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KAPADOKYA  ‘96

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KAPADOKYA  ‘96.. 1

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PREMESSA.. 1

ITINERARIO... 1

USI E COSTUMI 2

CURIOSITA’ 4

VARIE.. 4

CIBO.. 5

DIZIONARIETTO ESSENZIALE.. 6

CONSIGLI PER UNA GITA CICLO-ENO-GASTRO-TURISTICA. 6

DESCRIZIONE DEL GIRO.. 7

Sabato 12 ottobre 1996   -   Gianni, il problema del passaporto e, finalmente, la partenza. 7

Domenica 13 ottobre 1996   -   Pullman di lusso e pedalata fino a tardi col brivido. 8

Lunedi 14 ottobre 1996   -   La Valle di Ihlara e i primi problemi alla bici del Vezz. 9

Martedi 15 ottobre 1996   -   Ancora problemi alla bici di Gianni: si blocca il movimento centrale. 10

Mercoledi 16 ottobre 1996   -    La visita alla città’ sotteranea di Derinkuyu. 11

Giovedi 17 ottobre 1996   -   I Cammini di Fata e il rischio di restare senza tetto per la notte. 12

Venerdi 18 ottobre 1996   -   La visita al caravanserraglio. 14

Sabato 19 ottobre 1996   -   Noleggio degli scooter e visita alla fabbrica di tappeti turchi 14

Domenica 20 ottobre 1996   -   Mettiamo a riposo le bici e diventiamo definitivamente turisti 15

Lunedi 21 ottobre 1996   -   A zonzo per i monumenti e le attrattive di Istambul 16

Martedi 22 ottobre 1996   -   La danza del ventre nella cornice offerta dalla Torre Galata. 17

Mercoledi 23 ottobre 1996   -   La spedizione delle cartoline ed il rientro. 18

 

 

 

PREMESSA

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Le violente eruzioni dei vulcani Erciyes (3916 m) e Hasan (3268 m) avvenute tre milioni di anni fa, avevano ricoperto l’altopiano intorno a  Nevsehir con tufo, una polvere composta da lava, cenere e fango. I venti e le piogge, erodendo queste rocce friabili, hanno creato dei paesaggi surrealistici spettacolari  a forma di cono, di pinnacoli, di burroni scoscesi, dipinti con dei toni che variano dal rosso all’oro e dal verde al grigio. E’ cosi’ che nacque una di quelle rare regioni del mondo nella quale l’opera dell’uomo si mescola prudentemente al paesaggio circostante, una zona conosciuta ai tempi dei romani sotto il nome di CAPPADOCIA, in cui sono state scavate abitazioni nella roccia sin dal 4000 a.c.

Gianni ed io siamo andati nei luoghi dei “cammini di fata” nell’ottobre del 1996 per una delle nostre classiche ciclo-eno-gastro-turistiche, divenuta via via sempre meno ciclo e sempre piu' turistica.

 

 

ITINERARIO

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1^ giornata                  -        Sabato 12 ottobre 1996

 

  casa - Milano Linate                                                                      auto Patrizia

   Milano Linate - Istambul - Ankara                                                aereo

   Aeroporto Ankara - stazione ferroviaria Ankara                          pullman

   Stazione ferroviaria - Ulus (Ankara)                                             bici                 2 km

 

2^ giornata                  -        Domenica 13 ottobre 1996

 

   Ankara - Aksaray                                                                           pullman      250 km

   Aksaray - Guzelyurt                                                                      bici               55 km

 

3^ giornata                  -        Lunedi 14 ottobre 1996

 

  Guzelyurt - valle di Ihlara - Selime - Guzelyurt                             bici               47 km

 

4^ giornata                  -        Martedi 15 ottobre 1996

 

   Guzelyurt - Monastery Valley - Guzelyurt - Derinkuyu                bici               60 km

 

5^ giornata                  -        Mercoledi 16 ottobre 1996

 

   Derinkuyu - Nevsheir - Uchisar - Goreme                                   bici               54 km

 

6^ giornata                  -        Giovedi 17 ottobre 1996

 

   Goreme - Passbag - Zelve - Avanos - Goreme - Avanos         bici               45 km

 

7^ giornata                  -        Venerdi 18 ottobre 1996

 

   Avanos - Sanhan - Urgup                                                             bici               38 km

 

8^ giornata                  -        Sabato 19 ottobre 1996

 

   Urgup - Valle di Soganli - Mustafapasa - Urgup                         scooter      110 km

 

9^ giornata                  -        Domenica 20 ottobre 1996

 

  Urgup - Nevsheir - Ankara                                                             pullman

   Ankara Otogar - Ankara aeroporto                                               taxi

   Ankara - Istambul                                                                          aereo

   Istambul aeroporto - Istambul Sultanamhet                                taxi

 

10^ giornata               -        Lunedi 21 ottobre 1996

 

   Istambul   ( Topkapi / Moschea blu’ / Gran Bazar )                     piedi

 

11^ giornata               -        Martedi 22 ottobre 1996

 

   Istambul  ( S.Sofia / Torre Galata )                                              piedi

 

12^ giornata               -        Mercoledi 23 ottobre 1996

 

   Istambul Sultanamhet - Istambul aeroporto                                taxi

   Istambul - Milano Linate                                                               aereo

   Milano Linate - casa                                                                     auto Patrizia

 

 

USI E COSTUMI

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Tappeti :  il tappeto turco deve essere come una donna, deve cioe’ durare una vita. Questa frase mi e’ stata detta da Ceyhan, uno degli innumerevoli venditori di tappeti incontrati durante il nostro viaggio. Solitamente un buon venditore di tappeti e’ innanzitutto poliglotta dal carattere vivace che dopo aver srotolato numerosi dei suoi articoli, si dilunga in una dettagliata descrizione spiegando la loro origine, la loro storia, il loro significato, poi si concede una sosta per sorseggiare ed offrire ai suoi ospiti il te’; piu’ la trattativa si fara’ lunga e piu’ il buon venditore portera’ il discorso su altri temi sapendo intavolare piacevoli conversazioni, offrira’ altri te’, ma puntualmente tornera’ alla carica mostrando altri tipi di tappeti al suo cliente di cui ora inizia a conoscere meglio i suoi gusti, le sue idee ... I Turchi asseriscono, a torto o a ragione, di essere stati gli inventori del tappeto annodato; cio’ che e’ comunque certo e’ che sono i continuatori di una tradizione tessile tanto lunga quanto gloriosa. Il classico tappeto turco sia esso GIGIM (coi disegni in rilievo), o SUMAK, o altro e’ rigorosamente annodato col nodo doppio, diversamente il KILIM non ha nodi essendo un tappeto tessuto. E’ importante ricordare che il tappeto persiano a differenza di quello turco ha il nodo singolo. La ricca gamma di colori si puo’ ottenere utilizzando coloranti vegetali ricavati da piante locali, che danno colori naturali, leggermente variegati di grande luminosita’; essi sono piu’ tenui e piu’ caldi degli artificiali e resistono di piu’ nel tempo. Nel significato dei colori, il rosso rappresenta l’amore, il bianco la purezza, il verde la fertilita’, ... Il disegno, i colori, la varieta’ di filato ed il tipo di lavorazione sono tutti fattori che possono servire a determinare la provenienza di un tappeto, la quale tipicamente da’ anche il nome al relativo tipo di tappeto. A seconda del tipo di tessuto usato, in un metro quadro di tappeto possono essere stati fatti 90.000 nodi se e’ lana e 4 milioni se e’ seta (come ho detto prima, per un tappeto turco si intende sempre doppio nodo). Un tappeto annodato in lana puo’ essere realizzato anche in 40 giorni di lavoro, considerando sei ore medie di lavoro al giorno. Diversa musica quando si parla di tappeto in seta, infatti in questo caso vi possono essere 10x10, 12x12 fino ad addirittura 16x16 nodi al cm2, piu’ aumentano i nodi piu’ la definizione dei disegni ed il valore del tappeto sale. La lavorazione di un tappeto in seta 16x16 e’ molto impegnativa e puo’ tranquillamente durare parecchi anni, infatti e’ necessario l’uso di una lente, data la ridottissima dimensione dei nodi, e una donna potra’ essere impiegata da 40-45 minuti (16x16 nodi) fino ad un massimo di due ore e mezza (10x10 nodi) al giorno, non di piu’ perche’ il limite e’ dato dall’affaticamento degli occhi (durante le soste le donne bagnano gli occhi col te’ per decongestionarli). Siamo stati ospitati da Ceyhan in un caravanserraglio sede di produzione e vendita di una cooperativa di tappeti di Mustafapasa ed abbiamo potuto ammirare le varie fasi della lavorazione del tappeto restando semplicemente affascinati dalle spiegazioni e da cio’ che abbiamo visto: in un ampio salone sufficientemente illuminato, i telai sono disposti lungo il perimetro addossati alle pareti, le donne sono sedute in terra di fronte al loro telaio sul quale e’ appoggiato il disegno di cio’ che sara’ il tappeto; lo scheletro del tappeto e’ costituito da fili molto fitti che corrono verticalmente e sono assicurati ai due bracci superiore ed inferiore del telaio. La donna ha accanto a se’ innumerevoli spezzoni di filo di lana o seta (a seconda del tappeto) di vari colori, ognuno lungo un metro circa; preso uno spezzone, con un gesto rapido lega il primo filo del telaio al secondo e da’ uno strappo misurato allo spezzone, poi lega lo stesso filo (il secondo) al filo successivo e da’ nuovamente lo strappo, realizzando per ogni filo del tappeto il famoso doppio nodo vanto dei turchi; questo semplicissima operazione viene ripetuta per ciascun filo del telaio fino a concludere la prima fila, ogni fila appena creata viene tirata giu’ fino ad uno scontro disposto in basso mediante un grosso pettine e grazie ad un’apposita cesoia tutti gli spezzoni in eccesso dei nodi vengono asportati; nodo dopo nodo, fila dopo fila il tappeto cresce, il disegno prende forma semplicemente alternando di volta in volta lo spezzone del giusto colore. Come gia’ accennato, oltre a produrli la cooperativa rivende anche tappeti che vengono acquistati da chi, come Ceyhan, va in giro tra le tende dei nomadi a riconoscere quelli piu’ meritevoli:  prima di essere immessi sul mercato vengono lavati per verificare la qualita’ del tessuto e per farli rinascere. Per chi possiede gia’ un tappeto, esso va’ lavato semplicemente con acqua e sapone strofinandolo sul retro per mezzo di una spazzola, niente altro. Un tappeto fatto a mano puo’ contenere degli errori che lo possono rendere anche piu’ interessante. Tra i vari simboli che compongono il disegno si possono riconoscere le tende dei nomadi, il ragno, l’uccello del paradiso, le file coi cosiddetti “running dogs” e “running water”. In ogni classico tappeto turco, prima di arrivare al disegno centrale, bisogna attraversare sette differenti cornici che via via, seguendo il perimetro esterno, si sviluppano una dopo l’altra dall’esterno verso l’interno e rappresentano simbolicamente le sette porte da attraversare prima di arrivare al paradiso: andare almeno una volta nella vita alla Mecca, aiutare i poveri, non bere, non cambiare donna, ... Per chi volesse acquistare un tappeto turco direttamente dall’Italia puo’ farlo chiamando lo 00384.341.4238, rispondera’ proprio il nostro cicerone, Ceyhan Isler, il cui indirizzo e’ Fatih mah / Ugur mumiu sok / 50400 Urgup-Nevsehir / Turchia.

Bagno turco :  assolutamente da provare, soprattutto dopo una giornata di sudore, e’ il classico salutare e rilassante bagno turco (hammam). Abbiamo provato questa esperienza ad Urgup su consiglio ed indicazione di un locale; TARIHI SCHIR HAMAMI e’ il nome del bagno da noi testato con un minimo di curiosita’ e timidezza. Ci si spoglia in una cabina con chiave ove si lascia tutto e si esce indossando solo un asciugamano in cotone attorno alla vita ed un laccetto al collo con la chiave dello spogliatoio. Ridotti cosi’ ai minimi termini, si accede ad una prima stanza con i gabinetti ed il piano del massaggio, poi si giunge al vero e proprio bagno turco: tutto e’ rivestito in marmo, al centro e’ disposto un piano rialzato in marmo a pianta esagonale con leggera pendenza dal pavimento fino alla parete della sauna, posta rispetto ad un lato dell’esagono, su cui ci si sta seduti o completamente distesi a lessare. Questo salone centrale aveva quattro aperture ai suoi vertici, ognuna delle quali con dei lavelli accanto ai quali c’era la possibilita’ di sedersi per buttarsi scodelle di acqua fresca addosso; solo una delle quattro salette aveva una rudimentale doccia in alternativa alle scodelle. Stavamo cinque-dieci minuti distesi sul piano inclinato, poi quando eravamo coperti dal sudore coi pori belli aperti, passavamo a rinfrescarci con la doccia, per poi tornare nella sala centrale oppure nella sauna. Non esiste un limite di tempo, noi in totale siamo rimasti piu’ di un’ora, considerando anche il successivo trattamento per persona incluso nel prezzo: in totale per il lavaggio e massaggio abbiamo speso 800.000 TL (appena 7000 lire a testa). Uno alla volta (prima Gianni poi io) siamo andati nella saletta dedicata ove prima siamo stati accuratamente lavati (secchi di acqua moderatamente calda, strofinatura col guanto, lavaggio col sapone e di nuovo acqua calda), poi siamo stati massaggiati dalla testa ai piedi (estremita’ incluse ad eccezione delle sole parti coperte dall’asciugamano) da un baffuto energumeno straordinariamente rilassante e tonificante.

Bambini :  eccetto in qualche posto isolato e quindi poco turistico, ove le bici hanno riscosso notevole interesse e curiosita’, non siamo stati particolarmente oggetto di interesse per i ragazzini molti dei quali ci salutavano al grido di “hello”, alcuni ci hanno avvicinato chiedendoci “money” o “bonbon”, qualche rara volta siamo stati oggetto del lancio di sassi (abitudine in voga nei paesi arabi). I bambini delle scuole elementari hanno il grembiulino color turchese (maschi e femmine) con un colletto bianco che poteva essere ricamato nelle bimbe; i ragazzi piu’ grandicelli uscivano da scuola con una divisa composta da pantaloni grigi, camicia bianca, giacca turchese e cravatta scura, le ragazzine non indossavano divisa, o meglio, non abbiamo mai notato ragazzine nelle scolaresche piu’ grandi, infatti un pensiero e’ stato che l’obbligatorieta’ della scuola sia diversa a seconda del sesso.

Donne :  essere donne in Turchia, soprattutto in alcune zone, puo’ non essere comodo affatto; i duri lavori nei campi vengono svolti solo da donne, i pochi uomini presenti non li ho mai visti faticare, nemmeno durante le operazioni di carico e scarico dei camion (erano solo autisti); sono rimasto incredulo il giorno che ho visto una tunica nera con una rete all’altezza del viso che teneva la mano ad un giovane integralista nel centro affollato e cosmopolita di Istambul (sotto la tunica doveva esserci una giovane donna); lecito e’ poi il dubbio riguardante l’eta’ di abbandono delle scuole da parte delle bambine (v. la voce precedente).

Religione :  sicuramente molto sentito e partecipato l’aspetto religioso in questo popolo, infatti non e’ raro trovare uomini o donne per le strade col rosario in mano, esistono stazioni di servizio distribuite lungo strade di grande comunicazione dotate anche di una piccola frequentata cappella, alcune volte poi ci e’ capitato di vedere persone inginocchiate a pregare nei campi col viso rivolto verso la Mecca; spesso siamo stati svegliati nella notte dalle grida (o dalle nenie, o dai gemiti, ...) del muezzin che intonava la preghiera.

Contrattazione :  la negoziazione del prezzo e’ necessaria un po’ ovunque, se poi si va in paesi come questo e’ fondamentale; diventa addirittura doverosa nell’acquisto di alcuni prodotti caratteristici come un tappeto. La contrattazione e’ un vero e proprio rito con le sue regole che esigono sempre il rispetto di chi sta di fronte nonche’ dell’oggetto della discussione; qualunque sia alla fine il prezzo pattuito, il venditore ci ha sempre guadagnato qualcosa e sara’ stato lui a decidere se e quanto concedere all’eventuale acquirente. In molti casi il prezzo pattuito non e’ associato all’oggetto in vendita, bensi’ alla persona che sta trattando l’acquisto; chi sta comprando non sta deprezzando il valore intrinseco dell’oggetto, che vale ben di piu’ della cifra offerta, sta dando la giusta importanza all’operazione di acquisto che non deve essere fatta con leggerezza e vuole il suo tempo, sta dando il suo valore aggiunto all’oggetto che inizia ad entrare nel suo mondo, sta stimolando il buon venditore a guadagnarsi il denaro trovando le giuste motivazioni, le corrette interpretazioni a sostegno delle sue argomentazioni. All’inizio c’e’ un prezzo in US$, in TL asettico, impersonale, durante la contrattazione prende forma un costo da associare a quella merce per quella persona, alla fine, talvolta, si arriva a definire il valore dell’oggetto.

Danza del ventre :  nata per stimolare il desiderio nell’uomo, questa danza esalta la femminilita’ ed e’ parte integrante del costume arabo; un po’ per gioco ed un po’ per tradizione, molte ragazzine si cimentano con successo e con molta grazia ad interpretare questa danza in modo estemporaneo. Spettacoli basati su questo ed altri numeri di intrattenimento, fanno parte di tutti i pacchetti proposti da ogni tour operator; Gianni ed io non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di concederci una serata che oserei definire “cucco”.

 

 

CURIOSITA’

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Città’ sotterranee :  nella regione ne sono state localizzate piu’ di una trentina, ed il numero e’ destinato ad aumentare; chi furono i primi uomini che scavarono queste città’ ? In quale epoca iniziarono a scavare ? Perche’  furono costruite ? ...  a queste e ad altre domande non si riesce ancora a dare una risposta certa, di certo si sa che tante furono le civilta’ che hanno dominato questi luoghi e tante sono state anche le persecuzioni a danno delle minoranze che si sono via via susseguite. L’unica città’ sotterranea da noi visitata e’ stata quella di DERINKUYU, definita la nona meraviglia del mondo, dedalo di cunicoli angusti e contorti che si sviluppano su dodici livelli (qualcuno sostiene diciotto), dei quali solo i primi otto sono aperti al pubblico.

Il Profeta :  nei vari musei visitati siamo riusciti a vedere il pelo della barba del profeta, un suo dente, una lettera scritta di suo pugno, l’impronta del piede sinistro, ... abbiamo poi deciso di non vedere altre sue parti anatomiche ...

Piccionaie nel tufo :  una costante delle realizzazioni in tufo sparse ovunque in alcune zone da noi battute, siano esse chiese o abitazioni erano innumerevoli buchi a mo’ di gruviera, che le rendevano meno gradevoli alla vista; per i piu’ curiosi come me che non riuscivano a darsi una spiegazione del perche’, ecco svelato l’arcano: l’uomo neolitico locale aveva scoperto che lo sterco dei piccioni era un ottimo concime per i suoi campi ed allora aveva ricavato nel tufo (soprattutto nella parte alta della roccia) numerosi buchi per accogliere i piccioni, ad intervalli regolari si faceva calare dall’alto con una fune per razziare il guano dei volatili dai nidi che aveva preparato.

Depositi per patate :  ecco un’altra curiosita’ scoperta casualmente. Questa zona dell’altopiano e’ estesamente coltivata a patate (non facile pero’ trovarle a tavola poiche’ vengono esportate all’estero) e spesso e volentieri, grazie alla temperatura costante, le cave realizzate nel tufo vengono utilizzate come deposito di patate con tanto di sfiati e condotti per l’aerazione.

Bigliettini da visita :  diversi bigliettini che ci sono stati dati su nostra richiesta, venivano precedentemente annullati dal titolare con un tratto di penna sul retro; ci e’ stato spiegato che qualora comparisse una cifra e non ci fosse l’annullo, il titolare puo’ venir chiamato a corrispondere il valore indicato a tergo.

Moschee :  alcuni tratti comuni trovati nelle diverse moschee visitate sono gli innumerevoli tappeti presenti all’interno, alcuni antichi e di valore frutto generalmente di donazioni, nonche’ l’intenso odore di piedi che le caratterizza, malgrado le abluzioni obbligatorie da fare all’esterno prima dell’ingresso laddove si lasciano le calzature.

Bagni pubblici :  se e’ vero, come lo e’, che i turchi e’ il popolo che fuma di piu’ al mondo, e’ giusto anche dire che tengono in grande considerazione l’igiene, infatti non e’ difficile trovare nei piccoli paesini gli utilissimi bagni pubblici; la maggior parte dei WC incontrati sono estremamente puliti e con una particolarita’ relativa alla tazza: l’esistenza di una cannula, un ugello per la la fuoriuscita di acqua per fare il bide’; in alternativa a questo tipo di tazza che potrei definire bifunzionale, c'e' la classica tradizionale con sempre affianco un rubinetto con un piccolo recipiente per facilitare l’eventuale operazione di sciacquatura delle parti intime.

 

 

VARIE

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Guida CLUP :  acquistata da Gianni prima della partenza, ci e’ stata di grande aiuto; molto precisa ed attuale, ci ha anche consentito di apprezzare meglio alcune caratteristiche e peculiarita’ dei posti visitati, nonche’ degli usi e costumi.

Cambi :  la valuta locale e’ essenziale, ma non e’ conveniente effettuare un grosso cambio appena giunti in aeroporto; nelle grosse città’ esistono parecchi banchi di cambio che spesso sono piu’ convenienti delle banche; esiste anche il cambio in nero, ancora piu’ conveniente, ma abbiamo preferito non utilizzarlo se non eccezionalmente. Ecco i cambi delle divise utilizzate per un confronto coi prezzi : 1 US$ = 90.000 TL (lire turche), 1 lira italiana = 60 TL (lire turche).

Militari :  e’ una presenza costante, ma discreta quella dei soldati ad ogni view point oppure in ogni luogo di attrazione (Museo all’aperto di Goreme, Torre di Uchisar, roccia del cammello, formazioni a fungo di Urgup, ...)

Clima :  temperatura fresca di giorno, giornate prevalentemente soleggiate con sole sufficientemente caldo; al tramonto e’ necessario stare coperti per il repentino cambio di temperatura; tasso di umidita’ molto basso, la notte soprattutto e’ davvero secco al punto che il naso ne risente.

Souvenir :  il KAPALI CARSI di Istambul, meglio conosciuto come GRAN BAZAR (v. descrizione del giro), e’ il luogo migliore dove trovare una gamma unica di prodotti e prezzi. Oltre ai classici tappeti e kilim, si trovano raffinate pipe in sepiolite (la schiuma del mare), splendide ceramiche lavorate e dipinte a mano, prodotti in cuoio, oggetti di rame e ottone e poi gioielli per tutti i gusti e le tasche,  luccicanti e variopinte bambole di pezza (famose quelle di Zelve) e oggetti antichi (armi ottomane, tabacchiere) e... 

Otogar :  e’ una parola che abbiamo imparato a conoscere sul posto avendone fatto uso, e’ la stazione dei pullman.

Sterrati :  l’orografia del terreno a tratti molto contorta e la densita’ di popolazione per niente affatto densa, oltre al generale stato di parziale arretratezza, fanno si’ che gli sterrati, che si dipartono dalle strade di lunga percorrenza e portano nelle realta’ piu’ nascoste e affascinanti del territorio, sono innumerevoli; non ne abbiamo percorsi tanti quanto avremmo voluto causa la non perfetta performance del mezzo meccanico di Gianni (v. il resoconto), ma quelli intrapresi si sono rivelati pedalabili; peccato non sia facile trovare cartine dettagliate e sufficientemente  affidabili.

Deposito bagagli :  all’aeroporto di Istambul, come a quello di Ankara, non esiste un servizio di deposito bagagli interno, se si eccettua un “left baggage” dell’autopark molto caro (il deposito delle bici e’ costato quasi quanto la camera).

Problemi meccanici del Vezz :  cinque o piu’ forature, un cavetto del freno spaccato, il movimento centrale andato, il vespino senza benzina ... scorrendo il rendiconto si puo’ vedere che non c’e’ giorno che il Vez non abbia creato un problema al suo compagno di viaggio. Ha perfino terminato il rullino della macchina fotografica in un momento realmente cruciale ! Che stia invecchiando ? ... insinuano i maligni. In realta’, io che sono il suo agiografo, penso l’abbia fatto apposta per dimostrare a tutti che e’ anche un umano quando vuole.

 

 

CIBO

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Non e’ facile raccapezzarsi in un menu’ scritto in turco. Le prime volte che si va a cena potrebbe essere utile andare nelle LOCANTASI che hanno in esposizione i piatti proposti nelle incomprensibili liste distribuite ai tavoli e poi segnarsi le specialita’ locali che ad occhio ci gustano maggiormente. Altrettanto valide, ma piu' rare, le locande che offrono il menu' con la foto del piatto proposto.

Di seguito un piccolo estratto dei cibi e delle bevande da noi piu’ gettonati.

Gay (pron. ciai): e’ il nostro te’, bevanda classica turca,  che si beve ovunque ed in qualunque occasione (v. tappeti); caratteristici, affollati e colmi di fumo i saloni del te’ (molto popolari e popolati).

Ayran :  fresca bevanda costituita da yogurt (squisito in tutta la Turchia) ed acqua.

Turasan :  vino bianco e rosso assai popolare della Cappadocia.

Racky :  liquore d’anice usato dai locali anche per pasteggiare.

Gozleme :  sorta di piadina con formaggio, patate, spinaci, carne, ...

Manti :  una specie di ravioli, tipici della cucina anatolica.

Mixkebab :  piatto di carni, formaggi e verdure miste, cotti e serviti in un unico piatto caldo.

Musakka' :  tipico piatto con ripieno di melanzane.

Pide :  pizza turca, specialita’ locale assaggiata una volta; la semplice sfoglia di pide puo’ essere servita nei ristoranti al posto del pane.

Domater Dolmasi :  gustosi pomodori farciti al riso.

Siskebab :  proteici spedini di montone alla brace.

Pilav :  e’ il nostro riso che qui spesso si accompagna a numerosi piatti di carne.

Sutlac :  budino di riso allo zafferano; dessert locale che puo’ essere servito con cannella.

Firinda Kuru Fasulye :  fagioli; elemento molto comune nella cucina turca.

Bulgur Pilavi :  cus-cus.

 

 

DIZIONARIETTO ESSENZIALE

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Te-Sciai-Cur / Saol :  due modi di dire grazie.

Gule-Gule :  ciao (in risposta ad un precedente saluto).

Alaishaladik :  arrivederci.

Ciok Pahali :  troppo costoso (utile per far presa sui venditori di tappeti).

Ugius :  conveniente (questa parola non l’ho mai usata).

 

 

CONSIGLI PER UNA GITA CICLO-ENO-GASTRO-TURISTICA

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Quando si parte per un viaggio occorre naturalmente portarsi sempre tutto cio’ che puo’ servire, facendo attenzione all'ingombro ed al peso: il bagaglio deve includere capi di abbigliamento, generi di prima necessita’, attrezzatura sportiva o di base, cose personali, ... In base alle condizioni climatiche, al tipo di vacanza, al modo in cui la si vuole affrontare ed al luogo di villeggiatura, si dimensiona lo zaino. Nel caso di una ciclo itinerante, organizzata a tavolino con un banale percorso di massima, e’ pacifico che l’esperienza gioca un ruolo fondamentale che permette di prevedere le situazioni che si possono creare durante il suo svolgersi.

Riporto alcuni punti da tenere sempre in considerazione ed eventualmente seguire nel comporre il proprio bagaglio a casa:

1_  spulciare la lista delle cose da portarsi commentandola e tenendo ben presente l’importanza del fattore peso; esiste un limite di peso per la spedizione dei bagagli in aereo (la bici pesa una quindicina di chili, uno zaino circa dieci) ed inoltre e’ opportuno non caricare eccessivamente le bici per migliorare la propria fluidita’ della pedalata.

2_  portarsi dietro uno zainetto leggero ripiegato per i souvenir ed acquisti vari da utilizzare al rientro (solitamente al ritorno il bagaglio e’ piu’ voluminoso).

3_  portare con se’ le luci della bici; oltre che essenziali per la pedalata notturna dovuta a motivi di forza maggiore, sono utilissime per la visita delle chiese rupestri, grotte e quando resti senza luce  in pensione ...

4_  abbigliamento: occorre prevedere qualunque condizione meteo, per cui il freddo va contrastato  con pile, thermodress, goretex, guanti e berretto lana, se piove e’ essenziale un ricambio completo mantenuto asciutto da indossare prontamente quando si smette di pedalare, col sole sono importanti gli occhiali scuri ed il cappellino per chi non indossa sempre il caschetto.

5_  portare l’attrezzatura fotografica per organizzare le serate diapo a posteriori in casa Moiols o Ortoz (ove si mangia di piu’).

6_  prevedere i lucchettini da applicare su tutto cio’ che viene spedito in aereo.

7_  sveglietta: le prime ore del mattino sono le piu’ fresche e salutari della giornata, assolutamente da non perdersi in una ciclo che si rispetti.

8_  guida/cartine: portarsi sempre una buona guida che privilegia l’aspetto pratico delle cose (mangiare, dormire, usi e costumi) a tutto il resto (veste grafica, foto a colori); ottime sono le Guide EDT, traduzioni dell’australiane Lonely Planet, le guide francesi del viaggiatore (routard), le guide della CLUP; a volte e’ opportuno prendere sul posto le cartine con maggiori dettagli sui  tracciati.

9_  ricambi ed attrezzatura per la bici: kit per le forature, mini-pompetta, camera d’aria, (un copertone potrebbe essere opportuno se c’e’ posto).

10_ e’ bene poi non dimenticare il coltellino milleusi, il lucchetto per la bici, il beauty, un costume, nonche’ un buon libro oppure un blocchetto appunti e penna per riempire qualche pausa in  relax.

Altri suggerimenti pratici di carattere generale possono essere:

a_  fare una buona manutenzione preventiva della bicicletta per evitare di fare la fine di Gianni (v. la relazione).

b_  prima della partenza e’ bene farsi sempre un’assicurazione contro gli infortuni, la Europ Assistance, di solito integrata nel conto in banca, e’ sufficiente; portarsi sempre dietro i riferimenti (num. codice, num. telefono) ed avvisare immediatamente la centrale operativa in caso di  necessita’ (la prima telefonata e’ a carico dell’assistito, le seguenti no), conservare tutte le ricevute delle spese per il rimborso: sono preparato sulla materia avendone sfortunatamente fatto uso (non in questa occasione) ...

c_  fare una fotocopia dei documenti per l’espatrio e del biglietto aereo (per ogni evenienza in caso  di smarrimento) e non dimenticare la carta credito e la valuta estera.

d_  nel caso di un giro itinerante tutto il necessario deve stare dentro uno zaino da assicurare al portapacchi tramite un paio di ragni e da mettere in spalla durante le discese off-road, piu’ una borsa bici od un marsupio da legare anteriormente.

e_  per la scelta del luogo di riposo il buon ciclista privilegia i fattori essenziali, per cui vedere le stanze e trattare sul prezzo, fare il controllo dell’esistenza dell’acqua calda e del confort del letto, pensare al ricovero del fedele mezzo meccanico (deve possibilmente essere al chiuso in un luogo sicuro; spesso la abbiamo portate in camera con noi ...).

f_  conservare sempre il bigliettino della pensione in cui si e’ dormito la notte precedente; per chi come noi, non si e’ ancora dotato di telefonino, puo’ essere necessario l’unico comune riferimento telefonico per casi di necessita’.

g_  se si prevede di fare un percorso con incognite (inesistenza di centri abitati), e’ bene pensare gia’  dalla mattina ad acquistare qualcosa da mangiare; ideale e’ la frutta, disseta e nutre.

 

 

DESCRIZIONE DEL GIRO

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Sabato 12 ottobre 1996   -   Gianni, il problema del passaporto e, finalmente, la partenza

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Il volo da Linate e’ schedulato per le 13.10 con arrivo ad Istambul alle 17.10 (un’ ora di fuso in avanti ), un’oretta di attesa per la coincidenza, ed arrivo ad Ankara alle 19.30: corriamo il rischio di perderlo per un’errata indicazione riguardante il passaporto, ma la fortuna e’ dalla nostra parte e la sera siamo nella capitale turca non ancora a nostro agio per la difficolta’ della lingua.

La Patrizia ci accompagna all’ aeroporto, ove arriviamo in largo anticipo. Impacchettiamo le bici per il volo e con calma ci avviamo al check-in: a dispetto delle parole della Raffaella (la graziosa impiegata dell’ufficio viaggi ST), il passaporto e’ necessario per l’imbarco verso la Turchia a meno di non far parte di gruppi organizzati con alberghi gia’ prenotati dall’Italia prima della partenza. Gianni, che ne era sprovvisto, non si perde d’animo e prende un taxi per tornare a casa a Monza: la corsa contro il tempo del Vezz e del taxista e’ disperata, nel frattempo mi do’ da fare per trovare alternative al volo e per l’imbarco immediato delle bici. La fortuna e’ dalla nostra parte: il volo partira’ in ritardo e riusciamo cosi’ a compiere tutte le operazioni per iniziare col piede giusto il nostro viaggio alla volta della Turchia.

Appena giunti ad Ankara abbiamo subito la conferma dell’obbligatorieta’ del passaporto: e’ necessaria la Visa in entrata (5US$) che va apposta sul passaporto col relativo timbro di ingresso.

Cambiamo un po’ di denaro in lire turche (v. sezione “varie” per conoscere i relativi cambi), recuperiamo i bagagli e le bici senza problemi di sorta ed indossiamo gli indumenti da ciclista nei bagni dell’aeroporto, molto puliti e luminosi, dotati di rubinetti miscelatori ultima generazione della tedesca Hans Grohe. Componiamo in un’unica borsa tutto il nostro cambio e cio’ che non ci servira’ per il giro, con l’idea di lasciarla in deposito bagagli: scopriamo che non esiste in aeroporto bensi’ in un autopark al di fuori.

Il primo impatto con la loro lingua non e’ affatto positivo: non conoscono l’inglese e tantomeno l’italiano (qualcuno conoscerebbe qualche parola in tedesco, ma noi no!). Infatti riusciamo a fare confusione col cambio del prezzo per il deposito del borsone nell’autopark e fatichiamo a trovare il terminal dei bus per la città’ (era buio ed il bus era il mezzo piu’ opportuno).

Giunti in città’ (stazione ferroviaria) ci restano pochi chilometri da percorrere in bici per giungere nella parte vecchia di Ankara (quartiere Ulus) ricca di alberghi per tutti i gusti e le tasche.

Sono ormai le undici di notte quando terminiamo di sistemare le bici in albergo ed usciamo per fare quattro passi e mangiare qualcosa. Le vie sono molto animate, pero’ di soli uomini, infatti le poche donne si riescono davvero a contare sulle dita di una mano. Mangiamo in una LOCANTASI e chiudiamo la cena col classico CIAI con cui iniziamo a fare conoscenza.

Andiamo a nanna che ormai e’ l’una passata.

 

Domenica 13 ottobre 1996   -   Pullman di lusso e pedalata fino a tardi col brivido

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Il nostro programma prevede una giornata piuttosto intensa: viaggio in pullman di circa 250 km e quindi pedalata fino ad un vecchio paesino, Guzelyurt, dotato di una pensione molto caratteristica consigliata dalla nostra guida CLUP.

La sveglietta squilla alle sette, ma restiamo a letto qualcosina di piu’ ... infatti solo verso le nove scendiamo a fare colazione: olive nere al forno, fette di pane imburrate, formaggio fuso, miele e tazzone di latte e caffe’.

Per raggiungere la OTOGAR, da cui partono tutti i pullman di linea, dobbiamo pedalare una decina di chilometri. Contrattiamo timidamente sul prezzo della corsa Ankara-Aksaray con una delle tante agenzie presenti: un milione di lire turche (meno di 20.000 lire) per due persone e le bici. Il trattamento che riceviamo e’ superlativo: le bici vengono sistemate nel piano bagagli con tutte le precauzioni ed a noi vengono offerti durante il percorso acqua, dolcetto e te’. I 250 km del viaggio si snodano lungo un continuo nastro nero di asfalto, molto battuto dal traffico pesante dei TIR, in uno scenario piatto, arido e desolato per nulla adatto alle biciclette (abbiamo visto giusto a scegliere il pullman, decisamente comodo e spazioso, con hostess e stewart davvero gentili).

Dopo circa due ore e mezza (sono circa le due del pomeriggio) giungiamo poco fuori Aksaray in un moderno caravanserraglio con ristorante e bar molto attrezzato.

Approfittiamo del bellissimo bagno pubblico (10.000 TL per accedervi, meno di 200 lire) per i nostri bisogni e per indossare gli abiti da ciclista.

Da Aksaray a Guzelyurt sono circa 45 km in un paesaggio per nulla entusiasmante; la strada e’ lunga ed, escludendo il dolcetto in pullman, abbiamo mangiato solo a colazione questa mattina.

La giornata e’ coperta e piuttosto fredda, la strada sale e scende in continuazione in questo altopiano che ci vede entrambi affamati ed affaticati. Gianni avvista due piccoli grappoli d’uva in una vigna lasciata a se stessa; e’ determinante l’apporto di questi zuccheri, almeno a livello psicologico, per affrontare gli ultimi chilometri: scopriamo a nostre spese che il paese si trova a circa 1500 metri di altezza (la nostra cartina purtroppo non riportava l'altimetria) e l’ultimo tratto (oltre 4 km) e’ in forte salita.

Ci superano parecchi camion carichi di donne con ampie vesti e viso coperto, sedute sui sacchi di patate raccolte durante una intera giornata di lavoro nei campi. Alcuni camion avevano anche barbabietole e sterpi del deserto (utili come fieno) ed il tutto veniva scaricato sempre dalle stesse donne appena giunte a destinazione.

Verso le sei, con le prime ombre della sera gia’ calate, giungiamo finalmente in paese: la nostra guida indicava una pensione ricavata nei locali di cio’ che era un antico monastero. L’hotel KARBALLA (questo e’ il suo nome) e’ gestito da una giovane australiana e dal boss Celo (pron. Gielo), ma a causa della presenza di una comunita’ religiosa americana (Ankara Protestant Community) l’albergo e’ pieno. Non esistono alternative in questo piccolo paese rurale, per cui insistiamo in modo discreto: ci dicono di attendere in refettorio perche’ ci troveranno una camera per la notte.

E’ davvero un posto molto affascinante che riesce a portare l’orologio del tempo molto indietro negli anni; la stanza messa a nostra disposizione poi, e’ deliziosamente disposta su due livelli (sotto il bagno, sopra i letti) con le volte ad arco in pietra lavorata, i letti a livello del terreno e tappeti ovunque. Rapida doccia prima di cenare nell’ampio suggestivo refettorio: la mezza pensione per entrambi e’ di 3 MTL (50.000 lire).

Dopo cena, verso le nove, usciamo per fare quattro passi nel paese, ma facciamo subito sosta nell’ampio giardino della nostra pensione con la comunita’ americana che stava facendo festa intorno ad un grande fuoco; socializziamo quel tanto che basta per assaggiare i marshmallow, resi burrosi dalle fiamme, con cioccolata e gallette (chissa’ se la Lynne, nostra cara amica inglese, e’ a conoscenza di questa specialita’).

Entrambi abbiamo idea di assaggiare un qualunque tipico liquore turco, ma l’unica locanda che troviamo e’ colma di persone che assistono ad una partita a pallone. Preferiamo non entrare nemmeno vista l’incredibile quantita’ di fumo presente (i turchi sono il popolo che fuma in media piu’ sigarette al mondo).

C’e’ un negozio di tappeti ancora aperto con delle cartoline all’esterno: diamo un’occhiata alle cartoline quando il proprietario ci fa entrare. Come era gia’ successo a Creta, anche qui appena sentono “Italia”, taluni rispondono “mafia”. Parliamo del piu’ e del meno e gli chiedo il prezzo di un KILIM di lana fatto a mano: il valore di partenza e’ 45 milioni di lire turche (circa 750.000 lire). Gli chiedo il suo bigliettino da visita, ma prima di porgermelo lo annulla con un tratto a penna, in quanto dice che se non facesse cosi’ qualcuno potrebbe reclamare un credito in denaro verso di lui (v. sezione curiosita’).

Torniamo in albergo dopo aver dato un’occhiata alla parte piu’ vecchia del villaggio ove alcune case risalenti all’eta’ preistorica (neolitico) sono ancora abitate.

Non e’ raro trovare qualche segno inconfondibile della civilta’ greca in questo posto sperduto della Turchia centrale perche’ fino al 1924 turchi e greci vivevano assieme, gomito a gomito in queste zone; un accordo tra i due governi mise fine ad una serie interminabile di contrasti tra le due etnie effettuando uno scambio di intere popolazioni: gli abitanti greci lasciarono Guzelyurt a favore dei turchi che avevano abbandonato i villaggi di Kozan e Kastorya in Grecia per trasferirsi qui.

 

Lunedi 14 ottobre 1996   -   La Valle di Ihlara e i primi problemi alla bici del Vezz

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In previsione di un giro ad anello che ci riportera’ al punto di partenza, prepariamo un bagaglio leggero costituito per lo piu’ dalle apparecchiature fotografiche. Guai meccanici di Gianni che ci fanno perdere tempo sulla tabella di marcia.

Alle 5.40 del mattino veniamo svegliati dal richiamo alla preghiera del muezzin: una litania assolutamente incomprensibile sparsa per tutto il paese da potenti altoparlanti; per  cinque/dieci lunghissimi minuti  questi lamenti modulati in varia misura, giungono inequivocabilmente alle orecchie di tutto e di tutti.

Sveglia alle sette e un quarto e colazione; la guida dell’albergo ci indica un percorso sterrato che ci portera’ alla VALLE DI IHLARA, ove il fiume Melendiz erodendo le sponde ha formato un imponente canyon, e ci assicura anche la possibilita’ di percorrerla in bicicletta (13 km).

Terminata la colazione usciamo di buon ora dall’albergo e fuori c’e’ molto movimento ed affollamento per il mercato: rubiamo qualche scatto (bancarelle con la mercanzia, donne a capo coperto, ...) prima di puntare nelle GOLE DI GUZELYURT coi primi insediamenti neolitici.

Vediamo per la prima volta le case, le architetture autoctone, gli anfratti ricavati nella pietra: il paesaggio e’ molto suggestivo ed irreale. Arriviamo all’imbocco della valle dove ci imbattiamo in un gruppo di italiani che ci parlano molto bene dell’est della Turchia, mentre censurano la Cappadocia perche’ troppo turistica ...

L’imbocco delle gole e’ semplicemente spettacolare; paghiamo l’ingresso alla valle e cominciamo ad addentrarci con qualche difficolta’ per le bici.

Tutta la valle pullula di antri ricavati nella roccia eccezionali nella loro semplicita’.

Purtroppo per noi non solo il sentiero non e’ affatto pedalabile, ma anche il tempo non e’ per nulla clemente, infatti piove con una certa insistenza.

Seguiamo la cartina che ci aveva disegnato la guida, ma il sentiero che lui dava per pedalabile e’ decisamente impraticabile !

Ci troviamo all’interno di una gola naturale tracciata dal corso del fiume molto ricca di vegetazione con un susseguirsi di chiese rupestri bizantine e dimore scolpite nella roccia, ma non riusciamo a goderci in appieno lo spettacolo e per le problematiche da superare con le biciclette e per il tempo indecente che non ci concede nemmeno di fare almeno qualche foto come si deve ...

Per diverse ore procediamo in questa realta’ inusuale malgrado le difficolta’ ambientali di non poca entita’. Giunti a Belisirma il sentiero migliora notevolmente e diventa pedalabile al 70%.

Come se non bastassero le gia’ infelici condizioni al contorno, Gianni e’ vittima nel giro di qualche ora di ben tre incidenti meccanici: due banalissime forature ad entrambe le ruote e la vite del cambio presa per un pelo prima che si sfilasse definitivamente.

Sul fare del tramonto giungiamo in un punto spettacolare che non possiamo decentemente documentare per le condizioni meteo ancora negative.

Arriviamo a Yaprakhisar verso le 17.30 col sole gia’ tramontato ed il problema del rientro (siamo una ventina di chilometri distanti da Guzelyurt), per cui non visitiamo l’impressionante complesso di monasteri nella roccia accontentandoci di prendere una sola rapida visione dall’esterno.

Sono ormai le sei quando ci ritroviamo sulla strada che porta a Guzelyurt percorsa il giorno prima: restano da fare 14 km con circa 300 m di dislivello e con le prime ombre della sera che iniziano a calare.

Copriamo gli ultimi 10 km alla luce dei nostri fanalini e dei diversi camion e trattori carichi del raccolto della giornata e di donne lavoranti la terra.

Alle 19 in punto siamo a destinazione. Mega-doccia e grande abbuffata (eravamo affamatissimi); al self service facciamo incetta di frutta fresca gia’ sbucciata.

Dopo cena, restiamo nel grande salone a cazzeggiare e facciamo la conoscenza di una bella olandese con cui scambiamo quattro chiacchiere fino a quando incontriamo la guida che ci aveva indicato il percorso il giorno prima: nonostante i nostri propositi rimurginati con le bici al fianco, non gli facciamo nulla e scherziamo con lui.

Un paio di bicchieri di un aromatissimo liquore turco al gradevole gusto di arancio chiudono l’intensa giornata.

 

Martedi 15 ottobre 1996   -   Ancora problemi alla bici di Gianni: si blocca il movimento centrale

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La giornata odierna e’ fortemente condizionata dai guai meccanici del Vezz; riusciamo comunque a non risentirne piu’ di quel tanto poiche' riusciamo ugualmente a giungere a Derinkuyu.

Paghiamo appena 7 MTL ( 7 milioni di lire turche) il conto dell’albergo: circa 60.000 lire a testa due giorni di mezza pensione in un posto davvero superlativo !

Passiamo attraverso la parte neolitica del paese per andare verso la VALLE DEI MONASTERI; alla fine del paese la valle si apre a destra mentre a sinistra le rocce si animano di cavita’ di ogni genere. Si prosegue su un’antichissima strada realizzata con lastroni in pietra che termina in un largo spiazzo costellato da diverse chiese scavate una accanto all’altra.

Trascorro un’oretta ad esplorare ed a scattare foto in attesa di Gianni vittima di un altro guasto meccanico (il cavetto del freno anteriore prossimo alla rottura).

Una volta riuniti ripercorriamo la strada fatta sino al paese per poi dirigerci verso Derinkuyu, con l’intento di arrivarci presto per poter poi andare a visitare la famosa città’ sotterranea. A dispetto pero’ del nostro programma, la bici di Gianni ci mette nuovamente lo zampino: il gruppo del movimento centrale si stava sfilando dalla sede naturale ! Torniamo all’albergo dove rintracciamo la guida di MTB, Seyfi, il quale per farsi perdonare dello scherzo del giorno prima cerca di rimettere a posto la bici. Non ha la chiave apposita, ma riesce ugualmente a serrare la vite ed inoltre ci permette di lavare ed ingrassare cambio e catena.

Quando ci mettiamo di nuovo in marcia per Derinkuyu e’ ormai mezzogiorno e rinunciamo all’idea di fare sterrati principalmente per il problema della bici di Gianni non definitivamente risolto.

Ci aspettano una sessantina di chilometri di strada asfaltata e poco trafficata in un altopiano coltivato in modo estensivo a patate e battuto da un vento implacabile.

Trattori, carri e donne si susseguono nei campi; non abbiamo nemmeno coperto la meta’ del tragitto che si ripropone il guaio al Vezz: non abbiamo i ferri adatti, dal gruppo inizia ad uscire limatura di ferro ed in poco tempo il movimento centrale e’ completamente bloccato !

Inutilmente cerchiamo un passaggio dai vari camion e trattori che passano e rinunciamo anche all’idea di dividerci con me in cerca di aiuto (troppe incognite e nessun punto di riferimento) per cui restiamo uniti.

Dobbiamo coprire ancora una trentina di chilometri ed adottiamo la tecnica del traino mediante l’unica bici funzionante: io pedalo e lui si tiene appoggiando la mano alla mia spalla; nei tratti in salita i 35 kg di peso delle biciclette sommati ai 20 di bagaglio (fa fede la pesatura eseguita all’aeroporto di Linate mentre il Vezz era in giro col taxi a recuperare in extremis il passaporto) sono troppi per un solo locomotore e in quei casi Gianni e’ costretto a spingere.

La giornata non e’ affatto calda ed e’ il terzo giorno che il cielo e’ coperto, siamo entrambi in pantaloncini corti poiche’ la mattina era iniziata all’insegna di un bel sole che aveva dato tanta fiducia ed ottimismo.

Gli ultimi 25 km sono pressocche’ in piano per cui copriamo questa distanza dandoci il cambio alla pedalata: quando si e’ su una bici si fatica di bestia ma non si soffre il freddo, se si e’ sull’altra si battono forte i denti pur essendo il piu’ possibile coperti (kway e guanti doppi in pile venivano regolarmente scambiati ad ogni sosta).

Un paio di volte ci siamo fermati ai distributori di benzina sperando di trovare i ferri adatti, altre due o tre volte abbiamo chiesto un passaggio, ma l’esito e’ stato sempre negativo.

Solo dopo le 16.30 vediamo le prime case di Derinkuyu: erano ormai trascorse circa tre ore da quando la bici di Gianni si era definitivamente bloccata.

Il paese e’ prettamente agricolo ed appena entrati, ci mettiamo subito alla ricerca di un alloggio; gli alberghi sono tre: uno e’ chiuso, uno ha le  camere che fanno schifo, la scelta e’ obbligata sul terzo.

Gianni scarica il suo zaino dalla bici e va alla ricerca di un meccanico.

La richiesta iniziale dell’albergatore e’ di  2.2 MTL, tratto fino ad accordarmi su  1.3 MTL  con prima colazione inclusa: abbiamo risolto il primo problema, stasera si dorme al coperto.

Mentre io ho il mio daffare a litigare col boss per il riscaldamento spento e per la doccia ghiacciata, arriva Gianni sconsolato: il meccanico non aveva l’attrezzatura giusta ed e’ anche riuscito a spanargli il pedale !

In attesa dell’acqua calda usciamo a fare un giro del paese: realizziamo che forse e’ meglio mangiare in hotel e mettiamo a punto il programma per l’indomani.

Ricca doccia e magra cena: l’hotel Melagobia (nome antico di Derinkuyu) e’ da cancellare.

Prima delle 10 siamo gia’ sotto le coperte per mettere la parola fine a questa giornata nata sotto buoni auspici, ma sviluppatasi non proprio al meglio. Non sono sufficientemente cotto ed allora ne approfitto per buttare giu’ i miei appunti di viaggio prima di prendere sonno; domani abbiamo in mente un piano ragionevolmente aggressivo.

 

Mercoledi 16 ottobre 1996   -    La visita alla città’ sotteranea di Derinkuyu

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La mattina facciamo i turisti nella città’ sotterranea, il pomeriggio accediamo nella zona dei cammini di fata. Pernottiamo in una pittoresca pensione ricavata nel tufo in uno scenario di sogno.

La colazione e’ povera quanto la cena del giorno prima; lasciamo bagagli e bici in albergo ed andiamo a piedi verso la citta’ sotterranea.

La visita risulta essere sorprendente e molto piu’ interessante di quanto avessimo creduto; attraverso tunnel e stretti camminamenti scendiamo sottoterra per centinaia di metri: stanze, stalle, cucine, chiese, depositi per il grano, refettori, buchi di aerazione si susseguono in continuazione. Esiste anche la scuola !

La CITTA’ SOTTERRANEA di DERINKUYU, come tutte le altre esistenti nella regione, fu utilizzata dai cristiani del VII secolo per sfuggire alle persecuzioni durante il conflitto iconoclastico con Bisanzio e le invasioni. Oggi alcune zone, piccole o grandi a seconda dei casi, sono ben illuminate e costituiscono una parte essenziale ed affascinante di una gita in Kapadokya.

Non si consiglia questa visita a chi soffre di claustrofobia per almeno un paio di motivi che sono emersi durante la nostra permanenza sotto terra: innanzitutto per almeno cinque minuti le luci allineate lungo i camminamenti si sono spente lasciandoci completamente al buio (fortunatamente eravamo vicini ad una grossa condotta d’aria da cui si intravedeva un po’ di luce esterna), poi siamo stati testimoni della crisi isterica di una giovane che aveva perso il suo gruppo e non trovava piu’ l’uscita verso l’esterno ...

Ogni tanto il camminamento e’ intercettato da enormi blocchi a forma di ruota che in caso di pericolo permettono l’interruzione del passaggio ai livelli sottostanti agli invasori.

Questa città’ sotterrenea e’ collegata tramite un tunnel di ben 9 km ad un’altra città’ piu’ piccola (Kymakli); tutto rigorosamente sotto terra naturalmente !

Per inciso, come per i nostri “crotti”, la temperatura all’interno dei sotterranei e’ ideale e costante. 

E’ quasi mezzogiorno quando siamo alla stazione dei bus per Nevsheir, ma per nostra sfortuna non caricano le bici (i bus in effetti sono un pochino sottodimensionati ...); iniziamo a pedalare sperando che il movimento centrale regga.

Facciamo di volata i trenta chilometri che ci separano da Nevsheir con l’unica breve sosta alle povere bancarelle di un mercatino di Kymakli (ennesima nenia del muezzin) e qualche interruzione per fotografare la vastita’ dell’altopiano anatolico.

Nevsehir, considerata la porta della Cappadocia, e’ la citta’ capoluogo di provincia ricca di antiche testimonianze, ma appena giunti alla meta agognata, mettiamo da parte la cultura e facciamo visita a meccanici di moto, venditori di biciclette, idraulici, ... ma nessuno ha quella benedetta chiave che ci occorre !

Confidiamo nella buona sorte e puntiamo su Goreme.

Poco prima di Uchisar (15 km da Nevsheir) avvistiamo un roccione alto piu’ di trenta metri tutto buchi: abbiamo subito la percezione che stiamo arrivando in una delle zone piu’ affascinanti mai viste. Molliamo le bici con gli zaini e, armati delle nostre macchine fotografiche, saliamo sulla sommita’ del roccione per mezzo di una scalinata scavata nella fortezza, che fa un tutt’uno con la roccia, realizzata a dominare il fantastico mondo sottostante; il panorama e’ mozzafiato: si vedono i cammini di fata di Passabag, il fiabesco paese di Goreme mescolato alle torri di pietra ed innumerevoli formazioni rocciose bizzarramente modellate e colorate a perdita d’occhio.

Doverose foto ricordo e riprendiamo il cammino per Goreme situata in una valle piena di coni e cammini di fata. Siamo appena dentro il paese, che Gianni si accorge di aver bucato (no comment). E’ facile vedere caffe’, pensioni, ristoranti scavati nella roccia. Mentre lui ripara la foratura, io vado a verificare gli alberghi proposti dalla guida CLUP tenendo in particolare considerazione quelli in cava; propendiamo per uno molto caratteristico, il MELEK, con le stanze ricavate direttamente nel tufo in una posizione leggermente sopraelevata rispetto al resto del paese. La stanza e’ davvero carina (a livello di Guzelyurt) e merita una fotografia.

Ceniamo nella nostra pensione a lume di candela (romanticismo a parte, l’hotel era rimasto per quasi un’ora senza illuminazione) e poi andiamo a fare quattro passi in paese. Vediamo qualche tappeto esposto, alcune bancarelle ed entriamo in un salone del te’ densamente popolato dai locali intenti a fumare, parlare e giocare a carte, a domino ed ad altri giochi che non conosco; con 1000 lire gustiamo il te’ completamente immersi nella realta’ turca e nel loro fumo di sigarette.

 

Giovedi 17 ottobre 1996   -   I Cammini di Fata e il rischio di restare senza tetto per la notte

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Un po’ per necessita’ un po’ per diletto, la nostra diventa sempre meno ciclo e sempre piu’ turistica e si sprecano gli scatti a documentare l’eccezionalita’ delle cose che si sono susseguite davanti ai nostri occhi.

Al fine di mantenerci scarichi il piu’ possibile, lasciamo i  bagagli nella pensione e puntiamo subito verso il MUSEO all’aperto di GOREME posto all’interno del Parco Nazionale della città’ di Goreme, per ammirare le chiese nel tufo. E’ uno dei siti piu’ noti della Turchia centrale caratterizzato da un complesso monastico di chiese e cappelle rupestri tappezzate di affreschi. La maggior parte delle cappelle sono dal X al XII secolo, periodo bizantino e selgiucido, con piano a forma di croce e quattro colonne a sorreggere la cupola centrale. Numerose sono le tombe rupestri ricavate nelle navate centrali di molte chiese.

Fantastico spettacolo che e’ difficile descrivere.

Rimaniamo sorpresi e contrariati nell’apprendere di dover pagare nuovamente per accedere alla KARANLIK KILISE (la chiesa oscura) la cui spesa e’ di 1 MTL a testa; l’ambiente scarsamente illuminato da’ il nome a questa chiesa che e’ l’unica chiesa in cui gli affascinanti colori degli affreschi oro e blu’ non sono sbiaditi grazie all'assenza della luce solare; ne facciamo una questione di principio e saltiamo questa visita a favore della TOKALI KILISE (la chiesa della fibbia) appena usciti dai recinti del parco posta poco prima l’entrata.

Quando risaliamo sulle bici siamo consapevoli che il giro odierno ci condurra’ dritto nel cuore della Cappadocia. Passbag, Cavus’in con la curiosa piccionaia alta 60 metri, Zelve con lo splendido villaggio rupestre dinanzi al quale ci sediamo per una breve sosta e sorseggiare un te’: siamo nel mezzo dei cammini di fata e scattiamo foto a profusione per documentare quanto si vede.

Ben consci della precarieta’ della bici di Gianni, solo a tratti abbandoniamo la strada per intraprendere sterrati che portano proprio accanto a queste incredibili formazioni, veramente uniche nel loro genere.

Verso le tre del pomeriggio giungiamo ad Avanos celeberrima per il suo artigianato; la ceramica e’ il prodotto artigianale piu’ popolare con, naturalmente, gli immancabili tappeti. Ogni anno in agosto la città’ celebra il Festival dell’Arte e del Turismo, creando un’atmosfera molto amichevole. Ci mettiamo subito alla ricerca dei due alloggiamenti proposti dalla nostra guida (Sofa e Duru motel).

Il Sofa e’ subito dopo il ponte sopra il fiume Kizilirmak costituito da un intricato insieme di camere disordinatamente poste una sull’altra e caratterizzato da innumerevoli scale in legno ed in muratura, camminamenti interni, terrazze ... insomma, un alloggio fuori dall’usuale ad un prezzo di  1.8 MTL compreso il breakfast. L’altro, il Duru, sovrasta Avanos; per giungervi si deve salire alla città’ vecchia posta su un cocuzzolo che domina l’intera vallata. Il panorama dalla terrazza e’ davvero mozzafiato, il prezzo e’ di  1.75 MTL con la colazione e le camere sono ordinarie.

Optiamo per il primo, piu’ pittoresco e comodo da raggiungere a piedi dopo cena.

Trovata la sistemazione per la notte, resta solo da andare nuovamente a Goreme per prendere i bagagli e tornare indietro.

Siamo a Goreme prima delle sei del pomeriggio dopo aver percorso una strada ricca di formazioni vulcaniche piu’ volte riprese dalle nostre foto; Gianni riesce a bucare lungo la strada anche oggi (e siamo a quattro forature in totale).

Perdiamo qualche minuto a visitare un vecchio caravanserraglio di quattordici stanze trasformato in un negozio di tappeti, di nome Roma Kilisc, completamente coperto di tappeti sulle pareti interne ed esterne.

Prima di tornare verso Avanos ci sediamo nella piazza per un meritato riposo all’ombra di un grosso pinnacolo e gustiamo una PIDE ed una birra fresca.

Ritirati i bagagli, non ripartiamo subito poiche’ il Vezz si accorge di avere per l’ennesima volta la ruota a terra; sotto lo sguardo divertito del tipo della pensione, Gianni sistema la foratura usando una delle mie toppe (aveva ormai terminato le sue ...).

Montiamo le luci anteriori e posteriori delle bici, indossiamo qualcosa di pesante e ci avviamo verso Avanos che ormai sono le sette di sera.

Nessun problema a coprire i circa 10 km con la compagnia della luna.

Rapida doccia e giretto del paese. Scopriamo la Kirkit pension ricavata in un caravanserraglio (appartenente alla stessa catena di quella che ci aveva ospitato a Guzelyurt, gia’ segnalataci da Seyfi la guida di mtb): bell’ambiente, stanze carine, ottima accoglienza, prezzo  1.4 MTL,  ma ormai l’alloggio era gia’ stato preso.

La pizza di Goreme non ci impedisce di pensare nuovamente al cibo ed optiamo per un ristorantino (Tafana restaurant) caratterizzato da un ragazzo che serviva ai tavoli un po’ atipico come cameriere (se non altro per le mani veramente zozze con le quali abbiamo tanto sperato non abbia toccato il nostro cibo).

Quando terminiamo di mangiare sono ormai le 11 passate, ma ci inoltriamo ugualmente nella parte vecchia del paese disposta sulla collina, mentre caroselli chiassosi di auto festeggiano la vittoria in coppa UEFA del Galatasaray di Istambul sul Paris St.Germain 4 a 2.

Ho idea di acquistare un tappeto, per cui entriamo in un grosso negozio ed il proprietario inizia a mostrarmi una quantita’ di CICIM (pr. gigim) e KILIM della Cappadocia, dei curdi e dei nomadi (vivendo i nomadi in poveri accampamenti di tende ed essendo dediti alla pastorizia, i loro tappeti sono acquistati a poco prezzo dai mercanti ed hanno quindi un costo piu' conveniente degli altri).

Restiamo oltre un’ora a vedere tappeti, ascoltare spiegazioni e gustare un paio di te’ alla mela offerti dal tipo che voleva dai 150 ai 250 US$ per i quattro tipi di tappeti che mi piacevano di piu’; era sceso a 130-220 US$, ma non ero affatto convinto.

Torniamo alla pensione, ma e’ chiusa dall’interno: per una ventina di minuti suoniamo, bussiamo, arriviamo perfino a telefonare dal negozio di un riparatore TV ancora aperto malgrado l’ora indecente, ma non succede nulla. Col tecnico TV con noi presente a sostegno per ogni evenienza, proviamo a trovare il modo di penetrare all’interno del recinto, finche’ il ragazzo di guardia si sveglia e ci viene ad aprire: finalmente alle due di notte inoltrate andiamo a nanna dopo aver rischiato di restare fuori all’addiaccio.

 

Venerdi 18 ottobre 1996   -   La visita al caravanserraglio

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La bici di Gianni esala il suo ultimo respiro nel tardo pomeriggio, noi invece, completamente risucchiati dalla’ realta’ turca, ci muoviamo con sufficente sicurezza pieni di curiosita’ ed entusiasmo.

Verso le sette ci alziamo, facciamo colazione ed andiamo a far visita al mercato (Gianni acquista una nuova camera d’aria turca per la sua bicicletta, visto l'andazzo di questi giorni).

Verso le dieci siamo sulla strada che porta al caravanserraglio selgiudico di Sanhan posto a 7 km da Avanos ed attraversiamo una piana immensa. Lo si vede a distanza, di forma quadrata, imponente, completamente ristrutturato rispettando l’architettura ed i materiali dell’epoca (anno 1200 avanti Vezz) e riportato in ottime condizioni.

Enorme portale di ingresso, locali per le mercanzie, grande salone per riposare e camminamenti esterni lungo la cinta perimetrale per la difesa dagli attacchi dei predatori.

Per andare ad Urgup, facciamo a ritroso la strada appena percorsa e poi pieghiamo verso est per imboccare la variante che ci permettera’ di passare in una zona molto particolare. Lungo il bordo della strada notiamo due cespugli coperti dagli ex-voto: mentre facciamo una breve sosta, si ferma un’auto da cui scendono due belle ragazze (accompagnate dai rispettivi) che appendono i loro simboli; chiedo ad una di loro l’assenso per una foto, lei guarda il compagno un po’ piu’ distante per chiedere il permesso, ma i loro sguardi non si incrociano, si volge verso di me, mi sorride e la ritraggo con furtiva complicita’.

Ci troviamo in una zona carattezizzata da innumerevoli pinnacoli e rocce scolpite dall’azione del vento. In prossimita’ della Roccia del Cammello acquisto due bamboline da una variopinta bancarella a cui faccio alcune foto con gli anziani venditori.

Anche gli scenari odierni sono davvero eccezionali.

Giunti ad Urgup  valutiamo un paio di alberghi per poi scegliere la pensione Hanedan con un’ampia terrazza in pietra: prezzo  1.0 MTL per una camera con vista panoramica sul sottostante paese.

Data la bella giornata  che e’ uscita ci cambiamo indossando qualcosa di piu’ leggero, lasciamo i bagagli in camera ed andiamo a fare un giro dei dintorni. Dopo qualche chilometro, il movimento centrale di Gianni inizia a dare nuovamente qualche segno di cedimento: mentre lui torna verso il nostro alloggio, io vado a rendermi conto di persona delle spettacolari formazioni a fungo lungo la strada che da Urgup va a Nevsheir, tante volte ammirate in cartolina (ne vale la pena veramente).

Ceniamo al ristorante Cappadocia seguendo le indicazioni della guida CLUP che parla bene dei piatti serviti; la trattoria e’ alle spalle della Otogar, i prezzi non sono esattamente economici (950 KTL) e questa volta non siamo d’accordo con la nostra guida, fino a quel momento ineccepibile.

Prima di cenare avevamo notato un ristorante in centro, il Sofa, molto accattivante: larga scalinata in pietra che sale ad una vasta veranda su cui si aprono i locali interni, ma avevamo voluto seguire la guida e non il nostra istinto ... Ci ripassiamo davanti poiche’ pensiamo gia’ alla cena dell’indomani e facciamo la conoscenza col figlio del proprietario, Ceyhan, il quale parla l’italiano e lavora in una grossa fabbrica di tappeti ricavata in un ex-caravanserraglio di Mustafapasa.

Domani lo andremo a trovare nella cooperativa e ci raccontera’ tutto sui tappeti.

Chiudiamo la serata prendendo informazioni sui costi di noleggio di motorini, alternativa alle bici, dato la disastrosa condizione del mezzo meccanico di Gianni.

 

Sabato 19 ottobre 1996   -   Noleggio degli scooter e visita alla fabbrica di tappeti turchi

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La ciclo diventa motociclo, ma Gianni continua ad essere una frana poiche' accusa guai anche col vespino. Visitiamo il Villaggio dei Puffi, molto interessante la visita alla fabbrica di tappeti, degno di nota il bagno turco ad Urgup.

Sveglia alle sette e colazione nell’albergo di categoria superiore della stessa catena, 100 m piu’ avanti; il nostro e’ effettivamente un po’ da ristrutturare, ma ha una bellissima terrazza sul paese sottostante, Urgup, che e’ un vivace centro turistico alle falde di antiche abitazioni rupestri e puo’ essere considerato una base eccellente per chi desidera visitare la Cappadocia.

Essendo sabato non possiamo rivolgerci a banche o uffici di cambio per cui ci rivolgiamo ad un orefice che ci applica un cambio piu’ conveniente di quello adottato dalle banche. Muniti di contante  ci presentiamo all’agenzia gia’ contattata la sera precedente e ci danno due scassatissime (ma funzionanti) Honda Kinetic di cilindrata 100 cc (a detta loro).

Il nostro programma prevede la visita alla VALLE di SOGANLI dalle 1000 chiese distante poco meno di una cinquantina di chilometri, nonche’ la demo sui tappeti turchi di Ceyhan.

All’andata facciamo un piccolo side trip di qualche chilometro nella Valle di Pancarlik per visitare l’omonima chiesa del XII secolo con splendidi affreschi percorrendo uno sterrato molto bello.

Chi ha inventato i famosi Puffi, deve aver avuto l’ispirazione dal paesaggio incantevole della valle di Soganli: e’ un susseguirsi di chiese ed abitazioni che ricalcano alla perfezione il villaggio di questi buffi ometti blu’; e’ una valle davvero pittoresca con innumerevoli cappelle, chiese, sale, case e tombe, con affreschi dall’VIII al XIII secolo che tracciano lo sviluppo della pittura bizantina. Le pareti rocciose sono state scavate nel tempo e rese abitabili, tanto da somigliare a rudimentali condomini di pietra.

Visitiamo e scattiamo un po’ di foto alle costruzioni, poi prendiamo nuovamente gli scooterini e saliamo un tratto in forte pendenza (che mi ricorda tanto le cave di marmo di Carrara) per dominare il paese e l’imbocco della valle.

Sono le due del pomeriggio ed alle tre abbiamo l’appuntamento con Ceyhan al caravanserraglio della cooperativa dei tappeti di Mustafapasa ad una quarantina di chilometri di distanza. Sulla strada del ritorno, dopo una decina di minuti, Gianni (manco a dirlo ancora lui) e’ in panne: ogni giorno ne ha una, oggi e’ rimasto senza benzina. Si ripropone anche per il vespino la tecnica del traino sperimentata sulla strada per Derinkuyu. Non c’e’ ombra di un distributore di benzina lungo tutto il tragitto, per cui solo verso le quattro e dopo una trentina di chilometri al traino giungiamo a Mustafapasa. Ceyhan e’ ancora li’ e ci permette ugualmente di fare la visita al luogo di produzione e vendita di tappeti turchi di grande interesse.

Oltre alle fasi di lavorazione del tappeto, il nostro amico passando di salone in salone ci mostra stupendi tappeti, soffermandosi sui significati dei motivi, sull’uso dei colori ... (v. descrizione nella sezione "Usi e Costumi").

Grazie sempre a Ceyhan riusciamo ad avere un tubetto con cui aspirare benzina dal mio vespino a vantaggio di quello di Gianni. Copriamo i rimanenti 5 km che ci separano da Urgup dando pure un passaggio all’amico turco.

Verso le 6 siamo ad Urgup e su consiglio del solito Ceyhan andiamo a toglierci di dosso polvere e sudore al bagno turco (v. descrizione nella sezione "Usi e Costumi").

Sono ormai le nove di sera quando ci presentiamo, perfettamente rigenerati al ristorante Sofa.

Assaggiamo una serie di antipasti, prevalentemente di verdure e seguendo l’indicazione di Ceyhan pasteggiamo a base di Racky (un liquore caldamente consigliato che poi si rivela simile all’Ouzo greco o al nostro anisette).

Al nostro tavolo oltre a Ceyhan si aggiunge anche un giapponese di nome Hiroaky, ingegnere meccanico che si era licenziato dalla Toshiba e da tre mesi e’ in giro per il mondo fino a quando non finira’ i soldi. Brindiamo tutti insieme (salute, kampai, serefe nelle rispettive lingue d’origine).

Sono ormai le 10.30 quando Ceyhan ci porta nel negozio di tappeti dell’amico di suo padre per farmi vedere un tappeto eventualmente da acquistare, dal momento che quello che mi piaceva nella fabbrica di Mustafapasa costava piu’ di un milioncino di lire.

Oman, questo era il nome del mercante, ci offre del te’, ci mostra i tappeti, parla del piu’ e del meno, voleva assumere il giapponese per imparare i rudimenti della sua lingua e vendere i tappeti ai giapponesi.

Per la trattativa, lunghissima, ho applicato tutte le teorie, le filosofie di cui sono a conoscenza ed avevo appreso durante il soggiorno in questo paese; dopo qualche te’ e qualche ora di richieste, negoziazioni, discorsi, offerte, eravamo tutti spossati. E’ l’una e trenta quando alla fine acquisto il tappeto che mi interessava maggiormente; prezzo 150 US$, il prezzo di partenza era 45 MTL, circa 430 US$.

 

Domenica 20 ottobre 1996   -   Mettiamo a riposo le bici e diventiamo definitivamente turisti

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Dai paesaggi fiabeschi della Cappadocia, passiamooo alla realta’ (altrettanto vicina alla fiaba) dell’incredibile città’ di Istambul: le biciclette sono ormai diventate inutili (anzi rappresenteranno solo una spesa).

Sveglia alle 07.45 e colazione. Per fortuna il tratto che conduce alla stazione dei pullman e’ in discesa per cui anche Gianni puo’ usare la bici per arrivarvi. Alle 10.00 partenza da Urgup del pullman per Nevsheir, da dove alle 11.30 partira’ quello per Ankara.

La prima parte del tragitto e’ tranquilla, mentre l’imbarco delle bici sul secondo bus no: volevano farci pagare il passaggio, cosa invece gia’ inclusa al momento del pagamento ad Urgup. Discussioni accese e telefonata all’agenzia di Urgup: le bici vengono fatte salire senza spesa ulteriore.

Giungiamo alla otogar di Ankara in forte ritardo, per cui invece di utilizzare il bus terminal come preventivato, carichiamo tutto quanto alla belle-e-meglio su un taxi capace e corriamo all’aeroporto. Ritiriamo il resto del bagaglio lasciato nell’autopark ed espletiamo le operazioni di fasciatura bici e composizione dei bagagli che non serviranno ad Istambul in meno tempo del previsto (l’esperienza passata torna sempre utile).

Ci fanno qualche storia per il peso in eccesso, infatti le bici sono ben oltre 30 kg ed il bagaglio e’ ora salito a 30 kg dai 20 alla partenza (tappeto e souvenir vari); discutiamo un po’ ed iniziamo ad alleggerire il bagaglio da stivare a danno di quello da portare a mano; decidono di non farci pagare alcun extra ed imbarcare tutto, a condizione che conduciamo le biciclette fin sotto l’aereo in partenza, subito da noi accettata.

Alle 19.15 parte il volo per Istambul ove vi giungiamo dopo neanche un’ora. Non ci e’ consentito di effettuare gia’ la spedizione di cio’ che non serve fino a Milano, per cui lasciamo le due bici e due borse al “left luggage” li’ vicino; la custodia di ciascuna bici e’ decisamente cara: 500 KTL al giorno, che porta a 1.2 MTL la spesa totale giornaliera per tutti gli effetti (stessa cifra di un pernottamento e prima colazione per due persone !). Non avevamo altre alternative perche’ la bici di Gianni era inutilizzabile ed inoltre era un po’ troppo tardi per provare a pedalare...

In taxi giungiamo Sultanamhet, il centro monumentale della città’. Passiamo in rapidissima rassegna qualche pensione giusto per accordarci su 18 US$ a notte (no colazione) per una a due passi da S.Sofia.

Ceniamo in un ristorantino molto semplice con le portate a vista di nome Vitamin poco distante dalla pensione; piccola passeggiata per aiutare la digestione fino alla impressionante (per le dimensioni) Moschea Blu’ e poi a nanna; dalla nostra camera si gode la vista della monumentale cupola di Santa Sofia.

Siamo ad Istambul capitale di tre imperi successivi (romano, bizantino ed ottomano) crocevia della storia e del commercio, siamo a cavallo di due continenti separati dal solo stretto del Bosforo, la storia, la cultura, i colori di questa fantastica città’ saranno domani tutti nostri.

 

Lunedi 21 ottobre 1996   -   A zonzo per i monumenti e le attrattive di Istambul

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Giornata densissima interamente dedicata alle visite delle piu’ importanti ed interessanti peculiarita’ di questa citta’.

Colazione in una pasticceria con annesso un piccolo salone del te’ (paste ottime appena sfornate).

Rapido cambio di una cinquantina di dollari ai cambiavalute (ce n’e’ a bizzeffe) e visita di Topkapi: la cittadella in cui viveva il sultano.

Il PALAZZO di TOPKAPI, labirinto di costruzioni e centro del potere ottomano tra il XV ed il XIX secolo, sorge su un promontorio ove confluiscono il Bosforo, il Corno d’Oro e il Mar di Marmara.

Il primo cortile o cortile esterno racchiude un magnifico giardino boscoso.

Sulla destra del secondo cortile, ombreggiate da alberi di cipressi e platani, le cucine del palazzo custodiscono oggi le collezioni imperiali di cristalli, argenti e porcellane cinesi. Sulla sinistra sorge l’HAREM (chiuso dalle 12 alle 13), quartiere separato delle mogli, delle concubine e dei figli del sultano, la cui sola vista ricorda ai visitatori gli intrighi di corte. Il sultano vi arrivava a cavallo anche li’. Gli ambienti sono molto sfarzosi anche se la guida dice che troppe cose ormai non sono piu’ li’ al loro posto.

Il terzo cortile contiene la Sala delle Udienze, la Biblioteca con gli scritti antichi del Corano, una esposizione dei costumi imperiali dei Sultani e delle loro famiglie, gli inestimabili gioielli del Tesoro ed una incredibile collezione di miniature di manoscritti medievali.

Molto suggestivi i giardini disposti a terrazza con vista sullo stretto trafficatissimo di imbarcazioni di ogni tipo.

Visita alla MOSCHEA BLU’ cosi chiamata per gli splendidi riflessi delle 20000 piastrelle in ceramica di Iznik blu’ e bianche ai raggi del sole che penetrano attraverso le 260 finestre dell’imponente edificio; e’ l’unica moschea con quella della Mecca ad essere dotata di sei altissimi minareti (piu’ di sei non e’ ammesso per le leggi coraniche); questo enorme edificio replica al suo interno tutte le moschee viste finora: tappeti in terra, pareti spoglie (no statue, no altare, no ornamenti), ambiente unico grande senza navate. E’ stata costruita dopo la conquista di Bisanzio per fronteggiare l’imponente Santa Sofia con la sua gigantesca cupola simbolo della cristianita’, ed e’ subito divenuta il simbolo del popolo musulmano.

Sosta a sorseggiare un te’ all’aperto (bella giornata di sole) e poi andiamo fino alla stazione ferroviaria per vedere dove arrivava il leggendario Orient Express.

Visita al MERCATO EGIZIO molto affollato, molto colorato, molto profumato, molto bello. All’interno spezie e tessuti di tutti i tipi ed in grandi quantita’ (cannella, cumino, zafferano, menta, timo, ...) all’esterno frutta, carni, alimentari, oltre ai tanti ambulanti che vendono di tutto.

Nel tornare verso la pensione passiamo attraverso il GRAN BAZAR, mercato coperto della citta’ vecchia, labirinto di stradine e passaggi con piu’ di 4000 negozi: estremamente suggestivo.

Ci facciamo un riposino di un’oretta e poi verso le otto usciamo nuovamente per andare a mangiare nel ristorante anatolico di nome CENNET (Divanyolu Cad No 90 - Cemberlitas) notato durante la passeggiata pomeridiana che prometteva bene e mantiene le aspettative. In questo locale non vengono serviti alcoolici, bensi’ acqua, CAY e AYRAN. Ad allietare l’ambiente (gia’ di per se stesso suggestivo) c’e’ un gruppo di suonatori e cantanti che intonano le loro musiche popolari; al centro del salone due donne vestite nei loro tipici costumi sedute a terra a preparare le frittelle; intorno a loro sono disposti i tavolini bassi dei commensali seduti a terra sui tappeti dei nomadi degli altipiani anatolici o su soffici cuscini.

Dopo cena decidiamo di fare un salto in Asia percorrendo la zona del Gran Bazar - Mercato Egizio gia’ superata il  pomeriggio, ma di sera lo scenario e’ decisamente diverso e poco rassicurante;  avendo solo attraversato il GOLDEN HORN grazie al ponte Galata, in realta’ siamo sempre in Europa anche se in un altro quartiere (quello genovese): per andare in Asia si deve oltrepassare il Bosforo, ma il ponte relativo e’ assai piu’ distante.

Al rientro, per non ripassare nella zona non particolarmente sicura attorno al Gran Bazar, utilizziamo la metropolitana scoperta.

 

Martedi 22 ottobre 1996   -   La danza del ventre nella cornice offerta dalla Torre Galata

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Altra giornata tra le meraviglie di Istambul. Degna conclusione del tour nella Torre Galata: serata mondana imperniata sulla danza del ventre.

Visita mattutina alla BASILICA di SANTA SOFIA, oggi Museo Ayasofya, che e’ indubbiamente uno dei piu’ splendidi monumenti di tutti i tempi. Fondata da Costantino il Grande e ricostruita da Giustiniano nel VI secolo, e’ stata testimone della grandezza dell’impero bizantino e ha subito un’impressionante saccheggio durante la conquista ottomana. La sua immensa cupola si eleva a 55 metri dal suolo con un diametro di 31 metri conservando un fascino tutto suo.Trasformata in museo, spiccano i quattro grandi scudi appesi ed i mosaici bizantini dipinti sulle pareti (i piu' in pessimo stato di conservazione). Giro del palmo della mano nella colonna che trasuda la quale, secondo la tradizione, porta fortuna se si riesce a compiere l’intero giro senza staccare il pollice dall’incavo che ormai si e’ formato nella pietra di marmo.

Da li’ passiamo alla Cisterna Sotterranea bizantina del VI secolo davvero suggestiva, in particolare la colonna che lacrima e la medusa; curioso il bar ricavato nella cisterna coperto dal telone, per ripararlo dalle gocce che trasudano dal soffitto. La sua volta di mattonelle e’ sostenuta da 336 colonne corinzie.

 Dopo aver finalmente realizzato che l’antico Ippodromo utilizzato per le corse dei carri segnato sulla cartina di fronte alla Moschea Blu’ non esiste piu’ (sono solo visibili alcuni monumenti che lo decoravano tra cui l’Obelisco di Teodosio e la Colonna di Costantino), entriamo nella mostra dei tappeti nel museo dell’arte islamica ed anatolica molto interessante: in una sezione tappeti del XVI secolo appesi alle pareti con le descrizioni, oltre a miniature ed oggetti vari (Corano, teche per contenere il Corano, porcellane, ...); in un’altra sezione sono esposti i KILIM (in numero minore) ed inoltre si possono ammirare le diverse ambientazioni delle tende dei nomadi, coi telai per la lavorazione, i relativi attrezzi (pettini, cesoie), le tecniche per la colorazione della lana e via di seguito.

Nel pomeriggio GRAN BAZAR con la sua infinita successione di negozi, negozietti uno affianco o sopra l’altro e con una marea di turisti che passeggiano ed acquistano. Prezzi, almeno quello di partenza, per nulla convenienti che pero’ possono variare considerevolmente.

Interessanti i bauletti portagioielli in osso di cammello finemente disegnati e colorati con scene ottomane (alcuni anche all’interno); il prezzo pero’ e’ alto: per un baulettino di 10x5 cm chiedevano 3 MTL (circa 50.000 lire).

A dispetto di tutto questo casino e del calcolo delle probabilita’ Gianni ed io ci ritroviamo in questo bailamme dopo che ci eravamo persi di vista in mattinata durante la visita della mostra.

Proseguiamo il giro in coppia e tornando verso la pensione ci fermiamo a fare uno spuntino nel ristorante anatolico: anche oggi non riusciamo ad assaggiare il MANTI, per cui prendiamo nuovamente il GOZLEME.

Tornati in albergo confermiamo la prenotazione per il tour serale ed andiamo in camera a scrivere le cartoline (dobbiamo ancora iniziare ed io ne ho una trentina).

Tempo neanche un’oretta ed arriva il pullmino del tour operator a prenderci con una bella fanciulla come guida di nome Bourcio a prelevarci: e’ previsto un tour guidato della città’ e cena con “belly dancing”. A bordo ci sono altri sette tedeschi piu’ avanti di noi negli anni. Durante il tragitto dall’hotel al ristorante la ragazza ci illustra i posti che tocchiamo, rapida sosta per imbarcare altre tre persone tra cui due giovani avvenenti portoricane.

Con nostra sorpresa la meta e’ proprio la mitica TORRE GALATA edificata dai genovesi nel 1348 in quella che era una della tante colonie nel mediterraneo. Saliamo al ristorante posto al nono ed ultimo piano (62 metri di altezza) che dispone anche di una terrazza lungo tutto il perimetro che permette di avere un panorama a 360^ di Istambul (parte asiatica ed europea); al piano inferiore c’e’ un altro ristorante anch’esso di lusso.

La sala e’ circolare con la banda posta ad occupare l’area esterna di fronte alla piccola pedana centrale da cui partono i tavoli a raggiera fino ai finestroni periferici. Il nostro tavolo terminava verso la finestra prospiciente il CORNO d’ORO: avendo letto qualcosa riguardante il bel colore dorato che si riflette sull’acqua al tramonto e rapiti dalla poesia di questo estuario a forma di corno che divide in due la parte europea della citta’, Gianni ed io ci siamo preoccupati di prendere i due posti affianco la vista panoramica sull’esterno, scordando pero’ che ormai il sole era tramontato da un pezzo e che il vero spettacolo si sarebbe svolto all’interno. Per fortuna, affianco a noi si dispongono la bionda guida e le due costaricane Jessica e Mary Jane.

La serata promette subito bene perche’ il primo spettacolo e’ proprio di danza del ventre eseguita stupendamente da una creatura dai capelli lunghi e neri con le movenze da favola. Effettivamente avevamo commesso un errore stando in fondo, ma eravamo in ottima compagnia e riuscivamo ugualmente a vedere il vorticoso roteare dell’ombelico e dei fianchi della danzatrice bellissima nei suoi costumi tradizionali. Al termine di questo numero la ragazza passera’ tra i tavoli a fare le foto coi commensali (io non ho perso la mia).

I vari intrattenimenti (numeri di folklore locale, cantanti, ballerini) ed il cibo di buona qualita’ rendono la serata assai piacevole; tra i numeri fatti con le persone del pubblico, Jessica (seduta accanto a me) viene chiamata per il balletto di sole donne e poi succcessivamente vengo chiamato pure io per costituire un’inedita coppia latino-americana.

A mezzanotte lasciamo la Torre Galata per il rientro in pensione ove, prima di cadere vittima del sonno, scrivo ancora qualche cartolina.

 

Mercoledi 23 ottobre 1996   -   La spedizione delle cartoline ed il rientro

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La partenza del volo per Milano e’ prevista per le 10.10, per cui la sveglia e’ molto mattiniera; io mi alzo alle 06.00 per continuare a scrivere le cartoline.

Taxi preso al volo dalla strada per risparmiare la chiamata e definizione preventiva del prezzo senza l’uso del tassametro, sempre allo scopo di ridurre i costi.

Recupero delle bici un po’ difficoltoso poiche’ erano state lasciate presso lo scalo nazionale, mentre noi eravamo a quello internazionale e check-in senza alcun problema relativo al peso.

Terminiamo la scrittura delle cartoline in aeroporto, ma sono costretto a spedirne diverse senza il simbolino della bicicletta poiche’ ormai non c’era davvero piu’ tempo.

La partenza pero’ avviene con una mezz’oretta di ritardo con un arrivo previsto dopo due ore e trenta di volo.

A Linate troviamo la Patrizia che ci e’ venuta nuovamente a prelevare e ad acccompagnare a casa.

E’ andato tutto bene, ciao a tutti, Pierangelo.

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