Un miraggio chiamato BAJA CALIFORNIA
(ottobre 1994)
Una
stretta lingua di deserto irto di cactus fende l'Oceano Pacifico. E' pervasa di
luce abbagliante, ha cieli alti e turchini, e il suolo, la' dove non e' sabbia,
assume toni bruciati. Vi abitano poche persone, ma questa penisola messicana e'
la patria dei pellicani, dei marlin, dei leoni marini ...
Un miraggio chiamato BAJA CALIFORNIA
Venerdi 7 ottobre 1994 -
Il volo di andata (Milano Linate - Amsterdam - Los Angeles)
Sabato 8 ottobre 1994 -
Inizia la vacanza americana
Domenica 9 ottobre 1994 -
Dal camping di Morro Bay a quello di Half Moon Bay
Lunedi 10 ottobre 1994 -
Turismo e shopping a San Francisco
Martedi 11 ottobre 1994 -
Muir Woods e le sorprese elettrizzanti di Grenville
Mercoledi 12 ottobre 1994 -
Il vino californiano della Napa Valley
Giovedi 13 ottobre 1994 -
Preparativi per l'avventura messicana e cena al Fish Market
Venerdi 14 ottobre 1994 -
Ancora acquisti ed ultimi "refund"
Sabato 15 ottobre 1994 -
Partenza per la Baja (paura al confine)
Domenica 16 ottobre 1994 -
Picacho del Diablo e Cielito Lindo
Lunedi 17 ottobre 1994 -
Deserto, cactus, Cirio e infine Bahia de Los Angeles
Martedi 18 ottobre 1994 -
Sfida con Sammy e Camel Trophy con la Isuzu Rodeo
Mercoledi 19 ottobre 1994 -
Giro in barca (Jose') e le tartarughe
Giovedi 20 ottobre 1994 -
L'isolamento assoluto a Malarrimo Beach
Venerdi 21 ottobre 1994 -
Risalire la gola oppure affrontare le infide sabbie mobili ?
Sabato 22 ottobre 1994 -
Mulege: pollo, canti italo/messicani ed il gran finale
Domenica 23 ottobre 1994 -
Che delusione Puerto Escondido, se non si arriva dal mare in
Lunedi 24 ottobre 1994 - Assistenza
notturna ad un camion fermo sulla Carrettera n.1
Martedi 25 ottobre 1994 -
Visita della capitale della Baja California Sur: La Paz
Mercoledi 26 ottobre 1994 -
Spiaggie interminabili e pesci tropicali
Giovedi 27 ottobre 1994 -
Altro campeggio libero a due passi dal mare
Venerdi 28 ottobre 1994 -
Finisterre !
Sabato 29 ottobre 1994 -
Si risale la penisola
Domenica 30 ottobre 1994 -
Finalmente arriviamo a Rancho Bernardo
Lunedi 31 ottobre 1994 -
Il gruppo si divide
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Tanti
possono essere i motivi che spingono a raccontare un viaggio, identificarli
sarebbe difficile, impreciso, riduttivo e forse inutile specialmente in questo
contesto; si puo' comunque dire che, il tentativo stimolante di far calare chi
legge in un ambiente con quegli odori, sapori, rumori che solo al viaggio
appartengono, e' sicuramente uno di essi, ma forse, come tutti gli altri, e'
anch'esso un pretesto, anche se valido. Sarebbe piu' giusto affermare che si
racconta un'esperienza principalmente per riviverla in prima persona, facendo
si' che immagini e sensazioni del tutto personali non vadano perse nel nulla,
ma si uniscano a quelle gia' esistenti e a quelle a venire intessendo un enorme
puzzle, un mosaico di vita vissuta. E' proprio questa la molla che normalmente
mi spinge a raccogliere le mie impressioni dei viaggi, che spesso cerco di
tradurle negli appunti stesi sul momento e che purtroppo solo a volte rivedo e
riporto nei miei quaderni di viaggio.
Questo
scritto e' principalmente rivolto a chi ha provato, insieme a chi scrive,
l'entusiasmante esperienza della Baja California in prima persona: per cui solo
Gianni, Giuseppe, Flavio e Lynne leggendo queste pagine, potranno sentire
quelle sensazioni incredibili che neanche il miglior narratore riuscirebbe a
tradurre su carta ad uso e consumo di chi invece non ha goduto di questa
incredibile esperienza.
A
quasi sei anni dal viaggio, il mio scopo e' quello di ricordare attraverso i
miei appunti presi a quel tempo, quei giorni trascorsi insieme ad eccezionali
compagni di viaggio, scorrendo le righe si notera' che le modalita' espositive
variano considerevolmente: a volte c'e' della retorica, a volte il nozionismo,
a volte prevale l'ironia o l'umorismo, a volte la semplice esposizione dei
fatti ed infine spesso, troppo spesso, quando lo spettacolo dato dalla natura
e' ai massimi livelli non vi e' riportato nulla poiche' i pensieri, i sogni, le
fantasticherie personali prevalgono su tutto.
Se
riusciro', anche una volta soltanto, a trasmettere l'eccitazione o la serenita'
provata in alcuni momenti, se qualcuno riuscira' a provare qualcosa leggendo
queste note col metro delle sue esperienze e sensazioni, saro' andato ben oltre
le mie aspirazioni ed il merito, credetemi, e' solo della straordinaria
eccezionalita' di certe situazioni che la vita ne e' piena, ma che purtroppo il
lavoro, la casa, il quotidiano ce le fanno perdere di vista.
Dedico
questa lunga esposizione a chi ha avuto la voglia e la costanza di leggere i
miei precedenti scritti ed in particolare a coloro che mi hanno incoraggiato a
proseguire la stesura dei miei racconti fatti di luoghi, di persone, di
sensazioni. Grazie a queste persone ho ripreso ed ho completato, questa volta
con la penna, un viaggio compiuto cinque anni fa, con l'entusiasmo di chi e'
reduce da un'esperienza semplicemente bella ma interrotto innumerevoli altre
volte perche' tante sono le cose altrettanto belle, o purtroppo brutte, che ti
fanno cambiare la scala delle priorita' e delle esigenze nel corso di una
normale esistenza.
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Flavio
SCARRA' : aveva con se il "pager" impostogli da Piero Silvano per
la reperibilita': non ha mai suonato, ma forse avevamo letto male le istruzioni,
oppure lo abbiamo lasciato per troppo tempo in posizione "off". E'
riuscito a rimanere per ore ed ore alla guida della sua Isuzu Rodeo senza
evidenziare segni di affaticamento, ha anzi dato prova di esaltazione ed
aggressivita' durante la lunga e frequente guida su sterrato. Tenero ed
affettuoso con la dolce Lynne, fuma troppo in tutte le condizioni ed a tutte le
ore e russa a tratti. Non ha seguito alla lettera le raccomandazioni dei suoi
amici americani di Rancho Bernardo che gli avevano consigliato di andare in
Baja armato, di fare attenzione ai messicani che si buttano sotto le auto con
targa americana per riscuotere i soldi dell'assicurazione e di portarsi una
buona scorta di bigliettoni verdi in banconote da un dollaro per i peones;
infatti non aveva provveduto ad armarsi, ma aveva preventivamente cambiato
parecchi dollari in tagli piccoli: il pacco di banconote da un dollaro e'
rimasto intatto per tutta la durata del viaggio ...
Lynne
WINGROVE : tanto dolce e paziente in moltissime circonstanze, quanto
intrattabile e nervosa quando l'ora del pasto sopraggiungeva senza che il
gruppo si fosse fermato per soddisfare le necessita' dell'appetito o avesse
gia' deciso il luogo o il piatto: era lei che dava l'ora dei pasti e non
ammetteva ritardi ... E' stata lei a preparare a tavolino l'itinerario di
massima (praticamente quasi del tutto rispettato) prendendo informazioni e
confrontando le notizie, ancora lei e' stato il punto di riferimento
organizzativo ed il crogiolo per il reperimento del materiale d'uso tipo
cartine, guide, ... Illustrava con attenzione e precisione le caratteristiche
dei luoghi che ci accingevamo a visitare o ad attraversare, leggendo le sue
varie guide, dando prova di eccezionale capacita' di lettura nell'auto in
movimento, senza accusare alcun malessere. Assai scaltra, aveva preso
l'abitudine di dichiararsi ora inglese ora italiana, a seconda dello
sconosciuto interlocutore che aveva di fronte in quel momento, americano o
messicano, per meglio riscuotere le sue simpatie.
Gianni
VEZZANI : attivissimo ed entusiasta in ogni circostanza, sicuro punto di
riferimento per qualunque occasione, attento al percorso anche quando non guida
o dorme; russa forte quando ci si mette. Grazie alla sua ben nota capacita' di
poter stare giorni e giorni senza dormire, e' stata la seconda guida ufficiale
della Isuzu Rodeo. Aveva deciso di portarsi la sua tendina per ovvie ragioni di
"cucco", ma se ne e' stato solo soletto le notti trascorse in
campeggio libero o in aree attrezzate, laddove Flavio/Lynne ed Ortoz/Pie
avevano fatto coppia (regolare la prima, un po' meno la seconda) con una tenda
per ciascuna.
Giuseppe
ORTOLANI : al pari del simpatico personaggio disneyano Eta-Beta il nostro
Ortoz aveva tutto cio' che poteva servire (e no) nel suo capace borsone; era
decisamente super-attrezzato ed e' riuscito ad utilizzare tutto (anche se non
era necessario). In certi casi e sotto diversi punti di vista, rappresenta un
mix tra la reincarnazione del pessimismo cosmico leopardiano e gli effetti di
una continua ed esagerata prudenza, di fatto spesso contrapposta ad una visione
piu' semplicistica ed istintiva di chi (come me) non si poneva troppe domande e
troppe difficolta'; diversi sono stati gli episodi in cui sono emerse accese
discussioni, vedi il caso dei tre-quattro lime che si e' preferito buttare via
prima della frontiera in ingresso negli States poiche' non si possono importare
alimentari negli USA, o quello delle spore velenose del deserto che ha visto
Ortoz rimanere tutto il tempo nella jeep mentre gli altri avevano deciso di
respirare a pieni polmoni quell'aria potenzialmente assassina. Episodi di
questo genere a parte, fondamentale si e' dimostrato il suo UV-ometro
(misuratore della quantita' di raggi ultravioletti del sole che possono essere
assorbiti dal corpo umano senza danno), infatti lui e' stata l'unica persona
che non si e' neppure abbronzata in tre settimane di deserto in zona tropicale
... E' stato comunque l'anima gentile del gruppo che non si scomponeva nemmeno
quando i messicani cercavano regolarmente di infinocchiarci alle pompe di
benzina durante i pieni che facevamo. Segni particolari: lava i datteri appena
colti dalla pianta prima di mangiarli e non beve alcoolici tranne quando e' in
piacevole compagnia per darsi la giusta carica (memorabile la terribile
Margarita analcoolica inventata e confezionata apposta per lui sul momento
dalla creativa barista di Greenville). Merita una citazione la particolarissima
tecnica di conquista adottata in un bar di Mulege con successo (si rimanda alla
cronaca del viaggio per gli amanti dei dettagli): il nostro astutissimo
Giuseppe si e' finto assonnato per far breccia nei giovani cuori di alcune
australiane.
Pierangelo
TESORO : inizialmente scettico sulla opportunita' di stare tanti giorni in
mezzo al deserto, si e' poi ricreduto provando sensazioni uniche ed intimamente
piacevoli di fronte al nulla del deserto: le sistematiche sveglie prestissimo
alla mattina, le fantastiche ed interminabili corse lungo le spiaggia di
sabbia, gli incontri ora con gli sciacalli, ora con gli avvoltoi, ora con la
carcassa di qualche animale, sono alcuni esempi di come puo' cambiare
l'opinione e di quanto sia vera l'espressione che "tra il dire ed il fare
c'e' di mezzo il mare" ... e poi le nuotate nel fantastico Mare di Cortez
e poi le interminabili giocate coi racchettoni con Gianni e poi le foto al
tramonto nel deserto e poi quelle all'alba (sempre nel deserto o sul mare) e
poi quelle ai primi Cirio, per non parlare dei pellicani, dei pesci tropicali,
delle foche, delle fregate ... Da segnalare l'inizio in questa occasione di
alcune raccolte, come quella dei magnetini, delle musicassette di cantanti
donne, nonche' delle conchiglie. Solo qualche anno dopo iniziera' la inusuale
raccolta dei sacchetti da vomito "vergini" delle linee aeree. Cosi'
come Flavio si e' segnalato per la sua continuita' nella guida e Lynne ha
impressionato per la sua capacita' di scandire con regolarita' gli orari dei
pasti, Pie ha confermato le sue eccezionali doti di ottimizzazione riuscendo a
dormire in macchina in ogni condizione, anche percorrendo tratti di sterrato
duro e sconnesso oltre misura: ma perche' quando dorme Pie viene criticato e
fotografato, mentre quando dorme Ortoz cucca alla stragrande ?
Rodeo
ISUZU : e' stata a tutti gli effetti il sesto componente del gruppo
(sicuramente il piu' attivo); ecco alcune delle caratteristiche emerse durante
il severo uso dell'affidabilissimo mezzo meccanico: aria condizionata, sedili
molto confortevoli, guida piacevole e divertente soprattutto su sterrato,
paragonabile solo alla mitica Duna. Sono stati superati ostacoli di varia
natura (dune di sabbia, sterrati impossibili) e sono state coperte miglia e
miglia di strada senza alcun problema a parte una foratura. In vista di un
viaggio pieno di molti interrogativi e difficolta', abbiamo caricato la jeep di
tutto cio' che poteva servire: tende, sacchi a pelo, attrezzature varie per un
campeggio autosufficiente, alimentari, ricambi per l'auto, latta di benzina
addizionale, riserva d'acqua potabile; la maggior parte delle cose erano
stipate con metodo nel vano bagagli, mentre sul tetto del fuoristrada aveva
trovato posto fisso la latta di benzina e la riserva d'acqua, oltre a materiale
vario. Un po' per il carico ed un po' per il fango e la polvere sparsa sulla
carrozzeria, l'aspetto che dava la nostra jeep era sicuramente assai vissuto
...
------------
(1
miglio = 1.61 km)
Il
viaggio si e' diviso essenzialmente in due parti: la prima descrive una
settimana trascorsa in California visitando citta' come S.Francisco e S.Diego,
la seconda si svolge in quell'incredibile penisola messicana lunga piu' di
mille miglia concentrato di deserti e piante e scenari unici al mondo, ove le
balene arrivano per riprodursi ed i pesci tropicali sono innumerevoli e
coloratissimi, dove si puo' passare in poche ore dal freddo Oceano Pacifico al
caldo Mare di Cortez, dove le persone sanno essere schiette ed ospitali, ove i
paesi sono poveri e non belli, ma la natura e' fantastica ed incontaminata tale
da riuscire a for provare sensazioni personalissime stupende ...
1^
giornata - Venerdi 7 ottobre 1994
·
. Volo
Milano Linate - Amsterdam - Los Angeles circa
7000 miglia
·
. Los Angeles - Rancho Bernardo 140
miglia
2^
giornata - Sabato 8 ottobre 1994
·
Rancho Bernardo - Avila
Beach - Morro Bay 340
miglia
3^
giornata - Domenica 9 ottobre 1994
·
Morro Bay - Rocky Point
- San Francisco 250 miglia
4^
giornata - Lunedi 10 ottobre 1994
·
San Francisco: shopping
e turismo -
5^
giornata - Martedi 11 ottobre 1994
·
San Francisco - Muir
Woods – Greenville 210 miglia
6^
giornata - Mercoledi 12 ottobre 1994
·
Grenville - Napa Valley
- Rancho Bernardo 650 miglia
7^
giornata - Giovedi 13 ottobre 1994
·
Shopping Rancho Bernardo
e San Diego (Seaport Village) -
8^
giornata - Venerdi 14 ottbre 1994
·
Shopping Rancho Bernardo -
9^
giornata - Sabato 15 ottobre 1994
·
Rancho Bernardo - La
Bufadora - Santo Tomas 130 miglia
10^
giornata - Domenica 16 ottobre 1994
·
Santo Tomas - Picacho
del Diablo - Bahia de San Quintin 230 miglia
11^
giornata - Lunedi 17 ottobre 1994
·
Bahia de San Quintin -
Catavina - Bahia de Los Angeles 220 miglia
12^
giornata - Martedi 18 ottobre 1994
·
Bahia de Los Angeles -
Bahia de Las Animas - Bahia de Los Angeles 60
miglia
13^
giornata - Mercoledi 19 ottobre 1994
·
Bahia de Los Angeles in
barca -
14^
giornata - Giovedi 20 ottobre 1994
·
Bahia de Los Angeles -
Rosarito - Vizcaino - Malarrimo Beach 262
miglia
15^
giornata - Venerdi 21 ottobre 1994
·
Malarrimo Beach - Bahia
Tortugas - Vizcaino - Santa Rosalia 235
miglia
16^
giornata - Sabato 22 ottobre 1994
·
Santa Rosalia - Mulege -
Playa Buenaventura - Mulege - Playa Buenaventura 92 miglia
17^
giornata - Domenica 23 ottobre 1994
·
Playa Buenaventura -
Mulege - Loreto - Mission S.Javier - Puerto Escondido 162 miglia
18^
giornata - Lunedi 24 ottobre 1994
·
Puerto Escondido - Bahia
Magdalena - La Paz 300
miglia
19^
giornata - Martedi 25 ottobre 1994
·
La Paz - Teocolote - San
Juan de Los Planes - Los Barriles 90
miglia
20^
giornata - Mercoledi 26 ottobre 1994
·
Los Barriles - Cabo
Pulmo 35
miglia
21^
giornata - Giovedi 27 ottobre 1994
·
Cabo Pulmo - San Jose'
del Cabo - Bahia San Lucas 60
miglia
22^
giornata - Venerdi 28 ottobre 1994
·
Bahia San Lucas - Cabo
San Lucas - Todos Santos 50
miglia
23^
giornata - Sabato 29 ottobre 1994
·
Todos Santos - La Paz -
Loreto - Guerrero Negro – Tijuana 1050 miglia
24^
giornata - Domenica 30 ottobre 1994
·
Tijuana - Rancho
Bernardo - San Diego 40
miglia
25^
giornata - Lunedi 31 ottobre 1994
·
Volo San Diego - Phoenix
·
Volo Phoenix -
Minneapolis - Amsterdam - Milano Malpensa circa
7000 miglia
-------------------------
Baja
California : e' una pensola molto irregolare che si
protende per circa 1500 km verso sud-est tra il Mare di Cortez e l'Oceano
Pacifico. Numerose sono le baie e le lagune sparse lungo le coste, mentre all'interno
le zone montuose toccano la massima altezza col Picacho del Diablo posto ad
oltre 3000 metri. La maggior parte della B.C. e' zona desertica ed il clima
varia da zona a zona (sulla costa od all'interno, nella sierra o nel deserto,
al tropico oppure vicino al confine con gli States). Politicamente la penisola
si divide in due stati messicani: Baja California Norte e Baja California Sur
con Mexicali e La Paz rispettivamente capitali.
Mare
di Cortez : detto anche Mare Vivo; meta di sub provenienti da tutto il mondo,
offre scenari e spunti realmente inconsueti e dai toni accesi; foche, leoni
marini, squali martello e balena, mante giganti, pesci tropicali, marlin; e'
stretto tra la penisola californiana ed il mainland messicano, si contrappone
al freddo ed immenso Oceano situato, in alcuni casi a sole poche decine di
chilometri di distanza.
Lagune : parte di
mare che non e' mare e di terra che non e' terra dove l'acqua respira e vive;
sono parecchie, interminabili, ricche di fascino e di qualunque forma di vita
animale e vegetale.
Finisterre : arco
naturale in pietra che separa l'oceano Pacifico dal mare di Cortez,
caratterizzato da forti correnti e pesci tropicali bellissimi; e' il punto
estremo della terraferma, al di la' del quale c'e' solo l'immensita'
dell'Oceano Pacifico.
Malarrimo
Beach : per uno strano gioco di correnti marine, in questo sperdutissimo
posto della costa oceanica si viene a depositare di tutto; la curiosita' di
vedere questo luogo era molta e siamo riusciti a soddisfarla.
Tijuana : primo
centro abitato in terra messicana per chi arriva dal confine con gli States; e'
molto elevata la concentrazione di borseggiatori, truffatori, avventurieri
senza scrupoli.
Puerto
Escondido : nel mio immaginario
doveva essere un posto da sogno; e' si' un luogo bellissimo, ma lo sfruttamento
indiscriminato del territorio per soddisfare un turismo elitario ha rovinato
tutto il delicato equilibrio del paesaggio interno e la poesia; comunque, se si
arriva dal mare, magari in barca a vela, poco importa di quello che l'uomo e'
riuscito a rovinare col suo intervento maldestro od interessato.
Pichacho
del Diablo : punto piu' elevato della zona montuosa della
penisola; molto spettacolare la vista che si puo' godere dalla cima. Lunga e
tortuosa e' la strada che conduce al Pichacho, ove l'ultimo tratto e' sede di
un osservatorio astronomico.
Greenville
:
paese da visitare prestando mooolta attenzione (v. all'interno il
perche').
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Carrettera
n.1 : i patrioti la denominarono "Benito Juarez", i frati
"Camino Real", i campesinos semplicemente "La Numero Uno",
i fuoristradisti "Autostrada Frijolles". In tutti i modi la si
chiami, la Carrettera n.1 inizia a Tijuana, appena al di la' del confine
statunitense e corre per oltre 1000 miglia fino a S.Jose' del Cabo, la punta
estrema della penisola californiana che si stacca come un lungo dito dal
continente per entrare nell'Oceano Pacifico creando il Mar di Cortez.
Completata in vent'anni di lavoro, questo nastro nero di asfalto e' veramente
un sogno ad occhi aperti che conduce nel segno dell'avventura in un angolo di
mondo duro, selvaggio e di una bellezza sconvolgente. Lungo i bordi della
strada non e' difficile scorgere carcasse di animali che hanno ceduto alla
sete. La pista, pur essendo l'unica via di comunicazione, non e' molto battuta,
ma spesso si incrociano o si sorpassano enormi mostri autoarticolati che giorno
e notte attraversano questo paese .
The
Green Angel : rimanere con l'auto in panne in un punto
qualunque della carrettera n.1, potrebbe rivelarsi un problema di non semplice
soluzione; infatti, questa importante strada di comunicazione attraversa anche
alcuni punti completamente desertici, ove si resterebbe ad attendere ore ed ore
il passaggio di una autovettura. I "Green Angel", come dice il nome
stesso, sono volontari a bordo di automezzi che pattugliano queste strade per
portare soccorso agli automobilisti piu' sfortunati.
Assicurazione : e'
opportuno stipulare un'assicurazione tipo Europ Assistance prima di
intraprendere ogni viaggio per ogni evenienza, ed in questo caso e' bene
assicurare anche l'auto, al di la' del terrorismo e delle preoccupazioni
radicate negli americani verso il Messico ed i messicani.
Ballena : si
pronuncia bagliena e significa balena; non era il periodo giusto e non ne
abbiamo purtroppo viste; da gennaio a marzo questi mammiferi si radunano a
centinaia per partorire, protetti dalle lagune, dopo un lungo e misterioso
viaggio iniziato diversi mesi prima nel freddo Mare di Bering.
Foche : siano esse
"Otarie della California" o "Leoni Marini", molti sono
stati gli incontri con questi pinnuti (tanto goffi quando sono sulla
terraferma, quanto agilissimi nel loro elemento); il top e' stato raggiunto al
Cabo quando abbiamo realmente giocato con loro pervasi da un misto di
eccitazione ed euforia che non ci ha permesso di renderci conto dei pericoli e
dei rischi che correvamo stando nel loro elemento quasi a contatto con questi
animali lunghi poco meno di tre metri.
Messicani : tanto
ostili e diffidenti nei confronti degli americani, quanto socievoli e
disponibili quando gli parlavamo in italiano e tenevamo le giuste distanze dai
"gringos"; sempre col sorriso sulle labbra indipendentemente dal
fatto che stanno cercando di fregarti o che gli sei simpatico, spesso schivi ma
comunque cordiali e ben disposti se trattati da umani. Quando potevano
cercavano di arrotondare i loro guadagni il piu' possibile: su tutti l'episodio
ripetuto a piu' riprese della benzina (v. l'esposizione nelle pagine che
seguono). Il terrorismo degli americani riguardo i comportamenti dei messicani
rasenta l'assurdo, anche se sicuramente ci sono delle motivazioni:
consigliavano di portarsi delle armi per la difesa personale, affermavano che
al di la' del confine c'era una moltitudine di disperati pronti a buttarsi
sotto le ruote dell'auto con targa americana per riscuotere denaro dalle ricche
assicurazioni statunitensi ... Assai conosciuta e cantata la nostra musica
degli anni settanta dei Ricchi e Poveri, Jose' Feliciano, Gianni Morandi, I
Pooh, Peppino di Capri.
Baja-Bahia : si
pronuncia rispettivamente ba-ha e ba-hia (con l'accento sulla i); da non
confondere le due cose, infatti "baja" significa "bassa"
(es.: Baja California) e "bahia" rappresenta la "baia"
(es.: Bahia Asuncion)
Cactus : ne abbiamo
visti di tanti tipi nelle piu' diverse occasioni; come unica nota di colore in
diverse isolette altrimenti totalmente brulle, assoluti dominatori di distese
desertiche, spesso maestosi ed imponenti con altezze di vari metri, ...
Cirio : curioso
tipo di cactus esistente solo nella penisola messicana; il Cirio e' una specie
di frusta vegetale lunga diversi metri, di sezione che varia di molto da
esemplare ad esemplare, la quale si sviluppa con circonvoluzioni
particolarissime terminanti con un bizzarro pennacchio di colore arancio al
momento della fioritura. Solo dopo aver sviluppato le foto e le diapositive, mi
sono reso conto di averne fotografato in grosse quantita' ...
Agua
purificata : e' importante controllare la chiusura
ermetica delle confezioni di acqua da bere per non rischiare di prendere
malattie varie tipo epatite ( noi acquistavamo le latte da cinque litri).
Pemex : unica compagnia
petrolifera di bandiera messicana; sono gli unici distributori di benzina
esistenti lungo la strada (mooolto importante la benza in quei posti ...);
Magna Sin e' la benzina verde che noi
utilizzavamo per rifornire la jeep (disponibile alle pompe in verde), mentre
Nova e' l'equivalente della nostra Super (erogata da quelle blu); le pompe
rosse sono per il Diesel .
Sport : diverse
sono state le attivita' sportive in cui ci siamo cimentati a piu' riprese; le
fresche ore della mattina (quando il sole non era ancora caldo) erano il
momento migliore per il footing lungo le interminabili spiaggie di sabbia o di
roccia, non c'era orario invece per le
lunghe nuotate nel tiepido e placido mare di Cortez (molto piu' difficoltoso
nuotare nell'oceano), il tardo pomeriggio era talvolta dedicato a giocare a
racchettoni (spiaggie della Baia di Los Angeles, Mulege, Todos Santos, ...)
Llanteria : gommista;
sono in parecchi lungo la Carretera n.1 e noi vi abbiamo fatto ricorso in una
occasione.
Abarratos : store, negozio
di generi alimentari e mercanzia varia.
Gamesa : casa dei
biscotti; siamo entrati in una ed abbiamo assaporato i suoi prodotti: una vera
schifezza !
Topa (bump) :
dosso artificiale; da non confondere con qualcos'altro.
Vado : guado; ogni
tanto la strada e' attraversata da tracce dei fiumi d'acqua che si formano
improvvisamente a seguito delle pioggie torrenziali che capitano di tanto in
tanto; i cartelli segnalano queste zone che potrebbero anche rivelarsi
pericolose in caso di acquazzoni.
Side
trip : variazioni sul percorso fatte con una certa frequenza durante il
viaggio per andare a vedere i posti piu' remoti; si trattava sempre di
abbandonare la "carrettera n.1" per intraprendere strade (a volte
sterrati molto duri) che conducevano ora ad una laguna, ora ad una spiaggia
deserta, ora ad una missione, ...
Villaggi
:
tanti sono stati i centri abitati toccati durante il nostro lungo
viaggio, alcune vere e proprie citta', ma la maggior parte erano dei piccoli e
poveri paesi spesso piuttosto sporchi (bottiglie di vetro, lattine, sacchetti
di plastica sparsi un po' ovunque) con strade sterrate, edifici ad un solo
piano ed a volte con l'energia elettrica razionata (ad una certa ora della sera
tutte le luci si spegnevano); tante erano le carcasse di vecchie automobili che
ho visto anche a pochi passi delle povere abitazioni, in particolare furgoni
con dei mattoni al posto delle ruote, che venivano usati come veri e propri
ripostigli.
Acqua
:
molta poca acqua sia al nord che al sud; le pioggie sono molto poco
frequenti e quelle rare volte che accadono sono fortissime; un razionale
intervento da parte dell'uomo contribuirebbe a ridurre le zone desertiche ed
aiuterebbe drasticamente un piu' organizzato sfruttamento del terreno.
Pangeros
:
pescatori che quando possono arrotondano i loro guadagni scarrozzando i
turisti sulle loro lancette per andare a vedere le balene al largo, per una
battuta di pesca, per esplorare isole disabitate, ...
--------------------
Comida : mangiare;
si puo' usare questa parola per indicare la cena, la colazione, insomma indica inequivocabilmente
l'esistenza di cibo.
Dorado : o Mahi-Mahi
o lampuga; nelle ricche acque di queste zone, questo ottimo pesce si pesca
senza grosse difficolta' e si puo' gustare in vari modi.
Tortillas
de harinas : preferibili ad un altro tipo che avevamo
assaggiato, di cui pero' non ricordo il nome.
Frijoles : fagioli;
saporitissimi e piu' piccoli dei nostri, erano dappertutto.
Botana
de cortesia : non ricordo piu' il suo
significato, ma mi piace ugualmente segnalarlo e per il suo nome pittoresco e
perche' se ne avevo tenuto nota c'era sicuramente un motivo.
Pescado : pesce
fresco.
Tacos : tortilla
avvolta con ripieno di pollo o pesce.
Jugo
de naranja o lemonada : aranciata o limonata, sono le bevande
preferite di Ortoz; noi ordinavamo una semplice Margarita ...
No
hielo : tipica espressione quasi sempre aggiunta da Ortoz dopo
l'ordinazione per evitare problemi legati all'acqua non pura.
Combinacion
Mexicana (chile relleno-burrito-tamal)
: piatto tipico messicano.
Enchilada
de queso : tortilla arrotolata con dentro formaggio fuso ( non mi piaceva
affatto la salsa di condimento).
Callos
empanizados : callos=scallop; grossa conchiglia impanata.
Manzana : mela; e'
sempre opportuno mangiare tanta frutta in queste zone.
Flan : sorta di
crem caramel con l'aggiunta di un particolare formaggio e talvolta anche di un
liquore che da' al tutto un gusto particolarmente squisito.
Margarita : una parte
di Cointreau (o Triple Sec), due parti di Tequila Blanco, due parti e mezzo di
Margarita Mix, una parte di Lime juice, ghiaccio e sale sull'orlo del
bicchiere; bevuta almeno una volta tutti i giorni di permanenza nella penisola,
sia in versione normale che gigante (a volte si e' fatto pure il bis).
Cocktail : nella
spiaggia piu' a sud della penisola (Cabo S.Lucas), in uno dei tanti bar
caratteristici, a due passi dal deserto, ... tante sono state le occasioni per
gustare il gia' citato Margarita, o una Pina Colada ... ; durante uno di questi intermezzi abbiamo fatto la
conoscenza di un simpatico barista (Michel) il quale mi ha dato la composizione
del suo Margarita (v. sopra) e della Pina Colada: tre parti di succo d'ananas,
due di latte, una di crema di cocco, una e mezza di rum Bacardi Blanco,
zucchero, ghiaccio e guarnire con una fetta di ananas.
Cerveza : la birra,
molto comune in questi posti, non e' servita al tavolo coi bicchieri, bensi' si
beve a canna (meglio cosi' poiche' spesso l'igiene e' un opzional ...); alcuni
marchi locali testati sono stati: Tecate, Pacifico, Negra Modelo, Carta Blanca.
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L'appuntamento mio con Gianni ed Ortoz e' alle
cinque del mattino davanti all'SGS; Giovanni Mastrodomenico si era offerto di
accompagnarci da li' a Linate. Gianni ne combina una delle sue giungendo
pericolosamente in ritardo, ma riusciamo ugualmente ad arrivare in tempo al
check-in. Da Los Angeles a San Diego viaggiamo in macchina con la Lynne che ci
era venuta a prelevare all'aeroporto.
Il
volo KLM parte da Linate ad un'ora impossibile: ore 06.50.
Mentre
Mas va in ditta a fare il primo turno, noi, dopo aver fatto tappa ad Amsterdam
(molto bella la vista dall'alto dei suoi canali, non a caso e' soprannominata
la Venezia del nord), giungiamo a Los Angeles, ove Lynne ci stava attendendo.
Con lei, puntualmente ignorato da tutti, c'e' anche Gianfranco Scherini a
darci il benvenuto; prima di tornare in
Italia da un suo viaggio di lavoro negli States ci offre una bevuta in
aeroporto. Foto di rito e nostra partenza per Rancho Bernardo (San Diego) ove
giungiamo dopo diverse ore di auto.
La
cena a casa di Flavio, ore 20 circa locali, e' a base di un'eccellente insalata
di mare che sparisce dalla tavola con sorprendente rapidita'; chiacchieriamo un
po' e poi a nanna.
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Di prima mattina, per toglierci di dosso le fatiche
del volo, facciamo un bel bagno in piscina e idro-massaggio Jacuzzi
(condominiale ... !). Partenza ritardata (perche' si stava troppo bene in
acqua) in direzione nord: meta della giornata e' Morro Bay.
Dopo
un po' di ore di macchina, nel primo pomeriggio facciamo tappa ad "Avila
Beach" sul molo dei pescatori a gustare un prelibatissimo piatto di
vongole, deliziati da una locale "band" e da improvvisate danze. In
acqua i leoni di mare, in cielo e sul molo i pellicani ed i cormorani, erano
tutti in attesa dei resti derivanti dalla pulitura del pesce da parte dei
pescatori intenti a lavorare incuranti dei numerosi e voracissimi volatili.
Camping
a "Morro Bay" (il nome del campeggio e' "Los Osos"), ove
giungiamo nel tardo pomeriggio. Molto bello il posto in mezzo al verde
organizzato in modo estremamente efficiente: ogni lotto comprendeva oltre al
posto auto, un tavolone con tanto di panche e armadietto per la custodia del
cibo, nonche' un grosso barbecue. Siamo a pochi passi dal fragore delle onde
dell'oceano.
Condividiamo
l'enorme spazio di un lotto, che sarebbe a disposizione di una sola tenda, con
una coppia lei olandese lui americano. Montate anche le nostre tre tende poco
distanti da quella dei nostri "vicini", ceniamo tutti insieme
mangiando in allegria ed al fresco gli spiedini di carne cotti sulla brace del
capace barbecue.
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In questa tappa puntiamo dritti su S.Francisco e
pernottiamo in un campeggio poco distante dalla citta'.
In
una mattinata frizzante, facciamo la colazione seduti all'aperto nel paese di
Morro Bay, allietati da un duo che cantava e suonava musica country. Da segnalare
in questa circostanza una non piu' giovanissima ragazza per nulla male
(fisicamente parlando) seduta poco distante da noi.
Breve
visita al paese: tutti abbiamo censurato le ciminiere poste proprio in mezzo
alla splendida baia che rovinavano irreparabilmente il paesaggio.
Partenza
alla volta di San Francisco e tappa a Rocky Point per pranzare: dal ristorante
si ha una vista del mare sottostante e Flavio avvista una balena (qualche
dubbio sulla consistenza dell'avvistamento).
Lungo
la strada ci fermiamo poi a bagnare i piedi nell'acqua gelida dell'oceano;
prime foto alla distesa infinita di acqua e spiaggia, nonche' ad uno stormo di
uccelli migratori di passaggio sul far del tramonto.
Camping
ad "Half Moon Bay" poco distante da S.Francisco e cena ivi a
base di bistecche alla brace cotte sul posto in una serata piuttosto fresca ed
umida.
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Flavio torna a S.Diego, mentre noi facciamo i
turisti a S.Francisco, a ragione definita una delle citta' piu' belle di tutti
gli Stati Uniti.
Sveglia
di buon mattino per accompagnare Flavio all'aeroporto di S.F. per il suo volo
alla volta di S.Diego (doveva tornare a lavorare): a noi resta la Lynne ed il
fuoristrada (cosa si puo' volere di piu' ? ...).
Prima
tappa obbligata della visita e' il leggendario Golden Gate seguito da
Fisherman's Warf e il Pier 39 per lo shopping. Smania di compere di ogni genere
per ognuno di noi con io che incremento la mia neonata collezione di magnetini.
Scendiamo
in auto giu' dalla famosa Lombard Street tutta tornanti (forse non e' la piu'
ripida discesa del mondo, ma sicuramente la piu' ripresa dai filmati) e poi
prendiamo il caratteristico cable car "Powell-Market" che ci porta su
e giu' per le tanto-volte-viste-nei-film strade di S.Francisco. Ritorniamo
all'auto percorrendo a piedi Chinatown, ricca di negozi di ogni genere
(soprattutto elettronica e souvenirs) e Little Italy.
La
differenza tra i due quartieri e' notevole ed i cinesi si stanno espandendo a
danno degli italiani che vendono ed abbandonano quei posti. Incontriamo un
simpatico vecchietto originario di Genova, che malgrado la lunga permanza
americana, conservava ancora un marcato accento genovese e conversiamo con lui per qualche minuto
(aveva ancora nel cuore la fantastica squadra rossoblu' fine anni trenta del
mitico portiere De Pra').
Orto
aquista a Chinatown il traduttore elettronico in cinque diverse lingue, ovvero
qualcosa davvero molto utile se conosci gia' il significato delle parole,
poiche' quando non lo sai sistematicamente non le trovi ...
Ceniamo
al "Balboa Cafe'" in un ambiente inizio secolo che fa da piacevole
cornice.
Fotografie
notturne al "Bay Bridge" e a S.Francisco scattate dall'isola di
fronte; lungo giro in auto e ritorno al camping per trascorrere la notte.
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Giornata molto tranquilla e naturalistica che si
anima la sera quando scopriamo di essere capitati in un paese un po'
particolare ...
Si
va dritti al parco di Muir Woods, purtroppo senza passare da Twin Peaks (come
si puo' non andare a Twin Peaks, titolo di un famoso "serial
televisivo" ...?) per vedere le sequoie del tipo California Costal Redwood.
Per arrivare a destinazione percorriamo la Pacific Highway n.1, molto tortuosa
ed altrettanto spettacolare, che costeggia l'oceano.
Come
seconda tappa dell'odierna giornata si era scelto un ristorante consigliato a
Gianni dalla Silvia, posto nel paese di Jenner dal nome "River's
End". Molto caratteristica la costruzione con vista sul mare, peccato che
il giorno di chiusura del locale fosse il martedi, proprio il nostro giorno di
arrivo ... Acquistiamo li' vicino qualche oggettino in un piccolo ma carino gift
shop e poi risaliamo il corso del Russian River (fiume sfruttato per le discese
in canoa). Rapido cambio del paesaggio dopo pochi chilometri percorsi: il bosco
ci avvolge e ci inghiotte.
Decidiamo
di fermarci al paese di Grenville per cenare in un grill del paese; camping nel
cuore della foresta, col timore di incontrare qualche orso, e ritorno in paese
al termine del montaggio delle tende. Passeggiata allietata dal ritmo imposto
da un gruppo di percussionisti che stavano suonando sul marciapiede in mezzo
alla strada e quindi Margarita in un locale messicano; Ortoz prende la
Margarita analcoolica inventata sul momento apposta per lui: non riesce a
finirla tanto e' cattiva.
Il
locale e' frequentato da gay e lesbiche: uno di loro ci offre pure da bere e fa
qualche advances nei confronti di Gianni. Ottima l'esibizione offerta al
pianoforte di un altro dei loro, veramente bravo a suonare.
Scopriamo
successivamente, grazie ad altri incontri inequivocabili, che tutto il paese e'
un luogo di ritrovo di omosessuali di entrambi i sessi. Meglio non fare
commenti e tornare al camping, almeno li' si rischia solo di trovarsi faccia a
faccia con un orso ...
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La foresta pietrificata, il geyser ed il vino della
Napa Valley sono gli ingredienti di questa giornata.
Doccia
calda nei servizi un po' spartani del campeggio, che si contrappone al gran
freddo sofferto soprattutto durante la prima mattina. Visita alla foresta pietrificata
(enormi tronchi pietrificati nell'arco dei millenni) e sosta all'"Old
Faithful": geyser che ogni quarto d'ora erutta una colonna di acqua calda
al modico prezzo di 5 dollari per persona (diceva cosi' il cartello
all'ingresso, ma in realta' gli spruzzi non rispettavano le tempistiche e
soprattutto erano un po' poveretti, forse dovevamo dare una mancia all'ingresso
...)
Il
viaggio di ritorno ci fa attraversare la Napa Valley conosciuta per i suoi
vigneti a perdita d'occhio; visita in una delle numerosissime distillerie per
qualche assaggio di vini e quindi pranzo innaffiato naturalmente da un buon
vino locale.
Si
risale in auto puntando direttamente su S.Diego senza nemmeno andare a vedere
Sacramento (altra grave lacuna seconda solo a Twin Peaks). Il viaggio e' lungo
(circa 800 km) per cui passiamo la nottata in auto ed arriviamo a destinazione
solo verso le tre di notte.
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La giornata odierna e' dedicata al relax ed agli
acquisti; serata trascorsa nel caratteristico "Seaport Village" molto
animato ed accattivante.
Avendo
dormito per quasi tutto il viaggio del rientro, l'unico fresco e riposato,
nonche' in grado di accompagnare Flavio al lavoro ero io, e lo faccio
indossando una tenuta molto sportiva, subito notata dai miei colleghi di Rancho
Bernardo puntualmente incontrati all'ingresso del plant.
Nuotata
in piscina e Jacuzzi di gruppo per distendersi; al termine, giro dei grandi
magazzini di Rancho Bernardo per gli acquisti personali e per le attrezzature
ancora da comperare per il viaggio in Baja.
Dopo
aver prelevato Flavio all'uscita del lavoro, si punta su S.Diego con meta un
grosso negozio di marina. Cena al "Fish Market": grande ristorante di
pesce freschissimo in bella esposizione, superaffollato e molto bello, posto a
due passi dal mare della baia illuminata e colma di barche a vela di ogni
dimensione e tipo.
Nell'attesa
dei posti a sedere ci spariamo una bottiglia di vino locale seduti al banco con
una specie di bruschetta; per nulla buono il vino, ma in compenso ottima la
presenza dell'avventrice seduta affianco a me la quale adorava l'Italia, gli
spaghetti e le vere bruschette.
Ho
subito preso a cuore la sua passione per le bruschette ed iniziai a spiegarle
sia la preparazione della vera bruschetta, sia l'esatta pronuncia (diceva
bruscietta invece che bruschetta e cercavo di insegnarle la posizione del
palato e il labiale ...), che siamo chiamati al nostro tavolo ormai imbadito di
tutto punto. Prediligo il certo (il cibo) per l'incerto (la fanciulla) ed a
questo punto la mia vista viene allietata dall'altrettanto invitante (per altri
versi pero') e ricco menu'.
Veramente
squisita la cena di solo pesce fresco: la lampuga, altrimenti detta Dorado o
Mahi-Mahi e' il vero protagonista della serata ittica.
Passeggiata
a Seaport Village (li' vicino) e giretto nei vari negozietti, con Gianni che
trova il suo albero genealogico (tra i suoi avi c'e' pure un arcivescovo di
Genova) e acquista le relative pergamene da regalare a ciascun fratello; si
evitano commenti sull'attendibilita' di queste informazioni ricavate
nientepopodimenoche' in un grazioso e colorato negozietto posto sulla costa est
degli States appena al di la' dell'Atlantico ...
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Giornata caratterizzata dalle ultime spese ed ultimi
"refund" (v. coprisedili di Ortolani). Ultime commissioni e cena in
un locale messicano che fungera' da antipasto del nostro prossimo viaggio in
Baja.
Avevamo
preso l'abitudine di acquistare, provare la merce e poi a volte riportarla
indietro con la restituzione dei soldi spesi: tutto normale in un paese
avanzato come gli Stati Uniti, molto gratificante per noi poveri e bistrattati
consumatori italiani.
Pranzo
con Flavio (che usufruisce della pausa mensa) in un chicken bar e caffe'.
Ancora in giro per i vari store ed andiamo all'AAA per estendere
l'assicurazione per l'auto in Messico (degna di menzione la American Automobile
Association, prodiga di cartine e libretti della Baja molto precisi ed utili).
Acquisto il biglietto aereo S.Diego-Phoenix poiche' devo tornare in Italia una
settimana prima per motivi di lavoro (sigh-sigh), mentre Gianni ed Ortoz andranno
a fare visita ad Aldo Cometti e all'Arizona. Per ultimo Flavio ed io facciamo
un check in banca della presenza dei dollari che Flavio mi passera' al mio
ritorno in Italia (ma questa e' un'altra storia ...)
A
sera, apprezziamo la cena al ristorante Acapulco di R.B. con la portata di
"Mexican Sampler" per ciascuno (piatto unico con assaggi di tutti i
piatti li' serviti). Ad aprire lo stomaco, a fare da cornice e per il nostro
brindisi augurale alla Baja, beviamo la classica Margarita, gustata da tutti, tranne
da Ortoz (lui e' astemio).
Molto
carina la biondina che ci serviva al tavolo (she loves Italy): i suoi nonni
sono calabresi e diceva che non perde mai occasione per venire in Italia.
Valeva realmente la pena buttarsi, ma c'era la Baja che stava aspettando ...
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Giallo al confine messicano con Giuseppe
incontenibile. La differenza tra i due paesi e' abissale. Ci addentriamo un
centinaio di miglia in terra messicana prima di fare la prima tappa notturna.
L'intenzione
era di partire molto presto, ma in realta' i preparativi sono stati piu' lunghi
del previsto e l'attraversamento del confine avviene solo dopo l'una.
Molta
preoccupazione ed agitazione di Orto per l'assenza della polizia di frontiera
americana (cio' era riportato sul suo libretto) e quindi per l'impossibilita'
di consegnare il foglio di ingresso in USA annesso al passaporto. La
preoccupazione di Giuseppe era tale che fermammo la macchina per discuterne la
cosa coi messicani i quali, con fare pacifico, assicurano la regolarita' della
cosa; entriamo nella "caseta de aduanas" ove ci mettono timbri e
visti su tutti i pezzi di carta gli presentavamo, ma Ortolani non era ancora
tranquillo e cercava di raggiungere il posto di blocco americano ormai in
allarme per una jeep con targa USA (la nostra) circondata dai pazientissimi
poliziotti messicani ...
Riusciamo
a fermarlo, a rimetterlo a forza nell'auto e ripartiamo saltando di pari passo
Tijuana per entrare in Ensenada.
La
prima impressione del Messico non e' positiva: costruzioni basse e cadenti,
abitato molto povero e parecchia sporcizia in giro. Si e' fatto un salto
indietro nel tempo: abbiamo lasciato un paese avanzato e siamo entrati nel Terzo
Mondo.
Molta
prevenzione da parte nostra, infatti i colleghi americani di Flavio paventavano
la possibilita' che i messicani si buttassero sotto le ruote di una macchina
americana per riscuotere l'assicurazione; tra i tanti suggerimenti c'era stato
anche quello di portarsi un'arma per ogni evenienza.
Fortemente
condizionati dalle preoccupate raccomandazioni ricevute in terra americana, le
prime decine di chilometri siamo tutti molto tesi ed attenti a cogliere
messicani intenzionati a buttarsi sotto l'auto. Col passare del tempo a poco a
poco superiamo questa fase e ci rilassiamo, godendo un po' del panorama che
scorre lungo i finestrini della nostra jeep.
La
prima sosta in terra messicana e' "La Bufadora": poco sotto Ensenada
c'e' un tratto di costa roccioso ed in un punto in particolare le roccie
rientrano formando un sifone naturale tale che le onde dell'oceano frangendosi,
vengono sospinte verso l'alto generando spruzzi di decine di metri di altezza e
grandi effetti scenici.
Tante
bancarelle coi souvenir locali: sombreros, ponchos, lavori artigianali di ogni
genere, onice, ... Si pranza li' vicino, in un ristorante sul mare a base di
pesce.
Riprendiamo
il cammino verso il sud e attraversiamo una regione verde prevalentemente
agricola; senza interruzioni giungiamo a sera inoltrata a S.to Tomas, famosa
per i suoi vigneti. Inizialmente interessati a fare campeggio, trattiamo per le
camere con Gianni che fa la sua ultima offerta al padrone (40 $), quando io ero
partito da quella base per scendere ... Solita Margarita nel bar del motel e
conoscenza del barista astemio di nome Michele (di origine pugliese da parte di
padre) e della "cucineira" che fa ottimi "flan" (v.
apposita sezione).
Prima
di andare a nanna converso amichevolmente con Michele cercando di carpirgli
alcuni suoi segreti del mestiere: mi annoto infatti la preparazione di alcune
sue specialita' come la Margarita e la Pina Colada.
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La meta di oggi e' Cielito Lindo nella grande Laguna
di San Quintino passando dal Picacho del Diablo, ovvero, dalla cima piu' alta
della penisola, ad una delle piu' grandi lagune.
Contrariamente
a quanto si voleva fare, la partenza avviene solo verso le nove dopo un'abbondante
colazione (peccato che la mattina non c'e' il flan). Foto con Michele al banco,
contorniato dalle bottiglie, e poi via.
Deviazione
per il Picacho del Diablo: vetta piu' alta della Baja coi suoi oltre 3100
metri.
Tappa
di puro sterrato, 260 chilometri tra andata e ritorno, per giungere
all'osservatorio astronomico posto a 2800 metri nel "Parque Nacional San
Pedro Martir". Ottimo il comportamento della ISUZU Rodeo che si e'
arrampicata con estrema facilita' e sicurezza. Durante la marcia di avvicinamento
risalendo la Sierra, gli scenari cambiano bruscamente: landa semidesertica,
foresta con enormi e fitti alberi, guadi di torrenti.
Lasciamo
la jeep vicino al curioso villaggio degli astronomi; le abitazioni avevano la
forma a stella: corpo centrale e cinque rami con altrettanti ingressi (forse
quella forma permette di trattenere meglio il calore).
I
locali ci portano fino all'osservatorio su un grosso pick-up. Al ritorno, prima
di riprendere la carrettera n.1 in direzione sud, facciamo tappa a San Telmo per
acquistare qualche cibaria.
Arriviamo
a destinazione in compagnia delle prime ombre della sera: molto suggestiva
l'enorme baia con dune di sabbia a perdita d'occhio di fronte all'Oceano
Pacifico.
Cena
non a livelli eccelsi nel ristorante dell'albergo Cielito Lindo e poi montaggio
delle tende sulle dune di sabbia a pochi passi dal mare (non c'era nessun'altra
anima viva li' intorno).
Facciamo
due passi per digerire e poi saliamo in macchina. Innestate le 4 ruote motrici,
alla luce della luna la jeep riesce a trovare un passaggio tra le dune fino a
riva: non c'e' piu' nulla fra noi ed una lunga e pazza corsa sulla sabbia in
prossimita' della battigia. Notiamo in lontananza le luci di un'altra jeep
rimasta bloccata nella sabbia, ma noi torniamo al punto di partenza senza
intoppi.
La
notte in tenda ci vede protagonisti di una profonda dormita scandita dal ritmo
regolare e fragoroso delle onde dell'oceano.
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La giornata si evolve piu' lentamente rispetto alla
nostra tabella di marcia, ma riusciamo ugualmente a fare tappa in un posto che
merita, chiamato non a caso, Bahia de Los Angeles.
Gianni,
Ortoz ed io ci svegliamo all'alba e facciamo footing sulla spiaggia prima
copertissimi poi a torso nudo. Davvero non comune il paesaggio in cui siamo
immersi: prima di riprendere il nostro viaggio facciamo qualche foto alle dune
di sabbia .
La
tappa odierna si addentrera' all'interno della penisola attraversando zone
completamente desertiche, per cui torniamo a San Quintino per fare un po' di
commissioni; lo scopo e' quello di attraversare longitudinalmente la penisola
per andare nel Mare di Cortez.
Rapido
check list per maggiore sicurezza: cambio dollari ---> ok, riserva d'acqua e
frutta ---> ok, benzina ---> qualche dubbio, per cui riempiamo i due
galloni di riserva montati sul tetto per sicurezza e partiamo !
Deviazione
quasi immediata verso l'oceano per ammirare una enorme duna di sabbia subito
scalata e fatta di corsa in discesa (sensazione unica ...).
Via
via che ci inoltriamo nell'entroterra il paesaggio cambia di aspetto, e' qui
che avvistiamo i primi cactus tipici di questa zona di nome "Cirio"
(v. descrizione nell'apposita sezione).
Side
trip verso ovest (due miglia di "very dirt road") per andare a
visitare le rovine della missione di Nostra Signora del Rosario. La presenza di
un piccolo corso d'acqua era sufficiente per far crescere varie piante e in
mezzo a quel deserto la missione era stata edificata in seno all'oasi; a parte
un corrall, ancora in buono stato, costruito con la corteccia esterna dei
cactus seccata (di consistenza legnosa), della missione non era rimasto piu'
nulla tranne realmente qualche rovina. Qualche cavallo sorpreso a gironzolare
nella sorgente resta oggetto delle nostre attenzioni fotografiche.
Si
ritorna sulla carrettera asfaltata per proseguire il viaggio verso il sud.
Poco
prima di Catavina la strada entra in un paesaggio lunare del Parco Naturale del
Deserto Centrale della Baja California: massi, cactus e sabbia ed anche tanta
sporcizia (sacchetti di plastica, carte, lattine di ogni genere ...)
Si
decide di non fare l'altro side trip previsto alle miniere di onice poiche'
siamo troppo indietro rispetto alla tabella di marcia e rischiamo di farci
sorprendere dal buio mentre siamo ancora in pieno deserto.
Alle
cinque della sera siamo a Catavina, uno dei pochi punti di rifornimento per il
carburante, ove ci fermiamo per fare il pieno ed ove ci consultiamo per decidere
se pernottare li', oppure se proseguire per Bahia de Los Angeles con la
prospettiva di guidare col buio (cosa sconsigliata dalle guide americane e
naturalmente molto osteggiata da Giuseppe, altrettanto ovviamente pero', messo
in minoranza).
Si
prosegue e si arrivera' a destinazione verso le otto di sera; il paesaggio che
si gode dall'alto della strada, mostra subito che ne valeva la pena fare tutti
quei chilometri: abbiamo di fronte a noi una grande baia con una grossa isola a
diverse miglia di distanza a proteggerla e poi, all'interno, un'arcipelago di
isolette di ogni dimensione a fare da cornice.
Entrati
in paese notiamo subito che e' decisamente migliore rispetto agli altri che
abbiamo finora incontrato lungo la strada ed individuiamo qualche possibilita'
di alloggio ed alberghi, alcuni dei quali anche di bell'aspetto.
Si
opta per due camere che fanno parte di una serie di costruzioni con una lunga
veranda in un luogo tranquillo, poste di fronte alla spiaggia; sono piuttosto
spartane, ma il prezzo e' buono. Lasciamo i bagagli dentro le camere,
accostiamo le porte (che non sono dotate di serratura) ed andiamo a mangiare.
Cena
all'aperto in riva al mare conclusa ancora una volta dall'ormai obbligatorio
flan, qui innaffiato da un decantatissimo e particolarissimo liquore di nome
indecifrabile, che altro non e' poi che una copia dell'amaretto di Saronno (lo
abbiamo scoperto quando ci siamo fatti portare qualche bicchierino al termine
della cena, che a fatica riusciamo a bere: trattasi di un liquore di nome Frangelico).
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Giornata caratterizzata da un impegnativo side trip
che ci conduce in un luogo perso e di difficile accesso. Riusciamo a tornare su
una strada accettabile senza farci sorprendere dal buio ormai incombente.
Ci
alziamo di buon'ora poiche' la sveglia ci e' stata data all'alba dagli
americani, nostri vicini, che andavano a pescare. Gia' alle 7.30 del mattino il
sole riscalda e si sta veramente bene in prossimita' della spiaggia seduti
sulla sdraio a fare una abbondante colazione.
Andiamo
in cerca di un noleggio di barche per l'indomani; il nostro uomo si chiama
Sammy ed e' un tipo non molto alto e sotto la tuta pare essere ben messo
fisicamente. La sua richiesta e' di 80 $ per la barca inclusa la guida e un
paio di canne da pesca dalle sei del mattino alle due del pomeriggio.
Si
prova in tutti i modi a contrattare sul prezzo partendo dal fatto che non siamo
americani, per arrivare ad una sfida di sollevamento di un bilanciere posto
affianco ad una panca: Gianni riesce a fare 10 flessioni, Flavio arriva ad 11
con uno sforzo immane, Sammy fa i primi 40 in apnea, poi altri 10 in scioltezza
e chiede se sono sufficienti ... non avendo nessuna voglia di cimentarmi in
queste manifestazioni di esclusiva forza bruta, decido che si puo' anche
lasciare il prezzo a 80 $.
Fallite
le trattative, ma raggiunto ugualmente l'obiettivo di noleggiare la barca per
l'indomani, saliamo in macchina per andare a Punta San Francisquito a fare il
bagno: da Bahia de Los Angeles la strada e' un lungo sterrato di oltre 90
miglia; Flavio si esalta alla guida delle quattro ruote motrici e dopo una
trentina di miglia vediamo una deviazione che dovrebbe portare al mare (Bahia de
las Animes): decidiamo di puntare subito verso il mare.
Questo
side trip e' uno sterrato segnato peggio di quello finora fatto ed infatti la
realta' non e' inferiore alle attese. Faccio il mio battesimo delle quattro
ruote motrici in questo tratto particolarmente tortuoso ed accidentato; sono
miglia e miglia di strada orrenda in un paesaggio da favola: deserto, sabbia e
foresta di cactus.
Finalmente
arriviamo in una baia con qualche isolotto sparso, ciascuno separato dal
successivo da una sottile striscia di mare.
Adocchiata la nostra meta, lasciamo la Isuzu, mettiamo gli zaini sulle
teste e guadiamo l'acqua che in alcuni casi arriva all'altezza delle spalle.
Siamo
letteralmente fuori dal mondo in quest'isolotto con una spiaggia coperta di
conchiglie: ne raccogliamo a decine dalle forme piu' strane e dai colori piu'
belli. Ci imbattiamo in una grossa rete sicuramente strappata e sbattuta sulla
spiaggia dal fortunale del giorno prima: vari tipi di pesci erano ormai seccati
dal forte sole e solo qualche grosso granchio dava qualche debolissimo segno di
vita; ci diamo da fare per liberarli e rimetterli in acqua.
Bagno
ed esplorazione dell'isolotto prima di riprendere la strada del ritorno.
Giunti
al bivio abbandoniamo il progetto originale di andare alla Punta S.Francisquito
per non farci poi tutto il ritorno al buio (sentiero sconnesso, illuminato
dalla sola luna, col rischio di incappare in qualche mucca che attraversa la
strada o di uscire dal percorso segnato): scelta azzeccata perche' impieghiamo
non poco per il ritorno e la via non e' affatto semplice da seguire.
Assistiamo
ad un meraviglioso tramonto molto fotografato (cactus, contorno dei monti,
cielo e nuvole dai colori piu' diversi).
La
cena, su consiglio dei nostri vicini americani, si svolge al ristorante
"Los Hamacas": buona la margarita gigante, buono il cibo, non c'era
il flan. Brutta figura di Flavio che fa degli apprezzamenti nei confronti di
una americana del tavolo vicino, la quale si scopre dopo che conosce
perfettamente l'italiano ...
Non
volevamo andare a dormire senza aver mangiato il solito flan a concludere la
serata, ma purtroppo la ricerca in altri ristoranti non va a buon fine.
In
questo, come in quasi tutti i paesi attraversati, solo la strada principale e'
asfaltata, per il resto solo ed eslusivamente sterrati. Un po' ovunque vi sono
le carcasse di automobili abbandonate e spesso usate come ripostiglio; la
baraccopoli e' sempre presente poco distante dal nucleo del paese. Nel
complesso pero' devo dire che questo paese e' molto dignitoso: fatta questa
importante riflessione, me ne vado a riposare ...
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Bellissima giornata iniziata prima dell'alba e
caratterizzata dal giro in barca in compagnia di Jose', professione pescatore;
cena a base del nostro
"pescado".
Sveglia
alle 5.15 e poco dopo le sei siamo sulla barca armati di macchine fotografiche
e qualcosa da mangiare, oltre che delle creme protettive. Jose', la nostra
guida, punta subito verso i "Due Gemelli" mentre il sole sta sorgendo
illuminando un cielo nuvoloso; le due piccole isole popolate da un'infinita' di
gabbiani, pellicani, cormorani, sono interamente coperte di guano. Anche qui
l'unica forma vegetale presente e' costituita dai cactus.
All'interno
della baia vi sono davvero tante isolette ed ognuna ha la sua particolarita';
Jose' ci porta a vedere le foche e poi ci fa scendere su un isolotto usato dai
pescatori per pulire gli squali che catturano poco oltre l'isola di Tiburon (la
grande isola prospiciente la baia). Raccogliamo i dischi della colonna
vertebrale degli squali per farne eventuali collanine, qualche conchiglia
sempre presente su ogni spiaggia e ritorniamo in barca.
Avvistamento
della balena fatto non da tutti e da molto distante. Numerosi stormi di uccelli
sopra di noi o sugli scogli (molto belle le fregate): solo per dare un'idea,
l'isola Rasa e' coperta per il 70% della sua estensione da volatili di ogni
genere.
Facciamo
il bagno vicino alle foche che ovviamente fotografiamo in tutte le salse e poi
improvvisiamo una battuta di pesca che avra' poi del miracoloso: infatti,
seguendo le indicazioni ed i consigli di Jose', anche Lynne, Gianni ed io siamo
riusciti a prendere con relativa facilita' e molta incredulita' alcuni grossi
pesci (forse cernie). Bisogna ammettere che Flavio, unico vero pescatore fra
noi, pur essendo stato messo in ombra dallo strapotere di Jose' (si scoprira'
poi che e' il miglior pescatore della zona), ha si' pescato pochi pesci, ma e'
riuscito a catturare (senza esca) un raguardevole esemplare di scorfano.
L'unico a non pescare e' stato Giuseppe che si e' pure rifiutato di assaggiare
il contenuto di uno strano frutto di mare offerto da Jose' di gusto molto
gradevole, ligio come sempre alle regole di igiene e sicurezza alimentare (per
nostra fortuna non ci siamo beccati alcuna malattia ...)
Jose':
eta' 60 anni circa, viso e mani bruciate dal sole e scavate dalle rughe; poche
parole in inglese, ma dette correttamente; perennemente intento ad aggiustarsi
la dentiera in un continuo lavorio mascellare che produceva una serie di fischi
e suoni piu' diversi; eccezionale pescatore, il migliore della zona; carattere
piuttosto riservato, ma aperto, con la battuta pronta e diretta.
Rientriamo
a terra verso le due e mezzo del pomeriggio e Jose' si offre di pulire il pesce
pescato; ci scegliamo solo un numero di filetti a noi sufficienti per la sera e
lasciamo a lui tutto il resto.
Visita
al museo di storia naturale del paese; assai breve e' la storia poiche' le
prime tracce risalgono al secolo scorso (erano esposti oggetti che potevano
appartenere ai nostri nonni). Incontro con un paio di italiane, di cui una non
male, anzi direi solo bene.
Facciamo
un salto a vedere l'allevamento delle tartarughe di mare: trattavasi di tre
vasche piuttosto piccole per le davvero grosse dimensioni delle tartarughe, in
cui i poveri animali (una ventina in tutto) non avevano alcun spazio a
disposizione.
Ritorniamo
al ristorante della sera precedente per farci cucinare il nostro
"pescado" e per assaggiare qualche altra specialita' locale; questa
volta, con buona pace di tutti, riusciamo a chiudere la cena col flan.
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Continua la discesa a sud ed attraversiamo il
confine tra i due stati della Baja California Norte e Sur. Ore ed ore di
durissimo percorso scavato dalle pioggie torrenziali per giungere a Malarrimo
Beach, un posto perso in mezzo al deserto e costellato di sabbie mobili, ove
uno strano gioco di correnti marine permette all'oceano di depositare tesori di
ogni genere sulla spiaggia.
Sveglia
di buon'ora (cinque) e preparativi per la partenza alla luce delle torce elettriche,
infatti una cosa che non si e' detta prima e' che l'energia elettrica nel paese
c'e' solo dalle sette del mattino alle dieci di sera poiche' l'unico generatore
elettrico entra in funzione agli orari stabiliti. Carichiamo la Jeep, riempiamo
i bidoni sul tetto con mezzo carico di benzina e partiamo alle sei e un quarto
nel pieno rispetto della tabella di marcia prevista: l'alba non e' ancora sorta
e la luce fa solo appena capolino.
Solo
a tarda mattinata si fa una sosta lungo la strada a Rosarito in un tipico
ristorante messicano con i piatti di portata gia' pronti in bella esposizione:
una specie di fegato alla veneziana, intingoli vari, minestre (fagioli in
particolare), ... Essendo in piedi da parecchie ore, ma non volendoci
appesantire, ci accontentiamo di fare solo un'abbondante colazione.
Siamo
nuovamente sulla strada verso il sud che costeggia una fitta foresta di cactus;
dopo un po' la vegetazione cambia lasciando il posto ad una piana col terreno
secco cosparso da cespugli bassi verdi ed agavi o qualcosa che molto ci
assomiglia.
E'
in questo contesto che assistiamo ad una scena da Far West: lungo il bordo
della carrettera il cadavere di una mucca e' circondato da diversi avvoltoi e
piu' in la' alcuni cojotes disturbati da noi si allontanano fissandoci sempre
con attenzione. Quando arriviamo in un punto ove il terreno diventa
completamente brullo a perdita d'occhio, possiamo dire di essere in pieno
deserto: scendiamo per alleggerire le nostre vesciche. Ortoz non esce dall'auto
per via delle spore velenose portate (dice lui) dal vento; tanto per essere
bastian contrari, prima di risalire in macchina, improvvisiamo un tiro al
barattolo con le pietre, sotto un vento piuttoso insistente e caldo.
Ore
10.00 superiamo il 28^ parallelo ed entriamo nello stato della Baja California
Sur, un orribile monumento in stile moderno sta ad indicare la divisione tra i
due stati.
Dopo
un po' di miglia percorse in pieno deserto, ci troviamo di fronte ad una
immagine inconsueta: avevamo scollinato e sotto di noi a perdita d'occhio
vedevamo il nastro nero di asfalto che si tuffava e si allungava in un mare di
colore bianco. Via via che scendevamo verso la piana notavamo ogni tanto strani
animaletti bianchi uscire dal mare bianco, attraversare perpendicolarmente la
striscia nera della strada per scomparire nuovamente nel mare bianco. Solo piu'
tardi capimmo di cosa si trattava: la Carrettera n.1 stava attraversando una
enorme salina sulla cui superficie si formava una schiuma di sale e gli strani
animaletti bianchi non erano altro che gli strati superficiali di schiuma che,
agitati dalle improvvise raffiche di vento, si staccavano a batuffoli per
rotolare trasversalmente rispetto al nastro di asfalto nero e ricadere al di
la' della strada ...
Per
dare un'idea del sentiero per Malarrimo Beach basta dire che non troviamo
subito la deviazione, bensi' ci riuscimmo solo dopo essere tornati indietro e
guardato con estrema attenzione. Il percorso e' mooolto accidentato e mette a
dura prova la ISUZU RODEO: ventisette miglia in pieno deserto tra canjons e
dune di sabbia, paesaggi spettacolari di bellezza unica. Piu' volte si e'
dovuti scendere dall'auto a causa del terreno oltremodo sconnesso sia per
alleggerire la jeep che per aiutare Flavio alla guida.
Gli
scenari si alternano in continuazione: infatti per un po' restiamo in mezzo ai
cactus, poi il percorso si inerpica ed a poco alla volta lo spazio si allarga
finche' ci troviamo in cima alla mesa di roccia. A questo punto cominciamo a
costeggiare un grosso canjon per poi ridiscendere seguendo il tracciato
definito e scavato dai torrenti che si formano in seguito alle pioggie
torrenziali. Per ore ci muoviamo in questi ambienti di sogno, o di incubo a
seconda dei punti di vista, senza incontrare nessuna forma di vita animale, a
volte pero' si scorge una lepre, oppure un cojote e tutti noi ci eccitiamo e ci
stupiamo alla vista di qualcosa che vive in quest'incredibilmente elettrizzante
deserto. Seguiamo per un lungo tratto la gola e solo dopo oltre due ore e mezzo
arriviamo all'oceano per nulla Pacifico, tale e' l'impressionante forza delle
onde: Malarrimo Beach e' una realta'.
Su
questa spiaggia sperduta, un gioco di forti correnti porta veramente di tutto,
infatti non di rado qualcuno viene fin qui a rovistare fra i relitti trasportati
dal mare in cerca di tesori. Ricchi di curiosita' ci aggiriamo anche noi in
quel tratto di terra interessata dalla corrente, ma i risultati sono molto
deludenti.
Le
dune di sabbia arrivano fino al mare per ergersi improvvise e compatte su
entrambi i lati della gola da cui noi siamo arrivati ed ove ci apprestiamo a
campeggiare. Qui il vento proveniente dall'oceano si incanala diventando molto
forte e costante: decidiamo di formare un piccolo accampamento in modo da
restare riparati il piu' possibile dal vento.
Senza
perdere tempo, montiamo le tende giusto al termine dell'accidentata gola, solo
parzialmente protetti dalle dune di sabbia ed ad un centinaio di metri
dall'Oceano tumultuoso; fissate le tende, raccogliamo abbontante legna
approfittando dei relitti deposti dal mare sulla riva. Approntiamo una
rudimentale protezione dal vento ed accendiamo un grosso fuoco per cercare di
riscaldarci e cuocerci qualcosa da mangiare: la cena a base di spaghetti al
sugo (1Kg di pasta per 5 persone, avevamo scorte di cibo a sufficienza, dal
momento che le guide consigliavano cibo e acqua per piu' giorni) e' rischiarata
dalla luna piena.
Placati
i morsi della fame ed in parte anche quelli del freddo, esploriamo un po' la
zona al lume delle torce e della luna. Facciamo nuovamente legna al fine di
mantenere il fuoco acceso tutta la notte per tenere distanti gli animali
predatori che sentiamo intorno a noi: nonostante cio' un cojote arriva ad una
ventina di metri dall'accampamento per poi sparire inghiottito dal buio.
Durante
la notte il continuo soffiare del vento copre il frastuono delle onde
dell'oceano.
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Scappiamo in tutta fretta da Malarrimo Beach per il
rischio della pioggia ed operiamo un cambio di programma: stanchi dell'oceano
poco adatto ai bagni (correnti molto pericolose) ed appagati della nostra
voglia di avventure e solitudine, puntiamo decisi verso il mare di Cortez, rimandando
eventualmente al viaggio di ritorno l'idea di percorrere un'altra pista densa
di difficolta' e ricca di tanti punti interrogativi che ci avrebbe condotto in
un altro punto assolato e sperduto, avvolti dall'immensita' dell'oceano da una
parte e dall'inquetudine del deserto dall'altra.
Mi
sveglio verso le sei del mattino, e, molto preoccupato dei nuvoloni bassi e
minacciosi che stanno sopra di noi, chiamo gli altri a consiglio.
La
strada che avevamo fatto per arrivare e' molto brutta e pericolosa, infatti per
un buon tratto passa in gole scavate dalle pioggie torrenziali che si scatenano
improvvise e violente ed il rischio era che la jeep non riuscisse a risalire il
fondo accidentato dell'impervio sentiero reso scivoloso dalla pioggia; in
alternativa c'era la possibilita' di seguire la spiaggia tra le dune di sabbia
ed il mare fino ad arrivare ad una traccia di sentiero che si tramuta in pista
a partire da Bahia Tortugas. Sulla cartina in nostro possesso non c'e' alcuna
traccia e sulle guide e' segnalata la presenza di sabbie mobili, inoltre siamo
in fase di alta marea (quindi tra mare e dune non c'e' molto spazio). Non c'e'
altra scelta, si deve risalire la gola dalla quale siamo arrivati: si decide di
smontare in tutta fretta le tende e ripartire senza nemmeno fare la colazione.
Avvistiamo
un cojote (forse quello della notte precedente): Gianni ed io ci lanciamo sulle
sue tracce armati di macchina fotografica, ma senza successo.
Per
nostra fortuna il tempo non volge al peggio e dopo diverse ore di duro "off
road", siamo nuovamente sulla strada principale: proseguiamo per Bahia
Tortugas su sterrato facile per la nostra ISUZU RODEO. Giungiamo in paese verso
le 12 ed andiamo al ristorante VERA CRUZ a mettere qualcosa sotto i denti:
caratteristico e molto polveroso il paese.
A
tavola, per nulla entusiasta dell'oceano (spettacolare, ma spesso non adatto ai
bagni) faccio la proposta di saltare Bahia Asuncion (piano originario) e
puntare dritti su Santa Rosalia sul mare di Cortez. Non tutti sono d'accordo
poiche' l'idea di andare a visitare quella baia era assai gradita, ma alla fine
la proposta e' accettata.
La
strada e' molto lunga: circa 200 miglia da coprire in quattro ore (tali erano
le ore di luce rimaste). Nel corso delle prime 100 miglia sterrate buchiamo una
gomma, rapidamente sostituita; e' doveroso segnalare che durante l'operazione,
tutti i rari automobilisti di passaggio si sono fermati per chiederci se
avevamo bisogno di aiuto.
Arrivati
a Vizcaino facciamo il pieno di benzina e ripariamo la gomma (circa
l'equivalente di 7500 lire la riparazione).
A
causa di questi intoppi arriviamo a Santa Rosalia a sera inoltrata. Il paese e'
molto trafficato, le costruzioni sono le piu' alte tra quelle finora viste (due
piani) e tutte in legno; i negozi vendono merce di poco conto e lungo le strade
(in asfalto a differenza degli sterrati a cui eravamo ormai abituati) circolano
parecchie automobili che lasciano (tutte) una densa scia di fumo dai tubi di
scappamento; conto diversi carretti colmi di hot dog e tortillas fatti sul
momento posti nelle vie piu' frequentate. Molto movimento con tanta gioventu'
(mi viene da pensare che i messicani sono assai prolifici ...); alle 10 di sera
pero' il paese diventa semi deserto.
Giriamo
un po' per trovare le camere finche' Lynne e Flavio soggiornano in un albergo,
mentre gli altri reputano 99 nuovi pesos (1 npeso = 500 lire) un prezzo
eccessivo per una camera senza finestre e pavimento ed optano per un'altra
sistemazione in un'altra pensione.
Mega
doccia per togliersi la sabbia ed il fumo di dosso, breve passeggiata (per Pie
ed Orto brevissima) e poi a nanna.
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L'obiettivo di oggi e' quello di piantare le tende
in riva al mare con lo scopo di farci un ricco bagno. Nuotata pomeridiana e poi
sosta a Mulege per gustare il pollo piu' buono del mondo; salto in un bar per
bere una buona Margarita e svolta imprevista: molto divertente e vivace il gran
finale!
Sveglia
alle 07.15 per la colazione che ci vede tutti nuovamente riuniti e poi partenza
alla volta della Bahia de Conception.
Dopo
una quarantina di miglia arriviamo a Mulege, cittadina molto caratteristica
piena di colore e di vita. Facciamo un giro per il paese ed acquisto i primi
souvenir della Baja.
Visitiamo
la famosa missione omonima, ove ragazzini di una decina di anni stavano
seguendo le lezioni con molta attenzione ed interesse.
Transitiamo
vicino ad una piantagione di datteri che cattura il nostro interesse: lasciamo
la jeep e ci inoltriamo a piedi nella tenuta. Davvero uno spettacolo i datteri
lasciati a seccare in terra o sui tavoli lunghissimi ! Doverosa sosta presso un
baracchino poco distante per gustare i datteri secchi e bere qualcosa.
Si
riparte con meta la baia: a dividere il mare dai cactus c'e' solo una sottile
striscia di sabbia finissima con conchiglie dapperttutto. La Baia di Conception
e' come una profonda e stretta ferita in cui l'acqua del mare di Cortez per
miglia e miglia e' racchiusa tra una lunga penisola e la terraferma: il
panorama che vediamo dalla strada e' caratterizzato da una striscia verde di
cactus, una striscia blu' di mare, una striscia bruna di terra ed una striscia
azzurra di cielo l'una sovrapposta all'altra.
La
strada corre alta sul mare e le spiaggie si susseguono in continuazione finche'
decidiamo di fermarci presso una piccola rientranza con sabbia chiara e mare
lindo: una fila di baracche realizzate con le palme erano disposte a poca
distanza dal mare per meglio accogliere i campeggiatori.
Pagato
l'accesso alla spiaggia, non perdiamo un secondo per tuffarci in acqua: lunga
nuotata, tanto sole e relax sulla sabbia giocando a racchettoni.
Un
turista stava pulendo il pesce appena pescato su un tavolino piazzato in mare
con l'acqua alla cintola, completamente circondato da una dozzina di pellicani
in cerca degli avanzi: armati di macchina fotografica Gianni ed io riusciamo a
fare una serie di scatti ravvicinatissimi ai voraci uccelli per nulla
intimoriti dagli improvvisati reporter.
Fatto
il bagno e preso un po' di sole, saltiamo nuovamente in macchina per
individuare un bel posto ove accamparci. Piantiamo le tende in riva al mare a
Playa Buenaventura (una delle innumerevoli spiaggette di sogno che snodano
lungo la strada) e torniamo a Mulege per assaggiare il pollo piu' buono del
mondo (avevamo adocchiato l'accattivante insegna la mattina). Prima di cenare
andiamo a prendere la Margarita al fine di utilizzare il coupon omaggio
ricevuto nel pomeriggio: non ricordo per quale motivo, ma di fatto restiamo
d'accordo col barista che ne avremmo usufruito dopo cena.
Assistiamo
ad una curiosa scena (per noi d'altri tempi) nella piazza principale del paese:
una fila di sedie era li' sistemata e diverse persone, per lo piu' non giovani,
erano intente a vedere la televisione posta proprio nel centro della piazza.
La
cena a base di pollo, fagioli, patatine fritte viene da noi tutti replicata al
modico prezzo di 127 N$ (Nuovi Pesos). Moolto buono il pollo e moolto
pittoresca la cucina. Avremo anche fatto il ter, ma era ormai finito tutto.
Messi
a tacere i morsi della fame, decidiamo di andare nuovamente a bere qualcosa,
per cui ci avviamo nuovamente verso "EL CANDIL",
"Restaurant-Bar-Pool table and more", decisi ad utilizzare i coupon
(you pay your first drink and your second is free ...)
Sale,
tequila e lime (nell'ordine) per tutti meno Orto che, ormai lo sanno anche i
sassi, non beve alcoolici. Gianni offre il secondo giro per tutti meno Orto,
che ci raccomanda di non esagerare. Pie si decide a proporre un terzo giro,
giusto perche' la Lynne si dichiara soddisfatta (una Margarita in meno da
pagare), mentre Orto prevede ubriacature. Quando e' il momento di Flavio a
pagare il quarto giro, Orto ormai ha rinunciato a farci da coscienza ed e' gia'
in procinto di chiudere gli occhi.
Mentre
al nostro tavolo si alza il gomito (o si inizia a dormire), ad un tavolo poco
distante c'e' il gruppo che avevamo visto nella cucina del pollo anche lui
piuttosto su di giri; i loro accenti erano molto diversi e la componente
femminile non era da disdegnare.
Un
paio di messicani armati di chitarra avevano iniziato ad intonare brani
melodici intorno al loro tavolo: con nostra enorme sorpresa le canzoni facevano
parte del nostro repertorio degli anni sessanta/settanta (Nicola Di Bari,
Albano, I Ricchi e Poveri erano i piu' gettonati).
Un'idedita
coppia italo-messicano si forma nel giro di poco tempo: Pie come vocalist ed
Actor alla chitarra. Dopo i primi brani di assaggio, i due interpretano la
famosa canzone "Che sara'", presentata ad un lontano Festival di
Sanremo dalla coppia Jose' Feliciano/Ricchi e Poveri, cantando a turno ogni
strofa prima in italiano e quindi in messicano. Il duo furoreggia coivolgendo a
poco a poco anche gli avventori locali: Pachos (apparente eta' 60 anni) fa la
serenata a Lisa (procace bionda ventenne australiana) ed e' subito imitato da
Pierangelo che impugnata la chitarra si inginocchia di fronte a Lisa intonando
due significativi pezzi della canzone dialettale genovese: il grande successo
di critica e di pubblico ottenuto con "Ma se ghe pensu" viene
immediatamente bissato con la melanconica "Piccun daghe cian-in"
(n.d.r.: Flavio, l'unico in grado di fare giuste e doverose osservazioni
riguardanti l'uso improprio del dialetto genovese, ha evitato di fare commenti
...)
Il
culmine ed il totale coivolgimento delle persone presenti nel locale e'
avvenuto intonando la famosa canzone "Cuccuruccucu Paloma": davvero
completa la partecipazione e la soddisfazione dei presenti. Scambi di
complimenti di tutti a tutti con l'eccezione di Orto che ha continuato a
dormire (o a far finta di dormire) tutto il tempo, accudito dalla bella Mandy
(altra australiana temporaneamente residente in Canada).
C'e'
da dire che la ragazza aveva provato in tutti i modi a svegliare Ortoz,
invogliandolo a ballare, poi a cantare, finche' lo ha lasciato dormire con la
sua testa appoggiata sulle sue generose cosce scoperte.
Il
duo "Ciquito & Paquito" nel frattempo aveva conquistato le
simpatie di un folto pubblico e, come succede a tutti i personaggi in vista,
anche io avevo ricevuto l'invito di proseguire la serata in casa della
"balena" (la tipa a cui piacevano gli italiani): ma scantono
elegantemente l'insana proposta preferendo andare a dormire per conto mio,
senza balene tra i piedi.
E'
il momento dei saluti tra il gruppo misto italo-messicano e gli altri turisti;
Mandy saluta moolto calorosamente Giuseppe il quale dopo una piccola
indecisione si lancia al di lei inseguimento sostenuto da una generale
"standing ovation".
Non
visti seguiamo Ortoz il quale raggiunge la sua bella in una discoteca poco
distante e si da' alla pazza gioia. Sempre non visti, decidiamo di lasciarli
solo quando il morigerato Giuseppe, astemio per definizione, dopo aver ballato
in mezzo alle giovani australiane (aveva per se ben tre fanciulle !...) si
stava scolando una bottiglia di birra in dolce compagnia !!! Abbiamo preferito
non vedere piu' nulla e torniamo al camping in riva al mare sotto un cielo
colmo di stelle.
La
spiaggia di sabbia fine e' illuminata da una luna in fase calante, ma ancora
vivissima. I riflessi sulla sabbia sono bianchissimi ed il mare e' una tavola
trasparente e luminosissima. La corta fila di camper e capanne di palme poste a
qualche metro dall'acqua, si staglia ora sul mare ora sul cielo e noi
passeggiamo in questo silenzio assoluto rotto solo dai nostri passi cadenzati e
dal gioco festoso di una coppia di cani bastardi che ci seguiva.
Malgrado
la tarda ora (due e mezzo del mattino) e la tequila ingurgitata, il sonno non
riesce a sopraffare l'eccitazione mista al senso di calma determinato da quello
spettacolo. Sottovoce, fronte al mare, intoniamo il "leit-motiv"
della serata ("La prima cosa bella"), degni del miglior Nicola di
Bari: "Ho preso la chitarra e suono per te, amore amore amore, il tempo di
imparare ..."
--------------------------------- barca a vela !
Bagno rilassante e rinfrescante di prima mattina,
ricongiungimento del gruppo con "Ortoz dagli occhi ancora sbarrati" e
via sempre piu' a sud.
Malgrado
i bagordi della serata precedente, la sveglia e' alle prime luci dell'alba
causa il sole che riscalda piu' del dovuto la tenda in cui mi trovavo solo
soletto (chissa' dove ha passato la notte Ortoz !) Breve rinfrescata in acqua e
lunga mia chiacchierata col figo Gunther (Stuttgard-Germania) e la bionda Susan
(Oregon) i quali a bordo di un camper attrezzatissimo avevano il programma di
girare la Baja California per sei mesi (quelli invernali), mentre solo per il
periodo estivo sarebbero tornati in Oregon, forse, a lavorare.
Biondi
e lunghi capelli di contorno a freschi ed ampi sorrisi sono state le cose che
mi avevano colpito piu' di loro (di lei in particolare).
Torniamo
a recuperare il nostro latin lover a Mulege. Colazione nel locale che ci aveva
visto furoreggiare la sera prima; Mandy ed Ortoz (sano e salvo, anche se con la
faccia di uno che ha dormito poco) ci raggiungono di li' a poco.
Salutiamo
Mandy e ritorniamo sulla spiaggia per smontare le tende. Bagno rinfrescante e
rilassante con lunga nuotata nell'acqua cristallina prima di riprendere il
viaggio verso il sud.
Oltre
50 miglia fatte tutte d'un fiato con un panorama mozzafiato simile a quello
visto il giorno precedente a causa della lunga penisola, posta a circa un paio
di miglia da noi: distese verdi di cactus, lingua blu' d'acqua, striscia
marrone della penisola montuosa e sfondo azzurro di un cielo terso senza uno
straccio di nuvola.
A
Loreto entriamo in un "gift shop" costoso, ma con alla cassa una
superlativa mora dai lineamenti esotici. Piuttosto che niente, prendiamo il
gelato per andare a pagare alla cassa dalla splendida fanciulla (ero li'-li'
per innamorarmi...)
Side
trip di 22+22 miglia di sterrato nell'interno tra gole e canjon per giungere
alla missione di S.Javier, completamente fuori dalle normali linee di
comunicazione. Quando torniamo sulla "Highway n.1" abbiamo come meta
il famosissimo Puerto Escondido (teatro dell'omonimo film di Salvatores);
l'idea e' di contattare la base velica dei Moorings per un eventuale futuro
noleggio di barca a vela: scopriamo che si sono trasferiti a La Paz.
E'
ormai sera inoltrata e non possiamo fare altro che campeggiare nel camper trial
di Puerto Escondido: vogliono $ 5 a persona (tanto), non c'e' verso di trattare
ed il posto e' per americani ! Pazienza ... Andiamo a mangiare nel ristorante
posto all'interno della struttura prima di montare le tende: il trattamento non
e' affatto dei migliori, infatti aspettiamo un'ora e mezzo il cibo che arriva
anche non cotto a sufficienza.
Tanta
era l'aspettativa per Puerto Escondido, ma anche tanta e' stata la delusione,
compensata solo in parte dalla bellezza naturale della baia, dal mare blu' ed
alte montagne a picco: purtroppo e' diventato uno dei classici luoghi per
americani con tanti soldi; stanno rovinando tutto per aprire nuove strade e
costruzioni di ogni genere per i ricchi che arrivano con i loro yacht ...
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Dopo aver nuovamente assaggiato l'inebriante quanto
mistica ebrezza del deserto e cercato di vedere le balene (ma non e' questo il
periodo giusto per il "whale watching"), passiamo dal mare di Cortez
alla costa oceanica della lunga penisola messicana, per poi tornare ancora alla
costa orientale.
Avevamo
adocchiato la piscina alle spalle del ristorante, ma ripartiamo senza nemmeno
fare il bagno, dal momento che l'acqua era pure sporca (assolutamente negativo
questo, come gli altri posti gestiti da americani per americani !).
Verso
mezzogiorno a Ciudad Insorgentes facciamo una colazione molto ricca ed anche
economica.
Side
trip a Bahia Magdalena, enorme laguna affacciata sull'oceano: l'idea era di vedere
le balene che vengono qui a riposarsi, ma ci dicono che questo non e' il
periodo giusto.
Il
posto non e' dei migliori, anzi direi piuttosto desolante, per cui riprendiamo
il nostro cammino cercando un sentiero che costeggia la laguna segnato con tratto
piccolo sulla nostra guida "Baja Adventure Book".
Ci
inoltriamo per un sentiero stretto e dritto, privo di indicazioni, polveroso e
pieno di salti. La pista si addentra in uno scenario desertico: vegetazione
brulla, bassi secchi cespugli, cactus e terra arida. Ogni tanto vediamo delle
deviazioni che ci mettono in grossa difficolta', ma ormai andiamo avanti
seguendo le indicazioni della bussola.
L'esplorazione
in mezzo al deserto continua per oltre un'ora fino a quando arriviamo davanti
ad un fiumiciattolo che si getta nella laguna (secondo la nostra cartina).
Notiamo una capanna di pescatori col fuoco ancora tiepido, giacigli di fortuna
e un po' di fagioli (mi sembrava di essere in un fumetto di Tex Willer ...)
Tutt'intorno mangrovie che si buttano nel fiume, grossi pesci che saltano
dall'acqua con fragorosi splash che rompono il silenzio e tanti, tanti uccelli
di ogni tipo.
Decidiamo
di abbandonare l'esplorazione e di ripercorrere la strada in senso inverso per
tornare sulla main road e puntare direttamente su La Paz con la benzina giusta
(forse) per il tragitto da fare. Per fortuna troviamo un Pemex (distributore di
benzina) lungo la strada ed il problema non si pone piu'.
E'
buio inoltrato quando avvistiamo un camion in panne con a bordo una famiglia messicana:
cerchiamo insieme di riparare il danno alla luce delle torce elettriche, ma
visti vani i tentativi e compreso che la situazione e' irrimediabile,
carichiamo a bordo il loro bimbo per accompagnarlo fino in casa di un parente
nella periferia di La Paz e dare l'allarme.
Non
riceviamo molti ringraziamenti dalle persone molto sospettose che ci vengono
incontro, anzi direi proprio nessuno; comunque sia, lasciamo il bambino e
riprendiamo la nostra strada.
Troviamo
senza grosse difficolta' le camere ove passare la notte e ceniamo in un
classico posto per turisti: Carlos'n Charlie's e' il suo nome ed al termine
facciamo una passeggiata sul lungomare prima di andare a nanna nella piu'
grossa citta' della Baja.
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Facciamo un po' i
turisti a La Paz, poi proseguiamo la nostra discesa a sud lungo questa
parte della costa del Mare di Cortez molto selvaggia. Diverse incertezze su
dove campeggiare, finche' cala il buio ed andiamo in un incolore camping per
americani.
Sveglia
di buon'ora e visita della citta' a gruppi separati: i due piccioncini da una
parte e i tre avventurieri dall'altra. Al mercato facciamo colazione a base di
paste e dolci di ogni tipo seguite da fantastiche frullate esotiche (per il
resto il mercato ci ha veramente deluso). Visita al museo archeologico e
capatine ai tanti gift shop presenti ovunque, ma la citta' in definitiva non ha
affatto entusiasmato nessuno di noi.
Verso
l'una, riunito il team, ripartiamo per andare a vedere la punta del promontorio
di La Paz: dalla spiaggia di Teocolote, a circa quattro miglia di distanza, si
puo' raggiungere l'isola di Espiritu Santo noleggiando una barchetta di
pescatori. Restiamo li' solo poco tempo senza nemmeno fare il bagno, anche se
la spiaggia non e' affatto brutta, perche' vogliamo allontanarci dalla civilta'
per arrivare a Los Barilles. Questo luogo mi era stato consigliato da Gunther e
per giungervi dobbiamo affrontare una via sterrata rasente la costa panoramica
(sempre a detta del biondo tedesco).
A
S.Juan de Los Planes inizia un duro sterrato: il percorso si snoda in modo
spettacolare proprio sopra il mare con pochi e scoscesi accessi. Parecchi sono
i luoghi con stupendi scenari che ogni volta oltrepassiamo, anche se la voglia
di fare il bagno e' tanta.
Per
una serie di banalissime indecisioni tra i componenti del gruppo, non solo non
facciamo sosta, ma ci sorprende pure il buio, col risultato di piantare le
tende in un altro squallidissimo RV park gestito da americani per americani:
invece che in uno dei tanti splendidi scorci che si sono via via susseguiti nel
corso della giornata, ci siamo fermati in un posto assai peggiore di quello di
Puerto Escondido. Nel camping c'e' la piscina, le barche per la pesca sportiva,
camper enormi dotati di tutto, nonche' una vicina pista di atterraggio per
piccoli aerei privati: il tutto non ci soddisfa affatto, ma non abbiamo
alternative, siamo stati dei pollastri a non prevenire il calare della sera.
Andiamo
a cenare in un vicino ristorante consigliato da un americano figlio di
genovesi: sei mesi di vacanze in Baja e sei mesi in Oregon (essendo costruttore
lavora solo in estate). Qualche chiacchiera con la madre genovese prima di
andare a dormire.
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Partenza di buon'ora dal camping a gestione
americana per americani che non ha soddisfatto nessuno e proseguiamo lungo la
stessa strada del giorno prima, assai disagevole ma estremamente stupenda;
l'idea e' di costeggiare il piu' possibile la serie interminabile di baie,
calle ora con spiaggie di sabbia finissima ora di pietre e scogli, fino a
trovare un bel posto sul mare ove passare la notte.
Dopo
diverse ore di auto, ci fermiamo per fare una sosta ed un memorabile bagno in
una spiaggia di sabbia e conchiglie. Passeggiata lungo il bagnasciuga di questa
spiaggia di cui non si riesce a vedere la fine, raccolta di conchiglie e foto
ricordo del gruppo che corre nell'acqua con autoscatto (la macchina fotografica
era posta su un palo piantato nella sabbia del bagnasciuga verso cui
correvamo).
Nel
primo pomeriggio arriviamo fra Cabo Pulmo e Cabo Frajes in una fantastica
insenatura tra scogli e rocce di granito eroso dal mare e dai venti.
Scarichiamo la jeep e ci accampiamo in una piccola ansa sulla sabbia circondati
dagli scogli a due passi dal mare.
Ci
buttiamo in acqua prima ancora di montare le tende conquistati da un acqua
trasparente ed un mare limpido ed invitante. Una lieve brezza rinfresca l'aria,
ma l'acqua e' addirittura calda. Mettiamo maschera e pinne per ammirare i
fondali ed i numerosi pesci. La vegetazione marina e' piena ovunque di coralli,
anemoni, ricci oltre ad un incredibile numero di pesci: pesci trombetta, pesci
palla, pesci pappagallo, pesci angelo, insomma pesci di tutti i tipi, di colori
e di dimensioni. Il tempo scorre e noi siamo ancora in acqua a correre dietro
ai branchi o ad un esemplare coloratissimo per le nostre foto con la macchina
subacquea di Gianni.
Montiamo
le tende sul finir del sole e prepariamo un pastone di carne in scatola,
fagioli in scatola e pomodori in scatola tutto cotto insieme (...) E' l'unica
nota dolente di questa eccezionale giornata di sole e di mare ! Dopo mangiato
(io poco) facciamo una passeggiata sulla spiaggia, coperta da tantissimi
granchi e ci godiamo una stellata incredibile e luminosissima.
Gara
a chi vede piu' stelle cadenti ...
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Giungiamo a S.Jose' del Cabo, cioe' quasi alla punta
estrema della penisola, ove il paesaggio cambia notevolmente per la massiccia
presenza di turisti (per lo piu' americani): strutture albeghiere, ristoranti,
negozi sono un po' ovunque e fanno da contrasto alla situazione generale, molto
differente, fin qui osservata.
Jogging
alle 06.30 del mattino di Gianni, Giuseppe e Pie lungo la spiaggia prima di
sabbia, poi di massi, poi nuovamente di sabbia, poi scogli, poi ancora sabbia,
poi ...
Al
ritorno verso le tende notiamo la traccia inconfondibile di una grossa
tartaruga uscita dal mare a deporre le uova; concludiamo la corsa facendo
stretching di fronte al mare di Cortez.
Lunga
nuotata e safari fotografico dei pesci tropicali con riprese dell'accampamento
prima di ripartire con meta San Jose' del Cabo.
Ancora
sterrato che costeggia un litorale estremamente vario; via via che ci
avviciniamo alla punta estrema posta a sud, aumentano gli insediamenti umani:
costruzioni isolate e piccoli villaggi spuntano dal nulla con frequenza sempre
maggiore.
Vediamo
ogni tanto qualche onda lunga tipica dell'oceano che ci avverte ci stiamo
avvicinando al Pacifico.
In
vista di S.Jose' cambia tutto: non piu' sterrati, bensi' strade asfaltate a
doppia carreggiata con piante fiorite nella divisione centrale, non piu'
baracche, bensi' complessi residenziali immersi nel verde dei palmeti, serie di
negozietti e bancarelle di souvenir: qua c'e' turismo, e gli americani la fanno
da padroni ... !
Visita
della cittadina ed io acquisto le bottiglie di Tequila e Mexican Mix per
preparare la Margarita in Italia. Omar, un ragazzo con cui avevamo scambiato
quattro chiacchiere ci indica un buon posto dove campeggiare tra S.Jose' e Cabo
S.Lucas.
L'highway
tra le due citta' (una vera e propria autostrada cui non eravamo piu' abituati)
pullula di hotel, ville, ristoranti di ogni genere: siamo arrivati alla punta
estrema della penisola colonizzata dagli americani.
Troviamo
il luogo che ci era stato indicato (la spiaggia S.Maria); lasciamo la jeep e
facciamo un tratto di strada a piedi per raggiungere il mare. Dopo pochi minuti
siamo in un posto di sogno: piccola baia con spiaggia di sabbia arancione
racchiusa da due alti promontori ricchi di vegetazione, un complesso di
graziose villette e' su un lato, mentre a sinistra vicino alla parete in roccia
della scogliera, la spiaggia si eleva a formare una terrazza naturale sul mare.
Nessun dubbio, era quello il punto ideale per piantare le tende !
Non
perdiamo tempo a montarle perche' lo stomaco della Lynne reclama e prima di
S.Jose' avevamo adocchiato un posticino dall'aspetto assai invitante di nome
"Dai 2 Ricardos". Sono circa le sette di sera, siamo all'aperto in
maniche e pantaloncini corti (la Lynne indossava un succinto vestino estivo) a
gustarci una ricca "Combinaciones de Mariscos": per essere a fine
ottobre direi che va proprio bene !
Dopo
la cena, torniamo alla spiaggetta individuata prima e scarichiamo la jeep
portando tutto il necessario a due passi dal mare. Montiamo le tende proprio
sulla terrazza di fronte alla distesa d'acqua con la roccia di fianco; il
terreno e' costituito da piccole pietrine levigate dal mare adattissime a
formare un comodo giaciglio per riposare in modo confortevole.
C'e'
una stellata incredibile e ce la godiamo tutta distendendoci sulla spiaggia a
contare le stelle cadenti al debole chiarore di luna.
Quando
rientriamo nelle tende abbiamo la sgradevole sorpresa: formiche, tante formiche
!
Dormiremo
in loro compagnia con tutta la roba appesa a dei precari bastoni piantati in
terra per evitare si riempisse di centinaia di insetti.
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Arriviamo al punto piu' a sud della penisola messicana,
giochiamo con le otarie e nuotiamo sia nel Mare di Cortez che nell'Oceano
Pacifico. Un solo neo: inizia il viaggio di ritorno.
In
rispetto di una regola non scritta, ma ormai regolarmente applicata, mi sveglio
per primo godendomi l'alba mentre corro sulla spiaggia in piacevole attesa che
anche gli altri riprendano conoscenza.
Appena
terminato di smontare le tende, ci concediamo tutti una piacevole nuotata nella
bellissima baia tutta per noi. Vediamo un'incredibile varieta' e quantita' di
pesci tropicali di colori e forme diverse; purtroppo la macchina fotografica di
Gianni ha imbarcato acqua durante le ultime immersioni e non abbiamo la
possibilita' di documentare questi incontri marini.
Risaliti
in macchina, poco prima di raggiungere il Cabo ci fermiamo in un punto
panoramico per fare alcune foto di gruppo con lo sfondo del caratteristico arco
in pietra del Cabo S.Luca: immortaliamo "finisterre" dove Oceano
Pacifico e Mare di Cortez si incontrano e si uniscono.
E'
una splendida giornata di sole: facciamo colazione in una affollata Marina di
Cabo con tantissimi americani e barche a vela con la bandiera a stelle e
strisce. Approfitto della sosta per telefonare alla Stefania (mia figlia)
sperimentando la formula CrediPhone abbinata alla mia carta di credito, invece
di usare il classico telefono a scatti: un mese dopo ricevero' a casa la
sgraditissima sorpresa di un debito pari a Lire 119.000 !!! Non ho mai piu'
usato questo sistema per telefonare.
Il
paese e' molto vivace, negozi di souvenir, hotel, ristoranti, locali di ogni
tipo si affacciano su viali e stradoni coi divisori costellati di palme
allineate una dietro l'altra; ricche ville con giardini colorati, si alternano
a case dignitose in un contesto sufficientemente pulito ed ordinato che ha poco
o nulla a che vedere con gli altri paesi attraversati nel nostro viaggiare
lungo la penisola.
Arriviamo
in auto fino all'albergo Solmar (albergo di lusso), punto estremo con accesso
privato alla spiaggia che da' sul lato dell'oceano; da qui si riesce ad arrivare
all'altra spiaggetta di sabbia posta al di la' del promontorio, cioe' lungo il
lato del Mare di Cortez. Ci improvvisiamo alpinisti per una breve, ma
impegnativa e suggestiva scalata che ci permette di sentire sempre piu'
distante il frastuono delle grandi onde che si frantumano sugli scogli (lato
oceano), per catturare il vociare che proviene dalla piccola e bella spiaggetta
riparata in maniera naturale (lato mare). Non perdiamo tempo e ci buttiamo
subito in acqua per toglierci il sudore e la fatica dell'arrampicata. L'arco in
pietra e' staccato dal promontorio e la spiaggetta ove ci troviamo e' a ridosso
di una ripida scogliera inaccessibile, per cui l'unico modo per arrivare
all'arco e' solo facendo una lunga nuotata. A causa dell'effetto delle maree,
la corrente nella zona dell'arco in queste ore della giornata non e' troppo
forte, per cui lasciamo la Lynne da sola ad asciugarsi ed a prendere la
tintarella, mentre noi inforchiamo maschere e pinne ed iniziamo a costeggiare
la scogliera via mare con meta l'arco.
Il
mare e' ricchissimo di pesci come mai visto finora; pesci coloratissimi per
nulla intimoriti della nostra presenza, che anzi si radunano intorno ad ognuno
di noi precedendolo ed inseguendolo: e' davvero uno spettacolo vedere branchi
di centinaia e centinaia di pesciolini che fanno sparire alla vista ora uno ora
l'altro in un mare limpidissimo.
A
poco alla volta giriamo attorno alla scogliera e ci avviciniamo all'arco: la
corrente si rinforza e tornano assai utili le pinne che avevamo saggiamente
calzato. Il mare cambia colore divenendo piu' scuro e dopo venti minuti
abbondanti di nuotata, solo tre di noi proseguono con circospezione a causa dei
numerosi motoscafi che incrociano la zona: Giuseppe preferisce tornare
indietro. Quando finalmente giungiamo all'altezza dell'arco in pietra, lo
troviamo davvero ancora piu' imponente ed eccitante.
A
poca distanza da noi vediamo un grosso scoglio posto frontalmente all'arco e
non molto distante dalla scogliera che avevamo costeggiato: a parte la
posizione felice per ammirare con maggiore tranquillita' la zona troppo
trafficata di natanti a motore, lo scoglio ci aveva attratti per la presenza di
otarie. Via via che ci stavamo avvicinando, notiamo che questi animali sono
estremamente curiosi e giocherelloni, infatti una cosa che non avrei mai
pensato di fare in questo remoto angolo del mondo, era proprio quella di
giocare con loro !
Immergendoci
a turno (uno di noi restava sempre a galla per farsi vedere dai barconi che
transitano in continuazione), andiamo incontro alle otarie in attesa a circa
quattro-cinque metri di profondita', le quali, a loro volta, si avvicinavano e
quasi ci venivano addosso solo quando anche noi scendevamo giu' in apnea. Per
oltre mezz'ora ci riempiamo i polmoni allo scopo di andare a fare compagnia a
questi animali di circa tre metri agilissimi e velocissimi rispetto a noi goffi
ed un po' intimoriti, ma estremamente eccitati e gasati. Il gioco si interrompe
solo quando un barcone si ferma proprio sopra le nostre teste (elica in funzione)
per scaricare due sub americani con tanto di mute e bombole. Ovvia litigata col
barcaiolo e torniamo sui nostri passi, molto adirati che le foche si siano
allontanate causa il fragore di questi scassaballe.
Lunga
nuotata in senso inverso per tornare alla spiaggetta di partenza dove la Lynne
e Giuseppe ci attendevano da ormai un paio di ore abbondanti. Rifacciamo la
scalata (potevamo solo noleggiare un barcone per tornare indietro, ma non
avevamo alcuna voglia di farlo ...) e sostiamo al bar della piscina
dell'albergo davanti ad una fresca caraffa di limonata. Ci godiamo questa pausa
allietati dall'andirivieni delle bellezze locali e non.
Dopo
tredici giorni di viaggio e circa 2000 miglia di strada percorsa, siamo al
punto piu' a sud della Baja, pronti a ripercorrere la penisola per il viaggio
di ritorno.
Quando
risaliamo in auto, puntiamo decisi su Todos Santos con l'idea di fare il terzo
bagno del giorno (questa volta nell'oceano) in una delle spiagge piu' belle e piu'
adatte per il surf: avevamo la tavola al seguito da un paio di settimane senza
averla mai usata, per cui era diventato obbligatorio fare surf per giustificare
il suo trasporto.
Sul
tardo pomeriggio vediamo un invitante trailer park proprio sul mare e non
perdiamo tempo per le doverose operazioni di check-in (nella reception
incrociamo due avvenenti fanciulle americane, di cui la mora molto
significativa ...)
Solo
un po' per le onde, ma molto a causa dei preoccupati avvertimenti e consigli di
Ortoz (occhio alle fortissime correnti, attenzione ai pericolosissimi gorghi,
...) ci accostiamo al primo bagno nell'oceano inizialmente con estrema prudenza
per poi via via perdere il nostro timore reverenziale e passare ai tentativi di
cavalcare l'asse.
I
fallimenti non si contano: Ortoz armato di maschera e UV-ometro (non c'entra
nulla, ma mi piaceva menzionarlo) non riesce a cavalcare l'onda, Lynne non
riesce nemmeno a portarsi al largo perche' respinta dai cavalloni, io riesco
solo a compiere solo qualche tratto micrometrico, Flavio, superfavorito poiche'
abituato all'oceano di S.Diego, fa solo poco piu' di me, ma delude molto
critica e pubblico. Solo il Vezz dopo qualche tentativo infruttuoso, riesce
nell'impresa portando nuovo entusiasmo nel gruppo e solo allora anche io,
seguendo i consigli del Grande Vecchio, compio qualche evoluzione (il tutto e'
stato opportunamente documentato dai reciproci scatti effettuati da riva).
Il
sole tramonta mentre una decina di pescatori gettano lenze e piccole reti dalla
spiaggia (pescheranno pesci di dimensioni accettabili per essere a pochi metri
dalla riva) e il duo Gianni-Pie gioca a racchettoni sulla battigia con grande
maestria, forti dell'allenamento messo a punto in varie occasioni nei giorni
precedenti.
L'ora
di cena e' ormai arrivata per cui andiamo nel paese di Todos Santos alla
ricerca dell'italiano padrone di un ristorante, amico del giudice che avevamo
incontrato a Bahia Tortugas; apprendiamo dal benzinaio che dovrebbe essere in
ferie e la conferma ci viene dai poliziotti da noi interpellati. Non ci
perdiamo d'animo poiche' notiamo un rozzo cartello con la seducente scritta
"Pollo Asado", in un attimo la jeep e' posteggiata e noi siamo
comodamente seduti sulla veranda che da' sulla strada pronti ad ordinare ogni
ben di Dio. La signora ci gela avvisandoci subito che il pollo e' finito, ma
che avrebbe fatto di tutto per portarci tutto cio' di buono che poteva. Al
tavolo accanto sedevano le due belle americane gia' notate alla reception del
Trailer Park e qui Gianni realizza uno dei suoi capolavori: con tatto e
maestria mostra un monile (collanina) rinvenuto sulla spiaggia mentre giocavamo
a racchettoni, chiedendo alle ragazze se era di una di loro, risposta
affermativa e condiziona la restituzione ad un paio di bacetti. Pochi istanti
dopo si pente immediatamente del baratto gia' avvenuto poiche' arriva sul loro
tavolo l'ultimo pollo della serata, dall'aspetto sicuramente piu' invitante dei
bacetti, peraltro gia' incamerati ...
Anche
se non abbiamo avuto il piacere di assaporare il pollo, apprezziamo la semplice
cucina della signora chiedendo il bis di tortillas, quello di frijoles, altra
birra, altro pane ... abbiamo visto un paio di volte la figlia uscire per
rientrare di li' a poco con delle borsine, ma solo dopo avevamo associato le
nostre richieste di cibo e bevande alle uscite della ragazza ... in pratica si
trattava di una abitazione che aveva messo fuori due tavoli e serviva cio' che
aveva a disposizione in casa e noi gli avevamo svuotato la dispensa. A
concludere, la signora ci fa assaggiare delle ottime marmellate preparate dalla
nonna (Ortoz si preoccupa anche della colazione dell'indomani, facendosi fare
anche un pacchettino). La spesa e' davvero minima, per cui lasciamo pure
qualcosa per in piu' per il dolce della nonna.
E'
ormai buio pesto quando i tre quinti del gruppo montano le tende: Lynne e
Flavio decidono di dormire sul materassino al riparo di una delle tante capanne
di foglie di palme secche intrecciate, disposte lungo la spiaggia.
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Inizia il lungo viaggio di ritorno risalendo la
penisola per l'unica strada percorribile: la solita "Carrettera n.1".
E'
sempre il solito Pie che da' la sveglia al gruppo verso le sei; Flavio e Lynne
sono stati letteralmente mangiati dalle zanzare durante la notte.
Alle
07.30 lasciamo il Trailer Park, dopo aver preso il piu' schifoso caffe' del
Messico all'ingresso del camping.
A
turni di due ore di guida ciascuno risaliamo la lunga penisola facendo tappe
forzate. Il primo stop e' a Ciudad Constitution ove mangiamo qualcosa alla "cocina economica" di nome
"La Pequena". Altra fermata a Mulege nel solito bar a bere un caffe';
il barista ci riconosce immediatamente dopo la performance canora fatta qualche
giorno prima. Quando giungiamo a Loreto facciamo un'altra breve sosta giusto
per tornare al negozio di souvenir gia' visitato all'andata (con la splendida
mora al banco) ed acquistare il regalo per il prossimo compleanno della Lynne.
Giunge
la sera e con lei giungiamo a Guerriero Negro ove litighiamo coi benzinai, che
ancora una volta tentavano di fregarci non azzerando l'indicatore del prezzo
prima di iniziare a mettere la benzina nel serbatoio. Mentre gli altri mangiano
in un piccolo locale degli ottimi tacos, io ne approfitto per scrivere le
cartoline.
Al
passaggio della frontiera tra la regione del Sud e quella del Nord vibranti
proteste di Ortoz al mio indirizzo, reo di non aver mangiato tutta la frutta
fresca: esistono leggi che vietano l'importazione di frutta fresca tra i due
stati ed io le avevo violate ...
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Non c'e' sosta neppure di notte: si fanno solo
interruzioni per mangiare e/o per fare i bisognini ...
Per
tutta la notte Flavio prima ed il Vezz poi, stanno dietro il pullman che fa
servizio pubblico lungo la penisola senza mollarlo un solo istante: la strada
non e' affatto bella, molto accidentata, molte curve, niente illuminazione e
debole luna, per cui il pullman e' a dir poco provvidenziale e per ore ed ore
ci apre la strada. Unica sosta a Catavina a sorseggiare il caffe' insieme ai
bravi conducenti dell'autobus.
Quando
arriviamo a Tijuana stanno sorgendo le prime luci dell'alba; visti i tipi poco
raccomandabili in circolazione per le strade che iniziano ad animarsi, facciamo
colazione a base di ricche paste e caffe' caldo senza perdere di vista un solo
attimo la jeep stracarica.
Avevamo
intenzione di aspettare l'apertura del mercato (ore 09.00 circa), ma terminata
la scrittura delle ultime cartoline ed eseguita la relativa spedizione delle
stesse, decidiamo di non indugiare ulteriormente in terra messicana. Messo alle
strette da un Ortoz a dire poco insistente, regalo prima della frontiera con
gli USA i lime che avevo preso per preparare i cocktail; malgrado cio', causa
il grande condizionamento subito, sussiste in tutti una forte apprensione
all'atto del passaggio, ma i doganieri ci fanno segno di proseguire (passano
pure due mele che avevo lasciato nello zaino, malgrado le restrizioni USA sui
cibi freschi e le raccomandazioni di Ortoz ...)
Giunti
a Rancho Bernardo scarichiamo l'auto e, mentre Gianni e Flavio vanno a fare la
spesa, gli altri sistemano tutto in casa. Una corroborante nuotatina in piscina
e un piacevole idromassaggio nella Jacuzi condominiale, riescono a togliere di
dosso la stanchezza accumulata durante le lunghissime ore trascorse in
macchina.
Il
pranzo e' a base di uno squisito pinzimonio e carne in brodo.
La
giornata prosegue con la visita al Cardillo's Monument e a Seaport Village con
Gianni che acquista orgoglioso piu' copie di una pergamena con riportata
l'origine del cognome Vezzani (regalo per ciascuno dei suoi fratelli).
A
cena festeggiamo il compleanno di Lynne mangiando un ottimo risotto di
asparagi, coste e yogurt.
Tutti
a nanna a riposare finalmente in un comodo letto.
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Qualcuno ha finito le vacanze (Flavio, Lynne, Pie),
mentre qualcun altro le prosegue senza ritegno (Gianni ed Ortoz).
La
sveglia e' di prima mattina per fare una rapida visita alla banca di Flavio a
ritirare un po' di dollari. Pochi giorni dopo il rientro in Italia avrei avuto
la firma del compromesso per l'acquisto di un appartamento a Monza: i dollari
di Flavio erano a saldo di un prestito precedente e costituivano l'unica
risorsa per pagare l'atto (manca tutt'ora la parte relativa alla moto
acquistata da Flavio di nascosto alla madre negli anni settanta, mio vecchio
prestito su cui ho ancora un atroce dubbio che non sia stato probabilmente mai
regolarizzato ...). Colazione a casa: al termine di una breve cerimonia,
presenti tutti e scattate pure le foto di rito da consegnare al Merons per la
testimonianza, ben 15.000 US$ passano di mano da Flavio a me che, dopo
averli contati e ricontati, li metto in bell'ordine nel portafoglio da tenere
al collo appositamente acquistato per l'occasione. Il volume della mazzetta di
bigliettoni verdi e' notevole, ma il maglioncino abbondante maschera bene il
pacchetto: speriamo di non essere accusato di traffico di valuta ...
Io
rientro in Italia solo soletto, passando da Phoenix (il volo S.Diego-Phoenix
acquistato in un'agenzia locale e' costato appena 25 US$ !), mentre Gianni ed Ortoz staranno ancora una settimana
negli States a passeggio per le Montagne Rocciose ed i Grandi Parchi.
A
Phoenix aeroporto sono costretto a lasciare il sacco a pelo con la collezione
di quasi 200 conchiglie per la Stefania, per non pagare alla NorthWest la
penale sul terzo bagaglio in piu' (ben 150 US$ ! Quando invece all'andata con
la KLM non ci sono stati problemi). Aldo Cometti riuscira' comunque ad evitare
una brutta fine al bagaglio (dopo 24 ore di parcheggio il bagaglio sarebbe
stato distrutto) ritirandolo e portandolo a destino in Italia circa un mese
dopo.
Tappa
per il cambio di volo a Minneapolis ove le hostess di terra indossavano costumi
e maschere per la festa di Halloween: non poteva mancare la foto per
documentare il mio incontro con tutte quelle belle figliole.
Sono
in ballo col volo da S.Diego dalle 11.30 circa, ed arrivero' a Malpensa verso
le 15.30 del giorno dopo; fortuna che i miei genitori piu' mio fratello e mia
cognata sono venuti a prelevarmi all'aeroporto per condurmi a casa ...
E'
stata proprio una bella esperienza ed anche a distanza di diversi anni e' stato
molto piacevole ricordarla e riviverla.
Ciao,
Pierangelo
Monza, aprile 2000