Il bambino della notte
Remote
fantasie di onnipotenza sono collegate alla
capacità riproduttiva e generativa. Nel mondo interno della bambina
si intravede una immagine di figlio tutto
proprio, generato attraverso la potenza del solo corpo femminile.
Tale imago viene chiamata 'il bambino
della notte': un figlio generato senza rapporto
sessuale, che trova ospitalità nella pancia onnipotente della bambina. Lo
spessore dell'interdizione che cade su tale fantasia e potente e glaciale:
il bambino notturno viene confinato in zone molto
remote dell'inconscio, ridotto al silenzio da un ordine sociale che impone
di intendere il figlio come oggetto di uno scambio. L'onnipotenza femminile,
il trionfo della capacita generativa che
l'immagine del bambino della notte conteneva deve scomparire per lasciare
posto alla consistenza del figlio generato attraverso il rapporto sessuale.
Del bambino lunare, del figlio partenogenetico si trovano tracce nel
materiale di analisi e psicoterapia delle
bambine: nei sogni, nei disegni appare, talune volte, l'immagine di un
figlio di luce, splendente, carico di un senso di onnipotenza e di
narcisismo. Nello sviluppo psicosessuale è,
però, necessario occultare, rimuovere l'imago del bambino-figlio
prodotto dalle meraviglie del proprio corpo.
La bambina deve
affrontare il lutto relativo alla perdita del
figlio lunare, per entrare, durante la fase edipica, nell'attesa e nel
desiderio di 'avere un figlio dal padre'.
Ma
dove finisce il bambino della notte? Scompare del tutto, cancellato dalla
violenza dell'interdizione sociale, o non si nasconde, piuttosto, in zone
remote dell'inconscio, non visibile eppure ancora capace di far sentire la
propria presenza? La risposta a queste due domande non può essere immediata,
ma deve essere ricercata in alcune sensazioni interne, in fantasie e
fantasmi, in alcuni sintomi che si mostrano nella vita di donne adulte. La
sensazione di non aver del tutto realizzato ciò
che la madre desiderava, di non somigliare abbastanza a qualcosa o qualcuno
che vive nella testa della madre non è circoscrivibile all'infanzia o al
periodo adolescenziale. Anche in età adulta,
accade spesso al figlio/figlia di sentirsi inadeguato davanti agli
occhi della madre, di avvertire che è in atto un torneo fra sé e un altro
che non si riesce a mettere a fuoco.
I lamenti della
madre, la sua insoddisfazione perenne e inconsolata nei confronti non solo
di ciò che il figlio fa, ma soprattutto di come il
figlio è, confermano e rafforzano la sensazione dell'esistenza di un
rivale inafferrabile. Non è azzardato pensare che colui con cui
si e messi a confronto sia proprio il bambino
della notte, quell'antica immagine di figlio
meraviglioso che la madre continua a portare con sé,
sotterraneamente, fin dalla prima infanzia. Non sempre e non
necessariamente il disagio, il senso di scontentezza, che si producono nel
confronto, acquistano carattere patologico. Spesso è semplicemente un
malessere diffuso, che attraversa l'intero arco della relazione
madre-figlio: un sottile senso di inadeguatezza
pervade il mondo interno del figlio/figlia. La sensazione
di essere inappagata, comunque insoddisfatta, si
esprime in quello della figura materna.
Il bambino
lunare, dai glaciali luoghi dell'inconscio in cui è stato esiliato,
dà segni, sia pure indiretti, della propria esistenza. Non si mostra
solamente nei racconti o nei disegni delle bambine, ma è rintracciabile
anche in alcune sensazioni che appartengono alla donna adulta, alla madre.
Quest'ultima, infatti, non è consapevole
dell'esistenza di un figlio/altro, di una specie di gemello interno
perfetto e meraviglioso che si staglia sullo sfondo della relazione con
il figlio reale. Eppure avverte la presenza del bambino della notte proprio
in quei sentimenti di insoddisfazione e di
delusione che le suscita, a tratti, il bambino dello scambio sessuale, il
figlio reale che ha generato.
L'immagine di
questo bambino/figlio rimosso e silenzioso, ma non inerme, passa di
generazione in generazione: ogni donna si è forse sentita inadeguata
rispetto all'imago interna di figlio meraviglioso che
la propria madre portava dentro di sé. Al tempo
stesso si trasmette di madre in figlia il segreto
relativo all'immagine di un figlio partenogenetico e alla sensazione
di trionfo narcisistico che essa contiene. Attraverso il filo delle
generazioni, osteggiata e combattuta dall'interdizione sociale, resta
comunque la traccia di una onnipotenza originaria
data dalla capacità generativa del corpo femminile. Si dice che
ogni figlio viva innanzi tutto nel desiderio
della donna che poi lo concepisce e che ogni bambino reale sia, quindi,
oggetto di un'adozione da parte della madre. Durante i primi mesi di
vita del bambino, quest'ultima dovrà accettare
che il figlio non abbia le caratteristiche di splendore e assolutezza che
ella aveva immaginato, e che sia, appunto, un
oggetto imperfetto.
La delusione,
che segna la rinuncia a ogni pretesa onnipotente
e narcisistica, apre il cammino verso affetti sani e duraturi.
Tuttavia, anche quando tale processo è abbastanza
consolidato, l'immagine interna e profonda del bambino della notte continua
a far sentire i suoi effetti. Il bambino lunare si manifesta, a tratti,
facendo sentire il figlio reale insufficiente, inadeguato, imperfetto,
Anche la donna che diventa madre, venendo al mondo e crescendo, si è trovata
nella condizione di deludere colei che l'aveva concepita; anche la madre e
stata a sua volta una bambina e una figlia adulta messa a confronto con un
bambino della notte. Non credo che tale imago sia facilmente
addomesticabile, ma forse chi è madre riuscirà a essere
meno furiosa nei propri desideri verso il figlio/figlia ricordando di
essere stata lei stessa un oggetto imperfetto.
Di madre in
figlia avviene un processo che passa attraverso le generazioni, una
riattivazione continua di quella posizione depressiva che permette di
contenere il rancore e la rabbia dovuti alla mancata perfezione dell'oggetto
d'amore. La voce del bambino lunare sarà, allora, meno imperiosa, meno
potente e accompagnerà in modo tenue la vicenda di un amore per il
figlio/figlia che resiste alla continua pretesa narcisistica.
Emma.
diceva di sé: "Io sono sempre stata una
figlia". Aveva consumato molte energie per combattere contro
ciò che riteneva che la madre si aspettasse da
lei. La bambina della notte che Emma intravedeva nei desideri di sua
madre era tanto potente da farla sentire
'incapace, inadatta, priva di significato'.
Spesso pensava che una cugina, sua coetanea, fosse 'la vera
figlia', fosse colei che rispondeva
esattamente ai desideri e alle aspettative della
madre. Emma aveva rivolto contro se stessa l'odio e il rancore che riteneva
la madre alimentasse nei suoi confronti e che lei
stessa provava verso la madre. Da bambina passava interi pomeriggi ad
aspettare che un principe venisse a prenderla, a portarla via. Da qualche
parte esisteva un mondo dove 'lei sarebbe stata
felice', dove 'sarebbe stata amata senza
condizioni'.
Ma il principe
non arrivò mai e la sua collera aumento trasformandosi in una nuova
sensazione di indegnità. "Forse" diceva
Emma "non ero abbastanza neppure per il principe". Da adulta, fece
di tutto per allontanarsi il più possibile dai valori e dai modelli di vita
della madre lottando, per farlo, anche contro se stessa.
Ma
il bambino della notte non è necessariamente una figura dolorosa, che
impregna di sofferenze reciproche il rapporto della madre con la figlia. Può
mostrarsi in condotte lievi, quasi giocose come il desiderio di abbellire
sempre più il figlio, di agghindarlo fino a farlo somigliare il più
possibile a quel bambino meraviglioso che abita nell'inconscio materno.
Spesso la madre,
ma anche le nonne, curano l'abbigliamento e le
acconciature soprattutto della bambina in modo da renderla quasi perfetta.
L'immagine della
figlia reale si troverà così a essere in parte
sovrapponibile con quella della creatura inconscia, del bambino meraviglioso
e lunare. E' probabilmente per questo motivo che bambine molto belle ed
eleganti trasmettono, talune volte, un senso di
irrealtà, una sorta di non totale appartenenza al mondo. Sembra che esse
stiano in uno spazio sospeso, oscillante fra il desiderio materno di
perfezione e l'esistenza reale. La loro bellezza, l'estrema e forse
ossessiva attenzione al loro aspetto le porta a
essere simili, troppo simili a un desiderio inconscio impalpabile. Accade a
volte che, da adolescenti, bambine educate al culto della loro
persona divengano, invece, ragazze in lotta
contro la propria bellezza: una specie di combattimento per il diritto a
essere persone prende forma nel denegare quella perfezione estetica che le
aveva portate a essere quasi incollocabili. Le
madri dovranno allora sforzarsi di comprendere che il fine dell'incuria,
degli improvvisi e selvaggi tagli di capelli, di un abbigliamento che
nasconde il corpo non è quello di offenderle, ma
quello di sottrarsi alla seduzione dell'immagine inconscia del bambino
meraviglioso.
Il bambino della
notte è remoto, eppure molto presente nella vita
fantasmatica della bambina e poi della donna adulta. II suo modo di
manifestarsi è, come per tutte le creature inconsce, indiretto e quasi
indecifrabile. Occorre attenzione e pazienza per vederne i segni in quei
malesseri, in quelle insoddisfazioni che tanto spesso accompagnano la vita
delle donne nella condizione di madri e di figlie.
L'imago
è spesso inafferrabile, sfugge e si
sottrae a un'analisi lineare: la sua collocazione
inconscia richiede che si proceda seguendone le tracce in un cammino
tortuoso e complesso. Vi è una situazione, però, in cui la consistenza del
bambino della notte si fa meno umbratile, meno sfuggente: lo stato di
sofferenza interna, di sottile e diffusa depressione che segue molto spesso
il parto. La nascita di un figlio pone fine infatti
a quella pienezza estrema, a quella bolla narcisistica che è in
termini psichici la gravidanza.
La donna si trova
a dover affrontare un portato depressivo relativo al processo di
separazione, di perdita che la nascita del bambino comporta. Subito dopo il
parto il neonato è accolto con gioia; l'attesa è
finalmente finita. Eppure la donna avverte spesso dentro di sé una sottile e
incomprensibile insoddisfazione: il compiacimento, il trionfo connessi alla
nascita sono minacciati da un senso di
inadeguatezza, come se la felicità raggiunta non fosse quella promessa. Il
neonato viene magnificato da parenti e amici, che
non perdono occasione per apprezzarne le qualità. Ma
il coro delle lodi non è sufficiente a lenire quell'insoddisfazione
che pervade il mondo interno della madre. Un dispiacere sottile,
incomprensibile, che muove a sentirsi in colpa, accompagna le settimane
successive al parto. Tale senso di colpa nasce da un esame della realtà: la
madre osserva che il neonato è bello e sano, eppure, se ne sente delusa.
Perché non è contenta? In parte la sua
insoddisfazione è dovuta, come peraltro è
opinione comune, ai cambiamenti che la nascita di un figlio comporta nel
sistema dell'identità e nella vita familiare.
Ma
questa spiegazione non è sufficiente. I sentimenti depressivi post
parturn sono connessi
infatti con una potente riattivazione inconscia del bambino della
notte. Quell'immagine di bambino meraviglioso,
onnipotente e perfetto, collocata nella prima infanzia in zone remote del
profondo, ritorna a far sentire prepotentemente la sua voce. Rispetto
all'assoluta perfezione del bambino lunare, il figlio reale, nato dal
rapporto sessuale, appare imperfetto, gracile, mancante di qualcosa. Per
quanto il neonato sia bello, grazioso o
accattivante, infatti, non somiglierà mai a quell'immagine
di figlio splendente che la madre porta dentro di sé. La nascita di un
figlio comporta, allora, una ennesima rinuncia
narcisistica: all'assolutezza dell'immagine inconscia del bambino della
notte dovrà sostituirsi l'interiorizzazione di quell'oggetto
imperfetto che e il figlio reale. La rinuncia è sempre accompagnata da un
portato depressivo, da profondi sentimenti di perdita e
di inadeguatezza. Si tratta, ancora una volta, di una depressione
necessaria: se l'immagine del figlio assoluto e perfetto non retrocede, non
vi potrà essere spazio per gli affetti, non vi sarà integrazione
di amore e odio. Accade spesso che, nelle prime
settimane di vita del neonato, la madre sia presa da improvvisi timori per
la vita del piccolo.
Mi è stato
raccontato da molte donne il bisogno di correre verso la culla del bambino
per controllare se respirasse. La gioia per la nascita del piccolo è
accompagnata da profondi sensi di impotenza di
fronte alla sua gracilità e debolezza. Ma, forse, il timore per la sua
sopravvivenza è anche significativo di un
conflitto interno: il bambino della notte e l'immagine del figlio reale
stanno fronteggiandosi e combattendo per la loro esistenza.
Tuttavia, la vita
dell'uno non necessita della morte dell'altro.
Quando la madre avrà portato dentro di sé una
sufficiente integrazione del figlio narcisistico e di quello reale, si
dissolveranno i sentimenti depressivi e l'angoscia di morte. Il bambino
della notte rimarrà in vita, remoto e inafferrabile,
ma accanto a lui troverà posto l'immagine del figlio imperfetto e svaniranno
le paure provate. Attraverso una elaborazione
depressiva nasceranno gli affetti e la madre sarà in grado di amare e
accettare l'amore e l'odio di un bambino umano, dissimile da quella creatura
inconscia che portava e porta dentro di sé.