita della basilica inferiore. Come altre volte in passato, mi ha dato fastidio la penombra e il confuso ronzio di sottofondo che nasce dal vano sforzo dei fedeli di parlare sottovoce. La basilica superiore era ancora chiusa per restauro: sembrava un alveare ripieno di operose api; da tutte le aperture uscivano e rientravano in continuazione operai indaffarati, con impalcature, teli e strumenti assortiti.

La vera "scoperta" ad Assisi è stata la compagnia di Dora e Massimo, madre e figlio ospiti del villaggio: saputo per caso che saremmo andati ad Assisi, hanno chiesto di unirsi a noi. Non vi erano mai andati e il loro stupore, la loro spontaneità e la loro gioia mi hanno fatto riscoprire e apprezzare tante cose che forse sarebbero rimaste nascoste sotto la patina dell’abitudine e del "già visto".

3 SETTEMBRE

Bologna, via del Fossato 17 Dopo la verifica, il pranzo e i saluti, il rapido viaggio di ritorno, eccomi "scaricato" sulla circonvallazione di Bologna. Rieccomi nel caos e nel traffico che mi sorprende subito con l’acre odore di smog. Ma, discendendo verso via Saragozza, facendo più attenzione, sento un odore sottile di casa e il profumo dell’estate che sta finendo. Mentre consumo modestamente un abbondante piatto di pasta nella solitudine dell’appartamento deserto, mentre la sera inizia a calare dalle cimase del cortiletto interno, mi impegno a infondere l’entusiasmo dei giorni appena trascorsi in quelli prossimi di servizio.


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