Tobia - Capitolo 1
I. IL DEPORTATO
[1]Libro
della storia di Tobi, figlio di Tòbiel, figlio di Anàniel,
figlio di Aduel, figlio di Gàbael, della discendenza di
Asiel, della tribù di Nèftali. [2]Al tempo di
Salmanàssar, re degli Assiri, egli fu condotto prigioniero
da Tisbe, che sta a sud di Kades di Nèftali, nell'alta
Galilea, sopra Casor, verso occidente, a nord di Sefet.
[3]Io,
Tobi, passavo i giorni della mia vita seguendo le vie della
verità e della giustizia. Ai miei fratelli e ai miei
compatrioti, che erano stati condotti con me in prigionia a
Ninive, nel paese degli Assiri, facevo molte elemosine.
[4]Mi trovavo ancora al mio paese, la terra d'Israele,
ed ero ancora giovane, quando la tribù del mio antenato
Nèftali abbandonò la casa di Davide e si staccò da
Gerusalemme, la sola città fra tutte le tribù d'Israele
scelta per i sacrifici. In essa era stato edificato il
tempio, dove abita Dio, ed era stato consacrato per tutte le
generazioni future. [5]Tutti i miei fratelli e quelli
della tribù del mio antenato Nèftali facevano sacrifici sui
monti della Galilea al vitello che Geroboàmo re d'Israele
aveva fabbricato in Dan. [6]Io ero il solo che spesso
mi recavo a Gerusalemme nelle feste, per obbedienza ad una
legge perenne prescritta a tutto Israele. Correvo a
Gerusalemme con le primizie dei frutti e degli animali, con
le decime del bestiame e con la prima lana che tosavo alle
mie pecore. [7]Consegnavo tutto ai sacerdoti, figli
di Aronne, per l'altare. Davo anche ai leviti che allora
erano in funzione a Gerusalemme le decime del grano, del
vino, dell'olio, delle melagrane, dei fichi e degli altri
frutti. Per sei anni consecutivi convertivo in danaro la
seconda decima e la spendevo ogni anno a Gerusalemme. [8]La
terza decima poi era per gli orfani, le vedove e i
forestieri che si trovavano con gli Israeliti. La portavo
loro ogni tre anni e la si consumava insieme, come vuole la
legge di Mosè e secondo le raccomandazioni di Debora moglie
di Anàniel, la madre di nostro padre, poiché mio padre,
morendo, mi aveva lasciato orfano. [9]Quando divenni
adulto, sposai Anna, una donna della mia parentela, e da
essa ebbi un figlio che chiamai Tobia. [10]Dopo la
deportazione in Assiria, quando fui condotto prigioniero e
arrivai a Ninive, tutti i miei fratelli e quelli della mia
gente mangiavano i cibi dei pagani; [11]ma io mi
guardai bene dal farlo. [12]Poiché restai fedele a
Dio con tutto il cuore, [13]l'Altissimo mi fece
trovare il favore di Salmanàssar, del quale presi a trattare
gli affari. [14]Venni così nella Media, dove, finché
egli visse, conclusi affari per conto suo. Fu allora che a
Rage di Media, presso Gabael, un mio parente figlio di
Gabri, depositai in sacchetti la somma di dieci talenti
d'argento. [15]Quando Salmanàssar morì, gli successe
il figlio Sennàcherib. Allora le strade della Media
divennero impraticabili e non potei più tornarvi. [16]Al
tempo di Salmanàssar facevo spesso l'elemosina a quelli
della mia gente; [17]donavo il pane agli affamati,
gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei miei
connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo
seppellivo. [18]Seppellii anche quelli che aveva
uccisi Sennàcherib, quando tornò fuggendo dalla Giudea, al
tempo del castigo mandato dal re del cielo sui
bestemmiatori. Nella sua collera egli ne uccise molti; io
sottraevo i loro corpi per la sepoltura e Sennàcherib invano
li cercava. [19]Ma un cittadino di Ninive andò ad
informare il re che io li seppellivo di nascosto. Quando
seppi che il re conosceva il fatto e che mi si cercava per
essere messo a morte, colto da paura, mi diedi alla fuga.
[20]I miei beni furono confiscati e passarono tutti al
tesoro del re. Mi restò solo la moglie Anna con il figlio
Tobia. [21]Neanche quaranta giorni dopo, il re fu
ucciso da due suoi figli, i quali poi fuggirono sui monti
dell'Ararat. Gli successe allora il figlio Assarhaddon. Egli
nominò Achikar, figlio di mio fratello Anael, incaricato
della contabilità del regno ed ebbe la direzione generale
degli affari. [22]Allora Achikar prese a cuore la mia
causa e potei così ritornare a Ninive. Al tempo di
Sennàcherib re degli Assiri, Achik
Tobia - Capitolo 2
II. IL CIECO
[1]Sotto
il regno di Assarhaddon ritornai dunque a casa mia e mi fu
restituita la compagnia della moglie Anna e del figlio
Tobia. Per la nostra festa di pentecoste, cioè la festa
delle settimane, avevo fatto preparare un buon pranzo e mi
posi a tavola: [2]la tavola era imbandita di molte
vivande. Dissi al figlio Tobia: «Figlio mio, và, e se trovi
tra i nostri fratelli deportati a Ninive qualche povero, che
sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi.
Io resto ad aspettare che tu ritorni». [3]Tobia uscì
in cerca di un povero tra i nostri fratelli. Di ritorno
disse: «Padre!». Gli risposi: «Ebbene, figlio mio». «Padre -
riprese - uno della nostra gente è stato strangolato e
gettato nella piazza, dove ancora si trova». [4]Io
allora mi alzai, lasciando intatto il pranzo; tolsi l'uomo
dalla piazza e lo posi in una camera in attesa del tramonto
del sole, per poterlo seppellire. [5]Ritornai e,
lavatomi, presi il pasto con tristezza, [6]ricordando
le parole del profeta Amos su Betel:
«Si
cambieranno le vostre feste in lutto, tutti i vostri canti
in lamento». [7]E piansi. Quando poi calò il sole,
andai a scavare una fossa e ve lo seppellii. [8]I
miei vicini mi deridevano dicendo: «Non ha più paura!
Proprio per questo motivo è gia stato ricercato per essere
ucciso. E' dovuto fuggire ed ora eccolo di nuovo a
seppellire i morti». [9]Quella notte, dopo aver
seppellito il morto, mi lavai, entrai nel mio cortile e mi
addormentai sotto il muro del cortile. Per il caldo che
c'era tenevo la faccia scoperta, [10]ignorando che
sopra di me, nel muro, stavano dei passeri. Caddero sui miei
occhi i loro escrementi ancora caldi, che mi produssero
macchie bianche, e dovetti andare dai medici per la cura.
Più essi però mi applicavano farmachi, più mi si oscuravano
gli occhi per le macchie bianche, finché divenni cieco del
tutto. Per quattro anni fui cieco e ne soffersero tutti i
miei fratelli. Achikar, nei due anni che precedettero la sua
partenza per l'Elimaide, provvide al mio sostentamento.
[11]In
quel tempo mia moglie Anna lavorava nelle sue stanze a
pagamento, [12]tessendo la lana che rimandava poi ai
padroni e ricevendone la paga. Ora nel settimo giorno del
mese di Distro, quando essa tagliò il pezzo che aveva
tessuto e lo mandò ai padroni, essi, oltre la mercede
completa, le fecero dono di un capretto per il desinare.
[13]Quando il capretto entrò in casa mia, si mise a
belare. Chiamai allora mia moglie e le dissi: «Da dove viene
questo capretto? Non sarà stato rubato? Restituiscilo ai
padroni, poiché non abbiamo il diritto di mangiare cosa
alcuna rubata». [14]Ella mi disse: «Mi è stato dato
in più del salario». Ma io non le credevo e le ripetevo di
restituirlo ai padroni e a causa di ciò arrossivo di lei.
Allora per tutta risposta mi disse: «Dove sono le tue
elemosine? Dove sono le tue buone opere? Ecco, lo si vede
bene dal come sei ridotto!».
Tobia - Capitolo 3
[1]Con
l'animo affranto dal dolore, sospirai e piansi. Poi presi a
dire questa preghiera di lamento: [2]«Tu sei giusto,
Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è
misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo. [3]Ora,
Signore, ricordati di me e guardami. Non punirmi per i miei
peccati e per gli errori miei e dei miei padri. [4]Violando
i tuoi comandi, abbiamo peccato davanti a te. Tu hai
lasciato che ci spogliassero dei beni; ci hai abbandonati
alla prigionia, alla morte e ad essere la favola, lo
scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le quali ci hai
dispersi. [5]Ora, nel trattarmi secondo le colpe mie
e dei miei padri, veri sono tutti i tuoi giudizi, perché non
abbiamo osservato i tuoi decreti, camminando davanti a te
nella verità. [6]Agisci pure ora come meglio ti
piace; dà ordine che venga presa la mia vita, in modo che io
sia tolto dalla terra e divenga terra, poiché per me è
preferibile la morte alla vita. I rimproveri che mi tocca
sentire destano in me grande dolore. Signore, comanda che
sia tolto da questa prova; fà che io parta verso l'eterno
soggiorno; Signore, non distogliere da me il volto. Per me
infatti è meglio morire che vedermi davanti questa grande
angoscia e così non sentirmi più insultare!».
III. SARA
[7]Nello
stesso giorno capitò a Sara figlia di Raguele, abitante di
Ecbàtana, nella Media, di sentire insulti da parte di una
serva di suo padre. [8]Bisogna sapere che essa era
stata data in moglie a sette uomini e che Asmodeo, il
cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero
unirsi con lei come si fa con le mogli. A lei appunto disse
la serva: «Sei proprio tu che uccidi i tuoi mariti. Ecco,
sei gia stata data a sette mariti e neppure di uno hai
potuto godere. [9]Perché vuoi battere noi, se i tuoi
mariti sono morti? Vattene con loro e che da te non abbiamo
mai a vedere né figlio né figlia». [10]In quel giorno
dunque essa soffrì molto, pianse e salì nella stanza del
padre con l'intenzione di impiccarsi. Ma tornando a
riflettere pensava: «Che non abbiano ad insultare mio padre
e non gli dicano: La sola figlia che avevi, a te assai cara,
si è impiccata per le sue sventure. Così farei precipitare
la vecchiaia di mio padre con angoscia negli inferi. Farò
meglio a non impiccarmi e a supplicare il Signore che mi sia
concesso di morire, in modo da non sentire più insulti nella
mia vita». [11]In quel momento stese le mani verso la
finestra e pregò: «Benedetto sei tu, Dio misericordioso, e
benedetto è il tuo nome nei secoli. Ti benedicano tutte le
tue opere per sempre. [12]Ora a te alzo la faccia e
gli occhi. [13]Dì che io sia tolta dalla terra,
perché non abbia a sentire più insulti. [14]Tu sai,
Signore, che sono pura da ogni disonestà con uomo [15]e
che non ho disonorato il mio nome, né quello di mio padre
nella terra dell'esilio. Io sono l'unica figlia di mio
padre. Egli non ha altri figli che possano ereditare, né un
fratello vicino, né un parente, per il quale io possa
serbarmi come sposa. Gia sette mariti ho perduto: perché
dovrei vivere ancora? Se tu non vuoi che io muoia, guardami
con benevolenza: che io non senta più insulti».
[16]In
quel medesimo momento la preghiera di tutti e due fu accolta
davanti alla gloria di Dio [17]e fu mandato Raffaele
a guarire i due: a togliere le macchie bianche dagli occhi
di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio; a dare
Sara, figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e
a liberarla dal cattivo demonio Asmodeo. Di diritto,
infatti, spettava a Tobia di sposarla, prima che a tutti gli
altri pretendenti. Proprio allora Tobi rientrava dal cortile
in casa e Sara, figlia di Raguele, stava scendendo dalla
camera.
Tobia - Capitolo 4
IV. TOBIA
[1]In
quel giorno Tobi si ricordò del denaro che aveva depositato
presso Gabael in Rage di Media [2]e pensò: «Ho
invocato la morte. Perché dunque non dovrei chiamare mio
figlio Tobia e informarlo, prima di morire, di questa somma
di denaro?». [3]Chiamò il figlio e gli disse:
«Qualora io muoia, dammi una sepoltura decorosa; onora tua
madre e non abbandonarla per tutti i giorni della sua vita;
fà ciò che è di suo gradimento e non procurarle nessun
motivo di tristezza. [4]Ricordati, figlio, che ha
corso tanti pericoli per te, quando eri nel suo seno. Quando
morirà, dalle sepoltura presso di me in una medesima tomba.
[5]Ogni giorno, o figlio, ricordati del Signore; non
peccare né trasgredire i suoi comandi. Compi opere buone in
tutti i giorni della tua vita e non metterti per la strada
dell'ingiustizia. [6]Se agirai con rettitudine,
riusciranno le tue azioni, come quelle di chiunque pratichi
la giustizia. [7]Dei tuoi beni fà elemosina. Non
distogliere mai lo sguardo dal povero, così non si leverà da
te lo sguardo di Dio. [8]La tua elemosina sia
proporzionata ai beni che possiedi: se hai molto, dà molto;
se poco, non esitare a dare secondo quel poco. [9]Così
ti preparerai un bel tesoro per il giorno del bisogno,
[10]poiché l'elemosina libera dalla morte e salva
dall'andare tra le tenebre. [11]Per tutti quelli che
la compiono, l'elemosina è un dono prezioso davanti
all'Altissimo. [12]Guardati, o figlio, da ogni sorta
di fornicazione; anzitutto prenditi una moglie dalla stirpe
dei tuoi padri e non una donna straniera, che cioè non sia
della stirpe di tuo padre, perché noi siamo figli di
profeti. Ricordati di Noè, di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe, nostri padri fin da principio. Essi sposarono
tutti una donna della loro parentela e furono benedetti nei
loro figli e la loro discendenza avrà in eredità la terra.
[13]Ama, o figlio, i tuoi fratelli; nel tuo cuore non
concepire disprezzo per i tuoi fratelli, figli e figlie del
tuo popolo, e tra di loro scegliti la moglie. L'orgoglio
infatti è causa di rovina e di grande inquietudine. Nella
pigrizia vi è povertà e miseria, perché l'ignavia è madre
della fame. [14]Non rimandare la paga di chi lavora
per te, ma a lui consegnala subito; se così avrai servito
Dio, ti sarà data la ricompensa. Poni attenzione, o figlio,
in quanto fai e sii ben educato in ogni tuo comportamento.
[15]Non fare a nessuno ciò che non piace a te. Non
bere vino fino all'ebbrezza e non avere per compagna del tuo
viaggio l'ubriachezza. [16]Dà il tuo pane a chi ha
fame e fà parte dei tuoi vestiti agli ignudi. Dà in
elemosina quanto ti sopravanza e il tuo occhio non guardi
con malevolenza, quando fai l'elemosina. [17]Versa il
tuo vino e deponi il tuo pane sulla tomba dei giusti, non
darne invece ai peccatori. [18]Chiedi il parere ad
ogni persona che sia saggia e non disprezzare nessun buon
consiglio. [19]In ogni circostanza benedici il
Signore e domanda che ti sia guida nelle tue vie e che i
tuoi sentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine, poiché
nessun popolo possiede la saggezza, ma è il Signore che
elargisce ogni bene. Il Signore esalta o umilia chi vuole
fino nella regione sotterranea. Infine, o figlio, conserva
nella mente questi comandamenti, non lasciare che si
cancellino dal tuo cuore.
[20]Ora,
figlio, ti faccio sapere che ho depositato dieci talenti
d'argento presso Gabael figlio di Gabri, a Rage di Media.
[21]Non temere se siamo diventati poveri. Tu avrai una
grande ricchezza se avrai il timor di Dio, se rifuggirai da
ogni peccato e farai ciò che piace al Signore Dio tuo».
Tobia - Capitolo 5
V. IL COMPAGNO
[1]Allora
Tobia rispose al padre: «Quanto mi hai comandato io farò, o
padre. [2]Ma come potrò riprendere la somma, dal
momento che lui non conosce me, né io conosco lui? Che segno
posso dargli, perché mi riconosca, mi creda e mi consegni il
denaro? Inoltre non sono pratico delle strade della Media
per andarvi». [3]Rispose Tobi al figlio: «Mi ha dato
un documento autografo e anch'io gli ho consegnato un
documento scritto; lo divisi in due parti e ne prendemmo
ciascuno una parte; l'altra parte la lasciai presso di lui
con il denaro. Sono ora vent'anni da quando ho depositato
quella somma. Cercati dunque, o figlio, un uomo di fiducia
che ti faccia da guida. Lo pagheremo per tutto il tempo fino
al tuo ritorno. Và dunque da Gabael a ritirare il denaro».
[4]Uscì
Tobia in cerca di uno pratico della strada che lo
accompagnasse nella Media. Uscì e si trovò davanti l'angelo
Raffaele, non sospettando minimamente che fosse un angelo di
Dio. [5]Gli disse: «Di dove sei, o giovane?».
Rispose: «Sono uno dei tuoi fratelli Israeliti, venuto a
cercare lavoro». Riprese Tobia: «Conosci la strada per
andare nella Media?». [6]Gli disse: «Certo, parecchie
volte sono stato là e conosco bene tutte le strade. Spesso
mi recai nella Media e alloggiai presso Gabael, un nostro
fratello che abita a Rage di Media. Ci sono due giorni di
cammino da Ecbàtana a Rage. Rage è sulle montagne ed
Ecbàtana è nella pianura». [7]E Tobia a lui:
«Aspetta, o giovane, che vada ad avvertire mio padre. Ho
bisogno che tu venga con me e ti pagherò il tuo salario».
[8]Gli rispose: «Ecco, ti attendo; soltanto non
tardare». [9]Tobia andò ad informare suo padre Tobi
dicendogli: «Ecco, ho trovato un uomo tra i nostri fratelli
Israeliti». Gli rispose: «Chiamalo, perché io sappia di che
famiglia e di che tribù è e se è persona fidata per venire
con te, o figlio». [10]Tobia uscì a chiamarlo: «Quel
giovane, mio padre ti chiama». Entrò da lui. Tobi lo salutò
per primo e l'altro gli disse: «Possa tu avere molta
gioia!». Tobi rispose: «Che gioia posso ancora avere? Sono
un uomo cieco; non vedo la luce del cielo; mi trovo nella
oscurità come i morti che non contemplano più la luce. Anche
se vivo, dimoro con i morti; sento la voce degli uomini, ma
non li vedo». Gli rispose: «Fatti coraggio, Dio non tarderà
a guarirti, coraggio!». E Tobi: «Mio figlio Tobia vuole
andare nella Media. Non potresti accompagnarlo? Io ti
pagherò, fratello!». Rispose: «Sì, posso accompagnarlo;
conosco tutte le strade. Mi sono recato spesso nella Media.
Ho attraversato tutte le sue pianure e i suoi monti e ne
conosco tutte le strade». [11]Tobi a lui: «Fratello,
di che famiglia e di che tribù sei? Indicamelo, fratello».
[12]Ed egli: «Che ti serve la famiglia e la tribù?
Cerchi una famiglia e una tribù o un mercenario che
accompagni tuo figlio nel viaggio?». L'altro gli disse:
«Voglio sapere con verità di chi tu sei figlio e il tuo vero
nome». [13]Rispose: «Sono Azaria, figlio di Anania il
grande, uno dei tuoi fratelli». [14]Gli disse allora:
«Sii benvenuto e in buona salute, o fratello! Non avertene a
male, fratello, se ho voluto sapere la verità sulla tua
famiglia. Tu dunque sei mio parente, di bella e buona
discendenza! Conoscevo Anania e Natan, i due figli di Semeia
il grande. Venivano con me a Gerusalemme e là facevano
adorazione insieme con me; non hanno abbandonato la retta
via. I tuoi fratelli sono brava gente; tu sei di buona
radice: sii benvenuto!». [15]Continuò: «Ti dò una
dramma al giorno, oltre quello che occorre a te e a mio
figlio insieme. Fà dunque il viaggio con mio figlio e poi ti
darò ancora di più». [16]Gli disse: «Farò il viaggio
con lui. Non temere; partiremo sani e sani ritorneremo,
perché la strada è sicura». [17]Tobi gli disse: «Sia
con te la benedizione, o fratello!». Si rivolse poi al
figlio e gli disse: «Figlio, prepara quanto occorre per il
viaggio e parti con questo tuo fratello. Dio, che è nei
cieli, vi conservi sani fin là e vi restituisca a me sani e
salvi; il suo angelo vi accompagni con la sua protezione, o
figliuolo!».
[18]Tobia
si preparò per il viaggio e, uscito per mettersi in cammino,
baciò il padre e la madre. E Tobi gli disse: «Fà buon
viaggio!». [19]Allora la madre si mise a piangere e
disse a Tobi: «Perché hai voluto che mio figlio partisse?
Non è lui il bastone della nostra mano, lui, la guida dei
nostri passi? Si lasci perdere il denaro e vada in cambio di
nostro figlio. [20]Quel genere di vita che ci è stato
dato dal Signore è abbastanza per noi». [21]Le disse:
«Non stare in pensiero: nostro figlio farà buon viaggio e
tornerà in buona salute da noi. I tuoi occhi lo vedranno il
giorno in cui tornerà sano e salvo da te. [22]Non
stare in pensiero, non temere per loro, o sorella. Un buon
angelo infatti lo accompagnerà, riuscirà bene il suo viaggio
e tornerà sano e salvo». [23]Essa cessò di piangere.
Tobia - Capitolo 6
VI. IL PESCE
[1]Il
giovane partì insieme con l'angelo e anche il cane li seguì
e s'avviò con loro. Camminarono insieme finché li sorprese
la prima sera; allora si fermarono a passare la notte sul
fiume Tigri. [2]Il giovane scese nel fiume per
lavarsi i piedi, quand'ecco un grosso pesce balzò dall'acqua
e tentò di divorare il piede del ragazzo, che si mise a
gridare. [3]Ma l'angelo gli disse: «Afferra il pesce
e non lasciarlo fuggire». Il ragazzo riuscì ad afferrare il
pesce e a tirarlo a riva. [4]Gli disse allora
l'angelo: «Aprilo e togline il fiele, il cuore e il fegato;
mettili in disparte e getta via invece gli intestini. Il
fiele, il cuore e il fegato possono essere utili
medicamenti». [5]Il ragazzo squartò il pesce, ne
tolse il fiele, il cuore e il fegato; arrostì una porzione
del pesce e la mangiò; l'altra parte la mise in serbo dopo
averla salata. [6]Poi tutti e due insieme ripresero
il viaggio, finché non furono vicini alla Media. [7]Allora
il ragazzo rivolse all'angelo questa domanda: «Azaria,
fratello, che rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e
nel fiele del pesce?». [8]Gli rispose: «Quanto al
cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi in presenza di una
persona, uomo o donna, invasata dal demonio o da uno spirito
cattivo e cesserà in essa ogni vessazione e non ne resterà
più traccia alcuna. [9]Il fiele invece serve per
spalmarlo sugli occhi di uno affetto da albugine; si soffia
su quelle macchie e gli occhi guariscono».
[10]Erano
entrati nella Media e gia erano vicini a Ecbàtana, [11]quando
Raffaele disse al ragazzo: «Fratello Tobia!». Gli rispose:
«Eccomi». Riprese: «Questa notte dobbiamo alloggiare presso
Raguele, che è tuo parente. Egli ha una figlia chiamata Sara
[12]e all'infuori di Sara nessun altro figlio o
figlia. Tu, come il parente più stretto, hai diritto di
sposarla più di qualunque altro uomo e di avere in eredità i
beni di suo padre. E' una ragazza seria, coraggiosa, molto
graziosa e suo padre è una brava persona». [13]E
aggiunse: «Tu hai il diritto di sposarla. Ascoltami,
fratello; io parlerò della fanciulla al padre questa sera,
perché la serbi come tua fidanzata. Quando torneremo da
Rage, faremo il matrimonio. So che Raguele non potrà
rifiutarla a te o prometterla ad altri; egli incorrerebbe
nella morte secondo la prescrizione della legge di Mosè,
poiché egli sa che prima di ogni altro spetta a te avere sua
figlia. Ascoltami, dunque, fratello. Questa sera parleremo
della fanciulla e ne domanderemo la mano. Al nostro ritorno
da Rage la prenderemo e la condurremo con noi a casa tua».
[14]Allora Tobia rispose a Raffaele: «Fratello
Azaria, ho sentito dire che essa è gia stata data in moglie
a sette uomini ed essi sono morti nella stanza nuziale la
notte stessa in cui dovevano unirsi a lei. Ho sentito
inoltre dire che un demonio le uccide i mariti. [15]Per
questo ho paura: il demonio è geloso di lei, a lei non fa
del male, ma se qualcuno le si vuole accostare, egli lo
uccide. Io sono l'unico figlio di mio padre. Ho paura di
morire e di condurre così alla tomba la vita di mio padre e
di mia madre per l'angoscia della mia perdita. Non hanno un
altro figlio che li possa seppellire». [16]Ma quello
gli disse: «Hai forse dimenticato i moniti di tuo padre, che
ti ha raccomandato di prendere in moglie una donna del tuo
casato? Ascoltami, dunque, o fratello: non preoccuparti di
questo demonio e sposala. Sono certo che questa sera ti
verrà data in moglie. [17]Quando però entri nella
camera nuziale, prendi il cuore e il fegato del pesce e
mettine un poco sulla brace degli incensi. L'odore si
spanderà, il demonio lo dovrà annusare e fuggirà e non
comparirà più intorno a lei. [18]Poi, prima di unirti
con essa, alzatevi tutti e due a pregare. Supplicate il
Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la
sua salvezza. Non temere: essa ti è stata destinata fin
dall'eternità. Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che
da lei avrai figli che saranno per te come fratelli. Non
stare in pensiero». [19]Quando Tobia sentì le parole
di Raffaele e seppe che Sara era sua consanguinea della
stirpe della famiglia di suo padre, l'amò al punto da non
saper più distogliere il cuore da lei.
Tobia - Capitolo 7
VII. RAGUELE
[1]Quando
fu entrato in Ecbàtana, Tobia disse: «Fratello Azaria,
conducimi diritto da nostro fratello Raguele». Egli lo
condusse alla casa di Raguele, che trovarono seduto presso
la porta del cortile. Lo salutarono per primi ed egli
rispose: «Salute fratelli, siate i benvenuti!». Li fece
entrare in casa. [2]Disse alla moglie Edna: «Quanto
somiglia questo giovane a mio fratello Tobi!». [3]Edna
domandò loro: «Di dove siete, fratelli?», ed essi risposero:
«Siamo dei figli di Nèftali, deportati a Ninive». [4]Disse
allora: «Conoscete nostro fratello Tobi?». Le dissero: «Lo
conosciamo». Riprese: «Come sta?». [5]Risposero:
«Vive e sta bene». E Tobia aggiunse: «E' mio padre». [6]Raguele
allora balzò in piedi, l'abbracciò e pianse. Poi gli disse:
«Sii benedetto, figliolo! Sei il figlio di un ottimo padre.
Che sventura per un uomo giusto e largo di elemosine essere
diventato cieco!». Si gettò al collo del parente Tobia e
pianse. [7]Pianse anche la moglie Edna e pianse anche
la loro figlia Sara. [8]Poi egli macellò un montone
del gregge e fece loro una calorosa accoglienza. [9]Si
lavarono, fecero le abluzioni e, quando si furono messi a
tavola, Tobia disse a Raffaele: «Fratello Azaria, domanda a
Raguele che mi dia in moglie mia cugina Sara». [10]Raguele
udì queste parole e disse al giovane: «Mangia, bevi e stà
allegro per questa sera, poiché nessuno all'infuori di te,
mio parente, ha il diritto di prendere mia figlia Sara, come
del resto neppure io ho la facoltà di darla ad un altro uomo
all'infuori di te, poiché tu sei il mio parente più stretto.
Però, figlio, vogliono dirti con franchezza la verità.
[11]L'ho data a sette mariti, scelti tra i nostri
fratelli, e tutti sono morti la notte stessa delle nozze.
Ora mangia e bevi, figliolo; il Signore provvederà». [12]Ma
Tobia disse: «Non mangerò affatto né berrò, prima che tu
abbia preso una decisione a mio riguardo». Rispose Raguele:
«Lo farò! Essa ti viene data secondo il decreto del libro di
Mosè e come dal cielo è stato stabilito che ti sia data.
Prendi dunque tua cugina, d'ora in poi tu sei suo fratello e
lei tua sorella. Ti viene concessa da oggi per sempre. Il
Signore del cielo vi assista questa notte, figlio mio, e vi
conceda la sua misericordia e la sua pace».
[13]Raguele
chiamò la figlia Sara e quando essa venne la prese per mano
e l'affidò a Tobia con queste parole: «Prendila; secondo la
legge e il decreto scritto nel libro di Mosè ti viene
concessa in moglie. Tienila e sana e salva conducila da tuo
padre. Il Dio del cielo vi assista con la sua pace». [14]Chiamò
poi la madre di lei e le disse di portare un foglio e stese
il documento di matrimonio, secondo il quale concedeva in
moglie a Tobia la propria figlia, in base al decreto della
legge di Mosè. Dopo di ciò cominciarono a mangiare e a bere.
[15]Poi Raguele chiamò la moglie Edna e le disse:
«Sorella mia, prepara l'altra camera e conducila dentro».
[16]Essa andò a preparare il letto della camera, come le
aveva ordinato, e vi condusse la figlia. Pianse per lei, poi
si asciugò le lacrime e disse: [17]«Coraggio, figlia,
il Signore del cielo cambi in gioia il tuo dolore. Coraggio,
figlia!». E uscì.
Tobia - Capitolo 8
VIII. LA TOMBA
[1]Quando
ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a
dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella
camera da letto. [2]Tobia allora si ricordò delle
parole di Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore
del pesce e li pose sulla brace dell'incenso. [3]L'odore
del pesce respinse il demonio, che fuggì nelle regioni
dell'alto Egitto. Raffaele vi si recò all'istante e in quel
luogo lo incatenò e lo mise in ceppi. [4]Gli altri
intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera.
Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: «Sorella, alzati!
Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e
salvezza». [5]Essa si alzò e si misero a pregare e a
chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo:
«Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per
tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e
tutte le creature per tutti i secoli! [6]Tu hai
creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse
di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere
umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo;
facciamogli un aiuto simile a lui. [7]Ora non per
lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine
d'intenzione. Dègnati di aver misericordia di me e di lei e
di farci giungere insieme alla vecchiaia». [8]E
dissero insieme: «Amen, amen!». [9]Poi dormirono per
tutta la notte.
[10]Ma
Raguele si alzò; chiamò i servi e andò con loro a scavare
una fossa. Diceva infatti: «Caso mai sia morto, non abbiamo
a diventare oggetto di scherno e di ribrezzo». [11]Quando
ebbero terminato di scavare la tomba, Raguele tornò in casa;
chiamò la moglie [12]e le disse: «Manda in camera una
delle serve a vedere se è vivo; così, se è morto, lo
seppelliremo senza che nessuno lo sappia». [13]Mandarono
avanti la serva, accesero la lampada e aprirono la porta;
essa entrò e li trovò che dormivano insieme, immersi in un
sonno profondo. [14]La serva uscì e riferì loro che
era vivo e che non era successo nulla di male. [15]Benedissero
allora il Dio del cielo: «Tu sei benedetto, o Dio, con ogni
pura benedizione. Ti benedicano per tutti i secoli! [16]Tu
sei benedetto, perché mi hai rallegrato e non è avvenuto ciò
che temevo, ma ci hai trattato secondo la tua grande
misericordia. [17]Tu sei benedetto, perché hai avuto
compassione dei due figli unici. Concedi loro, Signore,
grazia e salvezza e falli giungere fino al termine della
loro vita in mezzo alla gioia e alla grazia». [18]Allora
ordinò ai servi di riempire la fossa prima che si facesse
giorno.
[19]Raguele
ordinò alla moglie di fare il pane in abbondanza; andò a
prendere dalla mandria due vitelli e quattro montoni; li
fece macellare e cominciarono così a preparare il banchetto.
[20]Poi
chiamò Tobia e sotto giuramento gli disse: «Per quattordici
giorni non te ne andrai di qui, ma ti fermerai da me a
mangiare e a bere e così allieterai l'anima gia tanto
afflitta di mia figlia. [21]Di quanto possiedo
prenditi la metà e torna sano e salvo da tuo padre. Quando
io e mia moglie saremo morti, anche l'altra metà sarà
vostra. Coraggio, figlio! Io sono tuo padre ed Edna è tua
madre; noi apparteniamo a te come a questa tua sorella da
ora per sempre. Coraggio, figlio!».
Tobia - Capitolo 9
IX. LE NOZZE
[1]Allora
Tobia chiamò Raffaele e gli disse: [2]«Fratello
Azaria, prendi con te quattro servi e due cammelli e mettiti
in viaggio per Rage. [3]Và da Gabael, consegnagli il
documento, riporta il denaro e conduci anche lui con te alle
feste nuziali. [4]Tu sai infatti che mio padre starà
a contare i giorni e, se tarderò anche di un solo giorno, lo
farò soffrire troppo. Vedi bene che cosa ha giurato Raguele
e io non posso trasgredire il suo giuramento». [5]Partì
dunque Raffaele per Rage di Media con quattro servi e due
cammelli. Alloggiarono da Gabael. Raffaele gli presentò il
documento e insieme lo informò che Tobia, figlio di Tobi,
aveva preso moglie e lo invitava alle nozze. Gabael andò
subito a prendere i sacchetti, ancora con i loro sigilli e
li contò in sua presenza; poi li caricarono sui cammelli.
[6]Partirono insieme di buon mattino per andare alle
nozze. Giunti da Raguele, trovarono Tobia adagiato a tavola.
Egli saltò in piedi a salutarlo e Gabael pianse e lo
benedisse: «Figlio ottimo di un uomo ottimo, giusto e largo
di elemosine, conceda il Signore la benedizione del cielo a
te, a tua moglie, al padre e alla madre di tua moglie.
Benedetto Dio, poiché ho visto mio cugino Tobi, vedendo te
che tanto gli somigli!».
Tobia - Capitolo 10
[1]Ogni
giorno intanto Tobi contava le giornate, quante erano
necessarie all'andata e quante al ritorno. Quando poi i
giorni furono al termine e il figlio non era ancora tornato,
[2]pensò: «Forse sarà stato trattenuto là? O sarà
morto Gabael e nessuno gli darà il denaro?». [3]Cominciò
così a rattristarsi. [4]La moglie Anna diceva: «Mio
figlio è perito e non è più tra i vivi, perché troppo è il
ritardo». [5]E cominciò a piangere e a lamentarsi sul
proprio figlio dicendo: «Ahimè, figlio, perché ho lasciato
partire te che eri la luce dei miei occhi!». [6]Le
rispondeva Tobi: «Taci, non stare in pensiero, sorella; egli
sta bene. Certo li trattiene là qualche fatto imprevisto.
Del resto l'uomo che lo accompagnava è sicuro ed è uno dei
nostri fratelli. Non affliggerti per lui, sorella; tra poco
sarà qui». [7]Ma essa replicava: «Lasciami stare e
non ingannarmi! Mio figlio è perito». E subito usciva e
osservava la strada per la quale era partito il figlio; così
faceva ogni giorno senza lasciarsi persuadere da nessuno.
Quando il sole era tramontato, rientrava a piangere e a
lamentarsi per tutta la notte e non prendeva sonno.
[8]Compiutisi
i quattordici giorni delle feste nuziali, che Raguele con
giuramento aveva stabilito di fare per la propria figlia,
Tobia andò da lui e gli disse: «Lasciami partire. Sono certo
che mio padre e mia madre non hanno più speranza di
rivedermi. Ti prego dunque, o padre, di volermi congedare:
possa così tornare da mio padre. Gia ti ho spiegato in quale
condizione l'ho lasciato». [9]Rispose Raguele a
Tobia: «Resta figlio, resta con me. Manderò messaggeri a tuo
padre Tobi, perché lo informino sul tuo conto». Ma quegli
disse: «No, ti prego di lasciarmi andare da mio padre».
[10]Allora Raguele, alzatosi, consegnò a Tobia la sposa
Sara con metà dei suoi beni, servi e serve, buoi e pecore,
asini e cammelli, vesti, denaro e masserizie. [11]Li
congedò in buona salute. A lui poi rivolse questo saluto:
«Stà sano, o figlio, e fà buon viaggio! Il Signore del cielo
assista te e Sara tua moglie e possa io vedere i vostri
figli prima di morire». [12]Poi abbracciò Sara sua
figlia e disse: «Onora tuo suocero e tua suocera, poiché da
questo momento essi sono i tuoi genitori, come coloro che ti
hanno dato la vita. Và in pace, figlia, e possa sentire
buone notizie a tuo riguardo, finché sarò in vita». Dopo
averli salutati, li congedò. [13]Da parte sua Edna
disse a Tobia: «Figlio e fratello carissimo, il Signore ti
riconduca a casa e possa io vedere i figli tuoi e di Sara
mia figlia prima di morire, per gioire davanti al Signore.
Ti affido mia figlia in custodia. Non farla soffrire in
nessun giorno della tua vita. Figlio, và in pace. D'ora in
avanti io sono tua madre e Sara è tua sorella. Possiamo
tutti insieme avere buona fortuna per tutti i giorni della
nostra vita». Li baciò tutti e due e li congedò in buona
salute. [14]Allora Tobia partì da Raguele in buona
salute e lieto, benedicendo il Signore del cielo e della
terra, il re dell'universo, perché aveva dato buon esito al
suo viaggio. Benedisse Raguele ed Edna sua moglie con
quest'augurio: «Possa io avere la fortuna di onorarvi tutti
i giorni della vostra vita».
Tobia - Capitolo 11
X. GLI OCCHI
[1]Quando
furono nei pressi di Kaserin, di fronte a Ninive, disse
Raffaele: [2]«Tu sai in quale condizione abbiamo
lasciato tuo padre. [3]Corriamo avanti, prima di tua
moglie, e prepariamo la casa, mentre gli altri vengono».
[4]Allora s'incamminarono tutti e due insieme. Poi
Raffaele gli disse: «Prendi in mano il fiele». Il cane li
seguiva. [5]Anna intanto sedeva a scrutare la strada
per la quale era partito il figlio. [6]Le parve di
vederlo venire e disse al padre di lui: «Ecco viene tuo
figlio con l'uomo che l'accompagnava». [7]Raffaele
disse a Tobia prima di avvicinarsi al padre: «Io so che i
suoi occhi si apriranno. [8]Spalma il fiele del pesce
sui suoi occhi; il farmaco intaccherà e asporterà come
scaglie le macchie bianche dai suoi occhi. Così tuo padre
riavrà la vista e vedrà la luce». [9]Anna corse
avanti e si gettò al collo del figlio dicendogli: «Ti
rivedo, o figlio. Ora posso morire!». E pianse. [10]Tobi
si alzò e, incespicando, uscì dalla porta del cortile.
[11]Tobia gli andò incontro, tenendo in mano il fiele
del pesce. Soffiò sui suoi occhi e lo trasse vicino,
dicendo: «Coraggio, padre!». Spalmò il farmaco che operò
come un morso, [12]poi distaccò con le mani le
scaglie bianche dai margini degli occhi. [13]Tobi gli
si buttò al collo e pianse, dicendo: «Ti vedo, figlio, luce
dei miei occhi!». [14]E aggiunse: «Benedetto Dio!
Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i suoi angeli
santi! Benedetto il suo grande nome su di noi e benedetti i
suoi angeli per tutti i secoli. Perché egli mi ha colpito ma
poi ha avuto pietà ed ecco, ora io contemplo mio figlio
Tobia». [15]Tobia entrò in casa lieto, benedicendo
Dio con quanta voce aveva. Poi Tobia informò suo padre del
viaggio che aveva compiuto felicemente, del denaro che aveva
riportato, di Sara figlia di Raguele, che aveva presa in
moglie e che stava venendo e che si trovava ormai vicina,
alla porta di Ninive. [16]Allora Tobi uscì verso la
porta di Ninive incontro alla sposa di lui, lieto e
benedicendo Dio. Quando la gente di Ninive lo vide passare e
camminare con tutto il vigore di un tempo, senza che alcuno
lo conducesse per mano, fu presa da meraviglia; Tobi
proclamava davanti a loro che Dio aveva avuto pietà di lui e
che gli aveva aperto gli occhi. [17]Tobi si avvicinò
poi a Sara, la sposa di suo figlio Tobia, e la benedisse:
«Sii la benvenuta, figlia! Benedetto sia il tuo Dio, perché
ti ha condotta da noi, figlia! Benedetto sia tuo padre,
benedetto mio figlio Tobia e benedetta tu, o figlia! Entra
nella casa che è tua in buona salute e benedizione e gioia;
entra, o figlia!». [18]In quel giorno ci fu una
grande festa per tutti i Giudei di Ninive [19]e
Achikar e Nadab suoi cugini vennero a congratularsi con
Tobi. [20]E si festeggiarono le nozze di Tobia con
gioia per sette giorni.
Tobia - Capitolo 12
XI. RAFFAELE
[1]Quando
furon terminate le feste nuziali, Tobi chiamò il figlio
Tobia e gli disse: «Figlio mio, pensa a dare la ricompensa
dovuta a colui che ti ha accompagnato e ad aggiungere
qualcosa d'altro alla somma pattuita». [2]Gli disse
Tobia: «Padre, quanto potrò dargli come salario? Anche se
gli lasciassi la metà dei beni che egli ha portati con me,
io non ci perderei. [3]Egli mi ha condotto sano e
salvo, mi ha guarito la moglie, è andato a prendere per me
il denaro e infine ha guarito te! Quanto posso ancora dargli
come salario?». [4]Tobi rispose: «E' giusto ch'egli
riceva la metà di tutti i beni che ha riportati». [5]Fece
dunque venire l'angelo e gli disse: «Prendi come tuo salario
la metà di tutti i beni che tu hai portati e và in pace».
[6]Allora Raffaele li chiamò tutti e due in disparte e
disse loro: «Benedite Dio e proclamate davanti a tutti i
viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e
celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le
opere di Dio, come è giusto, e non trascurate di
ringraziarlo. [7]E' bene tener nascosto il segreto
del re, ma è cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere
di Dio. Fate ciò che è bene e non vi colpirà alcun male.
[8]Buona cosa è la preghiera con il digiuno e
l'elemosina con la giustizia. Meglio il poco con giustizia
che la ricchezza con ingiustizia. Meglio è praticare
l'elemosina che mettere da parte oro. [9]L'elemosina
salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che
fanno l'elemosina godranno lunga vita. [10]Coloro che
commettono il peccato e l'ingiustizia sono nemici della
propria vita. [11]Io vi voglio manifestare tutta la
verità, senza nulla nascondervi: vi ho gia insegnato che è
bene nascondere il segreto del re, mentre è cosa gloriosa
rivelare le opere di Dio. [12]Sappiate dunque che,
quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo
l'attestato della vostra preghiera davanti alla gloria del
Signore. Così anche quando tu seppellivi i morti. [13]Quando
poi tu non hai esitato ad alzarti e ad abbandonare il tuo
pranzo e sei andato a curare la sepoltura di quel morto,
allora io sono stato inviato per provare la tua fede,
[14]ma Dio mi ha inviato nel medesimo tempo per guarire
te e Sara tua nuora. [15]Io sono Raffaele, uno dei
sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza
della maestà del Signore». [16]Allora furono riempiti
di terrore tutti e due; si prostrarono con la faccia a terra
ed ebbero una grande paura. [17]Ma l'angelo disse
loro: «Non temete; la pace sia con voi. Benedite Dio per
tutti i secoli. [18]Quando ero con voi, io non stavo
con voi per mia iniziativa, ma per la volontà di Dio: lui
dovete benedire sempre, a lui cantate inni. [19]A voi
sembrava di vedermi mangiare, ma io non mangiavo nulla: ciò
che vedevate era solo apparenza. [20]Ora benedite il
Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Io ritorno a
colui che mi ha mandato. Scrivete tutte queste cose che vi
sono accadute». E salì in alto. [21]Essi si
rialzarono, ma non poterono più vederlo. [22]Allora
andavano benedicendo e celebrando Dio e lo ringraziavano per
queste grandi opere, perché era loro apparso l'angelo di
Dio.
Tobia - Capitolo 13
XII. SION
[1]Allora
Tobi scrisse questa preghiera di esultanza e disse:
«[2]Benedetto
Dio che vive in eterno
il suo regno dura per tutti i secoli;
Egli castiga e usa misericordia,
fa scendere negli abissi della terra,
fa risalire dalla Grande Perdizione
e nulla sfugge alla sua mano.
[3]Lodatelo,
figli d'Israele, davanti alle genti;
Egli vi ha disperso in mezzo ad esse
[4]per proclamare la sua grandezza.
Esaltatelo davanti ad ogni vivente;
è lui il Signore, il nostro Dio,
lui il nostro Padre, il Dio per tutti i secoli.
[5]Vi
castiga per le vostre ingiustizie,
ma userà misericordia a tutti voi.
Vi raduna da tutte le genti,
fra le quali siete stati dispersi.
[6]Convertitevi
a lui con tutto il cuore e con tutta l'anima,
per fare la giustizia davanti a Lui,
allora Egli si convertirà a voi
e non vi nasconderà il suo volto.
[7]Ora
contemplate ciò che ha operato con voi
e ringraziatelo con tutta la voce;
benedite il Signore della giustizia
ed esaltate il re dei secoli.
[8]Io
gli do lode nel paese del mio esilio
e manifesto la sua forza e grandezza a un popolo di
peccatori.
Convertitevi, o peccatori, e operate la giustizia davanti a
lui;
chi sa che non torni ad amarvi e vi usi misericordia?
[9]Io
esalto il mio Dio e celebro il re del cielo
ed esulto per la sua grandezza.
[10]Tutti
ne parlino
e diano lode a lui in Gerusalemme.
Gerusalemme, città santa,
ti ha castigata per le opere dei tuoi figli,
e avrà ancora pietà per i figli dei giusti.
[11]Dà
lode degnamente al Signore
e benedici il re dei secoli;
egli ricostruirà in te il suo tempio con gioia,
[12]per allietare in te tutti i deportati,
per far contenti in te tutti gli sventurati,
per tutte le generazioni dei secoli.
[13]Come
luce splendida brillerai sino ai confini della terra;
nazioni numerose verranno a te da lontano;
gli abitanti di tutti i confini della terra
verranno verso la dimora del tuo santo nome,
portando in mano i doni per il re del cielo.
Generazioni e generazioni esprimeranno in te l'esultanza
e il nome della città eletta durerà nei secoli.
[14]Maledetti
coloro che ti malediranno,
maledetti saranno quanti ti distruggono,
demoliscono le tue mura,
rovinano le tue torri
e incendiano le tue abitazioni!
Ma
benedetti sempre quelli che ti ricostruiranno.
[15]Sorgi ed esulta per i figli dei giusti,
tutti presso di te si raduneranno
e benediranno il Signore dei secoli.
Beati coloro che ti amano
beati coloro che gioiscono per la tua pace.
[16]Beati
coloro che avranno pianto per le tue sventure:
gioiranno per te e vedranno tutta la tua gioia per sempre.
Anima mia, benedici il Signore, il gran re,
[17]Gerusalemme sarà ricostruita
come città della sua residenza per sempre.
Beato sarò io, se rimarrà un resto della mia discendenza
per vedere la tua gloria e dar lode al re del cielo.
Le
porte di Gerusalemme
saranno ricostruite di zaffiro e di smeraldo
e tutte le sue mura di pietre preziose.
Le
torri di Gerusalemme si costruiranno con l'oro
e i loro baluardi con oro finissimo.
Le
strade di Gerusalemme saranno lastricate
con turchese e pietra di Ofir.
[18]Le
porte di Gerusalemme risuoneranno di canti di
esultanza, e in tutte le sue case canteranno: «Alleluia!
Benedetto il Dio d'Israele
e benedetti coloro che benedicono il suo santo nome
per sempre e nei secoli!».
Tobia - Capitolo 14
XIII. NINIVE
[1]Qui
finirono le parole del canto di Tobi.
[2]Tobi
morì in pace all'età di centododici anni e fu sepolto con
onore a Ninive. Egli aveva sessantadue anni quando divenne
cieco; dopo la sua guarigione visse nella felicità, praticò
l'elemosina e continuò sempre a benedire Dio e a celebrare
la sua grandezza. [3]Quando stava per morire, fece
venire il figlio Tobia e gli diede queste istruzioni: [4]«Figlio,
porta via i tuoi figli e rifugiati in Media, perché io credo
alla parola di Dio, che Nahum ha pronunziato su Ninive.
Tutto dovrà accadere, tutto si realizzerà sull'Assiria e su
Ninive, come hanno predetto i profeti d'Israele, che Dio ha
inviati; non una delle loro parole cadrà. Ogni cosa capiterà
a suo tempo. Vi sarà maggior sicurezza in Media che in
Assiria o in Babilonia. Perché io so e credo che quanto Dio
ha detto si compirà e avverrà e non cadrà una sola parola
delle profezie. I nostri fratelli che abitano il paese
d'Israele saranno tutti dispersi e deportati lontano dal
loro bel paese e tutto il paese d'Israele sarà ridotto a un
deserto. Anche Samaria e Gerusalemme diventeranno un deserto
e il tempio di Dio sarà nell'afflizione e resterà bruciato
fino ad un certo tempo. [5]Poi di nuovo Dio avrà
pietà di loro e li ricondurrà nel paese d'Israele. Essi
ricostruiranno il tempio, ma non uguale al primo, finché
sarà completo il computo dei tempi. Dopo, torneranno tutti
dall'esilio e ricostruiranno Gerusalemme nella sua
magnificenza e il tempio di Dio sarà ricostruito, come hanno
preannunziato i profeti di Israele. [6]Tutte le genti
che si trovano su tutta la terra si convertiranno e
temeranno Dio nella verità. Tutti abbandoneranno i loro
idoli, che li hanno fatti errare nella menzogna, e
benediranno il Dio dei secoli nella giustizia. [7]Tutti
gli Israeliti che saranno scampati in quei giorni e si
ricorderanno di Dio con sincerità, si raduneranno e verranno
a Gerusalemme e per sempre abiteranno tranquilli il paese di
Abramo, che sarà dato in loro possesso. Coloro che amano Dio
nella verità gioiranno; coloro invece che commettono il
peccato e l'ingiustizia spariranno da tutta la terra. [8]Ora,
figli, vi comando: servite Dio nella verità e fate ciò che a
lui piace. Anche ai vostri figli insegnate l'obbligo di fare
la giustizia e l'elemosina, di ricordarsi di Dio, di
benedire il suo nome sempre, nella verità e con tutte le
forze. [9]Tu dunque, figlio, parti da Ninive, non
restare più qui. Dopo aver sepolto tua madre presso di me,
quel giorno stesso non devi più restare entro i confini di
Ninive. Vedo infatti trionfare in essa molta ingiustizia e
grande perfidia e neppure se ne vergognano. [10]Vedi,
figlio, quanto ha fatto Nadab al padre adottivo Achikar. Non
è stato egli costretto a scendere vivente sotto terra? Ma
Dio ha rigettato l'infamia in faccia al colpevole: Achikar
ritornò alla luce mentre invece Nadab entrò nelle tenebre
eterne, perché aveva cercato di far morire Achikar. Per aver
praticato l'elemosina, Achikar sfuggì al laccio mortale che
gli aveva teso Nadab, Nadab invece cadde in quel laccio, che
lo fece perire. [11]Così, figli miei, vedete dove
conduce l'elemosina e dove conduce l'iniquità: essa conduce
alla morte. Ma ecco, mi sfugge il respiro!». Essi lo
distesero sul letto; morì e fu sepolto con onore.
[12]Quando
morì la madre, Tobia la seppellì vicino al padre, poi partì
per la Media con la moglie e i figli. Abitò in Ecbàtana,
presso Raguele suo suocero. [13]Curò con onore i
suoceri nella loro vecchiaia e li seppellì a Ecbàtana in
Media. [14]Tobia ereditò il patrimonio di Raguele
come ereditò quello del padre Tobi. Morì da tutti stimato
all'età di centodiciassette anni. [15]Prima di morire
sentì parlare della rovina di Ninive e vide i prigionieri
che venivano deportati in Media per opera di Achiacar re
della Media. Benedisse allora Dio per quanto aveva fatto nei
confronti degli abitanti di Ninive e dell'Assiria. Prima di
morire potè dunque gioire della sorte di Ninive e benedisse
il Signore Dio nei secoli dei secoli. |