Palermo, città d’arte alla quale è difficile negare il titolo di "capitale". Una capitale "senza tempo", ho voluto definirla, per richiamare l'indiscutibile appartenenza a quel club, davvero esclusivo, di città che si sono conquistate una volta per sempre (nel caso di Palermo posso dire "più volte per sempre") una posizione di eccellenza in una classifica di carattere internazionale che non contempla e non consente retrocessioni.
"San Giovanni degli Eremiti, porticato"
In pochi casi, come in quello di Palermo, questa appartenenza all'elite internazionale è >presidiata da una storia d'eccezione di cui anche il turista più frettoloso deve far tesoro se, visitandola, vuole davvero penetrarne il fascino e la bellezza.
>Parliamo di una storia di eventi ma anche e soprattutto di una storia >sociale, civile e culturale entro cui quegli eventi vanno comunque capiti ed inquadrati. Le città >che meritano il titolo di capitale sono quelle che riescono a restituire, anche nei momenti più difficili, un'immagine di sé più forte delle congiunture della storia e comunque si dimostrano in grado di metabolizzarne gli effetti. E di esaltante nella vicenda storica di Palermo c'è proprio questa capacità di impadronirsi >ogni volta del cambiamento, anche quando esso è determinato da fattori esterni, più o meno invocati o sollecitati.
>Il Gattopardo spiega molto, non spiega tutto. C'è più mutamento che >>trasformismo nella storia di Palermo. E i modi in cui si è venuto realizzando questo >mutamento, che si esprime nella fusione di culture che solo oggi ci appaiono tanto diverse e che invece hanno infiniti punti di contatto, sono una straordinaria lezione di una storia di convivenze e di tolleranze che poche città come Palermo sono in >grado di >restituirci. Letta in questa chiave Palermo ci apparirà ancora più intrigante, oltre che naturalmente bella.
"Palazzo dei Normanni, la Sala di Ruggero"
È stata capitale di regni e culla di civiltà. È l'espressione vivente della capacità di incontro tra >le grandi culture euromediterranee. Ha un carattere forte, ma anche una singolare voglia di normalità.
Cogliere la vera essenza di Palermo è molto difficile, anche se, una volta intaccata la scorza
della diffidenza, che costituisce una caratteristica della sua gente verso gli "sconosciuti", essa appare in tutta la sua grandezza. Palermo è stata nel corso dei secoli, ma soprattutto è nel nostro tempo, una capitale e, insieme, un eccezionale laboratorio. La sua posizione geografica e la sua struttura urbanistica le consentono di essere un punto di approdo e insieme un punto di partenza per ogni esperienza, che vada oltre l'epifania dell'immediatezza.
"La cappella di Santa Rosalia"
"I Quattro Canti"
Pan-ormus, tutto porto: un luogo, insomma, che identifica la sua essenza con la visione e con l'approdo: città di marinai e di mercanti, di avventurieri e di santi, di artisti e di filosofi ha sedimentato, nei secoli, due culture complementari, quella dell'accoglienza e quella dell'integrazione, entrambe vissute come scelte di vita e di pensiero. La stessa storia dei suoi Santi protettori, Santa Rosalia e San Benedetto il Moro, è la trasfigurazione antropologico-religiosa di queste due culture. L'uno e l'altra sono arrivati a Palermo da lontano e vi sono rimasti, fortemente radicati nella terra e nelle coscienze della gente del luogo.
Palermo è bella da vedere, ma anche bella da vivere: a Palermo si arriva per non ripartire più, ma da Palermo si può anche fuggire per non tornare mai più. Palermo è da ricordare, ma è anche da dimenticare. La sua atmosfera, la sua gente, le sue strade, i suoi palazzi, i suoi colori, i suoi odori sono parte integrante di un'olografia unica e irripetibile, che ne raffigura una rappresentazione in cui lo scarto tra l'immagine e la realtà finisce spesso con il fare la differenza anche nella vita di tutti i giorni.
Chi vuole sapere cos'è Palermo, oggi, non deve leggere ne la sua storia, né una guida turistica anche se aggiornata, deve scegliere la via dell'approdo diretto e del contatto immediato. Le luci, i colori delle correnti marine che si intrecciano nel porto, i riflessi delle case sul mare e i bagliori che dal mare salgono verso le case prospicienti che si scontrano nell'aria rarefatta del mattino, il Monte Pellegrino con il suo Castello Utveggio e il Santuario della Santa che incombono su una città ancora addormentata: è il fascino dell'approdo.
Palermo è una città la cui visione onomastica è duale: per un verso essa è un paesaggio culturale – anche secondo la tipologia inventariale fissata dall'Unesco per i suoi patrimoni - assolutamente unico, nel suo mescolare terra, cielo e mare in un unico sinolo, che si esprime nella lussureggiante Conca d'oro, che incontra da un lato lo sfavillio del mare e dall'altro l'incantevole collina di Monreale, antico sito normanno, che ha conservato e concentrato nel suo Duomo un gioiello artistico-architettonico di rara fattura; per un altro verso essa è un ormeggio aperto alle invasioni e alle complicità dall'esterno, prospiciente in modo suggestivo su un mare che nella sua brillante trasparenza sembra avvolgerla un po' per proteggerla e un po' per completarne la stupefacente bellezza.
"San Cataldo"
Palermo è stata capitale di regni e culla di civiltà, sede di re e di imperatori, è stata anche la porta d'Europa per molte genti dell'Africa e del Vicino Oriente, come è stata la porta del Mediterraneo per molte genti dell'Europa. Luogo di incontro e di scontro la sua storia è costellata di fortune e di sfortune: a Palermo hanno vissuto insieme ricchezze e povertà, miserie e nobiltà mescolandosi in un mélange genti e di culture, che ne fanno, ancora oggi, una delle città più tolleranti e più intelligenti di tutto il bacino del Mediterraneo.
La storia di Palermo sta nelle sue strade, nei suoi palazzi, nelle sue chiese, nei suoi vicoli e nelle sue piazze, nei suoi giardini, disegnati all'italiana o all'inglese, e nelle sue ville lussureggianti, nei suoi monumenti, nelle sue fontane e, anche, nei suoi ruderi talora non ancora rimossi, segni della storia, del tempo e qualche volta dell'incuria dell'uomo, prima che nei libri e nella coscienza culturale dei suoi abitanti. Fenici, arabi, greci, romani, e più da vicino spagnoli, catalani, francesi, e ancor più da presso "italiani" - come si diceva qualche tempo fa fra la gente - hanno lasciato tracce vistose e indelebili della loro vita palermitana.
"La Fontana Pretoria
Diversamente che in altre grandi città europee, la successione delle culture che hanno segnato questa città "tutta porto" del mare nostrum non si è quasi mai sovrapposta, mettendo in atto stupide cancellazioni del passato, bensì ha accostato alle più antiche vestigia la grandezza delle più recenti, lasciando così convivere accanto a San Giovanni degli Eremiti la solenne semplicità della Cattedrale, accanto al reale Palazzo dei Normanni l'Ajutamicristo, accanto al complesso di S. Maria dello Spasimo la bellissima chiesa di S. Eulalia dei Catalani, accanto alla Camera dello Scirocco di araba memoria la sontuosa bellezza della barocca chiesa di Santa Caterina, accanto alla solenne austerità dello Steri o della Kalsa monumenti della modernità come il Teatro Massimo, il Teatro Biondo o il Politeama Garibaldi, accanto all'edilizia decadente, e in qualche caso cadente, dei vecchi mandamenti del centro storico eleganti villini patrizi della parte novecentesca della città, come il Villino Florio, eccezionali espressioni di una delle forme artistiche più famose di quel secolo, l'arte floreale, nota come Liberty, che ebbe in Palermo la sua culla, e che oggi siamo ancora in grado di ammirare nella sua impareggiabile e intatta bellezza nelle decorazioni della Sala Basile di Villa Igiea.
"Cappella Paladina, particolare"
È questa forse la dimensione più laboratoriale di Palermo-capitale: riuscire a cucire storie e culture diverse, spesso inizialmente vissute in modo cruento o, comunque, sofferto, non è stato certamente cosa facile, anche se del tutto possibile."Piazza Vittoria" Palermo ha sedimentato nelle coscienze della sua gente questo spirito di paziente comprensione multi-culturale, che nello spirito della contemporaneità ne fa un esempio di regionalismo continentale unico.
La storia recente della Sicilia, dopo l'infausta esperienza del Fascismo e l'ancora discussa esperienza di fine ultimo conflitto mondiale, in cui soldati di tutte le parti del mondo, guidati dagli americani e dagli inglesi, attraversarono l’isola - novelli garibaldini - seminando più paura che speranza. Come tutte le Grandi Culture ha scelto la strada della ibridazione spirituale delle coscienze, senza infierire, senza lacerare e senza cancellare: erede della cultura greca, ha saputo carpire le cose migliori di quanti a loro volta volevano carpirne anche l'anima, senza perdere né questa, né quelli. Ha saputo dare della sua diversità una versione fiera e orgogliosa, anche se, in alcuni momenti, drammatica.
"La Cuba"
Eppure Palermo è la città che ha saputo risorgere, che ha saputo dare una svolta radicale alla sua vita e alla sua storia, ribellandosi alla mafia, costruendo una nuova vita e una nuova stagione di libertà e di speranza: libertà e speranza che passano attraverso un diverso approccio ai problemi della propria esistenza civile e sociale, attraverso un diverso impegno etico e culturale, partendo dai giovani delle scuole e dell'Università, ma puntando a tutti i cittadini, senza distinzione di età, di censo o di attività lavorativa. Ancora una volta laboratorio culturale e politico.
"San Giovanni dei Lebbrosi"
La svolta di Palermo è quella che riporta la grande città mediterranea nell'alveo della normalità: ciò non vuoi dire rinnegare la propria diversità culturale, piuttosto vuoi dire darle un nuovo valore etico e culturale, che consenta di cogliere nella tragicità del male, che l'ha attanagliata per anni, la causa e la radice negative di uno sviluppo distorto da correggere, e farne invece ragione di rivolta morale e energia per il recupero dei valori, che l'hanno resa grande nei secoli della sua storia, l'onestà, la correttezza e l'amore per il proprio lavoro, valori che appartengono anche a tutti gli uomini liberi, oltre ogni differenza regionale, sociale o culturale. La sua diversità è oggi il ritorno alla normalità di una sana e operosa società civile.
"Una sala del Museo Archeologico regionale"
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, siciliano di scoglio - per usare una splendida metafora di un grande giornalista, Vittorio Mistico, a sua volta siciliano d'adozione - nel suo celeberrimo il Gattopardo ha descritto una Sicilia immobile nel tempo e refrattaria ad ogni cambiamento, rappresentandone la parte meno cruenta e più affabile, ma parimenti inaffidabile, anche se olograficamente affascinante: una cultura, in breve, a cui è quasi impossibile ribellarsi.
Leonardo Sciascia, siciliano d'alto mare - per continuare nella precedente metafora - nei suoi racconti più popolari ha descritto una Sicilia violenta e aggressiva, quasi da cancellare, per stimolare, invece, la coscienza dei suoi lettori alla rivolta morale e esorcizzarne l'assuefazione e l'abitudine, in una parola per istigarli a rinnegare il gattopardismo, che culturalmente li attanaglia.
"San Domenico"
Oggi, si direbbe che ha vinto la battaglia Leonardo Sciascia, una battaglia durata decenni nelle Istituzioni e nelle piazze, nelle librerie, nelle scuole e nell'Università. Palermo ha voltato pagina, oggi più luminosa e più vivibile, lontana dagli anni bui degli eccidi mafiosi, ha riscoperto il gusto della vita all'aperto, delle passeggiate, della solarità delle sue strade e della serenità delle sue case, della frescura della sue fontane e del silenzio delle sue chiese. Palermo di nuovo stupor mundi, come il suo grande Imperatore e testimonial senza tempo, Federico II, sepolto nella sua Cattedrale, simbolo di europeismo e di grandezza politica: il vero simbolo di una normalità diversa o di una diversità normale, come la sua, la nostra Palermo.