Chi è Duilio Paoluzzi?

 

(Da un articolo di giornale)

Cari lettori, anche in questo numero vorrei fare sentire la mia voce e ringrazio tutti coloro che vorranno darmi consigli e suggerimenti  scrivendo a duilio.paoluzzi@poste.it oppure telefonando ai numeri 06.36308864-338.1790243. Questa volta. per soddisfare alcune richieste, vorrei parlare dettagliatamente del grave incidente che mi ha condannato per il resto dei miei giorni sulla carrozzina ma soprattutto vorrei soffermarmi a riflettere sul perché possono accadere fatti così gravi.

Quella lontana mattina di domenica 10 marzo 1997 me ne stavo tranquillo davanti l’uscio della mia abitazione a godermi i primi tepori dell’incipiente primavera; ero in carrozzina in quanto, per un incidente stradale, avevo la gamba sinistra immobilizzata dal gesso. Ero uscito dall’ospedale S. Eugenio il giorno prima contro il parere dei sanitari, non avendo voluto affrontare l’operazione chirurgica al ginocchio consigliatami dai medici.  La mia situazione non era grave, stavo in carrozzina ma potevo alzarmi e camminare con il bastone.Il destino a volte è crudele: se fossi rimasto in ospedale non mi sarebbe accaduto quello che sto per raccontarvi.

Mentre me ne stavo seduto, notai che nella terrazza del terzo piano un’anziana signora trascinava a fatica una sedia per accostarla al parapetto. Incuriosito, seguivo la scena pensando che la signora volesse ammirare meglio il panorama ma, una volta posizionata la sedia, mi accorsi che cercava lentamente di salirci sopra. A questo punto intervenni pregando a squarciagola l’anziana signora di scendere dalla sedia perché poteva essere pericoloso. Imperterrita, lei continuava nel suo intento e con grande sforzo cercava di alzare la gamba per scavalcare il parapetto. Cominciai ad urlare per attirare l’attenzione di qualcuno, ma erano le 10 del mattino e tutti erano a Messa. La pregai, la scongiurai di desistere dal gesto insano ma la signora era intenzionata a suicidarsi gettandosi dal terzo piano. Decisi allora di posizionarmi nel punto del presunto impatto, di aspettare il momento fatidico e prenderla al volo, alzandomi dalla carrozzina e allungando le braccia, nel momento in cui sarebbe caduta, per poterla salvare, ma come? Nella mente mi frullavano tanti pensieri: come riuscire ad attutire la caduta? quale era la posizione ideale per ridurre al massimo le conseguenze? Certo, un materasso sarebbe stato utile ma non c’era il tempo. L’attesa era interminabile e la paura mi attanagliava, sudavo e tremavo consapevole dei rischi che correvo e ogni secondo che passava faceva aumentare sempre di più l’angoscia e la paura, tanto che pensai di lasciare tutto e andare a chiedere aiuto, pur sapendo che nel frattempo lei si sarebbe sfracellata al suolo. Fu allora che in me è scattato qualcosa, senso civico, pietà, coraggio, incoscienza non saprei definirlo, che mi ha fatto tornare sui miei passi. Altri interminabili secondi e infine lei si è lasciata andare nel vuoto. Con l’aiuto del bastone, mi alzai e nell’equilibrio precario allungai le braccia prendendola al volo e stramazzando al suolo con lei sopra di me. L’impatto fu tremendo e violentissimo, sentii tutte le ossa del mio corpo che si sgretolavano. Ero caduto all’indietro sulla schiena subendo anche un grave trauma cranico. Però lei era salva, per un istante il suo sguardo ha incrociato il mio e con voce flebile ha sussurrato "scusami" accennando anche un sorriso. La sistemai sul selciato delicatamente, sfilai il mio giubbotto e lo misi sotto la sua testa, poi disteso accanto a lei rimasi in attesa dei soccorsi, che arrivarono di lì a poco. Nel frattempo, le mie braccia cominciarono a gonfiarsi a dismisura, la testa mi girava come una trottola. Avvertivo un senso di nausea e cominciavano i dolori alla schiena, alle gambe e alle braccia. Naturalmente svenni. I danni della signora si limitarono alla frattura di una costola; io purtroppo ebbi le due braccia fratturate, per cui ho subito poi quattro delicati interventi chirurgici, danni irreversibili alla colonna vertebrale e alla testa…….Tutto il resto è altra storia. La riflessione che vi invito a fare è questa: perché un'anziana signora di 94 anni, un bel giorno decide di togliersi la vita?  La vita è assai misteriosa e la nostra mente non è sempre in grado di governare il nostro corpo. Le cause che hanno spinto l'anziana signora al suicidio sono molteplici.  La signora era molto religiosa,  di famiglia nobile, godeva  di buona salute, benestante, abituata a dominare, a comandare ma soffriva di un male comune a molte persone anziane.  Questo male si chiama “solitudine, abbandono e emarginazione”. Era stata  una persona attiva piena di energie, amministrava grandi proprietà, all’improvviso si è trovata sola, abbandonata, emarginata dai propri cari, che venivano a trovarla saltuariamente solo per farle firmare carte e ottenere privilegi. In pochi anni le era stato tolto tutto, soprattutto l’affetto dei familiari. La sua vita era diventata piatta, priva di interessi. Viveva in una gabbia dorata e si sentiva vecchia e inutile. Il male che la tormentava non era quello fisico ma stava nella sua testa, la corrodeva giorno per giorno e, malgrado il suo carattere forte, ha avuto il sopravvento spingendola a compiere quel gesto disperato. Io la conoscevo molto bene, quando andavo da lei mi confidava le sue pene, aveva piacere della mia compagnia e quando andavo via mi salutava alzando la  mano destra come per benedirmi ma dal suo sguardo traspariva tanta tristezza.

Questa mia "avventura" deve farci riflettere sulla condizione psicomorale dell’anziano, troppo spesso abbandonato a se stesso o relegato in istituti o case di riposo, mentre lui non chiede altro che un pò di calore e di "famiglia". Anche se spesso la vita frenetica di oggi non permette di gestire facilmente certe situazioni, piccole rinunce e minimi sacrifici possono aiutare molto l’anziano, il disabile a vivere una vita più dignitosa e umana e soprattutto a colmare il grande vuoto interiore che li opprime.

Dobbiamo capire una cosa importante: se saremo fortunati, tutti noi indistintamente diventeremo vecchi, bisognosi di aiuto e di affetto e se avremo avuto attenzione e rispetto per gli altri avremo anche noi attenzione e rispetto dagli altri.

                                                                                                                                                       

                                                                                                          Duilio Paoluzzi

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