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CONSIGLI PER UNA GITA CICLO-ENO-GASTRO-TURISTICA
Sabato 12 ottobre 1996 - Gianni, il problema del passaporto e,
finalmente, la partenza
Domenica 13 ottobre 1996 - Pullman di lusso e pedalata fino a tardi
col brivido
Lunedi 14 ottobre 1996 - La Valle di Ihlara e i primi problemi alla
bici del Vezz
Martedi 15 ottobre 1996 - Ancora problemi alla bici di Gianni: si
blocca il movimento centrale
Mercoledi 16 ottobre 1996
- La visita alla città’
sotteranea di Derinkuyu
Giovedi 17 ottobre 1996 - I Cammini di Fata e il rischio di restare
senza tetto per la notte
Venerdi 18 ottobre 1996 - La visita al caravanserraglio
Sabato 19 ottobre 1996 - Noleggio degli scooter e visita alla
fabbrica di tappeti turchi
Domenica 20 ottobre 1996 - Mettiamo a riposo le bici e diventiamo
definitivamente turisti
Lunedi 21 ottobre 1996 - A zonzo per i monumenti e le attrattive di
Istambul
Martedi 22 ottobre 1996 - La danza del ventre nella cornice offerta
dalla Torre Galata
Mercoledi 23 ottobre 1996
- La spedizione delle cartoline
ed il rientro
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Le violente eruzioni dei vulcani Erciyes (3916 m) e
Hasan (3268 m) avvenute tre milioni di anni fa, avevano ricoperto l’altopiano
intorno a Nevsehir con tufo, una
polvere composta da lava, cenere e fango. I venti e le piogge, erodendo queste
rocce friabili, hanno creato dei paesaggi surrealistici spettacolari a forma di cono, di pinnacoli, di burroni
scoscesi, dipinti con dei toni che variano dal rosso all’oro e dal verde al
grigio. E’ cosi’ che nacque una di quelle rare regioni del mondo nella quale
l’opera dell’uomo si mescola prudentemente al paesaggio circostante, una zona
conosciuta ai tempi dei romani sotto il nome di CAPPADOCIA, in cui sono state
scavate abitazioni nella roccia sin dal 4000 a.c.
Gianni ed io siamo andati nei luoghi dei “cammini di
fata” nell’ottobre del 1996 per una delle nostre classiche
ciclo-eno-gastro-turistiche, divenuta via via sempre meno ciclo e sempre piu'
turistica.
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1^ giornata - Sabato
12 ottobre 1996
casa - Milano
Linate auto
Patrizia
Milano
Linate - Istambul - Ankara aereo
Aeroporto
Ankara - stazione ferroviaria Ankara pullman
Stazione
ferroviaria - Ulus (Ankara) bici 2 km
2^ giornata - Domenica 13 ottobre 1996
Ankara -
Aksaray pullman 250 km
Aksaray -
Guzelyurt bici 55 km
3^ giornata - Lunedi 14 ottobre 1996
Guzelyurt -
valle di Ihlara - Selime - Guzelyurt bici
47 km
4^ giornata - Martedi 15 ottobre 1996
Guzelyurt -
Monastery Valley - Guzelyurt - Derinkuyu bici
60 km
5^ giornata - Mercoledi 16 ottobre 1996
Derinkuyu -
Nevsheir - Uchisar - Goreme bici
54 km
6^ giornata - Giovedi 17 ottobre 1996
Goreme -
Passbag - Zelve - Avanos - Goreme - Avanos bici
45 km
7^ giornata - Venerdi 18 ottobre 1996
Avanos -
Sanhan - Urgup bici 38 km
8^ giornata - Sabato
19 ottobre 1996
Urgup -
Valle di Soganli - Mustafapasa - Urgup scooter 110 km
9^ giornata - Domenica
20 ottobre 1996
Urgup -
Nevsheir - Ankara pullman
Ankara
Otogar - Ankara aeroporto taxi
Ankara -
Istambul aereo
Istambul
aeroporto - Istambul Sultanamhet taxi
10^ giornata - Lunedi
21 ottobre 1996
Istambul ( Topkapi / Moschea
blu’ / Gran Bazar ) piedi
11^ giornata - Martedi
22 ottobre 1996
Istambul ( S.Sofia / Torre
Galata ) piedi
12^ giornata - Mercoledi
23 ottobre 1996
Istambul
Sultanamhet - Istambul aeroporto taxi
Istambul -
Milano Linate aereo
Milano
Linate - casa auto Patrizia
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Tappeti : il tappeto turco deve essere
come una donna, deve cioe’ durare una vita. Questa frase mi e’ stata detta da
Ceyhan, uno degli innumerevoli venditori di tappeti incontrati durante il
nostro viaggio. Solitamente un buon venditore di tappeti e’ innanzitutto
poliglotta dal carattere vivace che dopo aver srotolato numerosi dei suoi
articoli, si dilunga in una dettagliata descrizione spiegando la loro origine,
la loro storia, il loro significato, poi si concede una sosta per sorseggiare
ed offrire ai suoi ospiti il te’; piu’ la trattativa si fara’ lunga e piu’ il
buon venditore portera’ il discorso su altri temi sapendo intavolare piacevoli
conversazioni, offrira’ altri te’, ma puntualmente tornera’ alla carica
mostrando altri tipi di tappeti al suo cliente di cui ora inizia a conoscere
meglio i suoi gusti, le sue idee ... I Turchi asseriscono, a torto o a ragione,
di essere stati gli inventori del tappeto annodato; cio’ che e’ comunque certo
e’ che sono i continuatori di una tradizione tessile tanto lunga quanto
gloriosa. Il classico tappeto turco sia esso GIGIM (coi disegni in rilievo), o
SUMAK, o altro e’ rigorosamente annodato col nodo doppio, diversamente il KILIM
non ha nodi essendo un tappeto tessuto. E’ importante ricordare che il tappeto
persiano a differenza di quello turco ha il nodo singolo. La ricca gamma di
colori si puo’ ottenere utilizzando coloranti vegetali ricavati da piante
locali, che danno colori naturali, leggermente variegati di grande luminosita’;
essi sono piu’ tenui e piu’ caldi degli artificiali e resistono di piu’ nel
tempo. Nel significato dei colori, il rosso rappresenta l’amore, il bianco la
purezza, il verde la fertilita’, ... Il disegno, i colori, la varieta’ di
filato ed il tipo di lavorazione sono tutti fattori che possono servire a
determinare la provenienza di un tappeto, la quale tipicamente da’ anche il
nome al relativo tipo di tappeto. A seconda del tipo di tessuto usato, in un
metro quadro di tappeto possono essere stati fatti 90.000 nodi se e’ lana e 4
milioni se e’ seta (come ho detto prima, per un tappeto turco si intende sempre
doppio nodo). Un tappeto annodato in lana puo’ essere realizzato anche in 40
giorni di lavoro, considerando sei ore medie di lavoro al giorno. Diversa
musica quando si parla di tappeto in seta, infatti in questo caso vi possono
essere 10x10, 12x12 fino ad addirittura 16x16 nodi al cm2, piu’ aumentano i
nodi piu’ la definizione dei disegni ed il valore del tappeto sale. La
lavorazione di un tappeto in seta 16x16 e’ molto impegnativa e puo’ tranquillamente
durare parecchi anni, infatti e’ necessario l’uso di una lente, data la
ridottissima dimensione dei nodi, e una donna potra’ essere impiegata da 40-45
minuti (16x16 nodi) fino ad un massimo di due ore e mezza (10x10 nodi) al
giorno, non di piu’ perche’ il limite e’ dato dall’affaticamento degli occhi
(durante le soste le donne bagnano gli occhi col te’ per decongestionarli).
Siamo stati ospitati da Ceyhan in un caravanserraglio sede di produzione e
vendita di una cooperativa di tappeti di Mustafapasa ed abbiamo potuto ammirare
le varie fasi della lavorazione del tappeto restando semplicemente affascinati
dalle spiegazioni e da cio’ che abbiamo visto: in un ampio salone
sufficientemente illuminato, i telai sono disposti lungo il perimetro addossati
alle pareti, le donne sono sedute in terra di fronte al loro telaio sul quale
e’ appoggiato il disegno di cio’ che sara’ il tappeto; lo scheletro del tappeto
e’ costituito da fili molto fitti che corrono verticalmente e sono assicurati
ai due bracci superiore ed inferiore del telaio. La donna ha accanto a se’
innumerevoli spezzoni di filo di lana o seta (a seconda del tappeto) di vari
colori, ognuno lungo un metro circa; preso uno spezzone, con un gesto rapido
lega il primo filo del telaio al secondo e da’ uno strappo misurato allo
spezzone, poi lega lo stesso filo (il secondo) al filo successivo e da’
nuovamente lo strappo, realizzando per ogni filo del tappeto il famoso doppio
nodo vanto dei turchi; questo semplicissima operazione viene ripetuta per ciascun
filo del telaio fino a concludere la prima fila, ogni fila appena creata viene
tirata giu’ fino ad uno scontro disposto in basso mediante un grosso pettine e
grazie ad un’apposita cesoia tutti gli spezzoni in eccesso dei nodi vengono
asportati; nodo dopo nodo, fila dopo fila il tappeto cresce, il disegno prende
forma semplicemente alternando di volta in volta lo spezzone del giusto colore.
Come gia’ accennato, oltre a produrli la cooperativa rivende anche tappeti che
vengono acquistati da chi, come Ceyhan, va in giro tra le tende dei nomadi a
riconoscere quelli piu’ meritevoli:
prima di essere immessi sul mercato vengono lavati per verificare la
qualita’ del tessuto e per farli rinascere. Per chi possiede gia’ un tappeto,
esso va’ lavato semplicemente con acqua e sapone strofinandolo sul retro per
mezzo di una spazzola, niente altro. Un tappeto fatto a mano puo’ contenere
degli errori che lo possono rendere anche piu’ interessante. Tra i vari simboli
che compongono il disegno si possono riconoscere le tende dei nomadi, il ragno,
l’uccello del paradiso, le file coi cosiddetti “running dogs” e “running
water”. In ogni classico tappeto turco, prima di arrivare al disegno centrale,
bisogna attraversare sette differenti cornici che via via, seguendo il perimetro
esterno, si sviluppano una dopo l’altra dall’esterno verso l’interno e
rappresentano simbolicamente le sette porte da attraversare prima di arrivare
al paradiso: andare almeno una volta nella vita alla Mecca, aiutare i poveri,
non bere, non cambiare donna, ... Per chi volesse acquistare un tappeto turco
direttamente dall’Italia puo’ farlo chiamando lo 00384.341.4238, rispondera’
proprio il nostro cicerone, Ceyhan Isler, il cui indirizzo e’ Fatih mah / Ugur
mumiu sok / 50400 Urgup-Nevsehir / Turchia.
Bagno turco :
assolutamente da provare, soprattutto dopo una giornata di sudore, e’ il
classico salutare e rilassante bagno turco (hammam). Abbiamo provato questa
esperienza ad Urgup su consiglio ed indicazione di un locale; TARIHI SCHIR
HAMAMI e’ il nome del bagno da noi testato con un minimo di curiosita’ e
timidezza. Ci si spoglia in una cabina con chiave ove si lascia tutto e si esce
indossando solo un asciugamano in cotone attorno alla vita ed un laccetto al
collo con la chiave dello spogliatoio. Ridotti cosi’ ai minimi termini, si
accede ad una prima stanza con i gabinetti ed il piano del massaggio, poi si
giunge al vero e proprio bagno turco: tutto e’ rivestito in marmo, al centro e’
disposto un piano rialzato in marmo a pianta esagonale con leggera pendenza dal
pavimento fino alla parete della sauna, posta rispetto ad un lato dell’esagono,
su cui ci si sta seduti o completamente distesi a lessare. Questo salone
centrale aveva quattro aperture ai suoi vertici, ognuna delle quali con dei
lavelli accanto ai quali c’era la possibilita’ di sedersi per buttarsi scodelle
di acqua fresca addosso; solo una delle quattro salette aveva una rudimentale
doccia in alternativa alle scodelle. Stavamo cinque-dieci minuti distesi sul
piano inclinato, poi quando eravamo coperti dal sudore coi pori belli aperti,
passavamo a rinfrescarci con la doccia, per poi tornare nella sala centrale
oppure nella sauna. Non esiste un limite di tempo, noi in totale siamo rimasti
piu’ di un’ora, considerando anche il successivo trattamento per persona
incluso nel prezzo: in totale per il lavaggio e massaggio abbiamo speso 800.000
TL (appena 7000 lire a testa). Uno alla volta (prima Gianni poi io) siamo
andati nella saletta dedicata ove prima siamo stati accuratamente lavati
(secchi di acqua moderatamente calda, strofinatura col guanto, lavaggio col
sapone e di nuovo acqua calda), poi siamo stati massaggiati dalla testa ai
piedi (estremita’ incluse ad eccezione delle sole parti coperte
dall’asciugamano) da un baffuto energumeno straordinariamente rilassante e
tonificante.
Bambini : eccetto in qualche posto
isolato e quindi poco turistico, ove le bici hanno riscosso notevole interesse
e curiosita’, non siamo stati particolarmente oggetto di interesse per i
ragazzini molti dei quali ci salutavano al grido di “hello”, alcuni ci hanno
avvicinato chiedendoci “money” o “bonbon”, qualche rara volta siamo stati
oggetto del lancio di sassi (abitudine in voga nei paesi arabi). I bambini
delle scuole elementari hanno il grembiulino color turchese (maschi e femmine)
con un colletto bianco che poteva essere ricamato nelle bimbe; i ragazzi piu’
grandicelli uscivano da scuola con una divisa composta da pantaloni grigi,
camicia bianca, giacca turchese e cravatta scura, le ragazzine non indossavano
divisa, o meglio, non abbiamo mai notato ragazzine nelle scolaresche piu’
grandi, infatti un pensiero e’ stato che l’obbligatorieta’ della scuola sia
diversa a seconda del sesso.
Donne : essere donne in Turchia,
soprattutto in alcune zone, puo’ non essere comodo affatto; i duri lavori nei
campi vengono svolti solo da donne, i pochi uomini presenti non li ho mai visti
faticare, nemmeno durante le operazioni di carico e scarico dei camion (erano
solo autisti); sono rimasto incredulo il giorno che ho visto una tunica nera con
una rete all’altezza del viso che teneva la mano ad un giovane integralista nel
centro affollato e cosmopolita di Istambul (sotto la tunica doveva esserci una
giovane donna); lecito e’ poi il dubbio riguardante l’eta’ di abbandono delle
scuole da parte delle bambine (v. la voce precedente).
Religione : sicuramente
molto sentito e partecipato l’aspetto religioso in questo popolo, infatti non
e’ raro trovare uomini o donne per le strade col rosario in mano, esistono
stazioni di servizio distribuite lungo strade di grande comunicazione dotate
anche di una piccola frequentata cappella, alcune volte poi ci e’ capitato di
vedere persone inginocchiate a pregare nei campi col viso rivolto verso la
Mecca; spesso siamo stati svegliati nella notte dalle grida (o dalle nenie, o
dai gemiti, ...) del muezzin che intonava la preghiera.
Contrattazione : la
negoziazione del prezzo e’ necessaria un po’ ovunque, se poi si va in paesi
come questo e’ fondamentale; diventa addirittura doverosa nell’acquisto di
alcuni prodotti caratteristici come un tappeto. La contrattazione e’ un vero e
proprio rito con le sue regole che esigono sempre il rispetto di chi sta di
fronte nonche’ dell’oggetto della discussione; qualunque sia alla fine il
prezzo pattuito, il venditore ci ha sempre guadagnato qualcosa e sara’ stato
lui a decidere se e quanto concedere all’eventuale acquirente. In molti casi il
prezzo pattuito non e’ associato all’oggetto in vendita, bensi’ alla persona
che sta trattando l’acquisto; chi sta comprando non sta deprezzando il valore
intrinseco dell’oggetto, che vale ben di piu’ della cifra offerta, sta dando la
giusta importanza all’operazione di acquisto che non deve essere fatta con
leggerezza e vuole il suo tempo, sta dando il suo valore aggiunto all’oggetto
che inizia ad entrare nel suo mondo, sta stimolando il buon venditore a
guadagnarsi il denaro trovando le giuste motivazioni, le corrette
interpretazioni a sostegno delle sue argomentazioni. All’inizio c’e’ un prezzo
in US$, in TL asettico, impersonale, durante la contrattazione prende forma un
costo da associare a quella merce per quella persona, alla fine, talvolta, si
arriva a definire il valore dell’oggetto.
Danza del ventre : nata per
stimolare il desiderio nell’uomo, questa danza esalta la femminilita’ ed e’ parte
integrante del costume arabo; un po’ per gioco ed un po’ per tradizione, molte
ragazzine si cimentano con successo e con molta grazia ad interpretare questa
danza in modo estemporaneo. Spettacoli basati su questo ed altri numeri di
intrattenimento, fanno parte di tutti i pacchetti proposti da ogni tour
operator; Gianni ed io non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di concederci
una serata che oserei definire “cucco”.
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Città’ sotterranee : nella
regione ne sono state localizzate piu’ di una trentina, ed il numero e’
destinato ad aumentare; chi furono i primi uomini che scavarono queste città’ ?
In quale epoca iniziarono a scavare ? Perche’
furono costruite ? ... a queste
e ad altre domande non si riesce ancora a dare una risposta certa, di certo si
sa che tante furono le civilta’ che hanno dominato questi luoghi e tante sono
state anche le persecuzioni a danno delle minoranze che si sono via via
susseguite. L’unica città’ sotterranea da noi visitata e’ stata quella di
DERINKUYU, definita la nona meraviglia del mondo, dedalo di cunicoli angusti e
contorti che si sviluppano su dodici livelli (qualcuno sostiene diciotto), dei
quali solo i primi otto sono aperti al pubblico.
Il Profeta : nei vari
musei visitati siamo riusciti a vedere il pelo della barba del profeta, un suo
dente, una lettera scritta di suo pugno, l’impronta del piede sinistro, ...
abbiamo poi deciso di non vedere altre sue parti anatomiche ...
Piccionaie nel tufo : una costante
delle realizzazioni in tufo sparse ovunque in alcune zone da noi battute, siano
esse chiese o abitazioni erano innumerevoli buchi a mo’ di gruviera, che le
rendevano meno gradevoli alla vista; per i piu’ curiosi come me che non
riuscivano a darsi una spiegazione del perche’, ecco svelato l’arcano: l’uomo
neolitico locale aveva scoperto che lo sterco dei piccioni era un ottimo
concime per i suoi campi ed allora aveva ricavato nel tufo (soprattutto nella
parte alta della roccia) numerosi buchi per accogliere i piccioni, ad
intervalli regolari si faceva calare dall’alto con una fune per razziare il
guano dei volatili dai nidi che aveva preparato.
Depositi per patate : ecco
un’altra curiosita’ scoperta casualmente. Questa zona dell’altopiano e’
estesamente coltivata a patate (non facile pero’ trovarle a tavola poiche’
vengono esportate all’estero) e spesso e volentieri, grazie alla temperatura
costante, le cave realizzate nel tufo vengono utilizzate come deposito di
patate con tanto di sfiati e condotti per l’aerazione.
Bigliettini da visita : diversi
bigliettini che ci sono stati dati su nostra richiesta, venivano
precedentemente annullati dal titolare con un tratto di penna sul retro; ci e’
stato spiegato che qualora comparisse una cifra e non ci fosse l’annullo, il
titolare puo’ venir chiamato a corrispondere il valore indicato a tergo.
Moschee : alcuni tratti comuni trovati
nelle diverse moschee visitate sono gli innumerevoli tappeti presenti
all’interno, alcuni antichi e di valore frutto generalmente di donazioni,
nonche’ l’intenso odore di piedi che le caratterizza, malgrado le abluzioni
obbligatorie da fare all’esterno prima dell’ingresso laddove si lasciano le
calzature.
Bagni pubblici : se e’ vero,
come lo e’, che i turchi e’ il popolo che fuma di piu’ al mondo, e’ giusto
anche dire che tengono in grande considerazione l’igiene, infatti non e’
difficile trovare nei piccoli paesini gli utilissimi bagni pubblici; la maggior
parte dei WC incontrati sono estremamente puliti e con una particolarita’ relativa
alla tazza: l’esistenza di una cannula, un ugello per la la fuoriuscita di
acqua per fare il bide’; in alternativa a questo tipo di tazza che potrei
definire bifunzionale, c'e' la classica tradizionale con sempre affianco un
rubinetto con un piccolo recipiente per facilitare l’eventuale operazione di
sciacquatura delle parti intime.
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Guida CLUP : acquistata
da Gianni prima della partenza, ci e’ stata di grande aiuto; molto precisa ed
attuale, ci ha anche consentito di apprezzare meglio alcune caratteristiche e
peculiarita’ dei posti visitati, nonche’ degli usi e costumi.
Cambi : la valuta locale e’
essenziale, ma non e’ conveniente effettuare un grosso cambio appena giunti in
aeroporto; nelle grosse città’ esistono parecchi banchi di cambio che spesso
sono piu’ convenienti delle banche; esiste anche il cambio in nero, ancora piu’
conveniente, ma abbiamo preferito non utilizzarlo se non eccezionalmente. Ecco
i cambi delle divise utilizzate per un confronto coi prezzi : 1 US$ = 90.000 TL
(lire turche), 1 lira italiana = 60 TL (lire turche).
Militari : e’ una presenza costante, ma
discreta quella dei soldati ad ogni view point oppure in ogni luogo di
attrazione (Museo all’aperto di Goreme, Torre di Uchisar, roccia del cammello,
formazioni a fungo di Urgup, ...)
Clima : temperatura fresca di giorno,
giornate prevalentemente soleggiate con sole sufficientemente caldo; al
tramonto e’ necessario stare coperti per il repentino cambio di temperatura;
tasso di umidita’ molto basso, la notte soprattutto e’ davvero secco al punto
che il naso ne risente.
Souvenir : il KAPALI CARSI di Istambul,
meglio conosciuto come GRAN BAZAR (v. descrizione del giro), e’ il luogo
migliore dove trovare una gamma unica di prodotti e prezzi. Oltre ai classici
tappeti e kilim, si trovano raffinate pipe in sepiolite (la schiuma del mare),
splendide ceramiche lavorate e dipinte a mano, prodotti in cuoio, oggetti di
rame e ottone e poi gioielli per tutti i gusti e le tasche, luccicanti e variopinte bambole di pezza
(famose quelle di Zelve) e oggetti antichi (armi ottomane, tabacchiere)
e...
Otogar : e’ una parola che abbiamo
imparato a conoscere sul posto avendone fatto uso, e’ la stazione dei pullman.
Sterrati : l’orografia del terreno a
tratti molto contorta e la densita’ di popolazione per niente affatto densa,
oltre al generale stato di parziale arretratezza, fanno si’ che gli sterrati,
che si dipartono dalle strade di lunga percorrenza e portano nelle realta’ piu’
nascoste e affascinanti del territorio, sono innumerevoli; non ne abbiamo
percorsi tanti quanto avremmo voluto causa la non perfetta performance del
mezzo meccanico di Gianni (v. il resoconto), ma quelli intrapresi si sono rivelati
pedalabili; peccato non sia facile trovare cartine dettagliate e
sufficientemente affidabili.
Deposito bagagli :
all’aeroporto di Istambul, come a quello di Ankara, non esiste un
servizio di deposito bagagli interno, se si eccettua un “left baggage” dell’autopark
molto caro (il deposito delle bici e’ costato quasi quanto la camera).
Problemi meccanici del Vezz :
cinque o piu’ forature, un cavetto del freno spaccato, il movimento
centrale andato, il vespino senza benzina ... scorrendo il rendiconto si puo’
vedere che non c’e’ giorno che il Vez non abbia creato un problema al suo
compagno di viaggio. Ha perfino terminato il rullino della macchina fotografica
in un momento realmente cruciale ! Che stia invecchiando ? ... insinuano i
maligni. In realta’, io che sono il suo agiografo, penso l’abbia fatto apposta
per dimostrare a tutti che e’ anche un umano quando vuole.
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Non e’ facile raccapezzarsi in un menu’ scritto in
turco. Le prime volte che si va a cena potrebbe essere utile andare nelle
LOCANTASI che hanno in esposizione i piatti proposti nelle incomprensibili
liste distribuite ai tavoli e poi segnarsi le specialita’ locali che ad occhio
ci gustano maggiormente. Altrettanto valide, ma piu' rare, le locande che
offrono il menu' con la foto del piatto proposto.
Di seguito un piccolo estratto dei cibi e delle
bevande da noi piu’ gettonati.
Gay
(pron. ciai): e’ il nostro te’, bevanda classica turca, che si beve ovunque ed in qualunque
occasione (v. tappeti); caratteristici, affollati e colmi di fumo i saloni del
te’ (molto popolari e popolati).
Ayran : fresca bevanda costituita da
yogurt (squisito in tutta la Turchia) ed acqua.
Turasan : vino bianco e rosso assai
popolare della Cappadocia.
Racky : liquore d’anice usato dai
locali anche per pasteggiare.
Gozleme : sorta di piadina con
formaggio, patate, spinaci, carne, ...
Manti : una specie di ravioli, tipici
della cucina anatolica.
Mixkebab : piatto di carni, formaggi e
verdure miste, cotti e serviti in un unico piatto caldo.
Musakka' : tipico piatto con ripieno di
melanzane.
Pide
: pizza turca, specialita’ locale
assaggiata una volta; la semplice sfoglia di pide puo’ essere servita nei
ristoranti al posto del pane.
Domater Dolmasi : gustosi pomodori
farciti al riso.
Siskebab : proteici spedini di montone
alla brace.
Pilav : e’ il nostro riso che qui
spesso si accompagna a numerosi piatti di carne.
Sutlac : budino di riso allo
zafferano; dessert locale che puo’ essere servito con cannella.
Firinda Kuru Fasulye : fagioli;
elemento molto comune nella cucina turca.
Bulgur Pilavi : cus-cus.
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Te-Sciai-Cur / Saol : due modi di
dire grazie.
Gule-Gule : ciao (in risposta ad un
precedente saluto).
Alaishaladik :
arrivederci.
Ciok Pahali : troppo
costoso (utile per far presa sui venditori di tappeti).
Ugius : conveniente (questa parola
non l’ho mai usata).
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Quando si parte per un viaggio occorre naturalmente
portarsi sempre tutto cio’ che puo’ servire, facendo attenzione all'ingombro ed
al peso: il bagaglio deve includere capi di abbigliamento, generi di prima
necessita’, attrezzatura sportiva o di base, cose personali, ... In base alle
condizioni climatiche, al tipo di vacanza, al modo in cui la si vuole
affrontare ed al luogo di villeggiatura, si dimensiona lo zaino. Nel caso di
una ciclo itinerante, organizzata a tavolino con un banale percorso di massima,
e’ pacifico che l’esperienza gioca un ruolo fondamentale che permette di
prevedere le situazioni che si possono creare durante il suo svolgersi.
Riporto alcuni punti da tenere sempre in
considerazione ed eventualmente seguire nel comporre il proprio bagaglio a
casa:
1_ spulciare
la lista delle cose da portarsi commentandola e tenendo ben presente
l’importanza del fattore peso; esiste un limite di peso per la spedizione dei
bagagli in aereo (la bici pesa una quindicina di chili, uno zaino circa dieci)
ed inoltre e’ opportuno non caricare eccessivamente le bici per migliorare la
propria fluidita’ della pedalata.
2_ portarsi
dietro uno zainetto leggero ripiegato per i souvenir ed acquisti vari da
utilizzare al rientro (solitamente al ritorno il bagaglio e’ piu’ voluminoso).
3_ portare con
se’ le luci della bici; oltre che essenziali per la pedalata notturna
dovuta a motivi di forza maggiore, sono utilissime per la visita delle chiese
rupestri, grotte e quando resti senza luce in pensione ...
4_ abbigliamento: occorre prevedere qualunque condizione meteo,
per cui il freddo va contrastato con
pile, thermodress, goretex, guanti e berretto lana, se piove e’ essenziale un
ricambio completo mantenuto asciutto da indossare prontamente quando si smette
di pedalare, col sole sono importanti gli occhiali scuri ed il cappellino per
chi non indossa sempre il caschetto.
5_ portare l’attrezzatura
fotografica per organizzare le serate diapo a posteriori in casa Moiols
o Ortoz (ove si mangia di piu’).
6_ prevedere i
lucchettini da applicare su tutto cio’ che viene spedito in aereo.
7_ sveglietta: le prime ore del mattino sono le piu’ fresche e
salutari della giornata, assolutamente da non perdersi in una ciclo che si
rispetti.
8_ guida/cartine: portarsi sempre una buona guida che privilegia
l’aspetto pratico delle cose (mangiare, dormire, usi e costumi) a tutto il
resto (veste grafica, foto a colori); ottime sono le Guide EDT, traduzioni
dell’australiane Lonely Planet, le guide francesi del viaggiatore (routard), le
guide della CLUP; a volte e’ opportuno prendere sul posto le cartine con
maggiori dettagli sui tracciati.
9_ ricambi
ed attrezzatura per la bici: kit per le forature, mini-pompetta, camera d’aria,
(un copertone potrebbe essere opportuno se c’e’ posto).
10_ e’ bene poi non dimenticare il coltellino
milleusi, il lucchetto per la bici, il beauty, un costume, nonche’ un buon
libro oppure un blocchetto appunti e penna per riempire qualche pausa in relax.
Altri suggerimenti pratici di carattere generale
possono essere:
a_ fare una
buona manutenzione preventiva della bicicletta per evitare di fare la
fine di Gianni (v. la relazione).
b_ prima della
partenza e’ bene farsi sempre un’assicurazione contro gli infortuni, la
Europ Assistance, di solito integrata nel conto in banca, e’ sufficiente;
portarsi sempre dietro i riferimenti (num. codice, num. telefono) ed avvisare
immediatamente la centrale operativa in caso di necessita’ (la prima telefonata e’ a carico dell’assistito, le
seguenti no), conservare tutte le ricevute delle spese per il rimborso: sono
preparato sulla materia avendone sfortunatamente fatto uso (non in questa
occasione) ...
c_ fare una fotocopia
dei documenti per l’espatrio e del biglietto aereo (per ogni evenienza in
caso di smarrimento) e non dimenticare
la carta credito e la valuta estera.
d_ nel caso di
un giro itinerante tutto il necessario deve stare dentro uno zaino da
assicurare al portapacchi tramite un paio di ragni e da mettere in spalla
durante le discese off-road, piu’ una borsa bici od un marsupio da legare
anteriormente.
e_ per la
scelta del luogo di riposo il buon ciclista privilegia i fattori essenziali,
per cui vedere le stanze e trattare sul prezzo, fare il controllo
dell’esistenza dell’acqua calda e del confort del letto, pensare al ricovero
del fedele mezzo meccanico (deve possibilmente essere al chiuso in un luogo
sicuro; spesso la abbiamo portate in camera con noi ...).
f_ conservare
sempre il bigliettino della pensione in cui si e’ dormito la notte precedente;
per chi come noi, non si e’ ancora dotato di telefonino, puo’ essere necessario
l’unico comune riferimento telefonico per casi di necessita’.
g_ se si
prevede di fare un percorso con incognite (inesistenza di centri abitati), e’
bene pensare gia’ dalla mattina ad
acquistare qualcosa da mangiare; ideale e’ la frutta, disseta e nutre.
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Il volo da Linate e’ schedulato per le 13.10 con
arrivo ad Istambul alle 17.10 (un’ ora di fuso in avanti ), un’oretta di attesa
per la coincidenza, ed arrivo ad Ankara alle 19.30: corriamo il rischio di
perderlo per un’errata indicazione riguardante il passaporto, ma la fortuna e’
dalla nostra parte e la sera siamo nella capitale turca non ancora a nostro
agio per la difficolta’ della lingua.
La Patrizia ci accompagna all’ aeroporto, ove
arriviamo in largo anticipo. Impacchettiamo le bici per il volo e con calma ci
avviamo al check-in: a dispetto delle parole della Raffaella (la graziosa
impiegata dell’ufficio viaggi ST), il passaporto e’ necessario per l’imbarco
verso la Turchia a meno di non far parte di gruppi organizzati con alberghi
gia’ prenotati dall’Italia prima della partenza. Gianni, che ne era sprovvisto,
non si perde d’animo e prende un taxi per tornare a casa a Monza: la corsa
contro il tempo del Vezz e del taxista e’ disperata, nel frattempo mi do’ da
fare per trovare alternative al volo e per l’imbarco immediato delle bici. La
fortuna e’ dalla nostra parte: il volo partira’ in ritardo e riusciamo cosi’ a
compiere tutte le operazioni per iniziare col piede giusto il nostro viaggio
alla volta della Turchia.
Appena giunti ad Ankara abbiamo subito la conferma
dell’obbligatorieta’ del passaporto: e’ necessaria la Visa in entrata (5US$)
che va apposta sul passaporto col relativo timbro di ingresso.
Cambiamo un po’ di denaro in lire turche (v. sezione
“varie” per conoscere i relativi cambi), recuperiamo i bagagli e le bici senza
problemi di sorta ed indossiamo gli indumenti da ciclista nei bagni
dell’aeroporto, molto puliti e luminosi, dotati di rubinetti miscelatori ultima
generazione della tedesca Hans Grohe. Componiamo in un’unica borsa tutto il
nostro cambio e cio’ che non ci servira’ per il giro, con l’idea di lasciarla
in deposito bagagli: scopriamo che non esiste in aeroporto bensi’ in un
autopark al di fuori.
Il primo impatto con la loro lingua non e’ affatto
positivo: non conoscono l’inglese e tantomeno l’italiano (qualcuno conoscerebbe
qualche parola in tedesco, ma noi no!). Infatti riusciamo a fare confusione col
cambio del prezzo per il deposito del borsone nell’autopark e fatichiamo a
trovare il terminal dei bus per la città’ (era buio ed il bus era il mezzo piu’
opportuno).
Giunti in città’ (stazione ferroviaria) ci restano
pochi chilometri da percorrere in bici per giungere nella parte vecchia di
Ankara (quartiere Ulus) ricca di alberghi per tutti i gusti e le tasche.
Sono ormai le undici di notte quando terminiamo di
sistemare le bici in albergo ed usciamo per fare quattro passi e mangiare
qualcosa. Le vie sono molto animate, pero’ di soli uomini, infatti le poche
donne si riescono davvero a contare sulle dita di una mano. Mangiamo in una
LOCANTASI e chiudiamo la cena col classico CIAI con cui iniziamo a fare
conoscenza.
Andiamo a nanna che ormai e’ l’una passata.
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Il nostro programma prevede una giornata piuttosto
intensa: viaggio in pullman di circa 250 km e quindi pedalata fino ad un
vecchio paesino, Guzelyurt, dotato di una pensione molto caratteristica
consigliata dalla nostra guida CLUP.
La sveglietta squilla alle sette, ma restiamo a letto
qualcosina di piu’ ... infatti solo verso le nove scendiamo a fare colazione:
olive nere al forno, fette di pane imburrate, formaggio fuso, miele e tazzone
di latte e caffe’.
Per raggiungere la OTOGAR, da cui partono tutti i
pullman di linea, dobbiamo pedalare una decina di chilometri. Contrattiamo
timidamente sul prezzo della corsa Ankara-Aksaray con una delle tante agenzie
presenti: un milione di lire turche (meno di 20.000 lire) per due persone e le
bici. Il trattamento che riceviamo e’ superlativo: le bici vengono sistemate
nel piano bagagli con tutte le precauzioni ed a noi vengono offerti durante il
percorso acqua, dolcetto e te’. I 250 km del viaggio si snodano lungo un
continuo nastro nero di asfalto, molto battuto dal traffico pesante dei TIR, in
uno scenario piatto, arido e desolato per nulla adatto alle biciclette (abbiamo
visto giusto a scegliere il pullman, decisamente comodo e spazioso, con hostess
e stewart davvero gentili).
Dopo circa due ore e mezza (sono circa le due del
pomeriggio) giungiamo poco fuori Aksaray in un moderno caravanserraglio con
ristorante e bar molto attrezzato.
Approfittiamo del bellissimo bagno pubblico (10.000 TL
per accedervi, meno di 200 lire) per i nostri bisogni e per indossare gli abiti
da ciclista.
Da Aksaray a Guzelyurt sono circa 45 km in un
paesaggio per nulla entusiasmante; la strada e’ lunga ed, escludendo il
dolcetto in pullman, abbiamo mangiato solo a colazione questa mattina.
La giornata e’ coperta e piuttosto fredda, la strada
sale e scende in continuazione in questo altopiano che ci vede entrambi
affamati ed affaticati. Gianni avvista due piccoli grappoli d’uva in una vigna
lasciata a se stessa; e’ determinante l’apporto di questi zuccheri, almeno a
livello psicologico, per affrontare gli ultimi chilometri: scopriamo a nostre
spese che il paese si trova a circa 1500 metri di altezza (la nostra cartina
purtroppo non riportava l'altimetria) e l’ultimo tratto (oltre 4 km) e’ in
forte salita.
Ci superano parecchi camion carichi di donne con ampie
vesti e viso coperto, sedute sui sacchi di patate raccolte durante una intera
giornata di lavoro nei campi. Alcuni camion avevano anche barbabietole e sterpi
del deserto (utili come fieno) ed il tutto veniva scaricato sempre dalle stesse
donne appena giunte a destinazione.
Verso le sei, con le prime ombre della sera gia’
calate, giungiamo finalmente in paese: la nostra guida indicava una pensione
ricavata nei locali di cio’ che era un antico monastero. L’hotel KARBALLA
(questo e’ il suo nome) e’ gestito da una giovane australiana e dal boss Celo
(pron. Gielo), ma a causa della presenza di una comunita’ religiosa americana
(Ankara Protestant Community) l’albergo e’ pieno. Non esistono alternative in
questo piccolo paese rurale, per cui insistiamo in modo discreto: ci dicono di
attendere in refettorio perche’ ci troveranno una camera per la notte.
E’ davvero un posto molto affascinante che riesce a
portare l’orologio del tempo molto indietro negli anni; la stanza messa a
nostra disposizione poi, e’ deliziosamente disposta su due livelli (sotto il
bagno, sopra i letti) con le volte ad arco in pietra lavorata, i letti a
livello del terreno e tappeti ovunque. Rapida doccia prima di cenare nell’ampio
suggestivo refettorio: la mezza pensione per entrambi e’ di 3 MTL (50.000
lire).
Dopo cena, verso le nove, usciamo per fare quattro
passi nel paese, ma facciamo subito sosta nell’ampio giardino della nostra
pensione con la comunita’ americana che stava facendo festa intorno ad un
grande fuoco; socializziamo quel tanto che basta per assaggiare i marshmallow,
resi burrosi dalle fiamme, con cioccolata e gallette (chissa’ se la Lynne,
nostra cara amica inglese, e’ a conoscenza di questa specialita’).
Entrambi abbiamo idea di assaggiare un qualunque
tipico liquore turco, ma l’unica locanda che troviamo e’ colma di persone che
assistono ad una partita a pallone. Preferiamo non entrare nemmeno vista
l’incredibile quantita’ di fumo presente (i turchi sono il popolo che fuma in
media piu’ sigarette al mondo).
C’e’ un negozio di tappeti ancora aperto con delle
cartoline all’esterno: diamo un’occhiata alle cartoline quando il proprietario
ci fa entrare. Come era gia’ successo a Creta, anche qui appena sentono
“Italia”, taluni rispondono “mafia”. Parliamo del piu’ e del meno e gli chiedo
il prezzo di un KILIM di lana fatto a mano: il valore di partenza e’ 45 milioni
di lire turche (circa 750.000 lire). Gli chiedo il suo bigliettino da visita,
ma prima di porgermelo lo annulla con un tratto a penna, in quanto dice che se
non facesse cosi’ qualcuno potrebbe reclamare un credito in denaro verso di lui
(v. sezione curiosita’).
Torniamo in albergo dopo aver dato un’occhiata alla
parte piu’ vecchia del villaggio ove alcune case risalenti all’eta’ preistorica
(neolitico) sono ancora abitate.
Non e’ raro trovare qualche segno inconfondibile della
civilta’ greca in questo posto sperduto della Turchia centrale perche’ fino al
1924 turchi e greci vivevano assieme, gomito a gomito in queste zone; un
accordo tra i due governi mise fine ad una serie interminabile di contrasti tra
le due etnie effettuando uno scambio di intere popolazioni: gli abitanti greci
lasciarono Guzelyurt a favore dei turchi che avevano abbandonato i villaggi di
Kozan e Kastorya in Grecia per trasferirsi qui.
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In previsione di un giro ad anello che ci riportera’
al punto di partenza, prepariamo un bagaglio leggero costituito per lo piu’
dalle apparecchiature fotografiche. Guai meccanici di Gianni che ci fanno
perdere tempo sulla tabella di marcia.
Alle 5.40 del mattino veniamo svegliati dal richiamo
alla preghiera del muezzin: una litania assolutamente incomprensibile sparsa
per tutto il paese da potenti altoparlanti; per cinque/dieci lunghissimi minuti
questi lamenti modulati in varia misura, giungono inequivocabilmente
alle orecchie di tutto e di tutti.
Sveglia alle sette e un quarto e colazione; la guida
dell’albergo ci indica un percorso sterrato che ci portera’ alla VALLE DI
IHLARA, ove il fiume Melendiz erodendo le sponde ha formato un imponente
canyon, e ci assicura anche la possibilita’ di percorrerla in bicicletta (13
km).
Terminata la colazione usciamo di buon ora dall’albergo
e fuori c’e’ molto movimento ed affollamento per il mercato: rubiamo qualche
scatto (bancarelle con la mercanzia, donne a capo coperto, ...) prima di
puntare nelle GOLE DI GUZELYURT coi primi insediamenti neolitici.
Vediamo per la prima volta le case, le architetture
autoctone, gli anfratti ricavati nella pietra: il paesaggio e’ molto suggestivo
ed irreale. Arriviamo all’imbocco della valle dove ci imbattiamo in un gruppo
di italiani che ci parlano molto bene dell’est della Turchia, mentre censurano
la Cappadocia perche’ troppo turistica ...
L’imbocco delle gole e’ semplicemente spettacolare;
paghiamo l’ingresso alla valle e cominciamo ad addentrarci con qualche
difficolta’ per le bici.
Tutta la valle pullula di antri ricavati nella roccia
eccezionali nella loro semplicita’.
Purtroppo per noi non solo il sentiero non e’ affatto
pedalabile, ma anche il tempo non e’ per nulla clemente, infatti piove con una
certa insistenza.
Seguiamo la cartina che ci aveva disegnato la guida,
ma il sentiero che lui dava per pedalabile e’ decisamente impraticabile !
Ci troviamo all’interno di una gola naturale tracciata
dal corso del fiume molto ricca di vegetazione con un susseguirsi di chiese
rupestri bizantine e dimore scolpite nella roccia, ma non riusciamo a goderci
in appieno lo spettacolo e per le problematiche da superare con le biciclette e
per il tempo indecente che non ci concede nemmeno di fare almeno qualche foto
come si deve ...
Per diverse ore procediamo in questa realta’ inusuale
malgrado le difficolta’ ambientali di non poca entita’. Giunti a Belisirma il
sentiero migliora notevolmente e diventa pedalabile al 70%.
Come se non bastassero le gia’ infelici condizioni al
contorno, Gianni e’ vittima nel giro di qualche ora di ben tre incidenti
meccanici: due banalissime forature ad entrambe le ruote e la vite del cambio
presa per un pelo prima che si sfilasse definitivamente.
Sul fare del tramonto giungiamo in un punto
spettacolare che non possiamo decentemente documentare per le condizioni meteo
ancora negative.
Arriviamo a Yaprakhisar verso le 17.30 col sole gia’
tramontato ed il problema del rientro (siamo una ventina di chilometri distanti
da Guzelyurt), per cui non visitiamo l’impressionante complesso di monasteri
nella roccia accontentandoci di prendere una sola rapida visione dall’esterno.
Sono ormai le sei quando ci ritroviamo sulla strada
che porta a Guzelyurt percorsa il giorno prima: restano da fare 14 km con circa
300 m di dislivello e con le prime ombre della sera che iniziano a calare.
Copriamo gli ultimi 10 km alla luce dei nostri
fanalini e dei diversi camion e trattori carichi del raccolto della giornata e
di donne lavoranti la terra.
Alle 19 in punto siamo a destinazione. Mega-doccia e
grande abbuffata (eravamo affamatissimi); al self service facciamo incetta di
frutta fresca gia’ sbucciata.
Dopo cena, restiamo nel grande salone a cazzeggiare e
facciamo la conoscenza di una bella olandese con cui scambiamo quattro
chiacchiere fino a quando incontriamo la guida che ci aveva indicato il
percorso il giorno prima: nonostante i nostri propositi rimurginati con le bici
al fianco, non gli facciamo nulla e scherziamo con lui.
Un paio di bicchieri di un aromatissimo liquore turco
al gradevole gusto di arancio chiudono l’intensa giornata.
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La giornata odierna e’ fortemente condizionata dai
guai meccanici del Vezz; riusciamo comunque a non risentirne piu’ di quel tanto
poiche' riusciamo ugualmente a giungere a Derinkuyu.
Paghiamo appena 7 MTL ( 7 milioni di lire turche) il
conto dell’albergo: circa 60.000 lire a testa due giorni di mezza pensione in
un posto davvero superlativo !
Passiamo attraverso la parte neolitica del paese per
andare verso la VALLE DEI MONASTERI; alla fine del paese la valle si apre a
destra mentre a sinistra le rocce si animano di cavita’ di ogni genere. Si
prosegue su un’antichissima strada realizzata con lastroni in pietra che
termina in un largo spiazzo costellato da diverse chiese scavate una accanto
all’altra.
Trascorro un’oretta ad esplorare ed a scattare foto in
attesa di Gianni vittima di un altro guasto meccanico (il cavetto del freno
anteriore prossimo alla rottura).
Una volta riuniti ripercorriamo la strada fatta sino
al paese per poi dirigerci verso Derinkuyu, con l’intento di arrivarci presto
per poter poi andare a visitare la famosa città’ sotterranea. A dispetto pero’
del nostro programma, la bici di Gianni ci mette nuovamente lo zampino: il
gruppo del movimento centrale si stava sfilando dalla sede naturale ! Torniamo
all’albergo dove rintracciamo la guida di MTB, Seyfi, il quale per farsi perdonare
dello scherzo del giorno prima cerca di rimettere a posto la bici. Non ha la
chiave apposita, ma riesce ugualmente a serrare la vite ed inoltre ci permette
di lavare ed ingrassare cambio e catena.
Quando ci mettiamo di nuovo in marcia per Derinkuyu e’
ormai mezzogiorno e rinunciamo all’idea di fare sterrati principalmente per il
problema della bici di Gianni non definitivamente risolto.
Ci aspettano una sessantina di chilometri di strada
asfaltata e poco trafficata in un altopiano coltivato in modo estensivo a
patate e battuto da un vento implacabile.
Trattori, carri e donne si susseguono nei campi; non
abbiamo nemmeno coperto la meta’ del tragitto che si ripropone il guaio al
Vezz: non abbiamo i ferri adatti, dal gruppo inizia ad uscire limatura di ferro
ed in poco tempo il movimento centrale e’ completamente bloccato !
Inutilmente cerchiamo un passaggio dai vari camion e
trattori che passano e rinunciamo anche all’idea di dividerci con me in cerca
di aiuto (troppe incognite e nessun punto di riferimento) per cui restiamo
uniti.
Dobbiamo coprire ancora una trentina di chilometri ed
adottiamo la tecnica del traino mediante l’unica bici funzionante: io pedalo e
lui si tiene appoggiando la mano alla mia spalla; nei tratti in salita i 35 kg
di peso delle biciclette sommati ai 20 di bagaglio (fa fede la pesatura
eseguita all’aeroporto di Linate mentre il Vezz era in giro col taxi a
recuperare in extremis il passaporto) sono troppi per un solo locomotore e in
quei casi Gianni e’ costretto a spingere.
La giornata non e’ affatto calda ed e’ il terzo giorno
che il cielo e’ coperto, siamo entrambi in pantaloncini corti poiche’ la
mattina era iniziata all’insegna di un bel sole che aveva dato tanta fiducia ed
ottimismo.
Gli ultimi 25 km sono pressocche’ in piano per cui
copriamo questa distanza dandoci il cambio alla pedalata: quando si e’ su una
bici si fatica di bestia ma non si soffre il freddo, se si e’ sull’altra si
battono forte i denti pur essendo il piu’ possibile coperti (kway e guanti
doppi in pile venivano regolarmente scambiati ad ogni sosta).
Un paio di volte ci siamo fermati ai distributori di
benzina sperando di trovare i ferri adatti, altre due o tre volte abbiamo
chiesto un passaggio, ma l’esito e’ stato sempre negativo.
Solo dopo le 16.30 vediamo le prime case di Derinkuyu:
erano ormai trascorse circa tre ore da quando la bici di Gianni si era
definitivamente bloccata.
Il paese e’ prettamente agricolo ed appena entrati, ci
mettiamo subito alla ricerca di un alloggio; gli alberghi sono tre: uno e’
chiuso, uno ha le camere che fanno
schifo, la scelta e’ obbligata sul terzo.
Gianni scarica il suo zaino dalla bici e va alla
ricerca di un meccanico.
La richiesta iniziale dell’albergatore e’ di 2.2 MTL, tratto fino ad accordarmi su 1.3 MTL
con prima colazione inclusa: abbiamo risolto il primo problema, stasera
si dorme al coperto.
Mentre io ho il mio daffare a litigare col boss per il
riscaldamento spento e per la doccia ghiacciata, arriva Gianni sconsolato: il
meccanico non aveva l’attrezzatura giusta ed e’ anche riuscito a spanargli il
pedale !
In attesa dell’acqua calda usciamo a fare un giro del
paese: realizziamo che forse e’ meglio mangiare in hotel e mettiamo a punto il
programma per l’indomani.
Ricca doccia e magra cena: l’hotel Melagobia (nome
antico di Derinkuyu) e’ da cancellare.
Prima delle 10 siamo gia’ sotto le coperte per mettere
la parola fine a questa giornata nata sotto buoni auspici, ma sviluppatasi non
proprio al meglio. Non sono sufficientemente cotto ed allora ne approfitto per
buttare giu’ i miei appunti di viaggio prima di prendere sonno; domani abbiamo
in mente un piano ragionevolmente aggressivo.
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La mattina facciamo i turisti nella città’
sotterranea, il pomeriggio accediamo nella zona dei cammini di fata.
Pernottiamo in una pittoresca pensione ricavata nel tufo in uno scenario di
sogno.
La colazione e’ povera quanto la cena del giorno
prima; lasciamo bagagli e bici in albergo ed andiamo a piedi verso la citta’
sotterranea.
La visita risulta essere sorprendente e molto piu’
interessante di quanto avessimo creduto; attraverso tunnel e stretti
camminamenti scendiamo sottoterra per centinaia di metri: stanze, stalle,
cucine, chiese, depositi per il grano, refettori, buchi di aerazione si
susseguono in continuazione. Esiste anche la scuola !
La CITTA’ SOTTERRANEA di DERINKUYU, come tutte le
altre esistenti nella regione, fu utilizzata dai cristiani del VII secolo per
sfuggire alle persecuzioni durante il conflitto iconoclastico con Bisanzio e le
invasioni. Oggi alcune zone, piccole o grandi a seconda dei casi, sono ben
illuminate e costituiscono una parte essenziale ed affascinante di una gita in
Kapadokya.
Non si consiglia questa visita a chi soffre di
claustrofobia per almeno un paio di motivi che sono emersi durante la nostra
permanenza sotto terra: innanzitutto per almeno cinque minuti le luci allineate
lungo i camminamenti si sono spente lasciandoci completamente al buio
(fortunatamente eravamo vicini ad una grossa condotta d’aria da cui si
intravedeva un po’ di luce esterna), poi siamo stati testimoni della crisi
isterica di una giovane che aveva perso il suo gruppo e non trovava piu’
l’uscita verso l’esterno ...
Ogni tanto il camminamento e’ intercettato da enormi
blocchi a forma di ruota che in caso di pericolo permettono l’interruzione del
passaggio ai livelli sottostanti agli invasori.
Questa città’ sotterrenea e’ collegata tramite un
tunnel di ben 9 km ad un’altra città’ piu’ piccola (Kymakli); tutto
rigorosamente sotto terra naturalmente !
Per inciso, come per i nostri “crotti”, la temperatura
all’interno dei sotterranei e’ ideale e costante.
E’ quasi mezzogiorno quando siamo alla stazione dei
bus per Nevsheir, ma per nostra sfortuna non caricano le bici (i bus in effetti
sono un pochino sottodimensionati ...); iniziamo a pedalare sperando che il
movimento centrale regga.
Facciamo di volata i trenta chilometri che ci separano
da Nevsheir con l’unica breve sosta alle povere bancarelle di un mercatino di
Kymakli (ennesima nenia del muezzin) e qualche interruzione per fotografare la
vastita’ dell’altopiano anatolico.
Nevsehir, considerata la porta della Cappadocia, e’ la
citta’ capoluogo di provincia ricca di antiche testimonianze, ma appena giunti
alla meta agognata, mettiamo da parte la cultura e facciamo visita a meccanici
di moto, venditori di biciclette, idraulici, ... ma nessuno ha quella benedetta
chiave che ci occorre !
Confidiamo nella buona sorte e puntiamo su Goreme.
Poco prima di Uchisar (15 km da Nevsheir) avvistiamo
un roccione alto piu’ di trenta metri tutto buchi: abbiamo subito la percezione
che stiamo arrivando in una delle zone piu’ affascinanti mai viste. Molliamo le
bici con gli zaini e, armati delle nostre macchine fotografiche, saliamo sulla
sommita’ del roccione per mezzo di una scalinata scavata nella fortezza, che fa
un tutt’uno con la roccia, realizzata a dominare il fantastico mondo
sottostante; il panorama e’ mozzafiato: si vedono i cammini di fata di
Passabag, il fiabesco paese di Goreme mescolato alle torri di pietra ed
innumerevoli formazioni rocciose bizzarramente modellate e colorate a perdita
d’occhio.
Doverose foto ricordo e riprendiamo il cammino per
Goreme situata in una valle piena di coni e cammini di fata. Siamo appena
dentro il paese, che Gianni si accorge di aver bucato (no comment). E’ facile
vedere caffe’, pensioni, ristoranti scavati nella roccia. Mentre lui ripara la
foratura, io vado a verificare gli alberghi proposti dalla guida CLUP tenendo
in particolare considerazione quelli in cava; propendiamo per uno molto
caratteristico, il MELEK, con le stanze ricavate direttamente nel tufo in una posizione
leggermente sopraelevata rispetto al resto del paese. La stanza e’ davvero
carina (a livello di Guzelyurt) e merita una fotografia.
Ceniamo nella nostra pensione a lume di candela
(romanticismo a parte, l’hotel era rimasto per quasi un’ora senza illuminazione)
e poi andiamo a fare quattro passi in paese. Vediamo qualche tappeto esposto,
alcune bancarelle ed entriamo in un salone del te’ densamente popolato dai
locali intenti a fumare, parlare e giocare a carte, a domino ed ad altri giochi
che non conosco; con 1000 lire gustiamo il te’ completamente immersi nella
realta’ turca e nel loro fumo di sigarette.
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Un po’ per necessita’ un po’ per diletto, la nostra
diventa sempre meno ciclo e sempre piu’ turistica e si sprecano gli scatti a
documentare l’eccezionalita’ delle cose che si sono susseguite davanti ai
nostri occhi.
Al fine di mantenerci scarichi il piu’ possibile, lasciamo
i bagagli nella pensione e puntiamo
subito verso il MUSEO all’aperto di GOREME posto all’interno del Parco
Nazionale della città’ di Goreme, per ammirare le chiese nel tufo. E’ uno dei
siti piu’ noti della Turchia centrale caratterizzato da un complesso monastico
di chiese e cappelle rupestri tappezzate di affreschi. La maggior parte delle
cappelle sono dal X al XII secolo, periodo bizantino e selgiucido, con piano a
forma di croce e quattro colonne a sorreggere la cupola centrale. Numerose sono
le tombe rupestri ricavate nelle navate centrali di molte chiese.
Fantastico spettacolo che e’ difficile descrivere.
Rimaniamo sorpresi e contrariati nell’apprendere di
dover pagare nuovamente per accedere alla KARANLIK KILISE (la chiesa oscura) la
cui spesa e’ di 1 MTL a testa; l’ambiente scarsamente illuminato da’ il nome a
questa chiesa che e’ l’unica chiesa in cui gli affascinanti colori degli
affreschi oro e blu’ non sono sbiaditi grazie all'assenza della luce solare; ne
facciamo una questione di principio e saltiamo questa visita a favore della
TOKALI KILISE (la chiesa della fibbia) appena usciti dai recinti del parco
posta poco prima l’entrata.
Quando risaliamo sulle bici siamo consapevoli che il
giro odierno ci condurra’ dritto nel cuore della Cappadocia. Passbag, Cavus’in
con la curiosa piccionaia alta 60 metri, Zelve con lo splendido villaggio
rupestre dinanzi al quale ci sediamo per una breve sosta e sorseggiare un te’:
siamo nel mezzo dei cammini di fata e scattiamo foto a profusione per documentare
quanto si vede.
Ben consci della precarieta’ della bici di Gianni,
solo a tratti abbandoniamo la strada per intraprendere sterrati che portano
proprio accanto a queste incredibili formazioni, veramente uniche nel loro
genere.
Verso le tre del pomeriggio giungiamo ad Avanos
celeberrima per il suo artigianato; la ceramica e’ il prodotto artigianale piu’
popolare con, naturalmente, gli immancabili tappeti. Ogni anno in agosto la
città’ celebra il Festival dell’Arte e del Turismo, creando un’atmosfera molto amichevole.
Ci mettiamo subito alla ricerca dei due alloggiamenti proposti dalla nostra
guida (Sofa e Duru motel).
Il Sofa e’ subito dopo il ponte sopra il fiume
Kizilirmak costituito da un intricato insieme di camere disordinatamente poste
una sull’altra e caratterizzato da innumerevoli scale in legno ed in muratura,
camminamenti interni, terrazze ... insomma, un alloggio fuori dall’usuale ad un
prezzo di 1.8 MTL compreso il
breakfast. L’altro, il Duru, sovrasta Avanos; per giungervi si deve salire alla
città’ vecchia posta su un cocuzzolo che domina l’intera vallata. Il panorama
dalla terrazza e’ davvero mozzafiato, il prezzo e’ di 1.75 MTL con la colazione e le camere sono ordinarie.
Optiamo per il primo, piu’ pittoresco e comodo da
raggiungere a piedi dopo cena.
Trovata la sistemazione per la notte, resta solo da
andare nuovamente a Goreme per prendere i bagagli e tornare indietro.
Siamo a Goreme prima delle sei del pomeriggio dopo
aver percorso una strada ricca di formazioni vulcaniche piu’ volte riprese
dalle nostre foto; Gianni riesce a bucare lungo la strada anche oggi (e siamo a
quattro forature in totale).
Perdiamo qualche minuto a visitare un vecchio
caravanserraglio di quattordici stanze trasformato in un negozio di tappeti, di
nome Roma Kilisc, completamente coperto di tappeti sulle pareti interne ed
esterne.
Prima di tornare verso Avanos ci sediamo nella piazza
per un meritato riposo all’ombra di un grosso pinnacolo e gustiamo una PIDE ed
una birra fresca.
Ritirati i bagagli, non ripartiamo subito poiche’ il
Vezz si accorge di avere per l’ennesima volta la ruota a terra; sotto lo
sguardo divertito del tipo della pensione, Gianni sistema la foratura usando
una delle mie toppe (aveva ormai terminato le sue ...).
Montiamo le luci anteriori e posteriori delle bici,
indossiamo qualcosa di pesante e ci avviamo verso Avanos che ormai sono le
sette di sera.
Nessun problema a coprire i circa 10 km con la
compagnia della luna.
Rapida doccia e giretto del paese. Scopriamo la Kirkit
pension ricavata in un caravanserraglio (appartenente alla stessa catena di
quella che ci aveva ospitato a Guzelyurt, gia’ segnalataci da Seyfi la guida di
mtb): bell’ambiente, stanze carine, ottima accoglienza, prezzo 1.4 MTL,
ma ormai l’alloggio era gia’ stato preso.
La pizza di Goreme non ci impedisce di pensare
nuovamente al cibo ed optiamo per un ristorantino (Tafana restaurant)
caratterizzato da un ragazzo che serviva ai tavoli un po’ atipico come
cameriere (se non altro per le mani veramente zozze con le quali abbiamo tanto
sperato non abbia toccato il nostro cibo).
Quando terminiamo di mangiare sono ormai le 11
passate, ma ci inoltriamo ugualmente nella parte vecchia del paese disposta
sulla collina, mentre caroselli chiassosi di auto festeggiano la vittoria in
coppa UEFA del Galatasaray di Istambul sul Paris St.Germain 4 a 2.
Ho idea di acquistare un tappeto, per cui entriamo in
un grosso negozio ed il proprietario inizia a mostrarmi una quantita’ di CICIM
(pr. gigim) e KILIM della Cappadocia, dei curdi e dei nomadi (vivendo i nomadi
in poveri accampamenti di tende ed essendo dediti alla pastorizia, i loro
tappeti sono acquistati a poco prezzo dai mercanti ed hanno quindi un costo
piu' conveniente degli altri).
Restiamo oltre un’ora a vedere tappeti, ascoltare
spiegazioni e gustare un paio di te’ alla mela offerti dal tipo che voleva dai
150 ai 250 US$ per i quattro tipi di tappeti che mi piacevano di piu’; era
sceso a 130-220 US$, ma non ero affatto convinto.
Torniamo alla pensione, ma e’ chiusa dall’interno: per
una ventina di minuti suoniamo, bussiamo, arriviamo perfino a telefonare dal
negozio di un riparatore TV ancora aperto malgrado l’ora indecente, ma non
succede nulla. Col tecnico TV con noi presente a sostegno per ogni evenienza,
proviamo a trovare il modo di penetrare all’interno del recinto, finche’ il
ragazzo di guardia si sveglia e ci viene ad aprire: finalmente alle due di
notte inoltrate andiamo a nanna dopo aver rischiato di restare fuori
all’addiaccio.
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La bici di Gianni esala il suo ultimo respiro nel
tardo pomeriggio, noi invece, completamente risucchiati dalla’ realta’ turca,
ci muoviamo con sufficente sicurezza pieni di curiosita’ ed entusiasmo.
Verso le sette ci alziamo, facciamo colazione ed
andiamo a far visita al mercato (Gianni acquista una nuova camera d’aria turca
per la sua bicicletta, visto l'andazzo di questi giorni).
Verso le dieci siamo sulla strada che porta al
caravanserraglio selgiudico di Sanhan posto a 7 km da Avanos ed attraversiamo
una piana immensa. Lo si vede a distanza, di forma quadrata, imponente,
completamente ristrutturato rispettando l’architettura ed i materiali
dell’epoca (anno 1200 avanti Vezz) e riportato in ottime condizioni.
Enorme portale di ingresso, locali per le mercanzie,
grande salone per riposare e camminamenti esterni lungo la cinta perimetrale
per la difesa dagli attacchi dei predatori.
Per andare ad Urgup, facciamo a ritroso la strada
appena percorsa e poi pieghiamo verso est per imboccare la variante che ci
permettera’ di passare in una zona molto particolare. Lungo il bordo della
strada notiamo due cespugli coperti dagli ex-voto: mentre facciamo una breve
sosta, si ferma un’auto da cui scendono due belle ragazze (accompagnate dai
rispettivi) che appendono i loro simboli; chiedo ad una di loro l’assenso per
una foto, lei guarda il compagno un po’ piu’ distante per chiedere il permesso,
ma i loro sguardi non si incrociano, si volge verso di me, mi sorride e la
ritraggo con furtiva complicita’.
Ci troviamo in una zona carattezizzata da innumerevoli
pinnacoli e rocce scolpite dall’azione del vento. In prossimita’ della Roccia
del Cammello acquisto due bamboline da una variopinta bancarella a cui faccio
alcune foto con gli anziani venditori.
Anche gli scenari odierni sono davvero eccezionali.
Giunti ad Urgup
valutiamo un paio di alberghi per poi scegliere la pensione Hanedan con
un’ampia terrazza in pietra: prezzo 1.0
MTL per una camera con vista panoramica sul sottostante paese.
Data la bella giornata che e’ uscita ci cambiamo indossando qualcosa di piu’ leggero,
lasciamo i bagagli in camera ed andiamo a fare un giro dei dintorni. Dopo
qualche chilometro, il movimento centrale di Gianni inizia a dare nuovamente
qualche segno di cedimento: mentre lui torna verso il nostro alloggio, io vado
a rendermi conto di persona delle spettacolari formazioni a fungo lungo la
strada che da Urgup va a Nevsheir, tante volte ammirate in cartolina (ne vale
la pena veramente).
Ceniamo al ristorante Cappadocia seguendo le
indicazioni della guida CLUP che parla bene dei piatti serviti; la trattoria e’
alle spalle della Otogar, i prezzi non sono esattamente economici (950 KTL) e
questa volta non siamo d’accordo con la nostra guida, fino a quel momento
ineccepibile.
Prima di cenare avevamo notato un ristorante in
centro, il Sofa, molto accattivante: larga scalinata in pietra che sale ad una
vasta veranda su cui si aprono i locali interni, ma avevamo voluto seguire la
guida e non il nostra istinto ... Ci ripassiamo davanti poiche’ pensiamo gia’
alla cena dell’indomani e facciamo la conoscenza col figlio del proprietario,
Ceyhan, il quale parla l’italiano e lavora in una grossa fabbrica di tappeti
ricavata in un ex-caravanserraglio di Mustafapasa.
Domani lo andremo a trovare nella cooperativa e ci
raccontera’ tutto sui tappeti.
Chiudiamo la serata prendendo informazioni sui costi
di noleggio di motorini, alternativa alle bici, dato la disastrosa condizione
del mezzo meccanico di Gianni.
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La ciclo diventa motociclo, ma Gianni continua ad
essere una frana poiche' accusa guai anche col vespino. Visitiamo il Villaggio
dei Puffi, molto interessante la visita alla fabbrica di tappeti, degno di nota
il bagno turco ad Urgup.
Sveglia alle sette e colazione nell’albergo di
categoria superiore della stessa catena, 100 m piu’ avanti; il nostro e’
effettivamente un po’ da ristrutturare, ma ha una bellissima terrazza sul paese
sottostante, Urgup, che e’ un vivace centro turistico alle falde di antiche
abitazioni rupestri e puo’ essere considerato una base eccellente per chi
desidera visitare la Cappadocia.
Essendo sabato non possiamo rivolgerci a banche o
uffici di cambio per cui ci rivolgiamo ad un orefice che ci applica un cambio
piu’ conveniente di quello adottato dalle banche. Muniti di contante ci presentiamo all’agenzia gia’ contattata
la sera precedente e ci danno due scassatissime (ma funzionanti) Honda Kinetic
di cilindrata 100 cc (a detta loro).
Il nostro programma prevede la visita alla VALLE di
SOGANLI dalle 1000 chiese distante poco meno di una cinquantina di chilometri,
nonche’ la demo sui tappeti turchi di Ceyhan.
All’andata facciamo un piccolo side trip di qualche
chilometro nella Valle di Pancarlik per visitare l’omonima chiesa del XII
secolo con splendidi affreschi percorrendo uno sterrato molto bello.
Chi ha inventato i famosi Puffi, deve aver avuto
l’ispirazione dal paesaggio incantevole della valle di Soganli: e’ un
susseguirsi di chiese ed abitazioni che ricalcano alla perfezione il villaggio
di questi buffi ometti blu’; e’ una valle davvero pittoresca con innumerevoli
cappelle, chiese, sale, case e tombe, con affreschi dall’VIII al XIII secolo
che tracciano lo sviluppo della pittura bizantina. Le pareti rocciose sono
state scavate nel tempo e rese abitabili, tanto da somigliare a rudimentali
condomini di pietra.
Visitiamo e scattiamo un po’ di foto alle costruzioni,
poi prendiamo nuovamente gli scooterini e saliamo un tratto in forte pendenza
(che mi ricorda tanto le cave di marmo di Carrara) per dominare il paese e
l’imbocco della valle.
Sono le due del pomeriggio ed alle tre abbiamo
l’appuntamento con Ceyhan al caravanserraglio della cooperativa dei tappeti di
Mustafapasa ad una quarantina di chilometri di distanza. Sulla strada del
ritorno, dopo una decina di minuti, Gianni (manco a dirlo ancora lui) e’ in
panne: ogni giorno ne ha una, oggi e’ rimasto senza benzina. Si ripropone anche
per il vespino la tecnica del traino sperimentata sulla strada per Derinkuyu.
Non c’e’ ombra di un distributore di benzina lungo tutto il tragitto, per cui
solo verso le quattro e dopo una trentina di chilometri al traino giungiamo a Mustafapasa.
Ceyhan e’ ancora li’ e ci permette ugualmente di fare la visita al luogo di
produzione e vendita di tappeti turchi di grande interesse.
Oltre alle fasi di lavorazione del tappeto, il nostro
amico passando di salone in salone ci mostra stupendi tappeti, soffermandosi
sui significati dei motivi, sull’uso dei colori ... (v. descrizione nella
sezione "Usi e Costumi").
Grazie sempre a Ceyhan riusciamo ad avere un tubetto
con cui aspirare benzina dal mio vespino a vantaggio di quello di Gianni.
Copriamo i rimanenti 5 km che ci separano da Urgup dando pure un passaggio
all’amico turco.
Verso le 6 siamo ad Urgup e su consiglio del solito
Ceyhan andiamo a toglierci di dosso polvere e sudore al bagno turco (v.
descrizione nella sezione "Usi e Costumi").
Sono ormai le nove di sera quando ci presentiamo,
perfettamente rigenerati al ristorante Sofa.
Assaggiamo una serie di antipasti, prevalentemente di
verdure e seguendo l’indicazione di Ceyhan pasteggiamo a base di Racky (un
liquore caldamente consigliato che poi si rivela simile all’Ouzo greco o al
nostro anisette).
Al nostro tavolo oltre a Ceyhan si aggiunge anche un
giapponese di nome Hiroaky, ingegnere meccanico che si era licenziato dalla
Toshiba e da tre mesi e’ in giro per il mondo fino a quando non finira’ i
soldi. Brindiamo tutti insieme (salute, kampai, serefe nelle rispettive lingue
d’origine).
Sono ormai le 10.30 quando Ceyhan ci porta nel negozio
di tappeti dell’amico di suo padre per farmi vedere un tappeto eventualmente da
acquistare, dal momento che quello che mi piaceva nella fabbrica di Mustafapasa
costava piu’ di un milioncino di lire.
Oman, questo era il nome del mercante, ci offre del
te’, ci mostra i tappeti, parla del piu’ e del meno, voleva assumere il
giapponese per imparare i rudimenti della sua lingua e vendere i tappeti ai
giapponesi.
Per la trattativa, lunghissima, ho applicato tutte le
teorie, le filosofie di cui sono a conoscenza ed avevo appreso durante il
soggiorno in questo paese; dopo qualche te’ e qualche ora di richieste,
negoziazioni, discorsi, offerte, eravamo tutti spossati. E’ l’una e trenta
quando alla fine acquisto il tappeto che mi interessava maggiormente; prezzo
150 US$, il prezzo di partenza era 45 MTL, circa 430 US$.
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Dai paesaggi fiabeschi della Cappadocia, passiamooo
alla realta’ (altrettanto vicina alla fiaba) dell’incredibile città’ di Istambul:
le biciclette sono ormai diventate inutili (anzi rappresenteranno solo una
spesa).
Sveglia alle 07.45 e colazione. Per fortuna il tratto
che conduce alla stazione dei pullman e’ in discesa per cui anche Gianni puo’
usare la bici per arrivarvi. Alle 10.00 partenza da Urgup del pullman per
Nevsheir, da dove alle 11.30 partira’ quello per Ankara.
La prima parte del tragitto e’ tranquilla, mentre
l’imbarco delle bici sul secondo bus no: volevano farci pagare il passaggio,
cosa invece gia’ inclusa al momento del pagamento ad Urgup. Discussioni accese
e telefonata all’agenzia di Urgup: le bici vengono fatte salire senza spesa
ulteriore.
Giungiamo alla otogar di Ankara in forte ritardo, per
cui invece di utilizzare il bus terminal come preventivato, carichiamo tutto
quanto alla belle-e-meglio su un taxi capace e corriamo all’aeroporto.
Ritiriamo il resto del bagaglio lasciato nell’autopark ed espletiamo le
operazioni di fasciatura bici e composizione dei bagagli che non serviranno ad
Istambul in meno tempo del previsto (l’esperienza passata torna sempre utile).
Ci fanno qualche storia per il peso in eccesso,
infatti le bici sono ben oltre 30 kg ed il bagaglio e’ ora salito a 30 kg dai
20 alla partenza (tappeto e souvenir vari); discutiamo un po’ ed iniziamo ad
alleggerire il bagaglio da stivare a danno di quello da portare a mano;
decidono di non farci pagare alcun extra ed imbarcare tutto, a condizione che
conduciamo le biciclette fin sotto l’aereo in partenza, subito da noi
accettata.
Alle 19.15 parte il volo per Istambul ove vi giungiamo
dopo neanche un’ora. Non ci e’ consentito di effettuare gia’ la spedizione di
cio’ che non serve fino a Milano, per cui lasciamo le due bici e due borse al
“left luggage” li’ vicino; la custodia di ciascuna bici e’ decisamente cara:
500 KTL al giorno, che porta a 1.2 MTL la spesa totale giornaliera per tutti
gli effetti (stessa cifra di un pernottamento e prima colazione per due persone
!). Non avevamo altre alternative perche’ la bici di Gianni era inutilizzabile
ed inoltre era un po’ troppo tardi per provare a pedalare...
In taxi giungiamo Sultanamhet, il centro monumentale
della città’. Passiamo in rapidissima rassegna qualche pensione giusto per
accordarci su 18 US$ a notte (no colazione) per una a due passi da S.Sofia.
Ceniamo in un ristorantino molto semplice con le
portate a vista di nome Vitamin poco distante dalla pensione; piccola
passeggiata per aiutare la digestione fino alla impressionante (per le
dimensioni) Moschea Blu’ e poi a nanna; dalla nostra camera si gode la vista
della monumentale cupola di Santa Sofia.
Siamo ad Istambul capitale di tre imperi successivi
(romano, bizantino ed ottomano) crocevia della storia e del commercio, siamo a
cavallo di due continenti separati dal solo stretto del Bosforo, la storia, la
cultura, i colori di questa fantastica città’ saranno domani tutti nostri.
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Giornata densissima interamente dedicata alle visite
delle piu’ importanti ed interessanti peculiarita’ di questa citta’.
Colazione in una pasticceria con annesso un piccolo
salone del te’ (paste ottime appena sfornate).
Rapido cambio di una cinquantina di dollari ai
cambiavalute (ce n’e’ a bizzeffe) e visita di Topkapi: la cittadella in cui
viveva il sultano.
Il PALAZZO di TOPKAPI, labirinto di costruzioni e
centro del potere ottomano tra il XV ed il XIX secolo, sorge su un promontorio
ove confluiscono il Bosforo, il Corno d’Oro e il Mar di Marmara.
Il primo cortile o cortile esterno racchiude un
magnifico giardino boscoso.
Sulla destra del secondo cortile, ombreggiate da
alberi di cipressi e platani, le cucine del palazzo custodiscono oggi le
collezioni imperiali di cristalli, argenti e porcellane cinesi. Sulla sinistra
sorge l’HAREM (chiuso dalle 12 alle 13), quartiere separato delle mogli, delle
concubine e dei figli del sultano, la cui sola vista ricorda ai visitatori gli
intrighi di corte. Il sultano vi arrivava a cavallo anche li’. Gli ambienti
sono molto sfarzosi anche se la guida dice che troppe cose ormai non sono piu’
li’ al loro posto.
Il terzo cortile contiene la Sala delle Udienze, la
Biblioteca con gli scritti antichi del Corano, una esposizione dei costumi
imperiali dei Sultani e delle loro famiglie, gli inestimabili gioielli del
Tesoro ed una incredibile collezione di miniature di manoscritti medievali.
Molto suggestivi i giardini disposti a terrazza con
vista sullo stretto trafficatissimo di imbarcazioni di ogni tipo.
Visita alla MOSCHEA BLU’ cosi chiamata per gli
splendidi riflessi delle 20000 piastrelle in ceramica di Iznik blu’ e bianche
ai raggi del sole che penetrano attraverso le 260 finestre dell’imponente
edificio; e’ l’unica moschea con quella della Mecca ad essere dotata di sei
altissimi minareti (piu’ di sei non e’ ammesso per le leggi coraniche); questo
enorme edificio replica al suo interno tutte le moschee viste finora: tappeti
in terra, pareti spoglie (no statue, no altare, no ornamenti), ambiente unico
grande senza navate. E’ stata costruita dopo la conquista di Bisanzio per
fronteggiare l’imponente Santa Sofia con la sua gigantesca cupola simbolo della
cristianita’, ed e’ subito divenuta il simbolo del popolo musulmano.
Sosta a sorseggiare un te’ all’aperto (bella giornata
di sole) e poi andiamo fino alla stazione ferroviaria per vedere dove arrivava
il leggendario Orient Express.
Visita al MERCATO EGIZIO molto affollato, molto
colorato, molto profumato, molto bello. All’interno spezie e tessuti di tutti i
tipi ed in grandi quantita’ (cannella, cumino, zafferano, menta, timo, ...)
all’esterno frutta, carni, alimentari, oltre ai tanti ambulanti che vendono di
tutto.
Nel tornare verso la pensione passiamo attraverso il
GRAN BAZAR, mercato coperto della citta’ vecchia, labirinto di stradine e
passaggi con piu’ di 4000 negozi: estremamente suggestivo.
Ci facciamo un riposino di un’oretta e poi verso le
otto usciamo nuovamente per andare a mangiare nel ristorante anatolico di nome
CENNET (Divanyolu Cad No 90 - Cemberlitas) notato durante la passeggiata
pomeridiana che prometteva bene e mantiene le aspettative. In questo locale non
vengono serviti alcoolici, bensi’ acqua, CAY e AYRAN. Ad allietare l’ambiente
(gia’ di per se stesso suggestivo) c’e’ un gruppo di suonatori e cantanti che
intonano le loro musiche popolari; al centro del salone due donne vestite nei
loro tipici costumi sedute a terra a preparare le frittelle; intorno a loro
sono disposti i tavolini bassi dei commensali seduti a terra sui tappeti dei
nomadi degli altipiani anatolici o su soffici cuscini.
Dopo cena decidiamo di fare un salto in Asia
percorrendo la zona del Gran Bazar - Mercato Egizio gia’ superata il pomeriggio, ma di sera lo scenario e’
decisamente diverso e poco rassicurante;
avendo solo attraversato il GOLDEN HORN grazie al ponte Galata, in
realta’ siamo sempre in Europa anche se in un altro quartiere (quello
genovese): per andare in Asia si deve oltrepassare il Bosforo, ma il ponte
relativo e’ assai piu’ distante.
Al rientro, per non ripassare nella zona non
particolarmente sicura attorno al Gran Bazar, utilizziamo la metropolitana
scoperta.
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Altra giornata tra le meraviglie di Istambul. Degna
conclusione del tour nella Torre Galata: serata mondana imperniata sulla danza
del ventre.
Visita mattutina alla BASILICA di SANTA SOFIA, oggi
Museo Ayasofya, che e’ indubbiamente uno dei piu’ splendidi monumenti di tutti
i tempi. Fondata da Costantino il Grande e ricostruita da Giustiniano nel VI
secolo, e’ stata testimone della grandezza dell’impero bizantino e ha subito
un’impressionante saccheggio durante la conquista ottomana. La sua immensa
cupola si eleva a 55 metri dal suolo con un diametro di 31 metri conservando un
fascino tutto suo.Trasformata in museo, spiccano i quattro grandi scudi appesi
ed i mosaici bizantini dipinti sulle pareti (i piu' in pessimo stato di
conservazione). Giro del palmo della mano nella colonna che trasuda la quale,
secondo la tradizione, porta fortuna se si riesce a compiere l’intero giro
senza staccare il pollice dall’incavo che ormai si e’ formato nella pietra di
marmo.
Da li’ passiamo alla Cisterna Sotterranea bizantina del
VI secolo davvero suggestiva, in particolare la colonna che lacrima e la
medusa; curioso il bar ricavato nella cisterna coperto dal telone, per
ripararlo dalle gocce che trasudano dal soffitto. La sua volta di mattonelle e’
sostenuta da 336 colonne corinzie.
Dopo aver
finalmente realizzato che l’antico Ippodromo utilizzato per le corse dei carri
segnato sulla cartina di fronte alla Moschea Blu’ non esiste piu’ (sono solo
visibili alcuni monumenti che lo decoravano tra cui l’Obelisco di Teodosio e la
Colonna di Costantino), entriamo nella mostra dei tappeti nel museo dell’arte
islamica ed anatolica molto interessante: in una sezione tappeti del XVI secolo
appesi alle pareti con le descrizioni, oltre a miniature ed oggetti vari
(Corano, teche per contenere il Corano, porcellane, ...); in un’altra sezione
sono esposti i KILIM (in numero minore) ed inoltre si possono ammirare le
diverse ambientazioni delle tende dei nomadi, coi telai per la lavorazione, i
relativi attrezzi (pettini, cesoie), le tecniche per la colorazione della lana
e via di seguito.
Nel pomeriggio GRAN BAZAR con la sua infinita
successione di negozi, negozietti uno affianco o sopra l’altro e con una marea
di turisti che passeggiano ed acquistano. Prezzi, almeno quello di partenza,
per nulla convenienti che pero’ possono variare considerevolmente.
Interessanti i bauletti portagioielli in osso di
cammello finemente disegnati e colorati con scene ottomane (alcuni anche
all’interno); il prezzo pero’ e’ alto: per un baulettino di 10x5 cm chiedevano
3 MTL (circa 50.000 lire).
A dispetto di tutto questo casino e del calcolo delle
probabilita’ Gianni ed io ci ritroviamo in questo bailamme dopo che ci eravamo
persi di vista in mattinata durante la visita della mostra.
Proseguiamo il giro in coppia e tornando verso la
pensione ci fermiamo a fare uno spuntino nel ristorante anatolico: anche oggi
non riusciamo ad assaggiare il MANTI, per cui prendiamo nuovamente il GOZLEME.
Tornati in albergo confermiamo la prenotazione per il
tour serale ed andiamo in camera a scrivere le cartoline (dobbiamo ancora
iniziare ed io ne ho una trentina).
Tempo neanche un’oretta ed arriva il pullmino del tour
operator a prenderci con una bella fanciulla come guida di nome Bourcio a
prelevarci: e’ previsto un tour guidato della città’ e cena con “belly
dancing”. A bordo ci sono altri sette tedeschi piu’ avanti di noi negli anni.
Durante il tragitto dall’hotel al ristorante la ragazza ci illustra i posti che
tocchiamo, rapida sosta per imbarcare altre tre persone tra cui due giovani
avvenenti portoricane.
Con nostra sorpresa la meta e’ proprio la mitica TORRE
GALATA edificata dai genovesi nel 1348 in quella che era una della tante
colonie nel mediterraneo. Saliamo al ristorante posto al nono ed ultimo piano
(62 metri di altezza) che dispone anche di una terrazza lungo tutto il
perimetro che permette di avere un panorama a 360^ di Istambul (parte asiatica
ed europea); al piano inferiore c’e’ un altro ristorante anch’esso di lusso.
La sala e’ circolare con la banda posta ad occupare l’area
esterna di fronte alla piccola pedana centrale da cui partono i tavoli a
raggiera fino ai finestroni periferici. Il nostro tavolo terminava verso la
finestra prospiciente il CORNO d’ORO: avendo letto qualcosa riguardante il bel
colore dorato che si riflette sull’acqua al tramonto e rapiti dalla poesia di
questo estuario a forma di corno che divide in due la parte europea della
citta’, Gianni ed io ci siamo preoccupati di prendere i due posti affianco la
vista panoramica sull’esterno, scordando pero’ che ormai il sole era tramontato
da un pezzo e che il vero spettacolo si sarebbe svolto all’interno. Per
fortuna, affianco a noi si dispongono la bionda guida e le due costaricane
Jessica e Mary Jane.
La serata promette subito bene perche’ il primo
spettacolo e’ proprio di danza del ventre eseguita stupendamente da una
creatura dai capelli lunghi e neri con le movenze da favola. Effettivamente
avevamo commesso un errore stando in fondo, ma eravamo in ottima compagnia e
riuscivamo ugualmente a vedere il vorticoso roteare dell’ombelico e dei fianchi
della danzatrice bellissima nei suoi costumi tradizionali. Al termine di questo
numero la ragazza passera’ tra i tavoli a fare le foto coi commensali (io non
ho perso la mia).
I vari intrattenimenti (numeri di folklore locale,
cantanti, ballerini) ed il cibo di buona qualita’ rendono la serata assai
piacevole; tra i numeri fatti con le persone del pubblico, Jessica (seduta
accanto a me) viene chiamata per il balletto di sole donne e poi
succcessivamente vengo chiamato pure io per costituire un’inedita coppia
latino-americana.
A mezzanotte lasciamo la Torre Galata per il rientro
in pensione ove, prima di cadere vittima del sonno, scrivo ancora qualche
cartolina.
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La partenza del volo per Milano e’ prevista per le
10.10, per cui la sveglia e’ molto mattiniera; io mi alzo alle 06.00 per
continuare a scrivere le cartoline.
Taxi preso al volo dalla strada per risparmiare la
chiamata e definizione preventiva del prezzo senza l’uso del tassametro, sempre
allo scopo di ridurre i costi.
Recupero delle bici un po’ difficoltoso poiche’ erano
state lasciate presso lo scalo nazionale, mentre noi eravamo a quello internazionale
e check-in senza alcun problema relativo al peso.
Terminiamo la scrittura delle cartoline in aeroporto,
ma sono costretto a spedirne diverse senza il simbolino della bicicletta
poiche’ ormai non c’era davvero piu’ tempo.
La partenza pero’ avviene con una mezz’oretta di
ritardo con un arrivo previsto dopo due ore e trenta di volo.
A Linate troviamo la Patrizia che ci e’ venuta
nuovamente a prelevare e ad acccompagnare a casa.
E’ andato tutto bene, ciao a tutti, Pierangelo.