I MARCIAPIEDI DI NEW
YORK
(Sidewalks of New York)
USA - 2001
RECENSIONI/ARTICOLI
Recensione di Maurizio
Porro
Corriere della Sera del 23/02/2002 GIROTONDO DI AMORI A NEW YORK
Ancora e sempre il girotondo. Quello di Arthur Schnitzler, qui riveduto e corretto dall’originale talento indipendente, Edward Burns, regista produttore sceneggiatore e attore anche di Brothers McMullen . Con l'aria di svolgere una finta inchiesta sull'amore, il film interroga per strada, occhio in macchina, sei trentenni o giù di lì, per interrogarli sulla difficoltà degli innamoramenti e amori di una New York non mutilata delle Twin Towers. Chiaro che questi personaggi s'incontrano, si scontrano, si amano, si sfiorano, si desiderano secondo i comandamenti dell'odio amore reciproco e, nonostante qualche ripetizione, il gioco funziona perché è vario. Gli attori lo reggono con simpatia, ci mettono un plusvalore sentimentale, e Stanley Tucci, il reprobo marito che tradisce, assicura che sono gli europei a insegnare la monogamia con l'amante: ma sarà l'amore o il sesso che incasina tutto? Si sa che negli affari romantici il potere del destino è primario. Parente solo esteriore delle vere inchieste sull'amore che anche Pasolini faceva nell'Italia ’ 60, I marciapiedi di New York («Sidewalks of New York») è un racconto dialettico, qua e là raffinato, perfino un poco sociale: qui l'Upper Side, con le librerie e i video store cari a Woody Allen, là il Queens e Brooklyn con ponti e tunnel. Una gradevole cartina geografica di situazioni anche non nuove, ma in cui lo stesso Burns, la Heather Graham sfuggita allo Squartatore, Dennis Farina, David Krumholtz, Rosario Dawson, Brittany Murphy e l'ipocrita dentista Tucci offrono un contributo di complicità a incastri alternati e montaggio non sincronizzato. E quando si nomina Clinton, non è invano. Recensione di Marco
Consoli
I Marciapiedi di New York - Anteprima
Recensione di Enrico
Magrelli
I MARCIAPIEDI DI NEW YORK
Edward Burns aspira al diploma di cineasta totale. E' attore, regista, produttore, sceneggiatore in proprio o per conto di altri. I risultati di questa energia creativa, di questo eclettismo compulsivo non possono che essere interessanti e discontinui. In questo film, fresco e rilassante, girato come un falso documentario/ inchiesta televisiva con interviste e confessioni sulla perdità della verginità, sulla cronaca delle relazioni sessuali e affettive di sei personaggi in cerca di un autore (dei loro amori), il regista-attore s'incolonna nella corsia figurativa e tematica che corre tra un Woody Allen più giovanile e un Harry Jaglom meno narcisista. Sesso, bugie, tradimenti, qualche vago senso di colpa e pentimenti in una Manhattan votata alla poligamia e alla promiscuità affettiva. I protagonisti arrivano dai vari quartieri di New York (c'è anche una fanciulla scesa in città dall'Iowa), hanno vicende più o meno frastagliate alle spalle, sono single, divorziati, alle seconde nozze, vorrebbero figli o ne possono fare a meno, timidi o rapaci. Sono rappresentate, come in uno scontato censimento sociologico, molte professioni, dal dentista al portiere, dalla cameriera all'insegnante. I marciapiedi newyorkesi sono spaziosi e ventosi e ospitano volentieri questo circolo dell'amore e dei flirt. Non tutte le storie, che si incrociano come da regolamento, sono stimolanti e non tutti gli attori (Stanley Tucci e Dennis Farina sono i migliori) sanno esprimere le ragioni del cuore e del sesso.
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