La fama del convento, costruito dai Cappuccini venuti a Palermo nel 1533, è rinomata per uno strano cimitero, da sempre definito "Le Catacombe" della città di Palermo. In realtà il nome è improprio, poiché trattasi di un cimitero sotterraneo, con lunghe gallerie scavate nel tufo, per un’estensione di circa 300 mq, in uso nel XVII secolo, con circa 8.000 cadaveri imbalsamati. La macabra parata raffigura una società intera che visse dal XVII al XIX secolo. Essa destòla curiosità di diversi visitatori fra cui il celebre poeta veronese Ippolito Pindemonte, chevisitò le catacombe nel giorno dei morti nel 1779 e le decantò nei versi dei "Sepolcri ", e il celebre scrittore francese Guj de Maupassant che, avendole visitate nell’anno 1885, si soffermò lungamente sul metodo dell’essiccamento. L’origine delle catacombe si fa risalire intorno al 1599, quando i frati sfruttando unapreesistente cavità naturale al di sotto dell’altare maggiore della chiesa, trasferirono le salme di 40 frati precedentemente sepolti presso il lato meridionale della chiesa. I frati iniziarono a scavare in quanto la preesistente cavità non riusciva più a contenere le salme che via via arrivavano . Si dice che i frati abbiano appreso una tecnica di mummificazione segreta attraverso particolari sostanze chimiche. “La leggenda narra che tra questi corpi – scrive Giovetti – ci sarebbe anche quello di Cagliostro, inutilmente cercato da Napoleone quando visitò il convento”. Essi furono posti tutti attorno alle pareti e al centro in una nicchia fu posta l’immagine della Madonna, oggi non più esistente. Ripresi i lavori di ampliamento nel 1601, fu scavata una seconda stanza a cui si accedeva per mezzo di una scala che si dipartiva dalla sagrestia. Dal 1601 al 1678 si continuò a scavare e furono costruiti il corridoio dei frati e quello degli uomini; i lavori continuarono fino al 1732 raggiungendo l’attuale dimensione: quattro corridoi a quadrato divisi su un impianto di forma rettangolare da un quinto corridoio. Questa sistemazione si deve al frate architetto Felice La Licata da Palermo nel 1823. Un luogo singolare: la Cripta dei Cappuccini. La sua fama e’ legata al fatto che dal Seicento fino al 1881 fu scelta come luogo di eterno riposo dai cittadini più in vista di Palermo. Lungo i corridoi riservati a varie categorie di persone - uomini, donne, professionisti ed ecclesiastici- si contano centinaia di corpi scheletriti, mummificati, alcuni imbalsamati altri deposti in urne e bare. La visione può risultare sconcertante e inquietante ma rientra nel contesto della città di Palermo: crudo, bellissimo, ricco di tesori e di umanità un po’ assopita, in cui è palpabile la voglia di riemergere. Proprio come per i cadaveri e gli scheletri della Cripta. Questo strano cimitero ha destato la curiosità di diversi visitatori fra cui il poeta Ippolito Pindemonte, che visitò le catacombe nel giorno dei morti nel 1779 e le decantò nei versi dei suoi "Cimiteri", (vv. 126-136):«………spaziose, oscure stanze sotterra, ove in lor nicchie, come simulacri diritti, intorno vanno corpi d'anima voti, e con que' panni tuttora, in cui l'aura spirar fur visti; sovra i muscoli morti e su la pelle così l'arte sudò, così caccionne fuori ogni umor, che le sembianze antiche, non che le carni lor, serbano i volti dopo cent'anni e più: Morte li guarda, e in tema par d'aver fallito i colpi».La città di Palermo, grata e riconoscente all’illustre poeta, chiamò la strada che porta alla Chiesa e quindi al cimitero "Via Pindemonte". Giacomo Leopardi Paralipomeni della Batracomiomachia canto VIII stanza 16 1 Son laggiù nel profondo immense file 2 di seggi ove non può lima o scarpello, 3 seggono i morti in ciaschedun sedile 4 con le mani appoggiate a un bastoncello, 5 confusi insiem l'ignobile e il gentile 6 come di mano in man gli ebbe l'avello. 7 Poi ch'una fila è piena, immantinente 8 da più novi occupata è la seguente.