METODOLOGIA E TECNICA DELLA RICERCA SOCIALE
LEZIONE DEL 15/11/00
Il sistema sociale è un insieme di elementi e/o soggetti interrelati tra loro. Indagare il sistema sociale significa che l’analisi di un elemento comporta il non estrapolarlo dal contesto con cui è in relazione.
Il sistema sociale è dato dal Welfare state: lo stato si impegna a garantire a tutti l’effettiva partecipazione ai propri diritti. L’a.s. opera nelle strutture degli interventi compensativi perché i diritti siano un punto di partenza per tutti.
L’evoluzione del concetto di sistema è nell’idea di “rete”; la rete permette un intervento a copertura globale e, a differenze del sistema, è prova di confine. L’ampiezza e la qualità dei legami permette così di intervenire adeguatamente.
L’analisi del sociale ha un livello descrittivo, uno riflessivo ed uno propositivo.
LEZIONE DEL 22/11/00
Fondamentale è il rapporto, tra intervento, conoscenza adeguata e ricerca. Questo rapporto è importante perché la figura dell’a.s. si sposta anche verso la ricerca sociale e non si limita all’operatività. Non deve esserci subalternità riguardo alle fonti di ricerca e ai centri di riflessione; vige, ancora oggi, una certa subalternità specie nei confronti della psicologia o della sociologia. L’operatore sociale raccorda i saperi agli interventi da mettere in atto. Per intervento sociale si intende una serie di azioni coordinate, regolari e coerenti, fondate scientificamente, finalizzate al raggiungimento di obiettivi per lo più predefiniti. Possono esserci interventi complessi o circoscritti. L’intervento sociale non prevede solo una logica, ma anche una creatività, una flessibilità riguardo ai mezzi e agli obiettivi. Gli obiettivi consistono nell’attenuare o eliminare aree di sofferenza e di disagio, riconducibili a quelli che vengono definiti problemi sociali. Dal nostro punto di vista il problema sociale non può essere identificato come una minaccia, uno ostacolo alla qualità della convivenza sociale.Non vi è sempre una coincidenza tra aree di disagio e assunzione di queste aree come problema sociale. Il problema sociale si definisce processualmente, in termini di processo: è esso stesso una costruzione di tipo culturale - politico, molte volte del tutto spontanea. Si è di fronte al problema, quando in forme diverse, mediate o immediate, perviene al s.s. la richiesta di intervento, oppure quando almeno il s.s. considera matura l’opportunità di intervenire. L’emergenza di un problema sociale è un processo in cui confluiscono tanti fattori e soggetti. Si ha un problema sociale quando un disagio, mediante spinte di forze intenzionali o meno, è riconosciuto, dunque fatto oggetto di attenzione per una soluzione da un’istituzione, un soggetto collettivo, dai partiti politici. Rilevante è il ruolo che in questo processo svolgono i massmedia. Il s.s. stesso può intuire, esaminare, conoscere un disagio, decidere un intervento, destinando delle risorse, per attenuare e/o eliminare quel disagio che diviene, solo in questo caso, problema sociale. Non vi è perciò, alcun automatismo tra area di disagio ed emergenza del problema sociale.
LEZIONE DEL 29.11.00
Le relazioni che intercorrono tra intervento, conoscenze e ricerca.
Parliamo di interventi progettati, o progettabili dall’operatore sociale e messi da esso, con capacità professionali o in un processo operativo. Ogni intervento ha bisogno di conoscenze: di quelle che fanno da base, ma di altre specifiche, relative all’intervento stesso. Sono necessarie le conoscenze e le abilità strettamente adeguate ad effettuare un certo intervento. Il concetto di adeguatezze qui è forte; egualmente il concetto di parsimonia, cioè adeguare le conoscenze che si hanno all’intervento richiesto (ad es. per dare pacchi dono a famiglie povere serve una lista di famiglie povere, con gli indirizzi, per inviare la comunicazione o portare i pacchi, serve la reperibilità; potrebbe servire la patente, che è “conoscenza di base” di ogni cittadino). Può esserci però l’intervento che richieda un’indagine per conoscere quali sono le famiglie povere, per stilarne un elenco(si potrebbe magari cercare un elenco già esistente, o farne uno). In questo caso si deve avviare una ricerca sociale. Può essere richiesto un intervento contro la dispersione scolastica (che comprende l’evasione, la ripetenze, l’abbandono, la non frequenza costante); in assenza di conoscenze adeguate si tratta di conoscere indagare il fenomeno. (Ad es. il committente, colui che chiede l’intervento dell’a.s., il sindaco o l’assessore, vuole che si vada alla casa con un vigile e si porti il ragazzo a scuola). Ma in questo caso non serve l’intervento dell’a.s.; egli deve servirsi di conoscenze teoriche per analizzare il fenomeno, per scoprirne le cause, ma per capire gli effetti del fenomeno; non si deve quindi confondere l’intervento con il problema, con il fenomeno sociale: vi sono tanti interventi che si possono fare nell’ambito di un fenomeno sociale. Le conoscenze adeguate sono collegate al tipo di intervento con un criterio di parsimonia. Gli interventi che hanno come oggetto delle “vittime” dei protagonisti di una situazione di disagio o emarginazione, si chiamano interventi riparativi, perché si interviene sui portatori del danno già avvenuto, manifestato, e si punta ad attenuarlo o ad eliminarlo. La gran parte degli interventi è di tipo riparativo. Ma ci sono anche gli interventi preventivi, i quali hanno come obiettivo quello di fare inceppare i meccanismi e le dinamiche che producono o contribuiscono a produrre il fenomeno negativo. Nell’intervento preventivo non ci si occupa dei soggetti già colpiti, ma si creano le condizioni perché altri non ne vengano colpiti. Già a livello di interventi riparativi vi è una gamma di conoscenze adeguate; certamente, a livello di interventi preventivi, mediamente, le conoscenze adeguate devono essere alte, forti, di tipo teorico, perché si vuole colpire la causa del problema sociale. Un intervento riparativo può essere una componente di un intervento preventivo. Gli interventi preventivi costano di più in termini di produttività differita, sono i più utili e necessari per risultati profondi e duraturi. Gli interventi riparativi sono i più appariscenti, anche in termini politici e di opinione pubblica.
LEZIONE DEL 06.12.00
TEOREMA DI THOMAS
Situzioni ritenute reali comportano conseguenze reali. La parola chiave è “ritenute”, ossia il riferimento alle “definizioni di situazioni” date da un singolo, da un gruppo, dalla società. E’ molto più importante la definizione, la “rappresentazione delle situazioni”, cioè come la gente vede, percepisce la realtà, cosa ha in mente circa una situazione, le idee che si fa su un certo aspetto della realtà, più della stessa realtà oggettiva. Nella ricerca sociale non basta osservare la situazione e da questa poi dedurre una spiegazione dei comportamenti, si deve invece scoprire e tenere conto dell’idea che le persone si fanno della situazione. Per MERTOS, le conseguenze del teorema di T. sono tali da chiudere il circolo con “la profezia che auto – avvera”: una situazione non è vera prima “era solo ritenuta vera” ma lo è alla fine (ad es. una banca fallisce per crisi di liquidità perché era stata ritenuta tale; sui avvera una situazione precedentemente “profetizzata” con una falsa rappresentazione della realtà). In pedagogia, si parla di effetto pigmalione: si tratta di un giudizio predeterminato che profetizza e avvera un esito (ad es. l’insegnante ritiene che un alunno più di tanto non può dare e alla fine avviene così). I nostri comportamenti derivano più dall’interpretazione dei fatti che dai fatti così come avvengono. Non vi è corrispondenza tra dati di fatto e rappresentazioni; ad es. alcune regioni si sentono minacciate dalla criminalità più di quanto lo siano quelle regioni in cui le statistiche dicono che c’è un effettivo problema di criminalità. La stessa messa in ordine delle priorità circa i problemi sociali è una operazione politica, più che il rispecchiamento di situazione problematiche reali. L’intervento ha un obiettivo che riguarda il problema sociale manifesto ma non si identifica con esso. Rischio del servizio sociale: autoreferenzialità e burocratizzazione. Nemico dell’operatore sociale è il pregiudizio, ossia una definizione già data della realtà, non sottoposta a verifica.
LEZIONE DEL 13.12.00
La “Profezia che si auto – adempie”. E’ un fenomeno sociale non sempre rintracciabile nelle situazioni interpretabili dal teorema di Thomas. Si possono avere due livelli di descrizione, di analisi di fenomeni sociali:
- situazioni ritenute reali hanno conseguenze reali;
- le conseguenze reali si chiudono in un circolo virtuoso o vizioso fino a realizzare ciò che si riteneva reale.
Una categoria generale è quella degli “effetti non voluti” o “effetti perversi”, nel senso che non corrispondono agli effetti voluti; questi effetti non voluti si hanno sulla base di un comportamento assunto da una massa di persona. Uno spazio, all’interno di questi effetti non voluti è occupato da quei fenomeni leggibili con il teorema di T..Infine, all’interno di questa categoria di fenomeni uno spazio è occupato da quelli spiegabili con la teoria della “profezia che si auto – avvera”. (cfr.R.K.Merton, teoria e struttura sociale, Il Mulino). Un acso teorico, classico, degli effetti non voluti è l’idea di A. Smith: ognuno perseguendo il proprio interesse fa l’interesse collettivo, ognuno scegliendo un lavoro che si integri con quello degli altri e porti ad un profitto, da come effetto non voluto, in questo caso positivo, il bene della collettività, l’accrescimento del benessere comune. Un altro caso lo abbiamo nelle trattative per i contratti sindacali negli U.S.A.. Le prime trattative ad essere chiuse sono quelle con le aziende più forti e ricche; in seguito le aziende più piccole erano costrette ad accettare quei contratti onerosi e per far fronte a questo o chiudevano per fallimento o erano costrette a forme diverse di innovazione. L’effetto non voluto è l’aumento della qualità delle aziende e della loro produzione.
LEZIONE DEL 20.12.00
L’interpretazione, la lettura del sociale non può limitarsi ai comportamenti, ai fatti, ma deve comprendere le rappresentazioni mentali che si hanno dei fatti, le convinzioni dei soggetti, le “definizioni di situazione” che i soggetti si danno. Qui vi è la sfida della sociologia: osservare comportamenti di soggetti che hanno le proprie rappresentazioni mentali. Il comportamento umano attiene a soggetti capaci di farsi oggetto, di pensarsi. Tutti i rapporti sono mediati “simbolicamente”. Per via di questo processo, l’uomo è capace di auto ingannarsi di interpretare i fatti in modo sbagliato. Qui vi è la complessità dell’uomo di essere preso come oggetto di studio, e per giunta da un altro uomo che ha le sue rappresentazioni mentali. I metodi, le tecniche, la deontologia, ect., rendono professionale l’a.s., cioè capace di oggettivare ed evitare di prendere per reali quelli che sono desideri o aspirazioni. Una equipe che deve effettuare un intervento fa una specie di inventario delle conoscenze necessarie, di carattere tecnico, teorico, di saperi specifici. Quanto più è complesso l’intervento, (si pensi a quelli di tipo preventivo), tanto più aumenta la rilevanza delle conoscenze, specie sotto l’aspetto qualitativo. Nell’intervento preventivo servono più le teorie, fondate sulla logica esplicativa di un fenomeno che può dare una previsione del fenomeno stesso. La conoscenza teorica, scientifica, ha un carattere esplicativo e un carattere previsionale. L’intervento preventivo è legittimato solo dal fatto che si da come accettata una teoria che mette in relazione causale due o più fenomeni. Di fronte al fatto che in presenza di A, B, C, tende a crescere D, l’intervento preventivo deve agire su ABC. Il “decisore” politico opta per l’intervento riparativo o per quello preventivo; spesso sceglie il primo perché è più visibile e sembra dare risultati immediati. Come non è detto che la presenza di un fenomeno sociale problematico diventi un’emergenza sociale, così non è detto che la ragionevolezza di interventi preventivi diventi una politica sociale. Gli interventi preventivi hanno una produttività differita ed un politico non sempre disposto ad attendere, poiché deve mostrare dei risultati. Una logica preventiva richiede l’assunzione di conoscenze teoriche basate su ipotesi fondate sui rapporti causali, scientificamente descritti. Ci sono casi in cui le conoscenze teoriche non sono disponibili o perché si tratta di fenomeni nuovi o vecchi studiati in contesti nuovi; bisogna fare allora una ricerca bibliografica e se vi è poco si fa una ricerca che ci aiuti ad acquisire una conoscenza in più sulla quale si può fondare l’intervento riparativo. La ricerca sociale è orientata a costruire conoscenze teoriche, ciò non toglie che abbia solo un carattere esplicativo o descrittivo.
LEZIONE 10.01.01
La ricerca è un’insieme di pratiche e di tecniche che ha l’obiettivo di acquisire nuove conoscenze. La ricerca sociale richiede costi notevoli in termini di tempo, di persone, di mezzi e attrezzature, di danaro. A questa ricerca va comunque applicato il criterio di parsimonia, per finalizzare opportunamente e utilmente le risorse senza sprechi e perdite di tempo. La ricerca sociale può limitarsi a conoscenze di tipo solo descrittivo, ma può e deve preferibilmente giungere a conoscenze teoriche, cioè alle “cause” di un fenomeno. Quando in sociologica si parla di cause, non lo si fa in termini di causalità efficiente, ma in termini di “concause” o, meglio, di “costellazioni di concause” intervenendo sulle quali si può magari bloccare un fenomeno. L’intervento preventivo si serve di conoscenze teoriche, ossia di proposizioni, spezzoni di teoria, che collegano costellazioni di concause che possono illuminare le ragioni di un fenomeno. Un ‘insieme di spezzoni elementari di teorie fanno una teoria più completa di un fenomeno sociale, ma mai esaudiente. Un pericolo per la ricerca sociale, quale ricerca e produzione di conoscenze teoriche e fondamento per interventi preventivi, è l’autoreferenzialità, tipica delle istituzioni consolidate, matrice della burocratizzazione.
LEZIONE DEL 17.01.01
L’efficacia è il rapporto tra la realizzazione dell’intervento e il raggiungimento dell’obiettivo prefissato. L’efficacia è un misuratore della produttività, della redditività di un intervento. Vi sono poi tempi adeguati per valutare l’efficacia a seconda del tipo, della natura, della dimensione dell’intervento. In fase di progettazione vanno indicate anche le modalità per valutare l’efficacia dell’intervento. Il numeratore dell’efficacia è la quantità dell’obiettivo realizzato, mentre il denominatore è l’obiettivo (quantità dell’obiettivo/obiettivo= efficacia) (ad es. si sono recuperati 100 ragazzi su 1000 con una efficacia quindi del 10%). Naturalmente interviene anche un livello di qualità, ossia lo standard minimo perché l’obiettivo possa essere considerato raggiunto. La ricerca sociale serve infatti, per le conoscenze teoriche che comprende, permette di determinare il tipo di efficacia di un intervento. Nel progetto di intervento devono essere chiari i criteri di misurazione e le modalità di osservazione. Dovendo “misurare” l’efficacia si ha bisogno di grandezze (numeri, percentuali); gli obiettivi vanno trasformati in grandezze, in indicatori. Un buon progetto ha inoltre una valutazione “in itinere”che può modificare il tipo di intervento ed anche le modalità per valutare l’efficacia. Per un progetto:
- individuazione di un problema;
- giustificazione dell’intervento considerate le conseguenze di un problema;
- raccolta di conoscenze adeguate;
- formulazione delle cause di un problema da colpire (soprattutto in un intervento preventivo);
- scelta della modalità di misurazione dell’efficacia dell’intervento;
- messa in opera dell’intervento;
- verifica dell’efficacia “in itinere” (se è possibile), ma soprattutto alla fine.
LEZIONE DEL 24.01.01
Efficienza ed efficacia in termini di analisi e di misurazione di qualità possono essere separati. L’efficienza è la misura del rapporto tra risorse impegnate e risultati ottenuti. Vi sono casi in cui ci sono strutture con i medesimi obiettivi, ma con diversi livelli di efficacia. Ad es., diminuizione dei tassi sociali di devianza, in una logica di prevenzione: in 5 anni una struttura che opera in un quartiere riduce del 30% la devianza, mentre un’altra struttura in un altro identico quartiere del 40%. E’ evidente che quest’ultimo è più efficace della prima. Se si va ad osservare l’efficienza si può riscontrare magari che la seconda è anche o più efficiente; cioè è riuscita ad ottenere gli stessi risultati spendendo di meno. Ma non è sempre vero che strutture più efficaci siano anche strutture più efficienti; e più in generale, non è detto che attività che hanno una certa efficacia abbiano anche una maggiore efficienza. Le due possono non procedere parallelamente. Facciamo l’es. di due classi di 100 ragazzi l’una che completa un iter formativo in 3 anni. Classe A 70 su 100 ragazzi raggiungono l’obiettivo; classe B 60 su 100; efficacia A maggiore di B; la classe A ha comportato una spesa di 1000 milioni mentre la B una spesa di 700 milioni. Dividendo la spesa per i ragazzi portati classe A 1000 su 70 = 14.60 – classe B 700 su 60 = 11.60 si avrà che efficienza B maggiore di A. Se la classe A avesse avuto l’efficienza della classe B avrebbe portato 86 ragazzi . Il valore di uso del termine efficienza ed efficacia non va confuso con il discorso generale, teorico. I risultati raggiunti vanno valutati sulla base delle relazioni costi benefici. Un progetto va definito bene nei suoi obiettivi, come anche nella misurazione della sua efficacia e della sua efficienza. Sul piano teorico si sa che i risultati vanno valutati con il mettere insieme efficacia ed efficienza, senza limitarsi ad una distinta misurazione delle due. Dalla loro unione si deduce la redditività, la produttività dell’intervento. I risultati sono gli obiettivi raggiunti sulla base di certe risorse (“con queste risorse si realizzato questo”). Fondamentale è comunque la definizione degli obiettivi. Spesso da un certo sistema si richiede un’efficacia che è estranea al sistema stesso. Servono allora obiettivi realistici e possibilità di effettiva misurazione. Da questo lavoro nascono modelli di operatività imitabili, e da imitare. I confronti tra gli interventi si fanno sempre sincronicamente e diacronicamente, contemporaneamente e nel tempo.
LEZIONE DEL 31.01.00
La SURVEY
E’ la ricerca empirica, ricerca sul campo che può essere di tipo descrittivo (finalizzata a descrivere un fenomeno generalmente in termini quantitativi – ricerca sociografica -), oppure di tipo esplicativo (tesa a spiegare il perché del fenomeno e i suoi meccanismi). Sia la ricerca descrittiva che quella esplicativa sono necessarie quando non si hanno conoscenze adeguate o non sono disponibili. Le conoscenze adeguate spesso non possono essere ricavate da ciò che è stato fatto in altri contesti in termini di conoscenze teoriche, esplicative ma, è necessaria una ricerca sul campo che produca conoscenze “adeguate all’intervento”. Nella Survey i concetti che si usano vanno trasformati in grandezze (concetti operazionali) osservabili e misurabili. Questo significa fare ricorso agli “indicatori”,grandezze osservabili e misurabili. Mentre il concetto è vuoto di contenuti empirici, gli indicatori sono termini pieni di contenuti empirici (ad es. il concetto di aggressività è privo di contenuti empirici; (le mazzate, gli schiaffi) il modo in cui si manifesta sono un indicatore, termine pieno di contenuti empirici). Anche gli obiettivi vanno quindi definiti in termini di grandezze osservabili, almeno in una scala ordinale (cioè con il più e il meno) (ad es. il concetto astratto è la cultura; i concetti operazionali sono il titolo di studio, gli anni di scuola, etc., sui quali viene formata una scala ordinale. Per seguire la costruzione degli indicatori, prendiamo come esempio l’indagine di tipo descrittivo (ricerca descrittiva a base ecologica, cioè fatta per stabilire graduatorie di tipo sincronico a base territoriale) che il Sole 24 ore conduce alla fine di ogni anno per fare un chep up delle province italiane (pubblicata l’11.12.00). Oggetto dell’indagine è la qualità della vita; questo concetto è privo di contenuti empirici; vanno perciò cercati concetti operazionali e dunque gli indicatori.
QUALITA’ DELLA VITA
Tenore di vita – Affari e lavoro – ambiente e servizi – criminalità – popolazione – tempo libero
Questi sei concetti operazionali hanno trasformato il concetto della qualità della vita che è privo di contenuti empirici. Il passaggio successivo è quello di individuare grandezze misurabili e osservabili per ognuno dei sei concetti operazionali. Sono state individuate per ogni concetto sei grandezze (ad es. 1) reddito e risparmi- 2) aziende – 3) scuola – servizi – traffico – 4) omicidi – furti – 5)anziani – giovani –6) cinema – teatri sport -.
LEZIONE DEL 07/02/01
I concetti operazionali già ci dicono i contenuti empirici con cui riempire il concetto della qualità della vita. Ogni concetto operazionale ha sei grandezze misurabili, che costituiscono gli indicatori: 1) tenore di vita; a) ricchezza prodotta: l’ammontare pro capite del valore aggiunto , al costo dei fattori, a prezzi correnti (il valore aggiunto è quello che determina la crescita economica); b) stipendi: importo medio annuo delle retribuzioni di operai ed impiegati; c) assicurazioni: ammontare medio per abitante dei premi per la polizza vita; d) pensioni: importo medio mensile percepito dai pensionati; e) abitazione: prezzo medio a metro quadro per un appartamento nuovo in zona semi centrale; f) spese: consumi per abitante, in base ad un paniere di beni trasformati in prezzi correnti.
LEZIONE DEL 14/02/01
Gli indicatori sono grandezze di contenuto empirico, convenzionali, stipulativi; sono praxi, cioè si avvicinano ai concetti operazionali, che a loro volta esplicitano e smontano il concetto astratto per permettere di operare la ricerca.
2) affare e lavoro: a) il numero di imprese registrate ogni 100 abitanti nel 1999; spirito imprenditoriale; b) iscrizioni e cancellazioni di imprese: l’indicatore è dato dal rapporto tra il numero delle imprese nate e a quello delle imprese cessate nel 1999; più alto è il rapporto e più vi è vitalità; c) fallimenti: numero di imprese fallite ogni 1000 imprese registrate (N.B. dire ogni 100, ogni 1000, significa avere una ponderazione che possa permetterci di fare delle comparazioni; d) protesti: importo medio dei protesti per abitante; e) export: la percentuale di esportazione sul valore aggiunto; f) in cerca di prima occupazione; percentuale di persone in cerca di lavoro in rapporto alla forza lavoro stessa, ossia alla popolazione attiva; questo è chiamato tasso di disoccupazione.
DOMANDA CHI LAVORA PERCHE’ LO HA PERSO
MDL = POPOLAZIONE ATTIVA
OFFERTA CHI CERCA LAVORO PER LA PRIMA VOLTA
LEZIONE DEL 21/02/01
Il mercato del lavoro, concetto astratto, è l’insieme di interazioni tra domanda e offerta. L’oggetto che si scambia è la forza lavoro: gli imprenditori, lo stato, un ente domanda forza – lavoro. L’offerta aggregata è l’insieme di tutte le persone, che lavorano o che vorrebbero lavorare, che costituiscono la popolazione attiva, che è una parte più o meno cospicua dell’intera popolazione complessiva presente su un territorio. La popolazione attiva si considera in base alla civiltà e alla legislazione, come “quota” della popolazione complessiva; varia a seconda di tanti fattori (ricchezza, legislazione); si commisura alla popolazione intera, escluse alcune fasce di età (0 – 14 anni; oltre i 65 anni), gli studenti, le casalinghe, i pensionati. Il rapporto tra popolazione attiva e popolazione complessiva è chiamato tasso di attività che è dato dall’insieme dell’offerta aggregata. Fa parte dell’offerta aggregata sia chi lavora, sia chi cerca lavoro. Chi cerca lavoro può essere un disoccupato, cioè chi ha perso il posto di lavoro e ne cerca un altro, o un inoccupato, cioè di prima occupazione. Il tasso di disoccupazione è il rapporto tra i disoccupati e la popolazione attiva. Il tasso di inoccupazione è il rapporto tra chi cerca lavoro (chi l’ha perso e non lo ha mai avuto) e la popolazione attiva. Il mercato del lavoro ha dei risvolti non solo economici, ma anche sociologici. Ad es. l’incremento delle separazioni coniugali portano ad un incremento della popolazione attiva, più precisamente di persone che cercano lavoro, poiché una fascia prima assente, le casalinghe entrano nel marcato del lavoro. Tale fenomeno può portare ad un incremento del tasso di inoccupazione.
Un incremento di domanda spesso trascina delle offerte; crescono si gli occupati, ma cresce la popolazione attiva poiché nuove fasce di popolazione entrano nel mercato del lavoro facendo spesso lievitare anche il tasso di in occupazione. Riguardo alla ricerca del sole 24 ore, i dati non sono assoluti, in rapporto (con un’altra nazione o con l’Europa) oppure valutarli in senso diacronico (ad es. osservando gli ultimi 10 anni).
LEZIONE DEL 07/03/01
3) Ambiente e servizi: a) possibilità di trasporto, indice di dotazione infrastrutturale per i trasporti; b) numero di procedimenti civili pendenti per ogni 1000 abitanti; c) escursione termica- differenza dei valori delle temperature medie del mese più caldo e del mese più freddo ( la qualità della vita è migliore dove è migliore dove non ci sono sbalzi, ai fini della salute); 4) decessi per tumore per un totale di decessi ( poiché la malattia è un indice delle condizioni ambientali); 5) indice sintetico di legambiente sull’ecosistema urbano); 6) incidenti stradali ogni 1000 auto circolanti (è un indice non molto indicativo perché possono esserci delle province attraversate da un volume di traffico superiore alle auto registrate al PRA.
4) Criminalità: a) numero di rapine denunciate ogni 100.000 abitanti; b) numero dei furti di auto denunciate ogni 100.000 abitanti; c) numero di furti in appartamento denunciati per ogni 100.000 abitanti; d) numero di borseggi e scippi denunciati ogni 100.000 abitanti; e) trend sulla variazione dell’andamento delle denuncie in un determinato periodo, dal 95 al 99 (questo è un indicatore di flussi , non di quantità); f) indice della prestazione e della dotazione delle forze di polizia.
5) Popolazione: a) nascite: numero di nati ogni 1000 abitanti nel 1999 in rapporto allo stesso indice del 1995 (anche qui si misura una tendenza, un flusso); b) morti per ogni 1000 abitanti; c)numero di suicidi o tentati suicidi ogni 100.000 abitanti; d) arrivi e partenze; numero di iscrizioni anagrafiche e di trasferimenti da altre province per 100 cancellazioni (saldo tra chi va via e chi viene ; e) numero di morti ogni 1000 nati vivi (“culle a rischio”; mortalità nel primo anno di vita ); f) “famiglie infrante”; numero di divorzi ogni 10.000 famiglie.
LEZIONE DEL 21/03/01
IL BACINO DEMOGRAFICO
Per avere un quadro complessivo di un territorio (comune, provincia, regione), si deve tener conto della popolazione e della sua modificazione. La popolazione la si può distinguere in residente e presente. Quella residente comprende tutti gli iscritti nelle liste anagrafiche; quella presente è rilevabile attraverso i censimenti, e comprende i lavoratori pendolari, gli studenti, i turisti etc.A noi interessa la popolazione residente, costituita da individui appartenenti a famiglie; (anche i singoli sono considerati come famiglia). Le caratteristiche rilevabili sono il sesso e l’età. La popolazione viene divisa a volte per fasce di età, secondo gli obiettivi e il tema della ricerca. Comunque, l’ideale è usufruire di dati quanto più diluiti, dai quali si possono poi ricavare letture per fasce di età. Inoltre, dal punto di vista demografico si può rilevare lo stato civile, il titolo di studio, l’occupazione. Cosa modifica un bacino demografico? La popolazione si modifica a causa di alcuni movimenti. Il bacino demografico è un contenitore, deve perciò esserci qualcosa che lo alimenti e qualcosa che lo depauperi. Ciò che lo alimenta è la procreazione, la nascita degli individui; ciò che lo depaupera sono i decessi. La differenza tra nascite e decessi si chiama “saldo naturale” (che può essere positivo, negativo o pari). Nei bacini demografici dei paesi industrializzati si assiste al fenomeno della rarefazione all’eccesso (calo delle nascite) e all’uscita (calo dei decessi per l’aumento degli anni di vita). Altri movimenti alimentano il bacino demografico, ad es., quelli provenienti dall’esterno che entrano nella popolazione residente, cioè i nuovi iscritti: (fenomeno dell’immigrazione). O contrariamente chi va via, cioè i “cancellati” (fenomeno dell’emigrazione). Oltre al “saldo naturale” vi è quindi un saldo migratorio o saldo sociale. Anche questo può essere uguale, positivo o negativo ed è dato dalla differenza tra i nuovi iscritti e le cancellazioni. Sarebbe interessante scoprire da dove vengano i nuovi iscritti e dove vanno i cancellati, ai fini di una lettura più profonda e completa del fenomeno. Il movimento immigratorio ed emigratorio è dato da forze attrattive (luogo in cui si va) e da forze espulsive (luogo che si lascia); due forze che non si annullano, non si neutralizzano, ma a livello mondiale certamente operano contemporaneamente. La somma algebrica tra saldo naturale e saldo migratorio dà il “saldo complessivo”. Anche questo può essere negativo, positivo o pari a zero
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Movimento immigratorio entrano |
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le nascite alimentano la |
Nuovi iscritti popolazione |
i decessi la depauperano |
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movimento emigratorio escono cancellati
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LEZIONE DEL 28/03/01
La Survey è la ricerca sul campo, l’indagine attraverso una raccolta di informazioni su un universo che si vuole indagare tramite un campione di questo universo. La logica del campione è quella di poter ricavare informazioni che, da un numero più ristretto, si possono estendere a tutto l’universo. Ad es.: non è possibile somministrare un questionario alle 100.000 famiglie di Bari; allora si sceglie una parte di essa che viene chiamata campione. Il numero, la quantità di un campione varia a seconda delle esigenze di ricerca e dell’errore. Parlando di errore si intende che le caratteristiche del campione possono variare in percentuale più o meno in base all’errore che si è stabilito. L’errore massimo in percentuale più o in meno è determinato dall’unità numerica del campione; più la quantità del campione è vicina alla quantità dell’universo, minore sarà il margine di errore. Normalmente si procede con un errore del 3%. L’aumento dell’unità numerica del campione non è proporzionale all’universo (ad es.se un universo è 1000 il campione sarà 200, ma se l’universo diventa 2000, il campione non sarà automaticamente 400). Generalmente si lavora sul campione, non sull’universo; a meno che l’universo che si vuole indagare è numericamente esiguo. Il criterio – concetto di casualità è quello che da la possibilità di ritrovare nel campione tutte le caratteristiche che appartengono all’universo; in base a questo criterio di casualità, tutti quelli che non entrano nel campione devono avere avuto le stesse possibilità di entrarvi che hanno avuto quelli che entrano nel campione. La survey è quindi l’indagine empirica. Quella sperimentale, interviene invece per modificare una situazione di indagine; ad es., se si prende un gruppo di persone e le si isola per un certo periodo di tempo per poi metterle a confronto con un altro gruppo non isolato (si fa quindi un esperimento vero e proprio, modificando la situazione). Le fasi più importanti della survey sono:
1) la definizione del problema, circoscrivere l’oggetto della ricerca e gli interrogativi che ci poniamo. Quanto è più chiara la definizione del problema, tanto più riuscita è la ricerca. La survey che a noi interessa è quella di tipo esplicativo, cioè che si chiede il perché dei fenomeni rilavati, descritti; un perché che può rilevare la causa di un fenomeno o, meglio ancora, una delle concause. In ambito sociale non ci sono “cause efficienti”, ma sempre per cause, o meglio, processi di causazione circolare. Nell’intervento sociale , se si entra in una logica preventiva è necessaria una survey di tipo esplicativo; si tratta cioè della ricerca a cui si ricorre quando si vuole costruire un progetto di intervento sociale che abbia possibilità di riuscita necessitando di teorie ex novo, adeguate al contesto e alla situazione da indagare, nonché di conoscenze teoriche ad hoc;
2) le ipotesi di ricerca sono delle proposizioni che collegano in modo plausibile e causale due o più variabili (fenomeni, eventi, caratteristiche ) o gruppi di variabili. L’ipotesi deve avere due caratteristiche: la plausibilità e la relazione causale. La relazione avviene tra una variabile indipendente ed una variabile dipendente. (Ad es.ipotesi = la povertà è determinata da un basso livello culturale; livello culturale variabile indipendente; povertà variabile dipendente. Altro esempio: il basso rendimento scolastico è funzione del basso livello di “voglia di acquisire”; maggiore è la seconda maggiore è la prima; la voglia di acquisire è la variabile indipendente). La variabile dipendente e cioè quella che si vuole spiegare, è detta esplicandum. Nell’ipotesi, la caratteristica più importante è la verificabilità, che la rende l’ipotesi plausibile. (ci sono ipotesi non verificabili: quelle filosofico – metafisiche – perché sfuggono all’osservazione empirica – e quelle che sono teoricamente verificabili, ma non praticabili – per ragioni di tempo, risorse etc.). L’ipotesi si “pesca” dalla letteratura specializzata, da ciò che già si sa, da quello che è stato detto e scritto. L’ipotesi è indispensabile per formulare le domande di indagine; senza di essa non si sa cosa chiedere, e non si sa quali sono le informazioni che ci potranno servire.
LEZIONE DEL 04/04/01
La percentuale di errore (ad es. il 3%) si applica quando si ………con l’interferenza dal campione all’universo. L’ipotesi è la proposizione che collega in una relazione causale due elementi della ricerca, di cui uno è la variabile indipendente e l’altro è la variabile dipendente, cioè il fenomeno da spiegare, mentre la variabile indipendente è la probabile causa – concausa del fenomeno. Es.: il rendimento scolastico dipende dal livello di integrazione della famiglia:
variabile indipendente = livello di integrazione della famiglia;
variabile dipendente = rendimento scolastico.
Queste due variabile vanno sciolte in indicatori, cioè in grandezze misurabili e osservabili. Raccolte le informazioni, si modificano i dati e si quantificano in livelli – sintesi
Es.
Alto = 50 Alto = 100
Medio =150 Medio = 145
Basso = 100 Basso = 55
Incrociando i dati si ottiene una “tavola di contingenza”. Sull’ascisse si pone la variabile indipendente, cioè il livello di integrazione della famiglia e sull’ordinata, la variabile dipendente cioè il rendimento scolastico
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LIVELLO DI INTEGRAZIONE DELLA FAMIGLIA |
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Rendimento scolastico |
ALTO |
MEDIO |
BASSO |
TOTALE |
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ALTO |
30 |
60 |
10 |
100 |
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MEDIO |
15 |
90 |
40 |
145 |
|
BASSO |
5 |
/ |
50 |
55 |
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TOTALE |
50 |
150 |
100 |
300 |
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Quando caselle sovradimensionate corrispondono in/con diagonale, a chiasmo a caselle sottodimensionate, allora si registra una relazione causale, e l’ipotesi di partenza risulta plausibile. Naturalmente gli scarti tra i due dati non devono essere minimi, ma tendere a percentuali con due cifre (10 – 15%).
Concetto di fatto
I fatti sono le osservazioni empiriche verificabili e quindi le informazioni in qualche modo reperibili nel corso di una indagine sociale.
Concetto di teoria
La teoria è un’insieme di analisi delle relazioni tra i fatti; in generale ha un assetto consolidato che deriva dalla maturazione di una lunga esperienza di riflessione.
I Concetti
I concetti sono la forma di cui si serve la scienza per svolgere osservazioni e collegamenti sui fenomeni empirici.
Concetto di scala di misura
La scala non è altro che la classificazione della fase di ricerca che definisce le omogeneità degli elementi.
Concetto di scala nominale
Si dice scala nominale una classificazione delle variabili in relazione a una proprietà divisa in categorie utilizzabili ai fini della classificazione; es. la variabile “sesso” è misurabile a livello di scala nominale in base alla categoria “maschio” o “femmina”; il criterio è quello della semplice appartenenza o non alle classi omogenee che lo compongono.
Concetto di scala ordinale
Dicesi scala ordinale una classificazione delle variabili di base a un dato ordine a una graduatoria. Il criterio di misurazione è quello di ordinamento delle variabili in base a valutazioni tipo “maggiore” e “minore”.