DIRITTO PUBBLICO
Lezione del 15.11.00
La Carta Costituzionale è il documento giuridico che disciplina una forma di stato e di governo. Nei primi 12 articoli sono espressi i valori per cui lo stato si costituisce e l’organizzazione che esso si da per tutelare i diritti dei suoi cittadini. Il primo elemento essenziale di uno stato è genericamente, il popolo, ossia una comunità che incombe su un certo territorio che si da regole di convivenza e organizzazione che è tenuto ad osservare. Il primo atto di questa organizzazione è la carta costituzionale. Per popolo dobbiamo intendere però, non solo le persone che vivono su un dato territorio ma, che condividono anche una storia, una lingua, una cultura, in maniera tale da essere un corpo omogeneo e uniforme, dando vita al concetto di nazione. Questo concetto ha faticato a nascere, basti pensare agli stati europei; ciò che legava principalmente le persone era lo stare su un certo territorio è soprattutto, il dovere di obbedire ad un governo centralizzato. In alcuni stati si è partiti dal concetto di etnia per giungere al concetto di nazione. Negli USA lo stato nasce per difendere i diritti di popoli etnicamente diversi e per dare un’amministrazione a tutti coloro che occupavano quel territorio. Terzo elemento costitutivo di uno stato è la sovranità; per sovranità intendiamo il potere che un popolo esercita su un dato territorio, i cui principi e modalità vengono definiti dal popolo stesso attraverso la carta costituzionale che è momento di massima espressione della sovranità. La carta costituzionale fu redatta nel ‘46 ed entrò in vigore nel ‘48 (dopo la guerra e la caduta del fascismo) per opera di un’assemblea costituente, investita del potere da parte del popolo mediante l’elezione dei suoi membri. In quella sede vi era una pluralità di forze politiche, ragion per cui la carta costituzionale non è catalogabile sotto un’unica ideologia o politica. Liberali, cattolici, socialisti, comunisti, si ispirarono a valori diversi, che a loro volta determinarono metodi diversi nell’esercizio del potere. Per la redazione della carta si percossero due vie: quella del compromesso – sintesi - (patto tra posizioni diverse) e quella nell’affidare la produzione di certe norme a forze politiche specifiche a seconda delle loro sensibilità. La costituzione è un patto sociale in cui tutti ne riconoscono certi diritti che vanno tutelati per la convivenza sociale, l’omogeneizzazione di un popolo, la regolamentazione dei rapporti tra le persone.La società italiana nel 1946 non era affatto omogenea. I liberali sottolineavano la libertà di proprietà, di pensiero. I socialisti, invece, affermavano che non bastava disporre di certi diritti, ma andavano create le condizioni da parte dello stato, affinchè questi diritti erano effettivamente tutelati e vissuti.; lo stato deve garantire posizioni di partenza uguale per tutti. Non solo, ma ad ogni diritto e libertà dei singolo va rapportata l’utilità e la conseguenza sociali di tali libertà. Accanto alle forze liberali e socialiste, c’era quella cattolica, vicina sia a quella liberale (per il valore riconosciuto alla singola persona), sia a quella socialista per il valore riconosciuto alla comunità sociale. L’organizzazione dello stato è il preciso contrappunto ai principi fondamentali che si sono affermati; le scelte di valore fatte in premessa determinano certe scelte di assetto governativo. Se non si conosce e non si capisce la forma di uno stato, non si conoscerà ne si capirà la forma del suo governo. I principi sono l’anima della parte organizzativa. I membri dell’assemblea costituente erano persone di altissima cultura e competenza soprattutto giuridica, a respiro europeo e di qualità elitoria; questo fu certamente un fatto positivo, ma i politici espressi in seguito dal popolo, non furono all’altezza dell’assemblea costituente. L’attuazione della carta costituzionale non fu perciò immediata. Solo nel ‘70 ad es. si è iscritta la normativa riguardante la famiglia, norma attuativa della carta costituzionale. Anche il decentramento del potere con l’ordinamento regionale, vede la sua attuazione nel ‘70, mentre la corte costituzionale vede la luce solo nel ‘56 emettendo la sua prima sentenza solo il 5 giugno dello stesso anno. Le cause di questo congelamento della carta costituzionale furono almeno due: la prima di carattere culturale (i parlamentari eletti nella prima legislatura rispecchiavano il livello del popolo, ancora acerbo nella visione dello stato); la seconda era in una precisa volontà politica (vi era la democrazia cristiana che poteva governare da sola avendo avuto la stragrande maggioranza dei voti). La d.c. governò secondo la norma convenzionale, che esclude l’opposizione, la quale poteva trarre giovamento dall’attuazione di certi principi costituzionali. Ad es., la maggioranza politica nelle regioni poteva essere diversa da quella nazionale, generando così una dialettica politica in sedi istituzionali diverse. Stesso problema per la corte fu quello della nomina dei suoi giudici. Dalla sola maggioranza o proporzionalmente, dalla maggioranza o dall’opposizione? Solo Gronchi riuscì a risolvere questa diatriba.
Tutte le forze politiche presenti nell’Assemblea Costituzionale, avevano come comune intento, quello di dar vita ad uno stato nettamente contrapposto a quello fascista, ispirandosi al principio personalista e pluralista come giustizia sociale e il lavoro come valore primario. La nostra è una Costituzione rigida, nel senso che può essere modificata solo con un procedimento legislativo “aggravato”. E’ lunga, nel senso che la disciplina costituzionale su molti temi non è limitata a enunciazioni di principio, ma è estesa ad aspetti applicativi e di dettaglio. E’ programmatica: essa mira non solo a sancire regole precise per l’organizzazione e l’azione dei pubblici poteri, ma anche a stabilire alcuni obiettivi al cui conseguimento deve essere ispirata l’attività dei poteri pubblici. E’ aperta ovvero suscettibile di legittimare e orientare programmi e indirizzi diversi.
La presenza di una varietà di forze politiche nell’assemblea costituente assicurò alla corte una ricchezza e un’elasticità tale da permettere alle norme costituzionali non solo di essere portatrici di valori e sensibilità diversi, ma di resistere anche all’usura del tempo senza causare squilibri nei fini da perseguire (ad es. la libertà economica è affermata il limite della solidarietà sociale. La corte costituzionale dall’altra parte non è disgiunta da quelli che sono i valori espressi in un dato periodo dal popolo, attraverso i partiti politici; essa non è monade politicizzata, è politicizzata, nel senso che è inserita nel contesto sociale e politico del paese. In democrazia ogni potere è bilanciato da un contropotere; nulla è assoluto, slegato da tutto il resto. La costituzione entra in vigore il 1° gennaio del ‘48. I principi fondamentali, cuore dell’intera carta, vengono codificati in norme specifiche, che per la loro precisione normativa obbligano. Comprendere bene i principi significa capire le procedure che sono a garanzia di questi principi.
L’Italia è una repubblica democratica......
Il termine democrazia indica che la sovranità e il potere, appartengono al popolo. La sovranità è l’esercizio delle diverse funzioni del potere; quelle caratterizzanti sono: il potere legislativo, quello esecutivo e quello giurisdizionale: il potere legislativo che è quello di prendere decisioni, con valori cogenti a seconda degli organi che emanano le leggi ed è il più importante; è il potere che modifica i diritti ed è coercitivo. Tutto il popolo prende parte a questo potere attraverso dei meccanismi di espressione al di fuori dei quali non vi è modo di parlare di democrazia, di volontà popolare (un meccanismo sono le elezioni). Il potere legislativo è di tutto il popolo, quello esecutivo spetta a chi ha la maggioranza (governo), il potere giurisdizionale di un gruppo che fa applicare le norme (diritto = dire - norma) al caso particolare. Staccare questi poteri e affidarli ad organi diversi significa garantire la democrazia, sistema in cui i poteri si equilibrano e si controllano a vicenda. Democrazia però non è solo il potere sovrano esercitato dal popolo, questo potere quali scopi si prefigge, da quali metodi è caratterizzato, a quali valori si orienta, con quale organizzazione? La qualità dell’obiettivo è fondamentale per determinare i percorsi, i metodi, la scelta. Per comprendere la democrazia italiana si deve risalire agli scopi per cui è nata e i valori a cui vuol tendere. I Principi della Costituzione esprimono quei valori che caratterizzano la democrazia.
Art.2 (Principio personalista e pluralista)
La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali...
Questo articolo pone l’attenzione primaria dello stato nei confronti dell’uomo che consta di un fascio di diritti inviolabili per la sua dignità: egli ha la sua dignità in maniera consapevole quando conosce ed esercita i suoi diritti. La carta costituzionale elenca i diritti, ma non li esaurisce, perché questi crescono con il crescere dell’uomo e l’evolversi della società. La dignità dell’uomo è nei diritti inviolabili. Questa affermazione stabilisce che la democrazia è personalistica: al centro l’uomo, la sua tutela, i suoi diritti inviolabili e ineludibili. Lo stato nasce per il cittadino, la sua individualità è un valore. L’espressione “sia nelle formazioni sociali” dell’art.2 sta a significare che si tratta di una democrazia pluralistica, valore piuttosto complesso. Sì, lo stato è per il cittadino, ma il cittadino nei confronti dello stato non ha forza, non può trasmettere direttamente il proprio pensiero: come far pesare la propria opinione? Nelle “formazioni sociali” si individuò una specie di cuscinetto tra il singolo e lo stato, per cui lo stato integrandosi con il cittadino in formazione sociali sempre più ampie arriva a far sentire la propria opinione. In questo ambito rientrano non solo i gruppi organizzati, ma anche i movimenti. La carta cost. tutela la famiglia perché è la prima formazione sociale, in cui l’individuo, nascendo, sviluppa la propria persona, la propria coscienza. Lo stato tutela la famiglia perché questa dia allo stato un cittadino maturo. Poi è tutelata la scuola, che garantisce l’istruzione, come agenzia educativa; è tutelato il sindacato, per il mondo del lavoro; è tutelato il partito politico, che si occupa di tutti i bisogni dei cittadini, nessuno o nulla escluso. E’ dunque necessario che l’uomo si integri in formazioni sociali sempre più ampie per sviluppare la personalità e per dare alla propria volontà una consistenza sempre più significativa, per incidere sulla volontà - decisione dello stato, che è la legge. Da questo pluralismo delle formazioni deriva una pluralità di sedi decisionali, dove poter incidere con il proprio peso. Il principio pluralista avrà dunque una conseguenza istituzionale, come anche a livello scolastico, a livello partitico. La ricaduta di questo principio possiamo riassumerla nella dialettica, nella tutela delle minoranze; la democrazia è dunque, una democrazia pluralistica.
Le “parti sociali” (ovvero le formazioni sociali citate dall’art.2, spesso interlocutrici del governo prima di decisioni importanti) sono i canali attraverso i quali il singolo può far sentire la propria volontà, ad es., a livello comunale dove, secondo le problematiche e le decisioni da prendere, vengono sentite le associazioni portatrici di una volontà collettiva e qualificata in certi settori. L’art.2 afferma il dovere di solidarietà. Il singolo non è avulso dalla società, egli ha bisogno di essa per sviluppare la sua personalità, ma i suoi diritti contestualizzati comportano il dovere della solidarietà verso la società di cui fa parte (ad es. si è solidali con la contribuzione, cioè le tasse, che realizza la giustizia sociale, la distribuzione della ricchezza). Lo stato sociale, che vuole, porre tutti i cittadini sullo stessa linea di partenza, è fondato sullo spostamento della ricchezza a favore di chi è svantaggiato. Due settori classici dello stato sociale sono l’istruzione e la sanità. L’istruzione infatti, è fondamentale per lo sviluppo della persona; lo studio (studium = desiderio di conoscenza) è importante per la conoscenza dei valori, l’autonomia di pensiero e quindi, la libertà. I contributi economici in questo caso servono allo stato per la creazione di strutture e servizi a cui tutti possono accedere, anche chi non può pagare le tasse. Il contribuente, infatti, non paga solo per se, ma per tutti, anche per chi non può pagare affatto. Questa è la solidarietà. Il lavoro è un dovere, perché contribuisce alla crescita dello stato, è un incremento qualitativo della collettività (art.4 comma 2); il lavoro non è solo un diritto, ma è anche un contributo in termini di solidarietà. Il liberismo e il socialismo in questi articoli vengono soddisfatti nella loro sensibilità; la costituzione qui manifesta il compromesso tra queste due forze di pensiero.
L’art.3 afferma il principio di eguaglianza.
Lo stato, fondandosi sul popolo, non può disconoscere il principio di uguaglianza, che tutela i diritti del popolo contro i privilegi di alcune classi. La costituzione, dovendo descrivere i diritti dell’uomo, non può non fare suo il diritto di eguaglianza, che diventa in realtà un principio, ossia un pilastro fondamentale che sostiene una serie di diritti. Il principio di eguaglianza viene dopo il valore personalista e pluralista, poichè scaturisce naturalmente da questi per il fatto che la dignità di ogni uomo consta di un fascio di diritti inviolabili che appartengono ad ogni individuo. Questa eguaglianza affermata, mette al bando ogni tipo di discriminazione; le stesse leggi non possono discriminare per quelle distrazioni elencate dall’art.3 comma 1. L’eguaglianza non consiste nel trattare tutti allo stesso modo, ma di farlo nei casi eguali, nella fattispecie riconosciute con i caratteri della generalità e dell’astrattezza. La ratio di questo articolo sta nel parificare le condizioni elevando i casi di svantaggio con una disciplina appropriata o abbassando i casi di privilegio. Il principio può essere esplicato così: disciplina eguale per casi eguali. Il comma 2 dell’art.3. è stato redatto dalle forze di pensiero sensibili allo stato sociale; per costoro lo stato deve intervenire, farsi carico dei problemi della società ed impegnarsi a risolverli, ristabilendo condizioni ottimali per tutti. L’obiettivo sotteso è lo sviluppo della personalità, cioè la consapevolezza, l’autonomia, la maturità, per un’effettiva partecipazione sociale, partecipazione alle scelte dello stato in campo sociale, economico, politico. Questa partecipazione è quella che lo stato vuole per attuare la sua democrazia. Un’effettiva democrazia deve esprimere scelte mature e consapevoli; perché sia autentica e rappresentativa (che consiste essenzialmente nel dare il proprio voto ad un partito), è necessaria una democrazia partecipativa.
Il principio lavorista è un altro principio fondamentale, e lo si può desumere da quello personalista: la tutela e il riconoscimento del valore umano comporta lo sviluppo della personalità, in cui il lavoro svolge un ruolo determinante. Tanto è vero che si richiede normalmente che l’attività lavorativa sia adeguata alla personalità, alle attitudini, alla formazione, alle capacità dell’individuo. L’art.4 tutela il diritto al lavoro nella sua effettività in quanto deve essere scelto in modo che sia confacente alla personalità. Il lavoro quindi, un valore e non semplicemente un mezzo per la sussistenza dell’individuo, tanto meno come semplice elemento di economia. Il lavoro da un lato per sviluppare la persona, dall’altro contribuisce allo sviluppo materiale e spirituale della società. Questa seconda parte dell’art.4 è sullo stesso piano della seconda parte dell’art.2, cioè quello che introduce il principio solidalista. Questi principi forniscono la chiave interpretativa di tutte le norme; perciò i primi articoli della costituzione sono più che affermazioni normative. La repubblica si fonda sulla ricchezza che è ogni persona, e che, attivata, sviluppa la stessa persona e contribuisce al progresso della società. In questo nuovo stato, l’unica dignità viene dal lavoro, momento di qualità che contrassegna la personalità e le conferisce appunto dignità; naturalmente, questo principio ha prodotto un cambio di mentalità circa il valore e il significato del lavoro, considerato un tempo attività necessaria solo per chi doveva procurarsi da vivere. La nostra è quindi una democrazia personalista, pluralista, lavorista fondata su principi di eguaglianza.
Il decentramento di cui parla l’art.5, non è solo una misura organizzativa, ma è anch’esso un principio di tipo organizzativo. Qui il decentramento ha un altro valore. Le associazioni sociali fanno da cuscinetto tra individuo e stato e nascono dall’esercizio delle libertà individuali; nell’art.5 vien fatto il contrappunto alle formazioni sociali di tipo istituzionale, in modo da consolidare la democrazia, aumentare la qualità del peso decisionale, migliorare la partecipazione dei cittadini. Anche alle istituzioni viene quindi applicato il principio pluralista. Nelle sedi decentrate si potrà dunque legiferare meglio e più velocemente che nella sede centrale, la quale si limiterà a fornire orientamenti di principio validi per tutta la nazione. In questo modo la volontà del cittadino non sarà rivolta solo al governo nazionale, ma anche agli enti di governo locale. La partecipazione dei cittadini è così amplificata, pluralizzata, responsabilizzata; in una parola, si è vivacizzata la democrazia. Questo è un modello, quello del decentramento, che ha una qualità ancora oggi non percepita pienamente. Lo stesso ordinamento solo nel ‘70 ha dato vita alle regioni, prima con un ritaglio poi con un’ampliamento delle materie di competenza. Il federalismo è qualcosa di più dello stato regionale; in quest’ultimo ci sono enti autonomi, ma non sono sovrani (competenze, fette di governo si spostano dal centro alle regioni), mentre nello stato federale ci sono stati a base sovrani che cedono alcune materie (politica estera, moneta giustizia) allo stato centrale. In Europa gli stati nazionali stanno cercando di conferire alcuni poteri all’unione sovranazionale (politica estera di sicurezza comunitaria; l’unione monetaria). Il modello dell’autonomia regionale permette a questi enti di porre in essere alcuni atti così come previsto dalla costituzione che è la fonte dell’autonomia regionale: il potere delle regioni è derivato da quello sovrano nazionale. L’autonomia provinciale e comunale è di tipo amministrativo, non legislativo e deriva da una legge ordinaria che può essere modificata. Il valore del potere sovrano affidato al popolo è concretizzato nel decentramento delle sedi decisionali, che assolve al valore della democrazia, perché permette governi politicamente diversificati. Questa è una tutela della pluralità, garanzia di libertà, che permette alla persona di capire, di riflettere, di scegliere. Ecco perché il decentramento fa parte dei principi fondamentali della costituzione; esso si applica e si collega agli altri valori e principi.
Lo stato sceglie la laicità, ma riconosce alla religione un ruolo importante nella vita del cittadino e l’afferma come un diritto che va tutelato. Non vi è una confessione di stato; c’è sovranità e indipendenza tra stato e chiesa cattolica. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi; si tratta di un accordo (trattato internazionale), le cui trattative sono gestite dal governo, ma se vengono apportate modifiche importanti, queste devono essere preventivamente autorizzate dal parlamento e ratificati dal presidente della repubblica. Inoltre, occorre una legge specifica, ossia una legge di esecuzione del trattato redatto, affinché il trattato deve essere rispettato come una vera e propria legge. La revisione e la modifica al trattato devono essere fatte dalle due parti. Se la chiesa cattolica non è d’accordo, si procede alla revisione costituzionale. Le norme concordatorie si rivestono in questo modo di un valore superiore poichè non c’è una legge ordinaria capace di modificare il concordato. Questo articolo è evidentemente un compromesso tra le diverse anime politiche dell’assemblea costituente. Forse era il caso di non citare affatto la chiesa cattolica, dal momento che il diritto di libertà a tutte le religioni.
Tutte le altre religioni sono egualmente libere ma a differenza della chiesa cattolica regolano i propri rapporti con lo stato mediante intese. In questo la costituzione è stata lungimirante; la multireligiosità è ormai una realtà del nostro paese. Gli artt.10 e 11 si occupano della posizione dell’Italia sul piano internazionale. Al principio della promozione della formazione sociali fa da contrappunto questa volontà dello stato che, come persona giuridica, si pone in relazione agli altri soggetti della comunità internazionale, gli altri stati. Come le associazioni sociali permettono all’individuo di promuoversi, di partecipare, di svilupparsi, così il prendere atto alla vita internazionale permette ad uno stato di crescere, di svilupparsi di decidere a livello mondiale. Basti pensare al cammino della comunità economica europea dell’unione europea; dalla condizione degli interessi economici si sta passando alla condivisione di valori, mediante una carta costituzionale.
L’italia partecipa alle organizzazioni internazionali.
Il costituente pensava all’ONU, nato per garantire la pace e la giustizia tra i popoli. Tutti gli stati rinunciando ad una parte della propria sovranità per la convivenza internazionale pacifica: è la disposizione di uno stato ad accettare leggi, decisioni, prese da sedi diverse da quelle preposte ordinariamente. Nell’Unione Europea si è riconosciuto al consiglio e al parlamento il potere di emanare regolamenti i quali entrano in vigore contemporaneamente ed immediatamente in tutti gli stati membri. Mentre nei trattati dello stato italiano con altri stati, serve una legge di esecuzione, e si obbedisce a quella non al trattato, nell’ambito dell’organizzazione internazionale europea non vi è una legge di esecuzione per ogni nazione, altrimenti ci potrebbero essere diversità di interpretazione e non contemporaneità di applicazione, oppure altre leggi nazionali potrebbero confliggere con la legge emanata a livello europeo. I regolamenti entrano immediatamente in vigore in tutti gli stati membri e sono superiori alle leggi ordinarie nazionali e alla costituzione, eccetto ai principi fondamentali della stessa costituzione e alle libertà. La corte costituzionale giustificò questa decisione con l’art.11 della e precisamente, con le decisioni di parità con gli altri stati e il perseguimento della giustizia e della pace. Se una norma quindi è fatta non dal parlamento, ma da un organismo al quale è stato deputato il potere legislativo, quindi al di sopra dello stato nazionale, siamo dinnanzi a qualcosa di notevole. E’ bene ricordare che i regolamenti non sono fatti dal palamento europeo, ma dal consiglio europeo composto dai ministri che sono i rappresentanti della sola maggioranza politica del proprio paese. Manca quindi una dialettica con le minoranze, con le altre forze politiche che non fanno parte del governo nazionale supponendo un difetto di democrazia. Il parlamento pone, in una maniera complessa, solo un potere di veto. Tutto questo è coperto dall’art.11 della costituzione
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle regole del diritto internazionale generalmente riconosciute. La costituzione è consapevole, convinta che l’isolazionismo produce un regresso nella nazione; l’interazione tra gli stati agevola invece il progresso che, condiviso garantisce l’eguaglianza. La partecipazione è un valore per la costituzione tanto all’interno quanto all’esterno. L’interazione fra gli stati è fondamentale specie su alcuni valori quali ad es. la giustizia e l’ambiente. Sono pertanto necessarie delle norme valide per tutti gli organismi (tribunali internazionali) che le facciano osservare. In questo articolo inoltre, la costituzione riconosce il valore della condizione giuridica dello straniero, il quale è portatore di diritti inviolabili dell’uomo. Lo straniero, per il semplice fatto che è uomo, ha diritti inviolabili ed è accolto se fugge dal suo paese per motivi politici o di discriminazione razziale
Tra i principi fondamentali con l’art.9 il costituente ha inserito il valore della cultura e della ricerca scientifica che garantiscono l’autentico progresso e sviluppo della persona e dell’intero paese. Il popolo per esercitare la sovranità e dar vita alla democrazia, deve far crescere le proprie capacità di partecipazione; in questo modo la democrazia non sarà solo enunciata, ma goduta e godibile. La tutela del patrimonio paesaggistico e storico - artistico, è oggi rivalutata e amplificata. Infatti, l’ambiente è salvaguardato non solo nel suo aspetto estetico, ma nei suoi equilibri, perché sia protetto, conservato. Le bellezze, artistiche o naturali, non solo vanno protette, ma rese anche fruibili, perché costituiscono un valore. Quella italiana è una delle poche costituzioni in cui natura e beni storico - artistici sono messi insieme, ad indicare l’ambiente quale categoria globale, che tutto avvolge come un guscio, con molte sfaccettature. A partire dall’art.13 si parla delle libertà. La libertà dobbiamo intenderle come i poteri dei cittadini che stanno di fronte a quelli dello stato (legislativo, esecutivo, giudiziario). I cittadini esercitano la propria sovranità non solo con l’elezione di rappresentanti che formano gli organi preposti alle decisioni, ma anche con una partecipazione costante, mediante la quale si mantiene un rapporto con le istituzioni, per comunicare la propria volontà e controllare l’operato dello stato - apparato. Lo stato (comunità e lo stato – apparato) deve in questo modo aderire perfettamente; questo è possibile se lo stato - comunità partecipa con l’esercizio delle proprie libertà. Prima i cittadini delegano il potere, poi lo riprendono con l’esercizio della libertà. Le libertà sono di vario genere: libertà costituite da una richiesta a che lo stato non intervenga; libertà che si esercitano dentro lo stato; libertà che diventano effettive mediante l’intervento dello stato. Volendo risalire alla nascita delle libertà, si arriva alla Rivoluzione Francese che riconobbe eguali diritti per tutti, in quanto tutti sono uomini, muniti di ragione, tutti sono uguali. I primi diritti ad essere riconosciuti sono quelli civili: personali, di corrispondenza, di domicilio, di associazione, di espressione di opinione. Si tratta di libertà “negative”, cioè che negano allo stato ogni tipo di ingerenza o intervento. Sono libertà rivendicate, in quel momento, dalla borghesia, la classe più evoluta che, accresciuto il potere economico, chiedeva di partecipare alle decisioni dello stato, di cui erano protagonisti i nobili, il clero. Nel primo 800 si ha la prima stagione della costituzione, espressione della volontà dei popoli di mettere per iscritto i principi di libertà. L’industrializzazione andrà poi a creare e a marcare un’altra parte sociale che vuole essere protagonista: il proletariato, la classe operaia. Questa parte chiede “libertà nello stato” cioè di essere valutata, di vedere tutelati i propri diritti sul lavoro (sindacati). L’ultima fascia sociale è quella che chiede allo stato alcune libertà, alcuni diritti. Questa, da sola, non può prendere parte alle decisioni e chiede perciò allo stato di creare le condizioni perché tutti possano essere in grado di partecipare, questi sono i diritti sociali. La storia delle libertà comincia quindi con l’impedire allo stato di intervenire e finisce col chiedere a esso di intervenire. Questo è l’ultimo stadio, presente nel comma 2 dell’art.3; uno stato interventista, lo stato sociale, uno stato attivo nel creare le condizioni dell’uguaglianza. Oggi lo stato sociale viene spesso messo in crisi dall’economia; lo stato sociale ha infatti costi elevati. Lo stesso dibattito politico, anche oggi, è caratterizzato dallo scontro tra diritti sociale e il mondo economico. C’è da aggiungere che negli ultimi tempi abbiamo maturato “nuove libertà” che non sono esplicitate dalla costituzione, quali ad esempio il diritto all’informazione, all’identità personale, alla riservatezza, ad un ambiente sano e protetto. Con la crescita della personalità dell’uomo, le libertà si esercitano sempre più intensamente e si scontrano non solo con altri tipi di libertà, ma con le libertà altrui, dando vita a tipologie di diritti che tutelano tutte le libertà e le libertà di tutti. La costituzione ha solo un catalogo di libertà, ma che è descritto in un sistema logico dal quale, con uno sforzo di interpretazione, si può ricavare la legittimità, fondata costituzionalmente, di nuovi diritti, di nuove libertà.
Apre il catalogo delle libertà cominciando con quelle civili. In questo articolo la libertà personale non è descritta; si dice solo che è “inviolabile” (retaggio storico dello statuto Albertino) e qualcuno lo collega all’art.2 della costituzione. Si può dedurre che la libertà personale tutela la persona, ma sotto quale profilo? In una forma negativa, si tutela la persona sotto il profilo psico - fisico: non è ammessa alcuna limitazione della libertà fisica della persona. Da un’azione del genere anche la psiche ne risulterebbe condizionata; è una pressione che potrebbe influenzare e alterare il processo decisionale del soggetto. Le misure di limitazione della libertà personale sono quelle enumerate nell’articolo, ma altre sono citate dal codice penale. Viene approntato un sistema di doppia garanzia: una riserva legislativa e una riserva giurisdizionale. Nel 1° caso le restrizioni della libertà personale ammissibili sono decise dal legislatore, ossia dal parlamento che rappresenta tutto il popolo in sostanza si tratta di penalizzare o degualizzare gli atti. Nel caso della riserva giurisdizionale è il giudice, il magistrato, a decidere le restrizioni. I giudici sono il terzo potere, diverso, autonomo, indipendente rispetto agli altri due. La magistratura non dipende dal potere politico, per la massima garanzia della giustizia. Il magistrato cerca di appurare la verità e fare questo a volte ha bisogno di porre restrizioni ad un sospettato, perché la verità non sia occultata con l’inquinamento delle prove o il sospettato non fugga o non commetta altri reati. Le restrizioni vengono applicate in modo adeguato e proporzionale agli scopi, ma sempre sulla base di una legge esistente. Al magistrato, essendo soggetto soltanto alla legge, viene chiesto di conoscere la legge; non viene eletto dal popolo, ma riveste un ruolo solo per le sue qualità tecniche. Ad ulteriori garanzie la figura del magistrato viene sdoppiata: c’è il giudice che deve cercare le prove e il giudice che deve giudicare; il primo chiede le misure restrittive e il secondo le accorda o meno. Il tribunale della libertà eventualmente giudica la proporzionalità e la giustezza della misura restrittiva applicata, a prescindere dal processo. Il processo può avere infine doppio grado di giudizio; l’appello, la cassazione e la corte europea per i diritti. Tutto questo apparato è a garanzia della libertà personale. Inoltre l’art.13 è emblematico circa l’indipendenza dei tre poteri (legislativo, esecutivo, giurisdizionale) che sono al servizio dei diritti del cittadino. L’autorità di pubblica sicurezza può “intervenire” in casi eccezionali di necessità ed urgenza sebbene in modo provvisorio, perché entro 48 ore il giudice conferma o revoca la misura d restrizione. Il 4° comma dell’art.13 va collegato agli artt.24 e 27, in cui sono affermati il principio della non colpevolezza fino alla sentenza definitiva, il divieto della pena di morte, il divieto della umiliazione, il diritto della difesa (gratuito patrocinio). Durante la misura restrittiva la persona è tutelata da eventuali violenze fisiche e morali. La durata della carcerazione preventiva è demandata alle decisioni che deve assumere il parlamento; la convenzione europea per i diritti dell’uomo afferma la durata ragionevole del processo. La stessa pena di morte viene esclusa perché contraddittoria con la volontà di tutela della vita e della persona da parte della costituzione mentre la società tende a riconquistare il soggetto e reinserirlo nella società di cui fa parte.
Gli artt.14 e 15 sono collegabili all’art.13 per l’aggettivo “inviolabile”. Così lega effettivamente questi due articoli sulla libertà di domicilio e di corrispondenza. La disciplina costituzionale a tutela di questa libertà riconosciuta. Vi è una doppia garanzia. Prima garanzia è la riserva di legge, la necessità cioè che la materia sia disciplinata con legge; possiamo definirla garanzia perché la legge e presa in parlamento, che è un organo i cui membri sono eletti dal popolo e lo rappresentano. La seconda garanzia è la riserva giurisdizionale, ovvero la necessità che ci sia un giudice, a decidere proporzionate misure restrittive. Il domicilio e la corrispondenza sono una garanzia della persona e della poliedricità della sua personalità. Come si tutela la libertà della persona, così vengono tutelati quegli spazi in cui si svolgono le attività della persona: la casa, l’impresa, la sede di un’associazione, gli impianti sportivi, la stanza dell’albergo, il negozio, l’officina. Viene così impedita l’intrusione di terzi in questi spazi o la si permette solo nei casi previsti dalla legge, con l’ordine del giudice (doppia garanzia). Si fa riferimento all’art.14 quando si parla di diritto nuovo alla riservatezza. Quindi, quegli spazi “eletti”, scelti per la propria attività vengono tutelati; è bene osservare che non vi è legame qui con il diritto di proprietà, perché la tutela della libertà è in relazione alla persona, non al bene. L’ultimo comma dell’art.14 prevede accertamenti ed ispezioni per motivi di sanità, di incolumità o per fini economici fiscali. Sembra che il sistema ne esca indebolito, ma si tratta di casi limitati (ad es.controlli nelle fabbriche del rispetto delle norme di sicurezza; controlli nelle cucine dei ristoranti per garantire l’igiene).
L’art.15 tutela la libertà alla corrispondenza, ossia la libertà di comunicare. E’ collegabile all’art.21, riguardante la libertà di manifestazione del pensiero, che tutela quindi l’esternazione delle proprie idee e la comunicazione del proprio pensiero. In riferimento al dettato dell’art.15, il soggetto “sceglie” un destinatario a cui rivolge il proprio pensiero e solo quella persona ha il diritto di conoscere ciò che egli è stato comunicato. Questo comporta il rispetto della segretezza della corrispondenza e della comunicazione, quale parte integrale della stessa libertà. Volendo fare una comunicazione pubblica si useranno massmedia adatti a raggiungere il maggior numero di persone. Nella comunicazione privata è garantita la segretezza e anche quando la legge prevede e il giudice autorizza, ad es. un’intercettazione telefonica, saranno utilizzati solo quegli elementi veramente utili alle indagini. I dati personali indisponibili, privati, sono soprattutto quelli sulla salute e sull’economia. Il diritto di informare e il diritto a essere informati si rifanno al diritto di comunicare, di far circolare le idee, di far conoscere i fatti, sulla base dei quali si potranno fare delle scelte consapevoli. Specie il diritto a essere informati è legato alla possibilità di operare, ad es., delle scelte politiche e partecipare così alla vita democratica del paese in maniera iena e consapevole. Nella stessa direzione va visto il diritto di informare, informazione che deve essere vera, corretta e socialmente utile. La libertà di comunicazione garantisce il principio del pluralismo, base della democrazia. La garanzia di esercizio del diritto espresso dall’art.21 è la pubblicità. Inoltre, il sequestro di una pubblicazione (films, libro) non può essere antecedente, ma consente alla pubblicazione della stessa, nei limiti stabiliti dalla legge e con la riserva giurisdizionale.
Art.18
Le libertà in questione sono: associativo; che ha nel sindacato e nei partiti politici le sue forme tipiche e sono disciplinati dagli artt.39 e 40 della costituzione. Riconosce la libertà di associarsi senza limiti (di ordine sportivo socio culturale) ed è contrassegnata da elementi essenziali ovvero dalla “pluralità” di persone legate da un vincolo giuridico che si propongono uno scopo comune e durevole nel tempo con un assetto organizzativo. Dunque la forza del vincolo organizzativo è voluta come fra alcune persone che in virtù di tanto ha la forza di comunicare la propria volontà e di trasmetterla nelle sedi opportune per far conoscere la volontà dell’associazione medesima. Nella nostra società, le associazioni hanno un peso ben preciso nelle sedi preposte alle decisioni di carattere generale, ma la loro volontà non ha parere vincolante per le dicisioni da assumere. Possiamo definire che la volontà politica a volte corrisponde con la volontà del cittadino in senso oggettivo essendo l’associazione intermediaria fra l’uomo cittadino e lo stato.
Le associazioni possono essere di carattere illecite, quali la mafia, camorra, ndrangheta o vietate, quali le associazioni segrete es. P2. Illegali e vietate perché possono alterare i valori democratici di uno stato intervenendo sui suoi meccanismi per trarne profitto.
Lo stato prevede una serie di organi con i quali svolge la sua attività. E’ un centro d’imputazione di diritti e doveri ma fisicamente è virtuale; di qui la necessità di creare una struttura, dando vita ad una serie di organi tramite i quali espletare la propria funzione.
Esso svolge un’attività che si conclude con un atto. Questi atti hanno un valore giuridico e vengono attribuiti ad esempio allo stato e non al parlamento come legge riferita allo stato.
Il progetto dello stato apparato è la conseguenza della forma di stato. L’assetto organizzativo deve rispecchiare la costituzione. Il pluralismo comporta anche una divisione dei poteri all’interno di esso.Questo potere si configura attraverso l’espleticizzazione della pluralità delle funzioni – legislativa – esecutiva – giurisdizionale (applicare la legge a dei casi concreti) (Montesqieu -divisione dei poteri), dunque uno stato di diritto.
La legge esprime un principio di carattere generale; il compito nel dettaglio per l’applicazione spetta all’istituzione; ci vorrà un altro passaggio normativo che dirà con quali mezzi e in che modo troverà applicazione la legge. Il potere esecutivo è il potere di dare attuazione ed è controllabile con la verifica del controllo. Il potere giurisdizionale è un potere autonomo dalla politica ed è un potere che è solo soggetto alla legge, applica al caso concreto le norme riguardanti la tipologia del reato e che punisce solo coloro che la violino. Il potere dello stato ha una visione univoca che si distingue attraverso le funzioni ovvero alla separazione del potere. E’ un momento essenziale della democrazia, perché la separazione dei poteri “spezza” lo stesso potere, con l’attribuzione ad organi diversi e separati affinché ogni organo esplichi la propria funzione, garantendo appunto il pluralismo. Vi è comunque un’aderenza perfetta nel senso che se la legge non è rispondente alla volontà del popolo potrebbero insorgere delle controversie che sfocierebbero in una crisi. La funzione spiega la formazione dell’organo e la formazione dell’organo spiega l’attribuzione delle funzioni. Il Parlamento nel sistema italiano è stato posto in una posizione di preminenza; quindi lo stato democratico pone al centro dell’attività il parlamento. Il primato è stato condizionato, però, da un bilanciamento cioè, dal contropotere ad ogni potere ovvero un controllo ad ogni potere.
Sono attribuiti al parlamento i seguenti poteri:
Potere di revisione costituzionale (art.138); esercizio della funzione legislativa (art.170); potere di Guerra (art.78); Potere di elezione del Presidente della Repubblica (art.83); Potere di concedere o negare la fiducia al governo nominato dal Capo dello Stato (art.94); Potere di bilancio (art.81); Potere di ispezione su qualsiasi materia di pubblico interesse (art.82); Potere di coordinamento delle autonomie sociali (art.41) e di quelle territoriali (artt.117 – 127);
Si riunisce in seduta comune quando: Nomina il Capo dello stato; Messa in stato di accusa del Capo dello stato; Per eleggere 5 giudici della corte costituzionale; Per eleggere un terzo del C.S.M..
Ha una sua organizzazione interna.
Il parlamento controlla l’eleggibilità dei suoi componenti, verifica la sua carica nominando una commissione. Il parlamentare una volta eletto, sceglie il gruppo parlamentare, appunto, di appartenenza. Questa fattispecie sta a significare che non esiste un obbligo ben preciso per l’eletto di appartenenza a questo o a quel partito (divieto di mandato imperativo), bensì egli può sganciarsi da quel territorio che lo ha eletto in rappresentata di tutti. Si procede poi all’organizzazione interna del parlamento che è il supporto all’esercizio della sua funzione legislativa. Si costituiscono le commissioni permanenti secondo un criterio di proporzionalità e secondo le materie, favorendo così lo snellimento del lavoro del parlamento.
Le funzioni delle commissioni parlamentari sono 3:
- referente – che è quella per cui la commissione rappresenta la funzione della commissione stessa. Questa commissione ha il potere di prendere visione della proposta di legge nella sua fase iniziale, verificare con raccolta di notizie se la proposta di legge è soddisfacente ai bisogni stendendo infine una relazione trasmettendo il tutto all’assemblea parlamentare, che in un secondo momento darà il suo parere.
- Redigente – questo istituto viene usato per velocizzare la proposta di legge che il parlamento approva o rigetta nella sua interezza;
Deliberante – questo è un potere fortissimo che il parlamento delega direttamente alla commissione. Sta nel fatto che l’iter legislativo venga concluso nel minor tempo possibile. Questo tipo di procedura, però, riguarda solo leggi di spessore molto esiguo che può causare lo scompenso tra alcune categorie del paese a danno di altre. In nessun caso, comunque questo potere deliberante, può essere usato per leggi di carattere forte del tipo: legge finanziaria, trattati internazionali, legge sul bilancio, amnistia e comunque altre leggi di carattere importante. La legge viene fuori dal suo iter dalla sua promulgazione e dalla sua pubblicazione
E’ una funzione distinta dalla funzione legislativa ed è mirata alla modifica di una norma di carattere costituzionale dettata dall’art.138. Essendo la nostra, di tipo rigida, si può variare attraverso una procedura complessa e con le seguenti modalità:
- doppia deliberazione per ogni ramo del parlamento con intervallo non inferiore a tre mesi (esigenza della riflessione, di carattere popolare, partitico, associativo, attivando un dibattito con il consenso o meno di questi soggetti);
- maggioranza dei 2/3 dell’assemblea nella II delibera allo scopo di ottenere il maggior consenso anche quello della minoranza poiché ricordiamoci che la Costituzione è un patto sociale fra “tutti”;
- 50 + 1 degli aventi diritto, ma in questo caso non viene promulgata bensì pubblicata ovvero rende noto ai cittadini il contenuto della revisione; in tal caso si può chiedere il referendum di tipo approvativi.
E’ strettamente legata da una relazione tra governo e parlamento basata sulla fiducia e sulla attuazione del programma. Quando non viene attuata il parlamento può ricorrere a due tipi di istituto:
- interrogazione parlamentare: è una domanda diretta al ministro da parlamentari su fatti e come il ministro competente intenda procedere per la sua risoluzione; se la vicenda riveste carattere di complessità si procede con votazione finale;
- inchiesta parlamentare; se le informazioni non sono sufficienti si può ricorrere a istituire una inchiesta con la creazione di commissioni parlamentari che all’occorrenza sono dotate di poteri simili al magistrato (potere di conoscenza);
commissione di vigilanza; è un potere manipolativo dei mezzi di comunicazione.
Il Governo è formato da una pluralità di organi costituzionali: 1) Consiglio dei Ministri; 2) Ministri; 3) Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il Governo in attesa della fiducia da parte del Parlamento, non può porre in essere atti di attuazione del suo programma; viene a trovarsi in una situazione simile a quella del governo dimissionario. In questi casi le azioni del governo sono limitate all’ordinaria amministrazione.
Alle dimissioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, devono seguire quelle dell’intero governo.
Quella italiana è una forma di governo parlamentare, basato cioè, sulla fiducia che il parlamento presta al governo in base ad un programma che esso presenta. Il parlamento continua però a controllare le scelte del governo ed a orientare la sua attività, a chiedere conto del suo operato con vari strumenti, a suggerire nuovi indirizzi rispetto al programma approvato. Il programma non è fisso, ma si presta a mutazioni ed integrazioni che possono nel tempo intervenire. Se la proposta di mutazione, parziale o totale del programma parte dal governo, è il parlamento che dà l’assenso e la fiducia per la mutazione. Nella formazione del governo il primo passo spetta al Presidente della Repubblica; egli nomina il Primo Ministro indicando naturalmente la possibilità concreta di ricevere la fiducia dalla maggioranza delle forze politiche ovvero dal parlamento. In un sistema puramente proporzionale era difficile individuare rapidamente una persona capace di aggregare e dare vita ad una maggioranza in parlamento. Il Presidente della Repubblica consultava tutta una serie di figure istituzionali e politiche, spesso più di una volta, e poi nominava il Presidente del Consiglio. Nel sistema attuale, maggioritario, vi sono alleanze, coalizioni di partiti che già in sede pre elettorale indicano un leader e lo propongono come futuro presidente del consiglio. Fatte le elezioni, il Presidente della Repubblica compie il suo giro di consultazioni, ma piuttosto formali dal momento in cui non può prescindere dall’esito del responso delle urne e quindi dal leader che è stato indicato dalla coalizione vincente. Il Presidente non è tenuto a compiere questi atti da norme scritte o costituzionali, ma dalle indicazioni che gli vengono dal “basso” dalla classe politica. Il Governo nasce nel giorno del giuramento, ma entra nel pieno dei suoi poteri e funzioni quando riceve la fiducia dal parlamento. Il parlamentare deve motivare il proprio assenso o dissenso con l’atto della fiducia o sfiducia al programma che il governo presenta. La generica funzione esecutiva che la Costituzione affida al governo si esplica nella funzione di alto governo, in termini legislativi in sintonia con il parlamento e nella funzione amministrativa.
Ad ogni ministro, che guida un ministero, è affidata una materia. Un organismo importante è la conferenza Stato – Regioni alla quale è dato il compito di armonizzare quelle politiche in cui interagiscono il governo centrale e i governi regionali (legge 400/88). La conferenza stato – regioni si accorda con il comitato dei Ministri nell’ambito dell’unione europea permettendo così alle regioni di entrare anche nel processo decisionale in ambito comunitario.
I regolamenti organizzativi servono appunto ad organizzare l’attività interna del governo.
Quelli di esecuzione forniscono le norme per dare esecuzione alle leggi approvate dal parlamento ma danno solo delle indicazioni.
Quelli di attuazione hanno uno spazio decisionale maggiore, perché riguardano l’attuazione di una legge piuttosto generale; in questo caso il governo può scegliere tra una serie di strategie possibili.
Quelli indipendenti, sono quelli che disciplinano una materia sulla quale non vi è legislazione appropriata; questo tipo di regolamento è quindi una forma di normativa suppletiva. Per il principio secondo cui la potestà legislativa è affidata al parlamento e non al governo, questo tipo di regolamenti è abbastanza discutibile.
Quelli delegati o autorizzati hanno una configurazione più articolata.
Una legge, ordinaria, autorizza il governo ha disciplinare una certa materia con questo tipo di regolamenti, i quali possono modificare una legge con la quale entrano in conflitto. Questo va a complicare le fonti legislative che nel loro dispiegarsi seguono una ben precisa gerarchia. Questi regolamenti sono giustificati con il ricordare che nascono comunque come una legge. La costituzione riconosce al governo il potere di emanare i decreti legislativi. Il Parlamento delega il governo ad a legiferare; nella legge delega il parlamento indica l’oggetto, la materia da disciplinare, il tempo da impiegarsi, i principi a cui attenersi. A monte vi è quindi una legge ordinaria, che ha un potere limitativo; a valle il decreto legislativo viene sottoposto al controllo della Corte Costituzionale (cosa che non avviene per i regolamenti autorizzati).
E’ riconosciuto al governo il potere di emanare decreti legge; la costituzione riconosce al governo il potere di emanare leggi in situazioni di necessità e di urgenza. Si tratta di casi in cui non è possibile seguire il normale iter, vuoi per la gravità degli eventi, vuoi per la mancanza di tempo. Questo atto, viene sottoposto al parlamento per la conversione in legge e decade se non viene convertito in legge entro 6 mesi. Il Governo e il Ministro competente controfirmano gli atti del Pres.della Rep.. Il governo è un organo plurale e collegiale. Il primo ministro dirige e coordina la politica generale, cioè quella della maggioranza.
Il decreto legislativo è una delega del parlamento al governo per l’esercizio della funzione legislativa prefissando al governo i principi e i criteri direttivi ai quali esso dovrà adattarsi. Le Camere quindi intervengono sempre nell’attività normativa primaria del governo. La funzione del rimpasto Ministeriale si ha quando uno o più ministri vengono sostituiti (per morte, dimissioni, sfiducia individuale) senza però che questo atto influisca sull’intero governo, ovvero senza produrre una crisi per l’intero esecutivo.
I poteri di un presidente della repubblica sono a diversi a seconda della forma di governo. Negli USA il governo è quello del presidente, non così in Italia. Intenzione del costituente era quella di costruire un apparato in cui ogni potere ha una zavorra, un contropotere, che operi un controllo o una codecisione nel sistema di governo in cui il presidente è eletto dal popolo (governo presidenziale) il parlamento è alquanto emarginato. In Italia il presidente è eletto dal parlamento, che è espressione a sua volta dal corpo elettorale; non solo, ma il quorum richiesto è altissimo; è necessario l’appoggio delle forze di opposizione, perché il presidente sia il rappresentante dell’unità nazionale. Per avallare questa intenzione si è voluta una durata del mandato settennale poichè il mandato medesimo non coincidesse con la legislatura che è di durata quinquennale e non sia perciò espressione della maggioranza politica di turno. Questo meccanismo determina una neutralità del presidente cioè la capacità di essere sciolto dal legame con chi lo ha eletto e di tutelare gli interessi dell’intera nazione di cui è rappresentante. Il presidente è il tutore del sistema costituzionale e esprime la tutela della costituzione, che è patto del popolo italiano. Funzione essenziale del presidente è essere garante della costituzione, da qui la sua neutralità. Questo non significa che il presidente non è un uomo politico, però diventa l’uomo che tutela la costituzione la quale esprime una politica di sintesi e di altissimo livello con il presidente che deve far propria questa politica costituzionale. Il Presidente ha il potere di promulgare le leggi, emana i regolamenti e i decreti; prima della pubblicazione di ogni atto, interviene per garantire la conformità ai principi costituzionali degli atti medesimi. Ratifica i trattati internazionali accreditando i diplomatici negli altri paesi e in Italia. La politica estera non è una politica a sé; essa comprende tantissime materie in termini di impegni contratti o da contrarre con gli altri paesi (lavoro, trasporti, turismo). Quindi la politica estera tocca decisioni importanti che non si esauriscono in un breve periodo di tempo, ma che durano a lungo e che vincolano per questo, le generazioni e le maggioranze politiche future. Il corpo elettorale non sente molto questa dimensione; è più interessato alla politica interna. La costituzione, consapevole dell’importanza della politica estera, ha coinvolto il presidente che ha il compito di ratificare i trattati internazionali, e prima ancora, di controllare che siano conformi alla costituzione e che soddisfino le esigenze del popolo.
Il Presidente della repubblica presiede il C.S.M. assicurando il collegamento della magistratura – che è un organo con funzioni di terzeità, sciolto dalla politica è controllato da un consiglio interno, il C.S.M. – con lo stato. Il presidente presiede il consiglio di difesa; in questo organo vengono effettuate scelte e si attuano strategie di difesa che per essere efficaci devono essere coperte da segreto. Il presidente viene messo a corrente di questi segreti, perché possa garantire che ciò che è coperto da segreto non va contro gli interessi della nazione.Il Presidente inoltre può concedere la grazia, l’amnistia, l’indulto. La figura del presidente è costruita sulla “irresponsabilità”, essendo “neutrale” non è sottoponibile a giudizio politico, quindi non viene premiato o punito in termini elettorali. Il governo, invece, è responsabile, e viene sottoposto al giudizio del corpo elettorale. La Corte Costituzionale, quando giudica un reato del presidente, non è formato solo dai 15 tecnici del diritto, ma a questi vengono aggiunti altri 16 membri, esterni, nominati dal parlamento all’inizio della legislatura tra quelli eleggibili a senatori. Questo perché il giudizio non abbia un senso giuridico, ma politico. Il Presidente ha a disposizione alcuni mezzi con cui poter comunicare al corpo elettorale che il parlamento, il governo, sta facendo qualcosa che va contro la costituzione. Vi è il potere di messaggio:
il presidente rivolge il messaggio motivato e controfirmato, al parlamento che riguarda problemi che egli ritiene importanti per l’intero paese. Il potere di esternazione invece, lo esercita quando tiene discorsi o risponde ai giornalisti, sempre per richiamare l’attenzione su alcuni rischi che può correre il sistema costituzionale.
E’ un organismo di garanzia.
Nella fase costituente si discusse sull’opportunità o meno dell’istituzione di questo organo. Coloro che erano favorevole pensavano che la CC permetteva ad un sistema in crisi di ritrovare un’opportunità di risistemazione. Vi era altresì il timore che una maggioranza parlamentare potesse emanare legge violando la costituzione. La CC doveva dunque servire a creare un meccanismo in cui un contropotere potesse bilanciare, arginare, “controllare”, il potere del parlamento. Un’altra parte dell’assemblea costituente non accettava questo meccanismo, perché riteneva che il parlamento era l’organo supremo che direttamente esprimeva la sovranità del popolo; la CC sembrava essere una sorta di controllore del potere legislativo del parlamento, quindi al di sopra del vertice dei poteri.
La scelta della CC passò, ma si stabilì che il controllo non fosse sistematico, ma limitato a certe ipotesi. I giudici che compongono la CC sono 15: 5 nominati dal presidente della repubblica, 5 eletti dal parlamento e 5 nominati dalla magistratura. Nell’emanazione di una legge ordinaria la CC non interviene; è il presidente della repubblica che eventualmente interviene. Il controllo della CC non è sistematico, né diffuso. Si parla del “giudizio di legittimità in via incidentale”.Ad esempio, i cittadini che si trovano in un processo, davanti ad un tribunale con funzione giudicante, o lo stesso giudice, possono eccepire una questione di costituzionalità di una certa norma. Il giudice non può emettere giudizi di costituzionalità o meno, ma solo se vi è dubbio di una norma, la stessa deve essere quella invocata per giungere ad una sentenza; si sospende allora il giudizio e si porta la questione dinanzi alla CC. La possibilità invece di adire direttamente alla CC spetta agli organi dello stato e alle regioni. La regione può farlo per “incompetenza dello stato”: violazione per la norma della distribuzione dei poteri, violazione dell’art.117 sulle competenze. Se si tratta della legittimità costituzionale di una legge anteriore della costituzione, questa è facile rilevarla; il problema nasce quando si tratta di valutare la costituzionalità di una legge emanata da un parlamento che è in carica. Se riguardo ad una questione parlamentare si creano due parti politiche nettamente contrapposte, il rischio e che la CC, nel dover decidere avvalorando una posizione piuttosto che l’altra, faccia politica. Fino ad ora, nei casi di conflitto netto, la CC ha scelto di mediare tra due parti politiche. Nel caso di una maggioranza politica forte, la CC si adegua quasi ad essa, ritenendola espressione della sovranità popolare. Tutto ciò, lungo il tempo, ha permesso al diritto di essere molto dinamico, di non congelarsi, ma di modellarsi sul tipo di società esistente, senza rigidismi. La “neutralità” della CC è stata garantita anche con la durata del mandato che è di 9 anni. Si è detto 1/3 dei membri è nominato dalla magistratura; un altro terzo dal parlamento, ed ha quindi una connotazione politica; un terzo invece è nominato dal presidente della repubblica il quale cerca di bilanciare la presenza politica dando voce a chi è assente per un principio di pluralità e di democrazia.
La “rilevanza” sta nella necessità di dover usare quella norma, di cui si dubita, per poter fare una sentenza. Il giudice sospende il giudizio in corso e rinvia la questione alla CC. La CC può concludere la sua valutazione con una serie di decisioni diverse. Può rigettare la questione dichiarando la norma in armonia con la costituzione; oppure può accoglierla, motivando la sua opzione per la dichiarazione di incostituzionalità. La norma che viene dichiarata incostituzionale perde di efficacia; essa continua ad esistere, ma è incapace di produrre effetti e non può essere applicata dagli operatori. La conseguenza della perdita di efficacia intanto si produce in quanto vi è una norma costituzionale che prevede questo effetto (art.136). La norma non viene abrogata, altrimenti riconosceremmo alla CC un potere legislativo. Altre volte, la CC può interpretare la norma, senza intaccarla in senso restrittivo o in senso estensivo; l’interpretazione la illustra come conforme alla costituzione. Con una sentenza manipolativa, avviene invece un’azione che incide sul contenuto. Ad esempio la CC dichiarò incostituzionale una norma del C.P.P. che non prevedeva la presenza dell’avvocato nella fase dell’interrogatorio; così la CC ha esteso la disciplina dalla fase dibattimentale a quella dell’interrogatorio. In altri casi la CC dichiara incostituzionale una norma che dice una cosa anzichè un’altra, la norma viene sostituita da un’altra, e sia al sentenza che l’intervento della corte è da ritenersi manipolativo. Questo ha suscitato spesso critiche, perché in questo modo supera i suoi poteri. Altre volte, la CC ha emesso sentenze – monito (ad es.per la regolamentazione dei diritti televisivi, per il pluralismo delle TV), cioè sentenze che invitano il parlamento a fare delle riforme con certi criteri. Questa funzione “creativa” ha suscitato perplessità, ma vi è da dire che quando la corte si è espressa, il giudice costituzionale l’ha fatto per aiutare il legislatore ad emanare leggi “presto e bene”, avendo come pista il lavoro di un organo altamente tecnico, quale è la CC.
La CC interviene quando un potere potrebbe essere esercitato da un organo diverso da quello che lo detiene in maniera originaria (determinando una situazione di conflitto di poteri). La CC deve esprimersi sull’atto finale, su quello espresso cioè dall’autorità che non ha su di sé un’autorità superiore.
Il referendum è uno strumento di democrazia diretta. Il punto di partenza è la raccolta di 500.000 firme, con modalità che garantiscano l’effettiva domanda del referendum. Rilevata l’autenticità delle firme, si passa al controllo sostanziale. La corte verifica che la domanda non tocchi una norma che non può essere abrogata. La richiesta di referendum è segno di una non aderenza tra parlamento e popolo. Il ricorso a questo strumento obiettivo, perché molte questioni rivestono carattere tecnico e difficilmente affermabili da parte del cittadino medio. Quando la CC dà il suo placet, il presidente della repubblica può indire il referendum. Un’altra funzione della CC è quella penale che consiste nel giudizio di attentato alla costituzione e di alto tradimento da parte del presidente della repubblica. Questo si può verificare quando il presidente promulga una legge contraria alla costituzione, oppure non fa tornare nel proprio alveo le competenze di un organo dello stato. Si può verificare il caso in cui il governo fa accordi (non trattati) con altri governi, ma si tratta di accordi che non vengono pubblicati, non hanno documentazione e che scavalcato l’iter normale. Il presidente della repubblica non intervenendo, può incorrere nell’attentato alla costituzione, non facendosi garante, appunto della medesima. L’alto tradimento si ha quando il presidente della repubblica fa un accordo con uno stato straniero per porre in atto delle scelte e decisioni che contrastano con gli interessi del popolo italiano (tradendo dunque il suo compito). Per questi due reati non scatta l’obbligo di intervenire, si tratta di valutare l’opportunità della messa in stato di accusa che spetta al parlamento. Quando questi lo ritiene opportuno, si aggiungono ai 15 membri della CC altri 16 nominati dal parlamento all’inizio della legislatura. Si avrà quindi una valutazione di tipo politico. Se il presidente è giudicato colpevole, non è prevista alcuna sanzione. La valutazione della sanzione è lasciata alla CC, sanzione che non potrà superare il massimo previsto dal codice penale.