Una Special su base Guzzi 850 Le Mans 2

Come tanti  soffro di una malattia abbastanza comune,
quella per le moto e soprattutto  per le modifiche ed elaborazioni.
Premetto che le moto a me piacciono tutte, italiane o straniere, ma sono
attratto fatalmente dalle bicilindriche, specie se  italiane e se
appartengono agli anni 70/80 ancor di più...  sono più umane e quindi ci puoi
stabilire un feeling, ci puoi parlare e ascoltarle. Dopo questa breve
premessa vi presento una delle mie moto: la
GUZZI 850 LE MANS 2,
da me personalizzata....

Si tratta di un bicilindrico del 1979 a
quattro tempi con cilindri a V di 90° fronte marcia di 844 cc. con
distribuzione ad aste e bilancieri con asse a camme nel V dei cilindri con
comando a catena duplex, accensione con due ruttori, carburatori Dellorto
PHF 36B, cambio a 5 marcie e trasmissione ad albero con giunto cardanico e
coppia conica, per un peso a secco di 228kg. e velocità finale in
posizione abbassata di 203,6 a 7.300 giri.La Guzzi ha creato la Le Mans II
che praticamente è l'evoluzione della Le Mans I e della Sp 1000.Di
entrambe coglie il meglio.La carenatura ed il telaio sono della SP 1000 ma
il motore, potenziato, della Le Mans I. La moto è spinta da un motore di
68,3 CV alla ruota, anzichè d i 55 della SP, però con un peso superiore di
18 Kg.: 218 contro i 210 Kg. della Le Mans I. Questo deriva dall'adozione
della carenatura, composta da una parte inferiore e da un cupolino
solidale con lo sterzo, dentro il quale è sistemato un cruscotto provvisto
di ben quattro strumenti ed innumerevoli spie. Questo aumento di peso è
giustificato dagli indubbi vantaggi protettivi e deportanti di questa
struttura, piuttosto che dal miglioramento delle prestazioni sportive nel
loro complesso,che per la verità, se non compromesso, non vengono di certo
potenziate da questa soluzione. La resistenza all'aria di una carenatura
nata con la SP 1000 per un impiego prevalentemente turistico, è superiore
alla resistenza offerta da una moto sciolta con pilota sdraiato sul
serbatoio. evidentemente un motore "spigoloso" come quello della Le Mans
avrebbe sofferto in ripresa sia per l'aumento di peso, ma in particolar
modo per il maggiore carico necessario a spostare una sezione frontale
certamente meno penetrante. I tecnici hanno così cercato una via di
adattamento del motore Le Mans a questi problemi. Per ottenere una maggior
elasticità la compressione è scesa da 10,4 a 10,2. Anche i raschiaolio che
prima avevano un carico tangenziale elevato, ora sviluppano meno attriti a
tutto vantaggio della potenza disponibile. I getti del massimo sono ora da
140 invece che da 135. Quindi un motore più elastico e potente della
precedente versione. Tutti questi accorgimenti hanno consentito di
annullare lo svantaggio in peso e penetrazione della Le Mans II, rispetto
alla precedente versione.Tuttavia però, l'adozione di una carenatura a
profilo turistico limita la punta velocistica della nuova Le Mans II a
203,6 Km/h a 7300 giri (la Le Mans I toccava i 210).Sino ai limiti delle
prestazioni della SP, anche la Le Mans II deve essere considerata
favorevolmente sia per la tenuta di strada che per la precisione di guida.
Oltre i 180 Km/h la moto mantiene bene le sue traiettorie, ma si
incomincia ad avvertire un certo alleggerimento sull'avantreno che rende
lo sterzo molto sensibile al fondo stradale. Quando si è prossimi ai 200
orari effettivi può succedere che anche lievi gobbe del manto stradale o
improvvisi vortici d'aria dovuti ai sorpassi, scuotano lo sterzo.
Alla luce di quanto sopra, il sottoscritto insieme all’ amico meccanico
Orazio, spinto dalla passione per il bicilindrico ma sopratutto per
l’elaborazione, si è adoperato per rendere la moto più performante sia per
quanto riguarda la parte motoristica che la ciclistica.
Si è provveduto alla sostituzione dei cilindri originali con quelli del
1000 con relativi pistoni a testa piatta e non bombata (per rendere il
motore più elastico). L’albero a camme originale ha lasciato il posto ad
uno con diagrammi più spinti (tipo “B” prodotto dalla GUZZI), i
carburatori da 36 sostituiti da due 40 con pompa di ripresa,
l’alleggerimento del volano, il distanziale nella coppa dell’olio,le
marmitte fatte artigianalmente, nonché un tendicatena alla distribuzione
per ovviare alle frequenti alterazioni del relativo gioco.
Relativamente la ciclistica, si sono stati sostituiti gli ammortizzatori con
un paio ad aria con diverse regolazioni, cambiate anche le molle della
forcella anteriore con due più rigide, nonché il forcellone posteriore con
uno scatolato in alluminio (adesso l’alberino di trasmissione è
indipendente) per smorzare lo sbacchettamento sia alle alte velocità sia
nelle scalate delle marce, generate dallo stesso. Il focellone denominato
 F I T, è stato progettato, creato nonché brevettato dal mio amico
Orazio Maiorana, Via della Concordia—Milazzo (ME) c/o Conessionaria
MOTOGIOVANE
Si è abolito il cavalletto centrale e come si vede dalle foto, anche le
sovrastrutture originali sono state cambiate con una ca -
rena integrale della
PLASTICK BIKE, mentre il serbatoio ed il sellone che
sono un unico pezzo, è stato costruito artigianalmente, così come il
parafanghi anteriore che è stato copiato da quello del Mito 125 della
Cagiva.
Ai semimanubri sono stati applicati 2 contrappesi della 1000 California.
In ultimo sono stati applicate delle pedane in lega leggera che
appartenevano ad una Suzuki Katana 1100.
Concludendo, con tutti i lavori effettuati, la moto ha perso svariati
chili ed ha cambiato fisionomia, presentando un aspetto più aggressivo.
L’assetto è diventato più rigido, poco consono per gli spostamenti in città
ma più efficace alle alte velocità, rendendo molto stabile la moto nella percorrenza in curva. Grazie
all’adozione del sistema FIT, adesso alla velocità di 220 Km/h, la moto è
molto stabile e non soffre più le asperità stradali nonchè il fenomeno
che prima generava la scalata di marce.
Il motore spinge molto bene sin dai bassi regimi, nonostante i tromboncini
ai carburatori ed una volta entrato in coppia a circa 4000 giri,
manifesta l’effetto strappa polsi, spingendosi fino a quota 8000/8200
giri, limite  dopo il quale non è conveniente insistere in quanto
potrebbe essere problematico per l’intero motore essendo un aste e bilancieri... e non dotato di limitatore.


Sulla rivista MOTOCICLISMO dell’ottobre 1996 a pagina 157, nella sezione “Custom e special”, è stato pubblicato un articolo inerente alla moto con relative foto.