DECRETO MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI 2 LUGLIO 1981

NORMATIVA PER LE RIPARAZIONI ED IL RAFFORZAMENTO DEGLI EDIFICI DANNEGGIATI DAL SISMA NELLE REGIONI BASILICATA, CAMPANIA E PUGLIA.

Art. 1.

Sono approvate le norme tecniche per le riparazioni ed il rafforzamento degli edifici danneggiati dal sisma nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia, formanti oggetto del voto n. 303 del

19 giugno 1981 del Consiglio superiore dei lavori pubblici, riportate in allegato al presente decreto, formandone parte integrante.

NORMATIVA TECNICA PER LA RIPARAZIONE ED IL RAFFORZAMENTO DEGLI EDIFICI DANNEGGIATI DAL SISMA.

Capo I.

1. OGGETTO DELLE NORME

Le presenti norme fissano i criteri generali tecnico-costruttivi per la riparazione ed il rafforzamento degli edifici danneggiati dal sisma, ricadenti in zone classificate ai sensi dell’art. 3, titolo II, della legge 2-2-1974, n. 64.

Lo scopo delle norme è quello di conseguire una adeguata sicurezza alle azioni sismiche: a tal fine l’intervento sarà costituito dalla riparazione dei danni e, ove le verifiche specifiche del punto 2.1. lo dimostrino necessario, dall’adeguamento antisismico dell’intero complesso strutturale secondo i criteri stabiliti negli articoli seguenti.

1.2. Intervento di riparazione.

Si definisce intervento di riparazione l’esecuzione di un complesso di opere finalizzate a ripristinare l’integrità di ogni parte di un edificio.

L’intervento, ai sensi dell’art. 15 della legge 2-2-1974, n. 64, deve tendere a conseguire un maggior grado di sicurezza dell’edificio nei confronti delle azioni sismiche.

1.3. Adeguamento antisismico.

L’adeguamento antisismico si consegue mediante l’esecuzione di un complesso di opere che rendano l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche, definite dalle norme tecniche approvate con decreto ministeriale 3-3-1975.

L’adeguamento antisismico, quando necessario, deve costituire con l’intervento di riparazione un’unica ed organica operazione tecnica.

1.4. Richiamo alla normativa tecnica vigente.

Si applica, in quanto compatibile con le presenti norme, tutta la normativa tecnica vigente emanata in forza delle leggi 2-2-1974, n. 64 e 5-11-1971, n. 1086 ed in particolare:

a) le norme tecniche per la disciplina delle costruzioni da realizzarsi in zone sismiche approvate con decreto ministeriale 3-3-1975 ad eccezione del capo C.9 che, per gli edifici danneggiati dal sisma, viene sostituito, con integrazioni, dalle presenti norme;

b) le modifiche ed integrazioni apportate alle suddette norme con il decreto ministeriale 3-6-1981.

2. PROGETTO ESECUTIVO.

Gli interventi di riparazione e di adeguamento antisismico di un edificio devono essere eseguiti sulla base di un progetto esecutivo firmato, ai sensi dell’art. 7 della legge 2-2-1974, n. 64, da un ingegnere, architetto, geometra e perito edile iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze.

Il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica e dal fascicolo dei calcoli per la verifica sismica delle strutture portanti.

La verifica sismica è tassativa per gli edifici con struttura in cemento armato, metallica ed a pannelli portanti, mentre può essere omessa e sostituita da una specifica ed adeguata relazione tecnica sul comportamento delle strutture, per gli edifici in muratura che, con la avvenuta esecuzione delle progettate opere di rinforzo, posseggono requisiti costruttivi di pari efficacia di quelli indicati al punto C.5. del decreto ministeriale 3-3-1975 integrato dal decreto ministeriale 3-6-1975 ed hanno altezze contenute nei limiti prescritti dai suddetti decreti.

Se gli edifici in muratura non hanno i requisiti innanzi citati la verifica sismica è obbligatoria.

2.1. Operazioni progettuali.

Il progetto di un intervento su di un edificio comporta di norma le seguenti operazioni:

a) individuazione dello schema strutturale nella situazione preesistente al sisma;

b) valutazione delle caratteristiche di resistenza degli elementi strutturali, nella situazione attuale, avuto riguardo alla eventuale degradazione dei materiali ed ai dissesti provocati dal sisma;

c) scelta progettuale dei provvedimenti di rafforzamento operata sulla base degli elementi come sopra determinati;

a) verifica sismica del nuovo organismo strutturale.

2.2. Progetto per interventi di riparazione di modesta entita’.

Per gli interventi di sole riparazioni di edifici che hanno subito danni localizzati in elementi costruttivi di limitata importanza nel contesto statico dell’opera, il progetto esecutivo potrà contenere solo gli elaborati grafici essenziali (rilievo dello stato di fatto, in pianta e prospetto, con l’indicazione del quadro fessurativo; rappresentazione grafica degli interventi di ripristino strutturale progettati), mentre nella relazione tecnica saranno sommariamente indicati gli studi preliminari di cui al successivo punto 2.3.

2.3. Criteri di scelta progettuale.

I criteri adottati nella scelta del tipo di intervento, devono scaturire da uno studio preliminare l’organismo edilizio riguardante in particolare:

a) le caratteristiche, nella situazione preesistente al sisma, sotto il profilo architettonico, strutturale e della destinazione d’uso;

b) l’evoluzione storica delle predette caratteristiche con particolare riferimento all’impianto edilizio originario ed alle principali modificazioni intervenute nel tempo;

c) l’analisi globale del comportamento strutturale al fine di accertare le cause ed il meccanismo del dissesto;

d) l’analisi di dettaglio delle caratteristiche dei singoli componenti strutturali (caratteristiche geometriche, tipologie costruttive, qualità e stato di conservazione degli elementi strutturali, ecc.).

2.4. Obiettivi d’adeguamento antisismico.

L’adeguamento antisismico dell’edificio si consegue mediante provvedimenti tecnici intesi a ridurre gli effetti delle azioni sismiche e/o ad aumentare la resistenza dell’organismo edilizio a tali azioni, nonché a ripristinare l’integrità delle strutture danneggiate.

Provvedimenti tecnici devono altresì essere adottati per consolidare, e se del caso eliminare, elementi non strutturali il cui eventuale crollo può causare vittime e danni.

2.4.1. Provvedimenti tecnici intesi a ridurre gli effetti sismici.

I provvedimenti tecnici intesi a ridurre gli effetti delle azioni sismiche possono essere, ad esempio, dei tipi qui di seguito elencati:

la riduzione delle masse non strutturali; la creazione ed adeguamento dei giunti; la riduzione degli effetti torsionali; la ridistribuzione delle rigidezze.

2.4.2. Provvedimenti tecnici intesi ad aumentare la resistenza strutturale.

I provvedimenti tecnici intesi ad aumentare la resistenza della struttura dissestata sono indicati al successivo punto 3.

Possono usarsi anche tecnologie non esplicitamente menzionate nel detto punto purché risultino, sulla base di adeguata documentazione, di eguale efficacia.

2.5. Edifici con struttura in cemento armato.

2.5.1. Schema strutturale.

Lo schema strutturale resistente all’azione sismica deve derivare da un’analisi globale dell’edificio.

Si terrà generalmente conto della presenza di elementi, anche non strutturali, che, attese le caratteristiche di rigidezza e resistenza, possano contribuire in maniera significativa all’assorbimento delle azioni sismiche ovvero possano modificare sensibilmente il comportamento della sola ossatura portante.

2.5.2. Analisi dei materiali e particolari costruttivi.

La resistenza degli elementi strutturali verrà stimata avuto riguardo alla qualità e allo stato di conservazione del conglomerato e dell’armatura metallica.

Opportune indagini saranno eseguite per appurare la affidabilità dei dettagli costruttivi, in particolare degli ancoraggi delle armature in corrispondenza dei principali nodi trave-pilastro.

2.5.3. Verifica sismica.

Il calcolo delle sollecitazioni e le verifiche degli elementi strutturali saranno eseguiti secondo le prescrizioni di cui al capo C.6. delle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975.

2.6. Edifici in muratura.

2.6.1. Schema strutturale.

Lo schema strutturale resistente all’azione sismica deve rispecchiare la situazione effettiva della costruzione.

Si dovrà accertare l’efficacia dei collegamenti tra solai e pareti e delle pareti tra di loro. Qualora nello schema si faccia affidamento sulla ripartizione delle forze orizzontali agenti ad un dato livello tra i diversi setti murari, andrà accertata l’efficacia dei solai a costituire un diaframma orizzontale rigido.

Per ciascuna parete si considereranno in genere separatamente le azioni ad essa complanari e quelle normali.

Le azioni complanari alle pareti saranno valutate tenendo conto della ridistribuzione operata dai solai solo se questi presentano adeguata rigidezza nel loro piano e buon collegamento con i muri.

Nei confronti delle azioni ortogonali alle pareti queste si considereranno vincolate ai solai ed alle pareti trasversali solo se è accertata l’efficacia dei collegamenti.

2.6.2. Analisi dei materiali e particolari costruttivi.

La resistenza della muratura sarà calcolata in relazione alla tipologia, alla qualità e allo stato di conservazione del sistema murario.

2.6.3. Verifica sismica.

La verifica riferita alla resistenza a rottura della muratura va effettuata per la combinazione delle azioni prescritte dalle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975 e delle forze statiche orizzontali qui specificate.

La risultante delle forze orizzontali viene valutata con

l’espressione

Ft = b C Wt

essendo:

    S-2

C = -------

    100

il coefficiente d’intensità sismica, come definito dal decreto ministeriale 3-3-1975;

 

b coefficiente di struttura cui si assegna il valore b = 4;

Wt il carico totale verticale (peso) dell’edificio tenendo conto dei carichi accidentali secondo la tabella 3 del punto C.6. 1.1. del decreto ministeriale 3-3-1975.

Si ha pertanto per:

- le zone sismiche con grado di sismicità S=12, b C=0,40;

- le zone sismiche con grado di sismicità S=9, b C=0,28;

- le zone sismiche con grado di sismicità S=6, b C=0,16.

E’ consentito adottare una ipotesi di comportamento elasto-plastico, con controllo della duttilità .

La forza orizzontale sarà applicata a livello di ciascun piano nel baricentro del piano stesso e distribuita tra vari livelli secondo il coefficiente di distribuzione yi adottato nelle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975.

Le forze orizzontali di verifica saranno applicate secondo due direzioni tra di loro ortogonali.

Per la valutazione delle azioni sismiche complanari alle pareti si prenderà in esame l’edificio nella sua interezza, con i collegamenti operati dai solai in quanto a tale scopo efficaci, considerando la loro forza orizzontale di calcolo applicata nel baricentro delle masse presenti.

La distribuzione delle forze orizzontali tra i muri efficacemente collegati da solai e l’analisi di ciascun muro sarà eseguita nella ipotesi di comportamento elastico lineare tenendo conto della deformabilità sia per taglio che per flessione di ciascun elemento.

Si considererà trascurabile la rigidezza delle pareti per deformazioni ortogonali al loro piano.

Le caratteristiche attribuite ai materiali debbono essere giustificate.

L’azione sismica ortogonale alla parete sarà rappresentata da un carico orizzontale distribuito, pari a b C volte il peso della parete e da forze concentrate pari a b C volte il carico degli orizzontamenti che si appoggiano su di essa se questi non sono efficacemente collegati a muri trasversali.

Si terrà conto dei vincoli della parete con i muri trasversali e con i solai solo in quanto efficaci.

L’effetto flessionale dell’azione sismica ortogonale alla parete può essere valutato nella ipotesi di comportamento lineare a sezione interamente reagente.

2.7. Edifici con struttura metallica.

2.7.1. Schema strutturale.

Lo schema strutturale resistente all’azione sismica deve derivare da un’analisi globale dell’edificio.

Si terrà conto della presenza di elementi anche non strutturali che limitino la deformabilità dell’organismo portante: si valuterà la rigidezza e la resistenza di tali elementi per giudicare della loro partecipazione al comportamento d’insieme.

Si accerterà altresì l’efficienza degli elementi controventanti costituiti da nuclei in cemento armato oppure da strutture verticali in acciaio o altro, tenendo conto delle effettive condizioni di vincolo offerte dalle fondazioni.

2.7.2. Analisi dei materiali e particolari costruttivi.

Le caratteristiche di resistenza degli elementi strutturali saranno valutate mediante esame dello stato di conservazione del materiale metallico e dell’integrità fisica di ogni loro parte.

L’indagine deve essere estesa, a seconda della tipologia strutturale dell’edificio, agli elementi controventanti (nuclei di cemento armato, controventi verticali in acciaio, ecc.), agli elementi di collegamento di questi ultimi alle piastre ed agli ancoraggi alle fondazioni.

2.7.3. Verifica sismica.

Il calcolo delle sollecitazioni e le verifiche degli elementi saranno eseguiti secondo le prescrizioni di cui al capo C.6. delle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975 e con i procedimenti indicati al punto 3.0.2. (parte II) delle norme tecniche per le strutture in acciaio approvate con decreto ministeriale 26-3-1980, n. 20328.

3. PROVVEDIMENTI TECNICI D’INTERVENTO.

3.1. Generalita’

Lo studio della scelta dei provvedimenti tecnici non deve limitarsi all’esame localizzato del singolo elemento strutturale danneggiato, ma deve estendersi, mediante un’analisi globale, a tutto l’organismo edilizio che si intende rafforzare.

A seconda dell’obiettivo da raggiungere verranno usate tecnologie operative e materiali diversi da caso a caso, in relazione all’entità del danno subito dall’edificio ed alle caratteristiche del dissesto.

3.2. Fondazioni.

Il consolidamento della fondazione si rende necessario quando siano manifesti segni di dissesto prodotti da cedimenti differenziali.

Prima di procedere ad un intervento sulle strutture in elevazione deve essere accertato, se necessario mediante indagini geotecniche, lo stato di consistenza delle fondazioni in relazione alla natura dei terreni.

Quando la costruzione abbia subito dissesti per cedimento di fondazione oppure si sia venuta a modificare la distribuzione delle forze sul piano di sedime a causa di variazioni del sistema strutturale in elevazione ovvero ancora esse si rivelino inefficienti in quanto difformi ai sistemi costruttivi indicati nelle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975, si deve provvedere al necessario adeguamento antisismico.

Il progetto dovrà tendere a riprodurre, per quanto possibile, gli schemi indicati al punto B. 10 delle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975 relativamente alle nuove costruzioni.

Criterio generale da seguire è quello secondo cui i corpi di fondazione isolati devono essere collegati fra loro da un reticolo di travi dimensionate in modo che siano in grado di sopportare una forza assiale di trazione o di compressione pari ad un decimo del maggiore dei carichi verticali presenti alle due estremità del collegamento stesso.

Le pressioni di contatto di esercizio delle fondazioni dirette debbono essere valutate sulla base delle caratteristiche geotecniche del sottosuolo e delle caratteristiche della fondazione.

Deve essere considerata l’eventuale modifica prodotta dal sisma alle caratteristiche del terreno ed allo stato dei luoghi.

Nel caso di edifici situati su o in prossimità di pendii naturali od artificiali, oltre agli accertamenti prescritti al punto A.2. delle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975, deve essere verificata anche la stabilità globale del pendio con la fondazione stessa, secondo quanto disposto alla sezione G dal decreto ministeriale 21-1-1981.

Se da indagini specifiche geotecniche si accerti che possono verificarsi nel sottosuolo dell’opera fenomeni di liquefazione oppure manifestazioni di movimenti frane si, non si procederà a qualsiasi intervento di riparazione o di rafforzamento prima di avere stabilizzato la zona mediante i provvedimenti del caso.

3.3. Giunti.

Nel caso di giunti non dimensionati in conformità al punto C.4. delle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975, si deve provvedere, in generale, al loro adeguamento.

Quando l’adeguamento del giunto sia tecnicamente molto oneroso, si potrà intervenire:

- o inserendo degli elementi di protezione al martellamento;

- oppure eliminando il giunto mediante il collegamento delle

strutture da esso separate. In tal caso si terrà conto dell’accoppiamento strutturale conseguito, agli effetti sismici, termici, ecc.

3.4. Edifici in muratura.

3.4.1. Fondazioni.

Ogni intervento sulle fondazioni deve effettuarsi conformemente a quanto indicato al punto 3.2. delle presenti norme.

Il consolidamento delle fondazioni su rocce lapidee, o compatte, può ottenersi, in generale, collegando le varie parti con cordolature.

Il consolidamento delle fondazioni su terreni cedevoli può ottenersi, in generale, irrigidendo la base del fabbricato, mediante placcaggi in conglomerato cementizio a getto od a spruzzo convenientemente armati, applicati da uno o da entrambi i lati della muratura. Particolarmente idonei sono i cavi di precompressione estesi a tutta la lunghezza della parete.

L’approfondimento delle fondazioni se necessario va realizzato con pali di piccolo o medio diametro, fortemente armati e ben collegati alla struttura.

3.4.2. Pareti murarie.

Per aumentare la resistenza di un elemento murario si può ricorrere, in genere, ad uno o più dei seguenti provvedimenti:

- risarciture localizzate;

- iniezioni di miscele leganti;

- applicazione di lastre in cemento armato o di reti metalliche elettrosaldate;

- inserimento di pilastrini in cemento armato o metallici in breccia nella muratura;

- tirantature orizzontali e verticali.

Gli interventi localizzati sono sconsigliati come unico modo di rafforzamento delle murature se non inseriti in un sistema generale di riorganizzazione della struttura.

Indebolimenti locali delle pareti murarie, in prossimità degli innesti e degli incroci per l’eventuale presenza di canne fumarie o vuoti di qualsiasi genere, devono essere eliminati.

In caso di irregolare distribuzione delle aperture (vani di finestre o porte) nei muri maestri, quando non sia possibile la loro chiusura, con muratura efficacemente immorsata alla esistente, si deve provvedere alla cerchiatura delle aperture stesse a mezzo di telai in cemento armato o metallici collegati alla muratura adiacente tramite perforazioni armate.

3.4.2.1. Risarciture localizzate.

I muri possono essere riparati mediante riprese con murature aventi fattura e materiali analoghi agli originali.

Deve aversi cura, nell’esecuzione dell’intervento, di conseguire la massima possibile collaborazione fra la nuova e la vecchia muratura, evitando stati di coazione dovuti ad eccessivo contrasto.

3.4.2.2. Iniezioni di miscele leganti.

Le iniezioni possono essere eseguite con miscele cementizie, semplici o additivate, oppure a base di resine organiche.

Le miscele a base di resine saranno scelte adottando, in generale, prodotti a basso valore di modulo elastico quando l’ampiezza media delle lesioni è piccola e a più elevato valore di detto modulo per riempimenti di zone estese.

3.4.2.3. Applicazioni di lastre e reti metalliche elettrosaldate.

Alle murature che presentano lesioni isolate oppure in corrispondenza di aperture o d’angolo possono applicarsi, preferibilmente su entrambe le facce delle pareti, lastre in cemento armato, collegate fra loro da armature trasversali di cucitura.

In alternativa possono usarsi reti elettrosaldate posizionate su ambedue le facce di parete, cucite fra loro con tondini di acciaio, e ricoperte di intonaco cementizio.

Le reti vanno risvoltate in corrispondenza degli spigoli verticali e fissate con chiodi alla muratura.

In corrispondenza dei collegamenti agli elementi in calcestruzzo esistente dovranno essere utilizzate preferibilmente malte preconfezionate antiritiro.

3.4.2.4. Inserimento di pilastrini.

Pilastrini in cemento armato o metallici saranno inseriti nella muratura disponendoli ad un adeguato interesse, e saldamente ammorsati a mezzo di staffe passanti o di zanche distribuite lungo la loro altezza, e collegati alle estremità , con le strutture resistenti.

3.4.2.5. Applicazione di tiranti.

Ove il sistema di collegamento non preveda un cordolo in cemento armato, devono predisporsi tiranti ancorati tramite piastre di dimensioni opportune o di chiavi che consentano una efficace cerchiatura dell’edificio.

I tiranti possono essere realizzati con barre in acciaio tondo omogeneo o con trefoli in acciaio armonico e disposti sia orizzontalmente che verticalmente, estesi sempre su tutta la lunghezza della parete.

Se i solai non assicurano un sufficiente grado di incatenamento delle pareti, rispetto ad azioni sismiche, si deve intervenire con tiranti ortogonali alle pareti e ancorati all’esterno delle medesime. In alternativa si potrà far funzionare i solai come incatenamenti, applicando a travi e travetti (sempre che questi posseggano una sufficiente resistenza) chiavi metalliche ancorate all’esterno della parete.

3.4.3. Archi e volte.

Gli archi e le volte interessati da gravi dissesti (ampie lesioni e macroscopiche alterazioni geometriche dell’intradosso) e se realizzati con muratura di non buona consistenza e fattura, devono essere eliminati. Ove lo richiedano esigenze funzionali o estetiche ed il ripristino di condizioni di equilibrio di insieme, potranno essere ricostruiti realizzando sistemi a spinta eliminata; qualora tali esigenze non sussistano, le strutture spingenti andranno sostituite con elementi strutturali non spingenti.

Il rinforzo può invece essere conseguito costruendo in aderenza a quelli esistenti archi e volte in cemento armato.

Gli archi e le volte devono essere muniti di cinture, chiavi e tiranti, posti convenientemente in tensione, ed atti ad assorbire integralmente le spinte loro imposte, a meno che le murature di sostegno abbiano spessori sufficienti a sopportare le spinte, anche sismiche.

3.4.4. Solai.

Qualora i solai siano avvallati e comunque deteriorati, sŤ da non possedere adeguata rigidezza nel proprio piano, essi devono essere sostituiti con solai in cemento armato ordinario o precompresso, ovvero in acciaio.

Nel caso si impieghino travetti prefabbricati in cemento armato ordinario o precompresso, si deve disporre una apposita armatura di collegamento dei travetti alle strutture perimetrali in modo da costituire un efficace ancoraggio sia agli effetti della trasmissione del momento negativo, sia della forza di taglio.

Qualora si usino i laterizi, questi dovranno essere a blocco unico fra i travetti ed essere efficacemente aderenti ad essi ed alla sovrastante soletta.

Solo se richiesto da esigenze statiche dovranno sostituirsi i solai in legno.

Qualsiasi intervento si effettui dovrà sempre provvedersi al consolidamento delle murature nelle zone adiacenti ai solai.

3.4.5. Scale.

Le scale in muratura a sbalzo, cioè quelle aventi gli scalini o la sottostruttura incastrati nei muri di gabbia da un lato e liberi dall’altro, devono essere di regola sostituite con scale in cemento armato o in acciaio. Possono tuttavia essere conservate soltanto se prive di lesioni e dopo averne verificata la efficienza a mezzo di prove di carico.

Quando necessità ambientali-architettoniche richiedano la conservazione di scale a sbalzo staticamente non sicure, potranno adottarsi rinforzi con strutture metalliche oppure cementizie.

3.4.6. Coperture.

I tetti devono essere resi non spingenti. Nelle riparazioni si avrà cura in particolare di assicurarsi della capacità di resistere alle azioni orizzontali da parte delle murature perimetrali ed interne che spiccano dall’ultimo solaio per sostenere il tetto e di realizzare un efficace collegamento fra le strutture del tetto e le murature suaccennate. Nel caso di tetti in legno si dovrà garantire anche una adeguata connessione fra i diversi elementi costituenti l’orditura.

Gli elementi sporgenti dalle coperture (comignoli, abbaini, parapetti, torrini, antenne, ecc.) devono essere ben fissati alla base e, se necessario, controventati.

3.5. Edifici in cemento armato.

3.5.1. Fondazioni.

Ogni intervento sulle fondazioni deve effettuarsi conformemente a quanto indicato al punto 3.2. delle presenti norme.

Il consolidamento delle fondazioni potrà in genere conseguirsi:

- con la costruzione di travi in cemento armato di collegamento dei plinti nelle due direzioni in guisa da realizzare un reticolo orizzontale di base;

- con la costruzione di setti in cemento armato al livello del primo interpiano sì da costituire nel suo complesso una struttura scatolare rigida;

- con l’approfondimento delle strutture fondali mediante pali di piccolo o medio diametro, fortemente armati;

- con l’allargamento della base d’appoggio mediante sottofondazione in cemento armato oppure mediante la costruzione di cordolature laterali in cemento armato;

- con rinforzi localizzati delle strutture di fondazione (fasciature in acciaio od in cemento armato presollecitato, cerchiature, ecc.).

3.5.2. Strutture in elevazione.

Per la riparazione ed il rafforzamento delle strutture in elevazione si potrà ricorrere ad uno o più dei seguenti provvedimenti tecnici:

- iniezioni di miscele leganti;

- ripristino localizzato con conglomerati;

- ripristino e rinforzo dell’armatura metallica;

- cerchiature di elementi strutturali;

- integrazione di armatura con l’applicazione di lamiere

metalliche;

- rinforzo con tiranti.

3.5.2.1. Iniezioni con miscele leganti.

Le iniezioni sotto pressione, di materiali (miscele cementizie e di resine) di opportuno modulo elastico e con spiccate proprietà di aderenza al calcestruzzo ed all’acciaio, potranno essere usate soltanto per la risarcitura di lesione la cui apertura non superi i 3-4 mm.

3.5.2.2. Ripristino localizzato con conglomerati.

Nel caso di lesioni di apertura superiore ai 3-4 mm ovvero quando il calcestruzzo si presenta fortemente degradato o frantumato si ricorrerà al ripristino dell’elemento danneggiato mediante il getto localizzato di conglomerato, che potrà essere, a seconda dei casi, di tipo ordinario; di tipo addivitato con spiccata proprietà di aderenza al preesistente calcestruzzo ed alle armature; di tipo spruzzato (gunite, spritzbeton, ecc.) adoperabile soltanto su nuclei integri e per spessori non eccessivi, e del tipo composto da resine.

Qualsiasi intervento sarà preceduto dalla scarificazione nel calcestruzzo con la rimozione di tutte le parti disgregate.

3.5.2.3. Ripristino e rinforzo dell’armatura metallica.

Ove necessario le armature vanno integrate.

Particolare cura andrà posta all’ancoraggio delle nuove armature ed alla loro solidarizzazione all’elemento esistente.

Il rinforzo può essere realizzato localmente, con l’aggiunta di nuove barre, od interessare l’intera struttura, con l’inserimento di elementi aggiuntivi in cemento armato o in acciaio, resi collaboranti con quelli esistenti.

In presenza di pilastri fortemente danneggiati alle estremità , la riparazione deve comportare anche il rinforzo delle armature longitudinali e trasversali.

Il getto di completamento può essere eseguito con malta o calcestruzzo a stabilità volumetrica oppure con malta o calcestruzzo ordinari assicurando in ogni caso l’adesione tra il nuovo ed il vecchio calcestruzzo.

Il rinforzo dei nodi trave-pilastro dovrà prevedere il miglioramento dell’ancoraggio delle armature, l’assicurazione di una continuità meccanica sufficiente a trasmettere gli sforzi massimi sopportabili dalle sezioni di estremità interessate, la staffatura di contenimento del conglomerato e delle armature nei riguardi della espulsione trasversale.

Quando i nodi trave-pilastro sono tanto danneggiati da risultare tecnicamente difficile la loro riparazione, la funzione statica degli elementi strutturali convergenti nei nodi dovrà essere attribuita ad altri elementi portanti dell’ossatura.

3.5.2.4. Cerchiature di elementi strutturali.

L’effetto della "cerchiatura" si ottiene con staffe o altre armature trasversali.

Queste armature possono essere semplici collari di lamierino, ovvero spirali di filo d’acciaio, oppure vere e proprie strutture di carpenteria metallica, calastrellate o più raramente reticolate.

Le armature esterne devono essere protette mediante intonaco cementizio o gunite armata con rete.

3.5.2.5. Integrazione di armatura con l’applicazione di lamiere metalliche.

Un’armatura aggiuntiva, se necessaria, potrà essere realizzata mediante piastre di acciaio, applicate sulla superficie dell’elemento strutturale da riparare o da rinforzare ed a questo solidarizzate opportunamente.

Nel caso di piastre sollecitate a taglio e/o compressione, dovrà porsi attenzione al pericolo di instabilità ; in ogni caso, questa tecnica comporta un aumento della rigidezza dell’elemento riparato, di cui si deve tener conto nei calcoli.

Le piastre andranno opportunamente protette dalla corrosione.

Il rinforzo di elementi in cemento armato potrà conseguirsi

mediante tiranti di acciaio posti in tensione seguendo la tecnica della precompressione oppure delle chiodature pretese.

In ogni caso deve verificarsi che l’intervento non provochi dannosi stati di coazione.

3.5.3. Solai.

Valgono i principi generali indicati al punto 3.4.4. delle presenti norme relativamente ai solai costituenti orizzontamenti di edifici in muratura.

Quando un solaio fa parte di un edificio con struttura in cemento armato e lo si debba rinforzare si potrà procedere con le seguenti tecniche:

a) interventi in zona tesa:

- applicazione di strisce di lamiera di piccolo spessore all’intradosso dei travetti del solaio;

- inserimento, previa rottura delle pignatte, di nuovi travetti prefabbricati in calcestruzzo o con profilati metallici e getto di calcestruzzo a stabilità volumetrica;

- incremento dello spessore del solaio mediante getto di soletta armata in aderenza all’intradosso;

b) interventi in zona compressa:

- aumento dello spessore all’estradosso con getti di solette di calcestruzzo, opportunamente solidarizzate.

Particolare attenzione va posta, in presenza di solai con travetti prefabbricati, al collegamento degli stessi con le travi, collegamento che deve assicurare la funzione incatenante dei solai.

3.5.4. Inserimento di nuove strutture.

La struttura può essere rinforzata aggiungendo nuovi elementi resistenti quali:

a) pareti di taglio e/o controventamento;

b) elementi verticali o inclinati (pilastri, puntoni);

c) collegamenti alla struttura principale di elementi non strutturali esistenti rinforzati, al fine di renderli permanentemente e affidabilmente collaboranti con la struttura principale.

Quando si inseriscono pareti irrigidenti, si deve controllare la capacità delle fondazioni a sopportare le sollecitazioni alle stesse trasmesse.

Le pareti devono essere sempre armate anche con armature disposte nelle due direzioni.

L’inserimento di nuove pareti di taglio in una struttura comporta la necessità di collegarle efficacemente agli orizzontamenti e di rinforzare questi ultimi in funzione della nuova trasmissione degli sforzi in pianta.

Si dovrà verificare inoltre la capacità delle travi e dei pilastri collegati alle pareti di taglio a resistere alle nuove funzioni statiche indotte dalle pareti. In particolare si dovrà curare le trasmissioni degli sforzi di scorrimento verticale tra pilastri e pareti di taglio ad essi contigue. Se questi sforzi devono essere assorbiti solo dalle travi esistenti, ne dovrà essere accertata l’idoneità .

Quando la maglia del telaio contenga elementi di controvento è necessario valutare il loro effetto sul nodo.

Gli elementi di collegamento delle pareti di taglio e controventi alle travi e pilastri esistenti (spinotti metallici, barre, tasselli metallici, nicchie armate, ecc.) dovranno possedere sufficiente resistenza e duttilità .

Si potranno realizzare pareti di taglio in muratura armata, aggiungendo eventualmente a pareti esistenti in mattoni o blocchi, lastre di calcestruzzo armato su ambedue le facce. Il collegamento delle due lastre in c.a. tra loro deve essere fatto con armature metalliche passanti; inoltre esse devono essere collegate con armature alla struttura principale in c.a. esistente.

3.5.4. Riparazioni di pareti.

La ripartizione degli sforzi tra lastre di c.a. e muro preesistente dovrà essere fatta in proporzione ai loro moduli elastici. Non è consentito mettere in conto la resistenza di lastre in c.a. di spessore inferiore a 6 cm. Non è consentito mettere in conto la resistenza di pareti in mattoni forati o blocchi alleggeriti, con le caratteristiche di cui all’allegato 1 del decreto ministeriale 3-3-1975.

La riparazione di pareti di taglio esistenti lievemente danneggiate può essere eseguita semplicemente con iniezione di miscele cementizie o resine a basso valore di modulo elastico, purché possano escludersi sensibili danneggiamenti alle armature ed alle condizioni di aderenza. Il rinforzo di pareti esistenti può essere conseguito realizzando in aderenza, da una o entrambe le parti, un ispessimento della parete, opportunamente armato.

Le armature aggiunte devono essere collegate a quelle originarie.

3.6. Edifici con strutture metalliche.

3.6.1. Provvedimenti tecnici di riparazione e rafforzamento - generalità .

La sostituzione di singoli elementi strutturali, danneggiati dal sisma, deve essere eseguita tenendo conto delle "regole pratiche" indicate al punto 5 delle norme tecniche per il calcolo, esecuzione e collaudo delle strutture in acciaio, approvato con decreto ministeriale 26-3-1980, n. 20328 (parte seconda).

Il rafforzamento dell’edificio, mediante l’inserimento di nuovi elementi strutturali o di controventamento, che possono comunque modificare lo schema statico originario, dovrà essere giustificato in base alla verifica sismica di cui al punto 2.7.3. delle presenti norme.

 

 

Capo II

4. CONSISTENZA VOLUMETRICA ED ALTEZZE DEGLI EDIFICI: OGGETTO DEGLI INTERVENTI.

Salvo le deroghe per le speciali ragioni previste dall’art. 12 della legge 2-2-1974, n. 64, gli interventi di riparazione e di adeguamento antisismico non devono in nessun caso dar luogo ad aumento della consistenza volumetrica complessiva dell’edificio preesistente al danno sismico.

La ricostruzione, previa la totale demolizione dell’edificio, irrimediabilmente danneggiato, deve essere eseguita con l’osservanza del capo II delle norme tecniche o approvate con decreto ministeriale 3-3-1975, relativo alle nuove costruzioni.

Se l’edificio, irrimediabilmente danneggiato prospetta su spazi, nei quali sono comprese strade, la cui larghezza complessiva è inferiore ai limiti minimi indicati dai decreti ministeriali 3-3- 1975 e 3-6-1981, può essere conservata (non superata) la consistenza volumetrica e le superfici utili complessive dell’edificio stesso, preesistente al danno sismico.

L’edificio, in tal caso, può essere ricostruito in sito, mantenendo l’altezza originaria, il numero dei piani e le superfici utili complessive in elevazione: a condizione che:

- il sistema costruttivo sia a struttura intelaiata in cemento armato normale o precompresso, acciaio o sistemi combinati dei predetti materiali;

- il coefficiente d’intensità sismica C di cui al punto B.5. delle norme approvate con decreto ministeriale 3-3-1975, da assumere nel progetto sia adeguatamente maggiorato;

- il fattore di amplificazione di tale coefficiente non può essere inferiore a 1,50;

- le indagini specifiche geotecniche devono escludere i fenomeni di cui all’ultimo comma del punto 3.2. delle presenti norme.

Le stesse regole si applicano per demolizioni parziali di edifici purché si costituiscano, nella ricostruzione organismi strutturalmente indipendenti.