IL CATASTO ONCIARIO DI ALESSANDRIA (DEL CARRETTO)
CENNI
STORICI SUL CATASTO ONCIARIO
Re Carlo III di Borbone, perché tutti i
cittadini pagassero le tasse in proporzione dei propri averi, con dispaccio
reale del 4 ottobre 1740 ideò "la confezione de’ catasti da formarsi
dalle Un.tà (Università) delle Città, T.re (Terre) e singoli di
questo regno".
La Regia Camera della Sommaria il 17 marzo 1741 e
successivamente il 15 agosto 1741 emanò le istruzioni per la compilazione del
catasto che ad Alessandria venne impostato nel settembre 1741 e portato a
termine nel 1743.
Questo catasto, mediante una procedura
complicata, traduceva e valutava in once (unità monetaria di conto
equivalente a sei ducati) il reddito derivante dall'attività svolta e dai beni
posseduti.
Per calcolare il capitale posseduto si
partiva dalla rendita, e così, si risaliva al capitale, tenendo conto che con
l'interesse del 5 % il detto capitale avrebbe fruttato quella rendita; il
reddito così calcolato si riportava, quindi, in once .
Per rendere meno complicato il calcolo della
tassa si usava, comunque, questo sistema: per le attività svolte, il numero di
once veniva determinato e fissato in base a norme emanate dalla Regia Camera
della Sommaria nel 1639, ad es.: per un bracciale (bracciante) la
rendita da lavoro annua era di once 12 (cioè 72 ducati); per i beni immobili si
stabiliva di porre un'oncia ogni tre carlini di rendita. Per cui le once
attribuite corrispondevano all'imponibile su cui applicare le tasse .
Tutti dovevano essere tassati sia per la
"testa" , sia per il lavoro, "industria",
esercitato e sia sui beni posseduti.
La tassa sulla "testa"
veniva pagata solamente dal capofamiglia, anche se in una famiglia vivevano
figli sposati era sempre e solo il capofamiglia o "capofuoco "
a pagare la tassa del "testatico" nella ragione di un ducato
(che in particolari situazioni poteva essere aumentato a 17 carlini e mezzo),
se mancava il padre, pagava il fratello maggiore che assumeva la carica di
capofamiglia.
Erano esenti dal pagamento sulla tassa della
"testa" le persone che vivevano di rendita e quelli che
esercitavano professioni quali ad esempio i dottori in legge, i medici, i notai
e i giudici a contratto.
Da questa tassa erano esentate anche le
vedove e le vergini, quando le stesse non erano aggregate ad altri nuclei
familiari per cui figuravano come capofamiglia, i minorenni e i sessagenari.
Erano tenuti a pagare il "testatico"
tutti quando la tassa superava i dieci carlini, in questo caso la tassa si
riferiva alla parte eccedente i 10 carlini.
Dalla tassa "sull'industria"
erano esenti, oltre le donne sia maritate che capofamiglia, coloro che vivevano
di rendita o di professioni nobili e liberali, ad esempio, i dottori in legge,
i medici, i notai, i giudici a contratto, ecc. e i minorenni. Quando l'arte era
esercitata da più persone di una stessa famiglia, erano tutti soggetti alla
valutazione dell'attività, si teneva, però, conto dell'età: dai 18 anni in su
si valutava per intero, dai 14 ai 18 per metà, inferiore a 14 anni c'era
l'esenzione. Per i beni non esistevano esenzioni: dovevano pagare tutti tranne
le vedove o le vergini capofamiglia se la loro rendita era inferiore a un'oncia
cioè 6 ducati. La tassa gravava sul reddito al netto da ogni peso.
I pesi si dividevano in accidentali e
naturali. Erano pesi accidentali quelli che gravavano sugli immobili per
volontà dei possessori passati o presenti, come ad es.: celebrazioni di messe,
maritaggi, ecc. . Pesi naturali erano le spese che si sostenevano per la manutenzione
di un immobile. La casa, ad esempio, poiché aveva bisogno di manutenzione, era
gravata solo su tre quarti della rendita, spettava cioè una riduzione di un
quarto di rendita. La casa che serviva da abitazione propria non era soggetta
alla tassa. Per gli animali, considerato che erano soggetti a mortalità e a
rinnovamenti, il capitale da tassare veniva ridotto. Veniva assoggettato alla
tassa anche il capitale impiegato in mercanzia: un'oncia ogni 3 carlini di
frutto. La tassa in questo caso non si pagava all'Università dove si esercitava
la mercatura ma a quella dove si era iscritto per il focatico. I possessori di
beni non residenti, cioè non iscritti come "fuoco" pagavano la
tassa detta "bonatenenza";
i forestieri residenti pagavano oltre la bonatenenza anche 15 carlini
per l'abitazione "ius habitationis " a qualsiasi titolo
posseduta (proprietà o affitto). I cittadini assenti, se "fuochi"
dell'Università pagavano il testatico, l'industria, i beni e la mercatura, se
erano "fuochi" di altre Università pagavano solo la "bonatenenza".
Il feudatario pagava come gli altri cittadini se nella numerazione del 1699 era
stato iscritto, lui o un suo avo, come "fuoco"
dell'Università, nel caso contrario era considerato come un cittadino forestiero
e soggetto solo alla "bonatenenza". Erano sottoposti a tasse i
beni feudali e gli animali posseduti dal feudatario come privato cittadino.
Per gli ecclesiastici vigevano le seguenti
norme:
- i chierici minori non pagavano il testatico
e la tassa sull'industria.
- i sacerdoti erano esenti dal pagamento del
testatico, della tassa sull'industria e su quella dei beni del "patrimonio
sacro", per i beni non si doveva superare, però, una somma che
veniva stabilita dalle norme diocesane, per la somma eccedente e per i beni
extrapatrimonio sacro anche i sacerdoti pagavano le tasse come tutti gli altri
cittadini.
- le cappelle, i capitoli, i monasteri, le
mense vescovile erano tassate al 50% sui beni posseduti prima del concordato
tra il re e la Santa Sede , per intero sui beni acquistati dopo.
- I sacerdoti, i diaconi e i suddiaconi
forestieri possessori di beni erano considerati come i forestieri laici non
abitanti, pagavano cioè solo la "bonotenenza"; per il
patrimonio sacro vigevano le stesse norme applicate agli ecclesiastici locali.
Il numero degli abitanti di Alessandria
di Calabria Citra, calcolato sulla base delle "Rivele",
ascendeva a 1.121. I "fuochi" erano87.
Tranne il parroco, il cancelliere Alessandro
di Rago, il dr Saverio d'Angiò e Pascale Chidichimo, tutti gli altri
"deputati" e amministratori sono "crocesegnati".
Segue l'elenco dei capofuoco
(capofamiglia) che presentarono le "Rivele" nel 1742 per il
"Catasto Onciario di Alessandria di Calabria Citra", a fianco
di ciascun nome è riportata la professione.
1) Angiolo Toscano (massaro) – 2) Antonio
di Giuseppe Abbeduto (invalido) – 3) Antonio Scardino (bracciale) –
4) Agostino di Chiaro (massaro) 5) Alessandro Napoli (massaro) –
6) Antuono Abbeduto (bracciale) – 7) Carlo Brunaccio
(massaro) – 8) Carlo Montalto (massaro) – 9) Mastro Carlo Covello
(calzolaio non esercente " per essere d'età avanzata") - 10) Cesare
di Gaudio (invalido) – 11) Domenico di Antonio Veneziano (massaro) –
12) Mastro Domenico Arvia ( ferraro) - 13) Domenico di Mundo
(bracciale) - 14) Domenico di Lascio (campese) – 15) Domenico di
Tucci (campese) - 16) Domenico di Drogo (massaro) - 17) Domenico
di Chiara (massaro) – 18) Mastro Francesco di Gatto (falegname) –
19) Francesco d’Antonio Oriolo (bracciale) – 20) Francesco Pugliese
(bracciale) - 21) Francesco di Tucci (bracciale) – 22) Francescantonio
di Rago (bracciale) - 23) Francesco di Pietro Chidichimo (massaro) -
24) Francesco Lo Passo (campese) – 25) Francesco di Napoli
(campese) – 26) Francesco Donadio (cieco) – 27) Francesco Russo
(massaro) – 28) Francesco d’Adduci (forese) – 29) Giuseppe Valerio
(massaro) – 30) Giuseppe Toscano (bracciale) – 31) Giulio La Rocca
(campese) – 32) Giuseppe di Fabio (massaro) – 33) Giuseppe Veneziano (bracciale)
34) Giovanni Cafaro (bracciale) – 35) Gabriele di Giuseppe d'Adduci
(massaro) – 36) Giuseppe di Giovanni d'Adduci (campese) – 37) Mastro Giuseppe
di Santo (falegname) – 38) Mastro Giovanni Mario Farina (muratore) –
39) Giuseppe Corrado (bracciale) – 40) Giannandrea d'Adduci
(cieco) - 41) Giuseppe Odoardo (falegname) – 42) Gianmario Russo
(campese) – 43) Giuseppe di Simone Vasile (bracciale) – 44) Giambattista
La Rocca (bracciale) – 45) Gabriele di Marcantonio d'Adduci
(massaro) – 46) Giuseppe di Giovanni Vasile (bracciale) – 47) Geronimo
Mele (bracciale) – 48) Mastro Giovanni de Falco (calzolaio) - 49)
Mastro Lionardo Gatto (sartore) – 50) Leonardo di Vuodo (forese)
– 51) Lorenzo di Tucci (massaro) – 52) Mastro Luca Fasanelli
(calzolaio) – 53) Michelangiolo Corrado (bracciale) – 54) Marco Melfi
(bracciale) – 55) Niccolò di Giuseppe Chidichimo (bracciale) -
56) Marco Lentino (massaro) - 57) Paolo Alfano (campese) –
58) Pietro Paolo Gatto (bracciale) – 59) Paolo Castronuovo
(bracciale) – 60) Pietrantonio di Mundo (massaro) - 61) Pietrantonio
Basile (massaro) – 62) Pietro Paolo di Napoli (massaro) – 63) Paolo
d'Aurelio (massaro) – 64) Paolo di Giuseppe Russo (campese) – 65)
Magnifico Pasquale Chidichimo (bandieraro, ossia alfiere, del
battaglione a piedi della città di Avellino) – 66) Santo Castronuovo
(bracciale) – 67) Salvatore di Marcantonio Russo (massaro) – 68) Salvatore
di Giuseppe Russo (campese) – 69) Santo Cassano (massaro) – 70) Salvatore
Francomano (bracciale) – 71) Dottor Saverio d'Angiò (dottore in
legge) - 72) Simone di Rago (massaro) – 73) Tommaso La Cava
(bracciale) – 74) Tommaso La Rocca (bracciale) – 75) Vitantonio di
Rago (bracciale) - 76) Mastro Vincenzo Cirò (scardassatore di lana)-
Vedove: 1) Andreana
di Tucci (vedova di Francesco Veneziano) – 2) Creda Bianco (vedova
di Pietrantonio di Rago) – 3) Maddalena Gatto (vedova di Leonardo di
Napoli)
Chiese e
luoghi pii siti nel paese:
La Venerabile cappella sotto il titolo di S.
Alessandro Papa e Martire; La Venerabile cappella sotto il titolo di S.
Antonio di Padova; La Venerabile cappella sotto il titolo di S. Rocco
(extra moenia); La Venerabile cappella del Santissimo Rosario dentro la
Matrice Chiesa.
Amministratori dell'Università di
Alessandria nell'anno 1742:
Paolo Russo, Sindico (Sindaco); M.ro Giuseppe di Santo,
Capo eletto; M.ro Francesco d'Adduci, Eletto.
Amministratori dell'Università di
Alessandria nell'anno 1743:
Francesco Chidicomo, Sindico; Antonio d'Adduci, Capo
eletto; Leonardo di Chiara, Eletto.
Riportiamo qui di seguito la rivela del
Principe Carlo Pignone del Carretto, che risulta essere la stessa che ha
presentato alla Università di Oriolo. Per Alessandria più specificatamente
troviamo quanto segue:
Nella terra d'Alessandria oltre de corpi
giurisdizionali, esezione di terratico e censi di sopra cennati, possiede i
seguenti corpi feudali V3:
Tre molini d'acqua, una valchera (gualchiera), la serra delle tavole (segheria)
che macinano con l'acqua che nasce nel feudo e sono situate in territorio
feudale.
Esigge dall'Unità (oltre i corpi
giurisdizionali di Bagliva e Piazza) annui carlini 25 per la difesa di Tulino
ed annui carlini 30 per la......(nome indecifrato di altra difesa) forse Manca.
Parecchiate da Massari e giornate da
Fatigatori come sopra si è detto in Oriolo. (Cioè una (1) parecchiata dai Massari e tre (3) giornate dai Fatigatori
, due per zappare le vigne e una per mietere)
Tra i pesi ricordiamo i vitalizi che il
Marchese don Carlo deve ai suoi familiari:
Alla madre (Alla Illa Sigra D. Isabella
Caracciola ecc.) per "assignamento fattole dal S.B.C. annui 240 (ducati)
=" -
Al Principe D. Giacomo Pignone del
Carretto suo "F(rate)llo
Primogenito dal quale si sono rifiutati i feodi colla riserva del livello
d'anni 1200 (ducati) =
Alla zia D. Popa Pignone del Carretto
monaca nel Monastero di D. Romita di Napoli annui 80 (ducati) =
Alle sorelle Giovanna Pignone del Carretto
e Porzia Pignone del Carretto monache anch'esse nel Monastero di D. Romita 100
(ducati) all'anno per ciascuna.
Al P. D. Teodoro Pignone del Carretto
fratello del marchese e "monaco cassinense p(er) vitalizio" 30 (ducati) l'anno-
Al P. F. Ferdinando e F. Emanuele Pignone
del Carretto "suoi frat(e)lli,
monaci in S.Giovanni a Carbonara per vitalizio 40= (ducati)
Altri pesi del Principe riguardano le "Spese
per lo Stato" tra i quali vi è quello per la manutenzione dei
palazzi tra i quali è annoverato quello che possiede in Alessandria .
La rivela del Marchese è presentata
dall'Erario Niccolò Bianco.
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