a cura
di Ettore C. Angiò
La celebrazione religiosa è preceduta dalla
rito della "pitë", che si svolge
l’ultima domenica di aprile , e che consiste nel taglio e trasporto in paese di
un grosso abete. La manifestazione è simile ad altre dell’area lucana: Accettura, Rotonda, Viggianello,
ecc., ma a differenza di queste, dove l’albero
è tirato da animali, ad Alessandria il trasporto viene effettuato da uomini
"con una tecnica di grande presa spettacolare" (G. B. Bronzini). Durante il trasporto della pianta, che è sempre preceduta dal "cimahë"
(parte sommitale dell’abete che viene reciso con una
tecnica particolare per far sì che i rami restino integri), partecipa tutto il
paese dai più vecchi ai ragazzi che "tirano" "u traviettë", una piccola trave di legno. Una
volta veniva utilizzata per questa festa l’esemplare
di abete più superbo, ora si sceglie, in genere un albero abbattuto dalle
intemperie invernali. Durante il trasporto che viene
effettuato tra canti, balli, grosse libagioni e spari di mortaretti, giunti
alla Difisella ci si ferma per rifocillarsi con un
pranzo a base di prodotti tipici: capretto arrostito, "misceruhë
e pallaccë" ( funghi Prugnolo di
maggio con un prodotto caseario simile ad una mozzarella) , "stigliohë" (interiore di capretto),
"gliommeriellë" (involtini di
carne), e altro ancora, tutto innaffiato con squisito vino locale. Il trasporto
termina, la sera, tra canti e balli, nella piazzetta S. Vincenzo. Il pomeriggio
del 2 maggio, richiamati dal suono della campanella della Cappella di S. Vincenzo, si riuniscono i volontari che penseranno a
squadrare e pulire l’abete. Una volta, si provvedeva anche a piallarlo con
accuratezza, per rendere il fusto ben levigato (veniva anche strofinato con
grasso di animale "u
sivë"!), in modo da rendere più
difficile l’impresa agli arrampicatori. Il 3 maggio, di buon mattino, giovani ed anziani
si riuniscono nella solita piazzetta di S. Vincenzo; viene
apprestato, con cura, l’innesto del "cimahë"
all’abete, mediante "tortë"
(specie di fune ricavate, con un antico procedimento, da rami di pruno
selvatico) e con l’inserimento delle "vrocchë"
(grossi cavicchi di legno) , quindi dopo avervi appeso i premi per coloro che
riusciranno a salirvi, si iniziano, al suono di organetti, ciaramelle, banda
musicale, le operazioni per drizzare l’albero. Queste operazioni vengono fatte utilizzando esclusivamente scale, travi legate
e pertiche (agli inizi del ‘900, durante la prima guerra mondiale, D.
Alessandro Napoli, mancando il personale perché al fronte, pensò di acquistare
un macchinario per eseguire questa operazione… per
poco non finiva in tragedia!). Una volta tirata su la "pitë",
nell’apposita buca, la stessa viene fermata con corde, puntelli e
pietre, è solo in questo momento che può suonare la
campana che annuncia la messa, al termine della quale c’è la processione. Anni
fa era possibile vedere precedere la processione da alcuni giovani che
muovevano con destrezza ed abilità, mantenendola in equilibrio, un pertica di legno, alta più di tre metri, ricoperta con un
panno e terminante con uno stendardo con l’immagine di S. Alessandro, era il
cosiddetto " gioco del palio". Il pomeriggio,
verso le ore 16, iniziano i tentativi di salita dell’abete, che deve avvenire
solo con l’uso delle braccia e delle gambe e tra i tanti che tentano solo
pochi, da qualche tempo in genere una o due persone, riescono ad arrampicarsi e
una volta sopra, si esibiscono in giochi di acrobazie,
che fanno star con il cuore in gola chi guarda, visto che tutto
ciò avviene a
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