Allegato 1 -
Indicazioni costruttive per strutture in calcestruzzo
armato
Allegato 2 - Interazione fra telai e pannelli murari di
tamponatura
Allegato 3 - Edifici in muratura: Provvedimenti
tecnici di intervento
Allegato 4 - Edifici in cemento armato:
Provvedimenti tecnici d’intervento
B.1. - Disposizioni
preliminari
Preliminare a qualsiasi decisione sul tipo di analisi da
adottare (statica o dinamica) o a qualsiasi altra decisione
riguardante la modellazione della struttura, è l’individuazione
degli elementi non strutturali che, per rigidezza e resistenza, sono
in grado di collaborare con la struttura nel sopportare le azioni
sismiche o comunque possono indurre nella struttura comportamenti
indesiderati. Comportamenti di tal genere possono, ad esempio,
essere indotti in una struttura intelaiata, in cemento armato o
metallica, dalla presenza di pannelli di muratura, o di altro
materiale non strutturale, inseriti tra le maglie dei telai a
formare telai tamponati distribuiti in modo non simmetrico in pianta
e/o in elevazione, quando tale presenza alteri in misura
significativa la rigidezza della nuda ossatura. In tal caso il
progettista valuterà l’opportunità di analizzare l’edificio nel suo
insieme utilizzando due modelli strutturali, con o senza pannelli,
dimensionando poi gli elementi strutturali per la più severa delle
due condizioni. Un possibile modello di calcolo per tener conto
della presenza di pannelli in un telaio è riportato nell’Allegato
2.
Per l’impostazione e la redazione della relazione di calcolo
della struttura può farsi utile riferiemnto alle Istruzioni C.N.R. -
10024/86 "Analisi di strutture mediante elaboratore: Impostazione e
redazione delle relazioni di calcolo".
Quanto poi ai risultati
forniti dall’analisi, statica o dinamica che sia, occorre tenere a
mente che le sollecitazioni provocate dall’azione sismica vengono
valutate, seguendo i criteri contenuti nella sezione B, delle norme,
inevitabilmente in modo largamente convenzionale. La convenzionalità
dell’analisi è principalmente riconducibile all’entità attribuita
dalla normativa alle azioni sismiche ed alla contemporanea ipotesi
di comportamento elastico lineare della struttura; in realtà le
azioni sismiche effettive possono avere entità maggiore di quella
imposta dalla nromativa e di conseguenza viene a cadere l’ipotesi di
comportamento elastico lineare della struttura. La valutazione delle
sollecitazioni conseguita in accordo con la normativa è dunque
"convenzionale"; peraltro considerazioni teoriche ed evidenze
sperimentali dimostrano che la convenzione adottata è idonea a
conseguire il desiderato livello di sicurezza, purché la struttura
possegga un sufficiente grado di duttilità.
In alternativa,
possono eseguirsi analisi più approfondite fondate su una opportuna
e motivata scelta di un "terremoto di progetto", ma tali analisi
debbono adottare procedimenti di calcolo basati su ipotesi e sui
risultati sperimentali chiaramente comprovati, ed utilizzare modelli
e codici di calcolo non lineari, più aderenti all’effettivo
comportamento della struttura.
Come già
accennato, dal carattere "convenzionale" dei procediemnti di
progetto-verifica suggeriti dalla normativa consegue direttamente
l’importanza attribuita, nell’assicurare l’effettivo conseguimento
dei risultati desiderati specie nei confronti del collasso, ad un
comportamento duttile della struttura. A tal fine, dovendo accettare
che la struttura esca dal campo elastico subendo fenomeni di
plasticizzazione e/o danneggiamento, come requisito minimo da
assicurare, vengono più avanti indicati alcuni accorgimenti
costruttivi atti a conseguire una certa duttilità locale e
globale.
Peraltro,
da qualche tempo, sono state individuate tecniche costruttive
finalizzate a ridurre l’entità della entrata in campo non lineare
delle strutture antisismiche; tali tecniche vengono generalmente
indicate con il termine di "tecniche di protezione passiva". Esse
sostanzialmente consistono, nello sconnettere l’edificio dalle sue
fondazioni interponendo tra la struttura e le fondazioni stesse dei
particolari apparecchi d’appoggio, detti "isolatori", dotati di
elevata rigidezza per carichi verticali e limitata rigidezza per
carichi orizzontali, ovvero nel collegare alla struttura dei
"dissipatori", ossia apparecchi capaci, all’atto del sisma, di
assorbire grandi quantità di energia, o infine nell’adottare
contemporaneamente ambedue gli accorgimenti detti.
Con
l’inserimento degli "isolatori" si consegue un sostanziale
disaccoppiamento tra moto dell’edificio e moto del terreno, così da
ridurre drasticamente l’energia cinetica che il sisma fornisce
all’edificio stesso, e quindi anche l’entità delle deformazioni e
delle sollecitazioni della struttura.
Con l’inserimento dei
"dissipatori" resta immutata l’energia cinetica fornita dal sisma al
complesso "edificio più dissipatori" , ma la maggior parte di essa
viene assorbita dai "dissipatori" stessi, con conseguente
significativa riduzione delle sollecitazioni e degli spostamenti
richiesti alla struttura e, dunque, dell’escursione in campo
plastico.
Sia
l’utilizzazione degli "isolatori" che quella dei "dissipatori" hanno
origini relativamente recenti e, fino a quando non sarà emanata una
specifica normativa d’uso, l’adozione dei dispositivi richiede,
affinché siano effettivamente conseguiti i comportamenti desiderati
e prima brevemente descritti, che il complesso struttura-dispositivi
venga progettato ed eseguito nel rispetto di alcune regole peculiari
legate sia alla tipologia strutturale adottata che alle
caratteristiche proprie deglia pparecchi utilizzati. Ciò rende
necessaria la preventiva approvazione del progetto, riguardante il
sistema edificio-dispositivi, da parte del Consiglio superiore dei
lavori pubblici.
B.4. - Analisi
Statica
è
consentito valutare il comportamento sismico di una costruzione
attraverso un’analisi statica quando questa presenti una
significativa tendenza a rispondere all’azione sismica con una forma
di oscillazione unica, a sviluppo semplice lungo l’altezza, e
contenuta nel piano di eccitazione.
Queste caratteristiche della
risposta da un lato forniscono ragionevole assicurazione che
l’intervento della fase inelastica non produca brusche variazioni di
comportamento, dall’altro consentono di calcolare gli effetti
dell’azione sismica con modelli ed analisi strutturali semplificati
(modelli piani ed analisi di tipo statico).
Il requisito di
regolarità è di difficile codificazione, in quanto le possibili
combinazioni topologiche che possono dar luogo a comportamento "non
regolare" sono troppo numerose per essere prevedibili e
classificabili. Spesso, inoltre, non è possibile operare una
distinzione netta tra comportamento "regolare" ed "irregolare",
essendo più appropriato riferirsi ad un "grado di irregolarità", che
può essere più o meno pronunciato.
Le indicazioni in tema di
regolarità riportate nelle nromative internazionali più recenti sono
in massima parte di natura qualitativa, così come quelle riportate
nelle norme tecniche nazionali, ove peraltro viene esplicitamente
affermato che dette indicazioni costituiscono condizione necessaria,
ma non sempre sufficiente, spettando al progettista di accertare
l’eventuale presenza di caratteristiche singolari che possano dar
luogo ad una risposta "irregolare".
Con
riferimento al caso degli edifici, si riportano di seguito, a titolo
indicativo, alcuni criteri di valutazione di adozione più
diffusa:
Regolarità in
pianta
- La struttura
dell’edificio presenta una sostanziale doppia simmetria ortogonale
nei confronti sia delle rigidezze che delle masse.
- La forma in pianta è
di tipo "compatto", ossia priva di ali che si estendono
notevolmente a partire dal nucleo centrale (come ad es. forme ad
H,I,L,X, etc.). Le dimensioni di eventuali rientranze lungo il
perimetro dell’edificio non superano il 25% della lunghezza del
lato corrispondente.
- I solai sono
sufficientemente rigidi rispetto alle strutture verticali, in modo
da fungere da diagrammi indeformabili nel loro piano.
- Sotto l’azione di un
sistema di forze orizzontali, proporzionali alle masse dei piani,
lo spostamento massimo a ciascun piano non supera di più del 20%
lo spostamento medio di quel piano.
Regolarità in
elevazione
- Tutti gli elementi
verticali che presentano resistenza significativa all’azione
sismica (telai, pareti e nuclei), si estendono senza interruzione
dalla fondazione fino alla sommità della parte di edificio
interessata.
- Rigidezza e massa si
mantengono costanti o si riducono gradualmente procedendo da basso
verso l’alto.
Negli
edifici a telaio, il rapporto tra la resistenza di colonne e pareti,
ad un certo piano effettivamente conseguita, e la resistenza
richiesta dal calcolo, si mantiene approssimativamente costante per
tutti i piani.
Un comportamento non regolare può essere indotto
dalla presenza di pannelli, in muratura o di altro materiale,
inseriti tra le maglie dei telai in modo non simmetrico in pianta
e/o in elevazione.
B.6. - Analisi
dinamica
Il
modello usato per l’analisi dinamica può coincidere con quello
utilizzato per l’analisi statica. Al fine della valutazione delle
forze d’inerzia e, quindi, della risposta dinamica, è possibile
concentrare le masse in un numero di nodi inferiore a quelli che
descrivono la geometria strutturale. Va osservato che
nell’operazione di concentrazione delle masse potrà essere
necessario includere anche i momenti d’inerzia rotazionali.
La
tecnica dell’analisi modale consente di semplificare il problema
della valutazione della risposta dinamica utilizzando un numero di
modi inferiore al numero di gradi di libertà tuttavia è bene dare un
giudizio quantitativo sull’efficacia della semplificazione ottenuta
limitando tale numero. Se si considera un numero di modi pari al
numero di gradi di libertà, la soluzione ottenuta è esatta,
limitatamente alla rappresentazione delle masse.
Ciascun modo
mette in movimento una cera quantità della massa strutturale. Una
misura della massa attivata da ciascun modo j in ciascuna direzione,
nel caso di matrice delle masse diagonale, è data
dall’espressione:


ove la
sommatoria a numeratore è estesa a tutte le masse attribuite ai
gradi di libertà nella direzione di eccitazione (x, nella formula
indicata); il termine a denominatore della prima frazione
rappresenta la massa modale j-esima, i termini Mix sono le masse
associate di libertà i nella direzione di eccitazione (x, nella
formula indicata); i termini
sono le ampiezze dell’autovettore j relative al nodo i
nella direzione di eccitazione (x, nella formula indicata).
Se si
sommano i termini
relativi ai tutti i modi, per ciascuna direzione si
ottiene 100.
Si può osservare che usualmente i primi modi di
vibrare danno contributi maggiori alla massa eccitata. è buona norma
considerare un numero di modi di vibrare sino ad ottenere che la
somma delle masse attivate sia pari almeno all’85%
della massa totale.
Per quanto riguarda la combinazione
dei diversi modi di vibrare, in accordo al punto B.2., si assumono
due eccitazioni orizzontali, secondo la direzione x, ed y
rispettivamente, prefissate dal progettista. Con gli indici x ed y
si indicano sforzi o spostamenti riferiti alle due eccitazioni
considerate. Precisamente siano:
una componente dello stato di sforzo in un punto o della
sollecitazione in una sezione,
una componente generica dello spostamento in un
punto,
il valore assunto da h durante l’eccitazione lungo
la direzione x,
il valore assunto da h durante l’eccitazione lungo la
direzione x,
il valore assunto da a durante l’eccitazione lungo
la direzione y,
il valore assunto da h durante l’eccitazione lungo la
direzione y,
il contributo ad a x del modo iesimo di vibrare
durante la eccitazione in direzione x,
l’analoga grandezza, riferita all’eccitazione in
direzione y,
il contributo del modo iesimo allo
spostamento
, durante l’eccitazione in direzione x,
il contributo del modo iesimo allo spostamento
, durante l’eccitazione in direzione y
In
accordo al punto B.6 è:
e
analogamente per l’eccitazione verticale,
Qualora
la componente verticale dell’eccitazione sismica sia significativa,
la sovrapposizione degli effetti deve essere effettuata mediante le
seguenti relazioni:
e
rappresentano la tensione (o la sollecitazione)
richiamata nel paragrafo B.8.,
e
rappresentano lo spostamento richiamato al punto
B.9.
In caso
contrario, se la componente verticale della eccitazione sismica non
è significativa,
e
rappresentano la tensione (o la sollecitazione)
richiamata nel pagrafo B.8, e
e
rappresentano lo spostamento richiamato al punto
B.9.
B.7 -
Verifiche
La
verifica di resistenza è finalizzata a garantire la sopravvivenza
della struttura a fronte di terremoti di grande intensità, aventi
limitate probabilità di manifestarsi durante la vita utile della
struttura. Questi terremoti sono caratterizzati da spettri di
risposta di un ordine di grandezza più severi di quelli definiti
nelle norme. A fronte di tali eventi sono favorite strutture alle
quali il sistema costruttivo, nelle sue caratteristiche di insieme e
nei dettagli esecutivi, assicuri buona duttilità, cioè capacità di
sostenere cicli di escursioni anelastiche senza subire un
significativo degrado.
Le azioni
sismiche definite nel decreto sono state pertanto concettualmentc
ottenute riducendo le azioni effettive con un coefficiente di
riduzione (maggiore di 1) che dipende dalla duttilità della
struttura.
Nell’Allegato 1 si presentano alcune indicazioni costruttive
alle quali può farsi riferimento per assicurare un minimo di
duttilità alle costruzioni in calcestruzzo armato. Il rispetto di
tali regole non esclude, tuttavia, che qualche meccanismo di rottura
fragile possa comunque manifestarsi.
Ove del
caso il controllo degli spostamenti viene condotto per valutare la
danneggiabilità dei pannelli murari di tamponamento al fine della
verifica al collasso per perdita di connessione tra elementi
strutturali essenziali
è chiaro che la verifica di
danneggiabilità va riferita ad azioni sismiche meno intense rispetto
a quelle utilizzate per la verifica allo stato limite
ultimo.
Per
quanto sopra osservato, è evidente che gli spostamenti considerati
per le verifiche di danneggiabilità sono più piccoli di quelli
considerati per le verifiche ultime, come evidenziato in B9.
Le
verifiche di danneggiabilità dei pannelli murari di tamponamento
devono essere sempre eseguite negli edifici intelaiati, come
richiesto in C.6.3.
Le verifiche di spostamento per il controllo
dei requisiti di sicurezza, (stato limite ultimo), devono invece
essere fatte se vi è la possibilità di perdite di connessione tra
gli elementi essenziali ed in generale in presenza di particolari
dispositivi di vincolo e di collegamento.
Gli edifici in muratura
sono in generale poco deformabili, pertanto il controllo delle
deformazioni risulta già garantito dal controllo dello stato di
sollecitazione.
Nessun controllo è richiesto nelle costruzioni in
muratura per le quali non siano da effettuare verifiche di
resistenza.
B.8 - Verifiche di
resistenza
Le
verifiche di resistenza possono essere effettuate verificando lo
stato di tensione, secondo il metodo delle tensioni ammissibili,
oppure verificando lo stato di sollecitazione per i diversi stati
limiti ultimi secondo il metodo degli stati limite.
Quando i
carichi agenti si riducono al peso proprio e ad un solo carico
accidentale (nella fattispecie al carico sismico), i due metodi di
verifica, alle tensioni ammissibili ed agli stati limite, portano ad
ottenere, sostanzialmente, le stesse sezioni resistenti. Quando
siano presenti più carichi di esercizio, il metodo agli stati limite
offre, in generale, un approccio più razionale, in quanto mette in
conto la probabilità di contemporanea presenza dei diversi carichi.
In pratica, questo si traduce generalmente in sezioni resistenti più
contenute.
Nella
formulazione delle norme, si è riconosciuta, per la prima volta, la
possibilità di utilizzare, nelle zone sismiche, il criterio agli
stati limite. Si è tuttavia inteso mantenere inalterato il livello
di protezione a fronte di eventi sismici, e pertanto i fattori g
sono stati scelti in modo che, anche in presenza di più azioni di
carico, le verifiche condotte secondo i due metodi fossero
equivalenti agli effetti della resistenza.
Se in uno
o più piani la rigidezza complessiva offerta dai pannelli in
muratura o di altro materiale subisce una brusca riduzione rispetto
a quella offerta ai piani adiacenti (come avviene frequentemente ai
piani terra), è opportuno che gli elementi verticali ed orizzontali
inferiori e superiori di ciascun piano interessato alla riduzione,
siano provvisti di un margine di sovraresistenza rispetto ai
risultati dell’analisi, che, per edifici di altezza fino ad otto
piani, è non inferiore al 40%, e di valore adeguatamente più elevato
per altezze maggiori.
B.9. - Spostamenti e
deformazioni
Gli
spostamenti dovuti all’azione sismica sono, di fatto, più grandi di
quelli determinabili con le azioni di progetto definite dalle norme.
Infatti, in considerazione della duttilità delle strutture, le
azioni di progetto, impiegate per simulare l’effetto del sisma, sono
convenzionalmente ridotte di intensità rispetto a quelle che sarebbe
necessario considerare ove il comportamento effettivo della
struttura fosse perfettamente elastico. Perciò, gli spostamenti e le
deformazioni determinati con le azioni di progetto indicate nelle
norme vanno moltiplicati per un fattore (maggiore di uno), mediante
il quale le azioni stesse sono state in precedenza ridotte.
Per
quanto riguarda le combinazioni degli spostamenti sismici con quelli
prodotti dalle altre azioni da prendere in considerazione, è utile
una precisazione: essa riguarda il coefficiente
utilizzato nelle due formule di verifica che
sono:
per limitare la
danneggiabilità: |
 |
|
 |
per i
requisiti di sicurezza: |
 |
|
 |
Al
coefficiente
è da attribuire il valore 1, quando gli spostamenti
e gli spostamenti sismici sono valutati in base alla
combinazione delle azioni da assumere per la verifica alle tensioni
amissibili. è da attribuire il valore 1,5, quando gli spostamenti
e gli spostamenti sismici sono valutati in base alla
combinazione delle azioni da assumere per la verifica agli stati
limite.
B.10. -
Fondazioni
Le
prescrizioni relative alle fondazioni sono connesse ai problemi
posti dalla presenza di azioni sismiche sia relativamente alla
valutazione delle sollecitazioni sul terreno di fondazione che in
ordine alla valutazione delle sollecitazioni sulle strutture di
fondazione.
Per quanto attiene al terreno di fondazione, occorre
sottolineare che la vigente normativa geotecnica fa sistematico
riferimento, per quanto riguarda l’individuazione del comportamento
del terreno e la valutazione dei carichi massimi su di esso
applicabili, ai metodi propri dell’analisi limite ed ai relativi
meccanismi di rottura. Quando però si passa a definire i
coefficienti riduttivi da applicare a detti carichi massimi, onde
poterli confrontare con i carichi effettivamente agenti, e dunque
controllare se si sia conseguito o meno il desiderato livello di
sicurezza, detti coefficienti riduttivi hanno entità tale da poter
essere correttamente utilizzati solo per un confronto con i carichi
relativi agli stati limite di esercizio, non per un confronto con i
carichi limite ultimi.
Quanto
detto spiega la necessità evidenziata al primo capoverso del punto
B.10, di effettuare le verifiche di stabilità del terreno di
fondazione utilizzando sollecitazioni valutate a partire da azioni
prive di maggiorazioni, ossia valutate per coefficienti
moltiplicativi unitari.
Per
quanto attiene alle strutture di fondazione, occorre sottolineare
che una funzione importante è quella di assorbire gli spostamenti
relativi indotti dalla propagazione nel terreno delle onde sismiche,
senza che tali spostamenti relativi si ripercuotano negativamente
sul funzionamento delle strutture in elevazione. Tale funzione può
essere svolta in due diversi modi.
Un primo
modo consiste nel dotare le strutture di fondazione di collegamenti
che, impedendo o comunque riducendo sensibilmente tali spostamenti
relativi, garantiscano la ridotta entità delle sollecitazioni sulla
struttura in elevazione dovute a tali spostamenti. è questa la
soluzione suggerita al punto a) laddove si impone alle strutture di
fondazione di essere collegate tra loro da un reticolo di travi
proporzionate in modo da sopportare forze assiali prefissate; si
sottolinea che, specie in una struttura intelaiata, tale reticolo di
collegamento è soggetto non soltanto agli sforzi assiali di
trazione-compressione dovuti alle azioni sismiche, ma anche agli
sforzi assiali dovuti al funzionamento a telaio delle strutture in
elevazione e che detti sforzi si sovrappongono a quelli di origine
sismica. Occcorre dunque, nella verifica del reticolo di
collegamento, tener correttamente conto di ambedue i sistemi di
forze sopra evidenziati.
Un secondo modo di risolvere il problema
posto dagli spostamenti relativi delle strutture di fondazione, modo
tipicamente consigliabile per strutture nelle quali la forte
distanza tra gli elementi verticali renda difficile l’adozione del
reticolo di travi di collegamento (capannoni industriali, ponti,
ecc.), consiste nel verificare le strutture, sia di fondazione che
in elevazione, in presenza degli spostamenti relativi attesi. Tale
verifica deve essere condotta sia in termini di capacità di
resistere della struttura in elevazione alle sollecitazioni prodotte
dagli spostamenti relativi (vedi Tab. 1a), che in termini di
compatibilità tra collegamenti e vincoli della struttura e
spostamenti impressi in fondazione (vedi Tab. 1b).
C.1. - Sistemi
costruttivi
Una
importante modifica a carattere innovativo, introdotta alla lettera
a) del punto C.1 riguarda gli edifici con struttura in muratura, la
cui tipologia è stata estesa ad un ambito più vasto, comprendente
sia la muratura ordinaria sia la muratura armata.
La muratura
armata è disciplinata da apposite regole progettuali e costruttive,
contenute nei punti C.5.1 e C.5.3.
Appare quindi evidente che,
ove siano rispettate tutte le prescrizioni contenute nei suddetti
punti della norma, l’impiego della muratura armata non
richiede alcuna certificazione di idoneitè tecnica da parte del
Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Tale obbligo permane,
invece, per gli edifici costituiti da pannelli prefabbricati in
muratura armata, che risultano indicati tra i sistemi costruttivi a
pannelli portanti di cui alla lett. c) del punto C.1.
C.2. Altezza massima dei nuovi
edifici
Si
segnala un’imprecisione contenuta nell’ultimo comma del punto C.2.
Come è evidente, nel testo viene erroneamente richiamata la "tabella
1", anziché la "tabella 2".
C.3. Limitazione dell’altezza in
funzione della larghezza stradale
Sono da
segnalare le modifiche apportate al testo del l° comma del punto
C.3, che, rispetto alla precedente norma, introduce una più
graduale variazione oltre ad un necessario adeguamento, dei limiti
di altezza degli edifici in funzione della larghezza delle strade su
cui prospettano.
Si ritiene utile evidenziare anche la
soppressione dell’ultimo comma del punto C.3. delle previgenti norme
(D.M. 24.1.86) che consentiva, per le zone con grado di sismicitè
S=9, su strade di larghezza inferiore ai metri dieci, di costruire
edifici di tre piani in elevazione e comunque di altezza massima m
10,00 purché con le prescrizioni relative ad S=12, ai fini del
dimensionamento delle strutture.
C.5. Edifici in
muratura
C.5.1 Regole
generali
Le
prescrizioni qui contenute si applicano a tutti gli edifici, sia
in muratura ordinaria sia in muratura armata.
Si rammenta
anzitutto che, conformemente a quanto stabilito dall’art.3, 1°
comma, della legge 2.2.74 n.64, è fatto obbligo di osservare, oltre
alle norme per le costruzioni sismiche, le norme di carattere
generale concernenti la sicurezza delle costruzioni, indicate
dall’art.1, 3° comma, della legge stessa.
Pertanto
nella realizzazione delle costruzioni sismiche in muratura, deve
comunque tenersi conto delle vigenti norme tecniche riguardanti gli
edifici in muratura D.M. 20.11.87), i carichi ed i sovraccarichi
(D.M. 16.1.96), i terreni e le opere di fondazione (D.M. 11.3.88), e
degli eventuali successivi loro aggiornamenti.
Per quanto
concerne, le caratteristiche dei materiali ed i relativi controlli,
mentre le norme di cui al precedente decreto 24 gennaio 1986
recavano disposizioni nell’apposito allegato, le attuali norme
stabiliscono, al 3° comma del punto C.5.1., alcuni requisiti
minimi di resistenza, ad integrazione di quanto indicato nelle norme
per gli edifici in muratura emanate con il decreto 20 novembre
1987.
I controlli sui materiali vanno effettuati, secondo quanto
previsto nel decreto sopracitato, sia all’origine,
obbligatoriamente, presso gli stabilimenti di produzione, sia in
cantiere, ai fini della loro accettazione per l’impiego.
In
particolare, il direttore dei lavori è tenuto a verificare che
ciascuna fornitura riguardante tanto gli elementi per la muratura
(mattoni o blocchi), quanto le barre di acciaio nel caso della
muratura armata, sia accompagnata dal relativo certificato di
origine, controllando che le caratteristiche certificate
corrispondano a quanto richiesto dal progetto e dalle
norme.
Inoltre, nell’ambito della propria sfera di
discrezionalitè, il direttore dei lavori può responsabilmente
valutare l’opportunitè di disporre ulteriori controlli, per
accertare che i materiali da mettere in opera posseggano
effettivamente le caratteristiche dichiarate dal
produttore.
Anche per la muratura armata, oltre alle norme per le
costruzioni sismiche, sono da osservare, per quanto applicabili, le
norme di cui al decreto 20 novembre 1987.
è opportuno rammentare
che in ogni caso gli elementi resistenti che compongono la muratura
(mattoni o blocchi) devono essere collegati fra di loro tramite
malta cementizia (di classe Ml - M2) che deve assicurare il
ricoprimento dei giunti orizzontali e di quelli
verticali.
C.5.2. Edifici in muratura
ordinaria
Sono
state introdotte alcune modifiche, concettualmente importanti, che
consentono un’ ampia libertè progettuale nella realizzazione degli
edifici in muratura ordinaria. Fermo restando il rispetto dei
principi e delle regole generali contenute nel precedente punto
C.5.1, possono infatti adottarsi, per la verifica sismica
dell’edificio, gli stessi criteri di calcolo giè previsti dal punto
C.9.5. per l’adeguamento degli edifici esistenti. In
tal caso non è necessario tener conto delle prescrizioni
morfologiche e costruttive indicate nel punto C.5.2,
che, invece devono essere applicate quando si esegua il
procedimento di verifica semplificato. Relativamente alla
valutazione delle azioni suggerite al punto C.9.5.3 si
segnala che, per i nuovi edifici in muratura, il coefficiente
deve essere assunto pari a 1, perché la norma
specifica (D.M. 20.11.87), giè per proprio conto, distingue i valori
da attribuire alla resistenza del materiale a seconda del metodo
adottato per il controllo della sicurezza (
= 3 nel caso di verifica col metodo agli stati limite
ultimi).
è ovvio, peraltro, che il valore delle azioni sisniiche
da adottare nelle verifiche èquello definito al paragrafo
C.9.5.3 senza fare riferimento al coefficiente
di cui al punto B.8 delle norme.
In conclusione quindi
il livello di sicurezza di calcolo richiesto per gli edifici di
nuova costruzione soggetti a "verifica" è del 50% circa superiore a
quello richiesto per gli edifici esistenti.
Nessuna
specifica verifica di sicurezza è invece prevista per la
realizzazione di nuovi edifici in muratura listata, per i quali
valgono le regole di dimensionamento riportate nel 2° cpv della
lett. f).
Riguardo agli spessori minimi dei muri, indicati nella
Tabella 3 per i vari piani dell’edificio, è opportuno far notare che
la tabella stessa è genericamente riferita ad un edificio costituito
dal massimo numero di piani consentito dalla norma (due piani fuori
terra oltre ad un piano cantinato o seminterrato); quindi, nel caso
in cui l’edificio, nel suo complesso, sia costituito da un minor
numero di piani, gli spessori minimi dei relativi muri vanno assunti
opportunamente scalando le righe della tabella stessa.
C.5.3. Edifici in muratura
armata
La
muratura armata è una tecnica costruttiva che conferisce alle
strutture murarie caratteristiche di monoliticitè, di resistenza (a
compressione ed a trazione) e di duttilitè tali da migliorarne in
modo sostanziale il comportamento sotto l’azione sismica.
In
virtù di tali migliori prestazioni le norme consentono per tale
tipologia altezze massime superiori a quelle permesse per la
muratura ordinaria.
Ruolo delle armature
metalliche
Si
distingue tra le armature richieste dall’analisi strutturale e
quelle aggiuntive, necessarie per soddisfare le esigenze di
monoliticitè, continuitè e duttilitè, i cui valori minimi sono
fissati dalle norme.
Le armature derivanti dall’analisi sono
quelle verticali, da disporsi agli incroci e ai bordi dei pannelli
murari, nonché quelle orizzontali lungo i bordi delle aperture
(architravi o travi di collegamento tra pannelli affiancati).
Le
armature aggiuntive comprendono:
- armature verticali
disposte nel corpo dei pannelli, con interasse non superiore a 5
m;
- armature
orizzontali
- nei cordoli al
livello di ciascun solaio, e nel corpo dei pannelli, ad
interasse non superiore a 4 m, con funzione di
incatenamento
- distribuite, ad
interasse non superiore a 0,6 m.
Per i
soli edifici con coefficiente di protezione sismica I > 1
è obbligatoria una ulteriore armatura diffusa sia orizzontale che
verticale, con interasse non superiore al doppio dello spessore
della parete, quella orizzontale a sostituzione dell’ultima sopra
richiamata.
Stante il ruolo decisivo che le armature metalliche
hanno nel trasformare il comportamento della struttura muraria è
essenziale il rigoroso rispetto delle prescrizioni normative non
solo riguardo alla quantitè, ma anche e soprattutto per quanto
concerne il posizionamento, l’ancoraggio e la sovrapposizione,
nonché la protezione dalla corrosione.
Modello di
calcolo
Quando
l’altezza supera il valore ammesso per un edificio in muratura non
armata è sempre obbligatorio effettuare il calcolo delle
sollecitazioni indotte dall’azione sismica, sulla base di un modello
della struttura che ne rappresenti il suo carattere
tridimensionale.
Nei casi comuni tale modello sarè costituito da
un insieme di pareti disposte in pianta secondo due direzioni
ortogonali e collegate ai piani da diaframmi assunti come rigidi. Le
pareti comprendenti aperture regolarmente disposte lungo l’altezza
potranno essere schematizzate con modelli a telaio, con le pareti
piene costituenti i montanti e con le fasce sovraporta e
sovrafinestra costituenti le travi.
Forze di calcolo e criteri di
verifica
Il testo
normativo attuale prevede espressamente, per questa tipologia, il
metodo delle tensioni ammissibili, con le seguenti
specifiche:
- azioni di calcolo:
coefficiente di struttura
= 1,5 riducibile a
= 1,4 in presenza dell’armatura aggiuntiva diffusa;
coefficiente
= 1.
- tensioni
ammissibili: per l’acciaio quelle previste dalle norme per le
costruzioni in cemento armato; per la muratura quelle previste
dalle norme vigenti per le costruzioni in muratura, moltiplicate
per il coefficiente 2.
Qualora
si voglia utilizzare il metodo agli stati limite, devono valere
invece, le seguenti specificazioni:
- azioni di calcolo:
coefficiente di struttura
= 1,5 riducibile a
= 1,4 in presenza della armatura aggiuntiva diffusa;
coefficiente
= 1,5.
- resistenze: per
l’acciaio quelle previste dalle norme per le costruzioni in
cemento armato; per la muratura quelle previste dalle norme
vigenti per le costruzioni in muratura, moltiplicate per 2 (quindi
adozione del valore g M /2).
C.5.4. Strutture
miste
La
trasmissione delle azioni sismiche in una struttura mista può
avvenire attraverso un organismo strutturale che presenti elementi
in muratura ed elementi in cemento armato o in acciaio funzionanti
in parallelo (ossia disposti altimetricamente allo stesso piano)
oppure in serie (ossia disposti altimetricamente su piani
successivi). Nel primo caso le azioni sismiche devono essere
integralmente affidate alla struttura muraria.
La prescrizione è
riconducibile alla maggiore rigidezza e minore duttilitè che le
strutture in muratura tipicamente presentano rispetto alle strutture
monodimensionali in cemento armato o in acciaio.
La compatibilitè
ira le deformazioni subite dai diversi elementi costruttivi deve
essere espressamente valutata; in particolare si dovrè controllare
che le azioni sismiche siano effettivamente attribuibili tutte alla
scatola muraria e che la presenza di elementi in cemento armato o in
acciaio distribuiti in modo disuniforme sia planimetricamente che
altimetricamente non modifichi significativamente la posizione del
centro di rigidezza della sola scatola muraria e la ripartizione
della azioni orizzontali tra i diversi setti murari. A tal fine, è
da considerare con particolare attenzione l’adozione di corpi scala
e/o corpi ascensore realizzati con pareti in cemento armato, per la
forte rigidezza alle azioni orizzontali tipica di tali strutture, ed
analoga attenzione deve essere prestata nel caso di elementi
verticali in cemento armato o in acciaio dotati di elevata rigidezza
a flessione ed a taglio.
Particolare importanza rivestono i collegamenti tra elementi
di tecnologia differente (orizzontamenti, cordoli, travi di
ripartizione). Gli orizzontamenti consentono alle diverse pareti in
muratura di scambiare tra loro forze orizzontali nell’ambito di un
complessivo comportamento scatolare ed assicurano la trasmissione
alla scatola muraria delle forze d’inerzia di origine sismica di
diretta competenza delle masse gravanti sulle strutture in cls
armato o in acciaio. Occorrerè dunque verificare che gli
orizzontamenti, sia in termini di rigidezza che in termini di
resistenza a flessione e taglio nel loro piano, consentano il
corretto realizzarsi del meccanismo globale di funzionamento sopra
illustrato. Contemporaneamente si dovrè verificare che non si
raggiungano tensioni eccessive per effetto delle azioni concentrate
che gli elementi in cemento armato o in acciaio e i solai si
scambiano a causa del sisma e dei carichi verticali; tale risultato
si conseguirè adottando sistematicamente provvedimenti finalizzati
alla diffusione dei carichi (cordoli, travi di ripartizione, ecc.) e
con una continua attenzione alla centratura dei carichi verticali
sugli elementi resistenti sottostanti.
Quanto
alle prescrizioni relative agli edifici costituiti da struttura
muraria nella parte inferiore e sormontati da un piano con struttura
in cemento armato o in acciaio, la limitazione sull’altezza massima
è riconducibile all’intento di contenere le tensioni su tali edifici
entro gli ambiti propri degli edifici totalmente in muratura, ad
essi assimilandoli; mentre la prescrizione sulle azioni da
attribuire alla parte superiore in cemento armato o in acciaio è
legata all’esigenza di evitare per dette strutture plasticizzazioni
premature e conseguenti eccessive richieste di duttilitè.
C.6.1.1. Azioni
orizzontali
Sono da
segnalare, rispetto alle precedenti norme, alcune lievi modifiche ed
aggiunte a carattere migliorativo, riguardanti
- le categorie di
locali corrispondenti, nella Tabella 5, ai differenti valori del
coefficiente di riduzione del sovraccarico accidentale "s";
- il coefficiente di
fondazione "e";
- il coefficiente di
risposta "R". Per quanto concerne il concetto di regolaritè della
costruzione, si richiama quanto indicato nel
precedente punto B.4;
- il coefficiente di
struttura "b".
C.6.1.3 Azioni
verticali
L’analisi
dinamica deve essere eseguita per le strutture con periodo proprio T
0 > 1,4 secondi, ed in tutte quelle strutture,
definite irregolari, nelle quali si possono eccitare modi superiori
locali che non possono essere individuati con un’analisi statica.
Questi modi possono dare luogo a sollecitazioni localizzate
importanti.
Al fine della valutazione dell’effetto
dell’eccitazione indotta dalle componenti di moto sismico verticale,
si può impiegare lo stesso spettro di risposta usato per le azioni
orizzontali, ma moltiplicato per 2 nel caso di strutture con luci
superiori a 20 metri nonché di strutture spingenti quali archi o
travi inclinate, ovvero per 4 nel caso di sbalzi. Questi incrementi
sono dovuti alle ridotte duttilitè e capacitè dissipativa usualmente
associate ai modi di collasso indotti da questo tipo di strutture.
Le amplificazioni sono d’altronde analoghe a quelle considerate
nell’analisi statica.
C.6.2 Analisi
dinamica
è stata
introdotta la possibilitè di eseguire l’analisi dinamica per
valutare la risposta alle azioni verticali, quando richiesto.
Si
impiega lo spettro di risposta utilizzato per le azioni orizzontali,
che tuttavia va amplificato per tener conto della nimore duttilitè
disponibile. A tal fine esso va moltipicato per 2 nella verifica di
strutture di luce maggiore di 20 metri, e di strutture spingenti
(volte, archi), ovvero per 4 nel caso di sbalzi.
C.6.4 Elementi divisori e
pannelli esterni
La
disposizione riguardante gli elementi divisori interni è stata
integrata sulla base delle indicazioni attualmente riportate nel
punto B.9, consentendo, in definitiva, una maggiore libertè
progettuale.
C.9.1 - Interventi sugli edifici
esistenti
Possibili
tecniche di intervento sono illustrate nell’Allegato 3 per quanto
riguarda gli edifici in muratura e nell’Allegato 4 per gli edifici
in cemento armato.
C.9.1.1 - Intervento di
adeguamento
Si
segnala la soppressione del paragrafo e) del p.to C.9.1.1 - comma 20
del precedente D.M. 24.1.86.
C.9.1.2 - Intervento di
miglioramento
Con
riferimento al terzo comma, che integra le precedenti disposizioni
relative agli interventi di miglioramento sismico, si rileva quanto
segue.
L’intervento di restauro statico su edifici di carattere
monumentale ricadenti in zona sismica, specie se tali edifici sono
correntemente utilizzati, pone problemi peculiari al professionista
incaricato. Accade spesso che tali edifici evidenzino un
dimensionamento, un uso degli elementi strutturali, una
organizzazione planimetrica ed altimetrica, del tutto diversi da
quelli tipici della moderna ingegneria antisismica, specie per
quanto concerne i livelli minimi di sicurezza che occorre garantire
e che in tali edifici risultano usualmente sensibilmente inferiori a
quelli minimi attualmente ammessi.
Modificare tali livelli di
sicurezza adeguandoli a quelli attuali, come richiesto dalle
esigenze di sicurezza connesse all’uso cui tali edifici sono
attualmente destinati, richiederebbe peraltro interventi di
adeguamento pesanti e dunque tali da snaturare completamente
l’edificio monumentale privandolo di conseguenza di alcune delle
caratteristiche intrinseche che ne fanno un bene monumentale. Tale
contrasto tra esigenze di sicurezza d’uso e di conservazione
dell’impianto originario, rende sovente, problematica
l’individuazione del tipo di intervento più appropriato.
Per
armonizzare le varie esigenze è stato introdotto, accanto al
concetto di adeguamento, il concetto di miglioramento.
Posto che
le esigenze della conservazione sono in certi casi da anteporre a
quelle della sicurezza, ne consegue che non è necessario "adeguare"
i livelli di sicurezza dell’edificio monumentale a quelli minimi
fissati dalla normativa per gli edifici di nuova costruzione, bensì
è sufficiente che i livelli di sicurezza vengano sempliceinente
"migliorati" rispetto a quelli antecedenti all’intervento.
Per i
beni architettonici le tecniche di intervento debbono tener conto in
modo compiuto dei caratteri architettonici e storico-artistici di
detti beni; conseguentemente il miglioramento dovrè essere
conseguito senza che si producano sostanziali modifiche nel
comportamento strutturale globale dell’edificio (vedi C.9.2.2) ed
utilizzando, per quanto possibile, tecniche di intervento e
metodologie operative volte alla conservazione dei fabbricati, che
privilegino l’uso dei materiali e tecniche tradizionali e/o
contemporanee, coerenti con la logica costruttiva.
Pertanto le
tecniche di intervento usuali per le costruzioni ordinarie, ed in
particolare quelle di cui all’Allegato 3 della presente Circolare,
non possono essere acriticamente applicate ai predetti beni
architettonici. Ovviamente, per ogni intervento, deve essere
valutata, in forma anche semplificata, la sicurezza strutturale
finale e l’incremento di sicurezza conseguito.
C.9.3.3 - Provvedimenti tecnici
in fondazione negli interventi di adeguamento
Come
sempre avviene nel caso delle fondazioni, per le quali la
valutazione del livello di sicurezza deve riguardare sia il terreno
interessato dai carichi trasmessi dalle strutture di fondazione che
le strutture di fondazione stesse, le prescrizioni interessano sia
il terreno che le strutture.
Per quanto concerne i livelli di
carico attribuibili al terreno, l’attenzione è focalizzata sia su
fenomeni di carattere locale (relativi alla capacitè portante) che
su fenomeni di carattere globale (stabilitè dei pendii). Riguardo ai
fenomeni locali, i coefficienti di sicurezza possono essere ridotti
del 20%, in quanto si è in presenza di strutture realizzate da lungo
tempo per le quali un attento esame del comportamento passato
fornisce indicazioni utili a ridurre i margini di incertezza.
Riguardo ai fenomeni globali, ferma restando la possibilitè di
ridurre i coefficienti di sicurezza del 20% per i motivi giè
illustrati, nel caso di verifiche insoddisfacenti o di possibili
liquefazioni, l’efficacia degli interventi adottati deve essere
documentata in termini sperimentali.
Per quanto concerne le
strutture di fondazione, le informazioni ricavabili dalla storia
della costruzione vengono tenute nel dovuto conto, tanto che è
possibile omettere interventi sulle strutture di fondazione, nonché
le relative verifiche, qualora siano contemporaneamente presenti
tutte le condizioni puntualmente elencate dalla normativa,
condizioni sinteticamente riassumibili in una valutazione positiva
della efficacia della struttura esistente con un motivato giudizio
del progettista basato sull’accertamento dell’assenza di dissesti,
sia presenti che passati, e sull’accertamento che l’intervento di
adeguamento non turbi significativamente lo schema strutturale ed i
carichi in fondazione.
C.9.5.3 -Verifica
sismica
Come giè
evidenziato nel precedente paragrafo C.5.2., per i
"vecchi" edifici in muratura non deve applicarsi il coefficiente g
E di cui al punto B.8. delle norme, in quanto l’azione
sismica risulta compiutamente definita dal presente
paragrafo.
C.9.10 - Complessi
edilizi
Per
quanto riguarda i complessi edilizi, nel caso di assenza di giunti,
i calcoli di verifica devono tener conto, anche con valutazioni
approssimate, delle eventuali azioni trasmesse dagli edifici
contigui.
Per gli edifici in muratura, ciò può essere fatto, in
prima approssimazione, aumentando convenzionalmente le forze
orizzontali di progetto, facendo gravare sulle strutture resistenti
dell’edificio in esame una quota parte delle masse relative agli
edifici adiacenti.
D. OPERE DI SOSTEGNO DEI TERRENI
L’entità
e la distribuzione delle spinte trasmesse dal terreno ad un’opera di
sostegno dipendono dalle caratteristiche meccaniche del materiale
costituente il terrapieno, dall’entità dell’azione sismica locale,
dalla tipologia e deformabilità dell’opera di sostegno e dalla
entità dei possibili spostamenti rigidi.
È richiesta la
valutazione dell’equilibrio limite globale dell’opera di sostegno
attraverso il procedimento dovuto a Coulomb prendendo in conto sia
le forze di inerzia di origine sismica agenti sul cuneo di terreno
spingente, quantificate al punto 1, che le forze di inerzia agenti
sull’opera di sostegno e sull’eventuale terreno di zavorra,
quantificate al punto 2.
Le assunzioni implicite nel procedimento
sono le seguenti:
-
l’opera
subisce movimenti tali da produrre nel terreno retrostante un
regime di spinta attiva (tali movimenti possono essere dovuti alla
inflessione della struttura oppure a rotazioni e scorrimenti
rigidi di essa);
-
il cuneo
di spinta (Coulomb) si comporta come un corpo rigido anche in
presenza delle azioni sismiche;
-
le forze
d’inerzia sull’opera sono valutate considerando la struttura
stessa come rigida.
Quanto
detto evidenzia che, qualora l’opera sia molto rigida ed incapace di
produrre i desiderati movimenti attraverso traslazioni e rotazioni
rigide (muri a gravità fondati su roccia o su pali muri tirantati
ecc.) si possono avere valori di spinta maggiori della spinta
attiva. Il riferimento alla teoria di Coulomb evidenzia inoltre che,
qualora l’opera di sostegno sia zavorrata dal terreno sovrastante
l’opera di fondazione, detta zavorra deve essere pensata muoversi
rigidamente in modo solidale al muro e dunque soggetta alle stesse
forze di inerzia orizzontali cui è soggetto il muro. Eventuali
carichi accidentali, invece, mentre andranno presi in conto quali
azioni verticali, non andranno conteggiati in termini di forze di
inerzia sismiche.
Si sottolinea inoltre che l’assunzione di un
comportamento rigido dell’opera può essere non sufficientemente
conservativo e dunque le assunzioni di cui al punto 2 possono dover
essere riviste nel senso di aumentare l’entità delle azioni e di
allontanare da terra il loro punto di applicazione.
Si segnala
infine che, nelle prescrizioni normative, non è esplicitamente
menzionato il contributo dovuto all’azione dinamica sull’acqua
presente nel terreno retrostante il muro.
Qualora detto terreno
sia saturo d’acqua la presenza del liquido dovrà essere presa in
conto in termini di azioni dinamiche da esso prodotte, distinguendo
i terreni permeabili da quelli non permeabili.
COLLAUDO
STATICO
Per le
opere in cemento armato, normale e precompresso, ed a struttura
metallica, il collaudo statico è previsto dall’art.7 della legge
5.11.1971 n.1086 ed i relativi adempimenti tecnici sono indicati
nelle norme tecniche di cui all’art. 21 della medesima legge. Per
strutture di tipo diverso, il collaudo statico è previsto dalle
norme tecniche di cui all’art. I della legge 2.2.74 n.64.
Tale
adempimento, fondamentale in linea generale per assicurare la
verifica della rispondenza della costruzione ai requisiti previsti
in progetto ed alle relative normative, assume nel caso particolare
delle costruzioni in zona sismica, ancor maggiore
rilevanza.
In
effetti è appena il caso di ricordare l’importanza che riveste la
verifica continua delle varie fasi esecutive di una struttura,
durante tutto il processo costruttivo della medesima; è pertanto
necessario che il collaudo, sia delle nuove costruzioni da
realizzarsi in zona sismica, sia degli interventi di adeguamento
sismico, avvenga in corso d’opera. Relativamente a questi ultimi
tipi d’intervento, le norme sismiche contengono, al punto C.9.4,
specifiche prescrizioni.
ALLEGATO 1.
Indicazioni costruttive per strutture in calcestruzzo
armato
Al fine
di conseguire la desiderate caratteristiche di duttilità locale e
globale può farsi riferimento alle seguenti indicazioni sulla
geometria e sulle armature degli elementi.
I quantitativi di
armatura e le dimensioni indicate nel seguito rappresentano valori
minimi, indipendenti dalle richieste evidenziate
dall’analisi.
Staffe
di contenimento: sono staffe chiuse o eliche di diametro
minimo 6 mm con piegature a 135° alle due estremità,
prolungate, ciascuna per almeno dieci diametri.
Legature (o cravatte): sono costituite da barre di
diametro minimo 6 mm con piegature a 135° alle due estremità,
prolungate ciascuna per almeno 10 diametri.
Le
piegature, (o uncini) delle staffe, devono essere assicurate alle
barre longitudinali. Le piegature delle legature devono essere
assicurate alle staffe (fig.1).
1. Travi
1.1 Definizione e limiti geometrici
Si
definiscono travi, ai fini di applicare le regole contenute in
questo articolo, gli elementi soggetti a flessione e sforzo assiale,
quando quest’ultimo non supera il valore:
N = 0,05 •
Ac • Rck • 
dove:
N |
la massima
sollecitazione di sforzo assiale di progetto in condizioni
sismiche; |
Ac |
è l’area della
sezione trasversale dell’elemento; |
Rck |
è la resistenza
caratteristica cubica del conglomerato; |
 |
è pari a 1 se si
utilizza il metodo delle tensioni ammissibili; è pari a 1,5 se
si utilizza il metodo degli stati
limite. |
La
lunghezza libera delle travi non deve essere minore di tre volte
l’altezza, h, della sezione trasversale. In caso contrario
l’elemento si definisce "trave corta" e dovrà soddisfare le
particolari prescrizioni di cui al par. 4.3.
La
larghezza della trave, b, non deve essere minore di 20 cm e, per le
travi basse comunemente denominate "a spessore", non maggiore della
larghezza del pilastro, aumentata da ogni lato di metà dell’altezza
della sezione trasversale del pilastro stesso;
Il
rapporto b/h non deve essere minore di 0,25.
1.2 Armature longitudinali
In ogni
sezione della trave, il rapporto d’armatura al bordo superiore (As)
e quello al bordo inferiore (Ai) devono essere compresi tra i
seguenti limiti:

dove
 |
è il rapporto
geometrico di armatura = As /(b• h) oppure
Ai /(b• h) ove
As e
Ai rappresentano l’area
dell’armatura longitudinale, rispettivamente, superiore e
inferiore; |
f
yk |
è la tensione
caratteristica di snervamento dell’acciaio (in
N/mm2). |
Almeno
due barre di diametro non inferiore a 12 mm devono essere presenti
superiormente e inferiormente per tutta la lunghezza della
trave.
A
ciascuna estremità collegata con pilastri, per un tratto pari a due
volte l’altezza utile della sezione trasversale, la percentuale di
armatura compressa non deve essere minore della metà di quella tesa
nella stessa sezione.
Almeno un
quarto dell’armatura superiore necessaria alle estremità della trave
deve essere mantenuta per tutto il bordo superiore della
trave.
1.3 Armature trasversali
Nelle
zone di attacco con i pilastri, per un tratto pari a due volte
l’altezza utile della sezione trasversale, devono essere previste
staffe di contenimento. La prima staffa di contenimento deve distare
non più di 5 cm dalla sezione a filo pilastro; le successive devono
essere disposte ad un passo non maggiore della più piccola delle
grandezze seguenti:
2 Pilastri
2.1. Definizione e limiti geometrici
Si
definiscono pilastri, ai fini dell’applicazione delle regole
contenute in questo articolo, gli elementi soggetti a flessione e
sforzo assiale quando questo supera il valore:
N= 0,05
• Ac • Rck • 
con i
simboli definiti al punto 1.
La dimensione minima della sezione
trasversale non deve essere inferiore a 30 cm.
Il
rapporto tra i lati minimo e massimo della sezione trasversale non
deve essere inferiore a 0,3; in caso contrario l’elemento sarà
assimilato alle pareti portanti trattate nel paragrafo 4.3.
Il
rapporto L/b tra l’altezza netta e la minima dimensione trasversale
non deve essere maggiore di:
16 se il
pilastro e soggetto a momenti di segno opposto alle due
estremità;
10 negli altri casi.
Ove gli
indicati valori del rapporto L/b non vengano rispettati, occorre
eseguire una specifica verifica che tenga conto delle sollecitazioni
indotte dagli effetti del 2° ordine.
2.2. Armature longitudinali
Nella
sezione corrente del pilastro la percentuale di armatura
longitudinale deve essere compresa tra i seguenti limiti:

con A
area totale dell’armatura longitudinale.
Per tutta la lunghezza
del pilastro l’interasse tra le barre non deve essere superiore a 25
cm.
2.3. Armature trasversali
Alle due
estremità del pilastro si devono disporre staffe di contenimento e
legature per una lunghezza, misurata a partire dalla sezione di
estremità, pari alla maggiore delle seguenti quantità:
In
ciascuna delle due zone di estremità devono essere rispettate le
condizioni seguenti: le barre disposte sugli angoli della sezione
devono essere contenute dalle staffe; almeno una barra ogni due, di
quelle disposte sui lati, dovrà essere trattenuta da staffe interne
o da legature; le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm
da una barra fissata.
Il diametro delle staffe di contenimento e
legature non deve essere inferiore a 8 mm.
Esse saranno disposte
ad un passo pari alla più piccola delle quantità
seguenti:
Nelle
parti intermedie del pilastro la distanza tra le staffe non deve
superare i valori seguenti:
Le
armature di cui sopra devono comunque soddisfare la verifica a
taglio.
3. Nodi trave-pilastro
Si
definisce nodo la zona del pilastro che si incrocia con le travi ad
esso concorrenti.
3.1. Geometria
Sono da
evitare per quanto possibile eccentricità tra l’asse della trave e
l’asse del pilastro concorrenti in un nodo. Nel caso che tale
eccentricità superi 1/4 della larghezza del pilastro la trasmissione
degli sforzi deve essere assicurata da armature adeguatamente
dimensionate allo scopo.
3.2 Armature
Le
armature longitudinali delle travi, sia superiori che inferiori,
devono attraversare, di regola, il nodo senza giunzioni. Quando ciò
non risulti possibile, sono da rispettare le seguenti
prescrizioni:
-
le barre
vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione,
oppure rivoltate verticalmente in corrispondenza di tale
faccia
-
la
lunghezza di ancoraggio va calcolata in modo da sviluppare una
tensione nelle barre pari a 1,25 fyk, e
misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri dalla faccia
del pilastro verso l’interno.
Lungo le
armature longitudinali del pilastro che attraversano i nodi devono
esser disposte staffe di contenimento in quantità almeno pari alla
maggiore prevista nelle zone del pilastro inferiore e superiore
adiacenti al nodo.
Questa regola può non essere osservata quando
nel pilastro si innestano travi su ciascuna delle quattro
facce.
4. Pareti
4.1. Definizione e limiti geometrici
Si
definiscono pareti gli elementi portanti verticali quando il
rapporto tra la minima e la massima dimensione della sezione
trasversale è inferiore a 0,3.
Lo spessore delle pareti deve
essere generalmente non inferiore a 150 mm, oppure a 200 mm nel caso
previsto al par. 4.3 (armature ad X nelle travi di
collegamento).
4.2 Armature
Le
armature, sia orizzontali che verticali, devono esser disposte su
entrambe le facce della parete.
Le armature presenti sulle due
facce devono esser collegate con legature in ragione di almeno sei
ogni metro quadrato.
Il passo tra le barre deve essere non
maggiore di 30 cm.
Il diametro delle barre deve essere non
maggiore di un decimo dello spessore della parete.
Il rapporto
geometrico
dell’armatura totale verticale deve esser compreso tra i
5< limiti:

qualora
il rapporto tra altezza e lunghezza della parete non sia maggiore di
4, altrimenti

Uguali
condizioni vanno rispettate per l’armatura orizzontale.
Una
armatura trasversale orizzontale più fitta va disposta alla base
della parete per un’altezza pari alla lunghezza in pianta (l)
della parete stessa, in vicinanza dei due bordi per una lunghezza
pari a 0,20 l su ciascun lato.
In tali zone l’armatura
trasversale deve esser costituita da tondini di diametro non
inferiore a 8 mm, disposti in modo da fermare tutte le barre
verticali con un passo pari a 10 volte il diametro della barra ma
non inferiore a 25 cm.
4.3. Travi di coIlegamento
Le travi
di collegamento di pareti accoppiate vanno verificate con i criteri
previsti per le travi normali delle strutture intelaiate purché il
rapporto tra luce netta ed altezza sia superiore a 3.
Quando tale
condizione non è soddisfatta esse devono essere armate a flessione
con armatura doppia simmetrica; la stessa armatura trasversale
richiesta per assorbire il taglio deve essere disposta anche
longitudinalmente in modo da costituire due reti a maglia quadrata
disposte sulle due facce.
Se il valore della tensione tangenziale
di calcolo,
eccede il limite seguente:

tutto il
taglio deve essere assorbito da un’armatura ad X che attraversa
diagonalmente la trave e si ancora nelle due pareti
adiacenti.
Ciascuno dei due fasci di armatura deve essere
racchiuso da armatura a spirale o da staffe di contenimento con
passo non superiore a 100 mm.
In questo caso, in aggiunta
all’armatura diagonale sarà disposta su ciascuna faccia della trave
una rete di diametro 10 mm a maglia quadrata di lato 10 cm, ed
armatura corrente di 2 barre da 16 mm ai bordi superiore ed
inferiore.
Gli ancoraggi delle armature nelle pareti saranno del
50% più lunghi di quanto previsto per le zone non
sismiche.
Quando è necessario adottare armature ad X lo spessore
minimo delle pareti accoppiate e delle travi deve essere non minore
di 20 cm.
In ogni caso il valore della tensione tangenziale non
può eccedere il limite:


ALLEGATO 2
INTERAZIONE FRA TELAI E PANNELLI MURARI DI
TAMPONATURA
Modello di calcolo
1. Campo di validità del procedimento esposto
Il
procedimento di calcolo esposto nel presente allegato, può essere
ritenuto valido per riprodurre con sufficiente approssimazione il
comportamento di un elemento di telaio contenente una tamponatura
muraria e sottoposto all’azione di una forza laterale quando siano
soddisfatte le seguenti condizioni:
-
Il telaio
è costituito da elementi di cemento armato (o metallici)
adeguatamente collegati fra loro nei nodi ed aderenti alla
tamponatura. Questa deve essere efficacemente collegata alla
intelaiatura in modo che ne sia assicurato il contatto e quindi
l’aderenza tale da garantire la trasmissione di sforzi normali e
taglianti oltre all’inamovibilità;
-
Il
rapporto h/l (fig. 1) fra i lati del
pannello murario deve essere compreso di norma tra 0,5 e
2,0;
-
Il
rapporto h/t (fig. 1) fra l’altezza e lo
spessore (snellezza) del pannello murario non deve essere
superiore a 20:
-
Nel
pannello di tamponatura non devono essere presenti aperture, salvo
che queste siano delimitate da intelaiature in cemento armato atte
a ricostituire la continuità dei due tratti delle diagonali di
muratura come in seguito esposto.

2. Valutazione della deformabilità laterale
Per la
valutazione della deformabilità laterale del sistema composto da
telaio e tamponatura, quindi per il calcolo della ripartizione delle
forze sismiche orizzontali fra gli elementi resistenti, si può tener
conto dell’effetto delle tamponature in maniera sufficientemente
approssimata considerando il funzionamento di un puntone diagonale
equivalente (fig. 2). Tale puntone deve avere
lo spessore t della muratura e larghezza s uguale ad
1/10 della lunghezza della diagonale. Si può considerare allora un
sistema equivalente formato dalle travi e dai pilastri del telaio,
nonché dai suddetti puntoni diagonali considerati incernierati alle
estremità (fig. 3).
Ogni puntone avrà
pertanto una rigidezza equivalente pari a:
(EA/d)eq = 0,1 • Em • t
in cui
è la lunghezza della diagonale, mentre Em
è definito nel successivo punto 4.


3. Meccanismi di rottura dei pannelli murari
Il
comportamento laterale di un telaio piano risente fortemente
dell'effetto di interazione prodotto dalle tamponature presenti nel
piano del telaio stesso, purché queste siano ad esso efficacemente
collegate. Per poter fare affidamento su tale effetto, devono essere
soddisfatte le condizioni di seguito indicate:
-
il
pannello è contenuto nel piano medio del telaio;
-
le
caratteristiche meccaniche dei materiali e gli spessori sono tali
da rendere soddisfatte le verifiche di resistenza; in particolare
sono da escludere le pareti in foglio, o costituite da elementi
con percentuale di foratura superiore al 45%;
-
è
assicurato il contatto con la struttura di cemento armato;
-
sono
assenti aperture, a meno che le aperture siano adeguatamente
riquadrate;
-
hanno
elevata resistenza all’azione sismica ortogonale al piano del
pannello.
Con
riferimento ad una maglia di telaio interagente con un pannello
murario in essa contenuto ed avente spessore t, lunghezza l
ed altezza h (fig. 1), le ricerche sperimentali
svolte hanno messo in evidenza la possibilità di tre meccanismi di rottura
delle murature.
I tre meccanismi sono i seguenti:
-
rottura
per scorrimento orizzontale dovuta alle tensioni tangenziali
agenti nella zona centrale della tamponatura, secondo lo schema
rappresentato nella figura 4a;
-
rottura
diagonale per trazione, dovuta alle tensioni di trazione
inclinate, agenti anche esse nella zona centrale della tamponatura
(fig. 4 b);
-
rottura
per schiacciamento locale degli spigoli della tamponatura, dovuta
alla concentrazione delle forze orizzontali di interazione
trasmesse dal telaio (fig. 4c). La rottura della
struttura di cemento armato verrà esaminata al successivo punto
5.



4. Verifica della tamponatura
Le
verifiche di resistenza relative alle tre condizioni di rottura
descritte al paragrafo precedente, in via approssimata, possono
essere condotte sulla base delle seguenti relazioni:
Verifica
al lo scorrimento orizzontale:
 |
(A) |
essendo

-
Verifica a trazione lungo la diagonale:
 |
(B) |
-
Verifica allo schiacciamento degli spigoli:
 |
(C) |
Nelle
formule scritte, oltre alle dimensioni h, l, t del pannello
murario sono state indicate le seguenti grandezze:
H0 = forza sismica orizzontale agente
sull'elemento di muratura (componente orizzontale della forza agente
nel puntone equivalente), da valutare tenendo conto del coefficiente
di struttura
:
= resistenza caratteristica a taglio della muratura in
assenza di carichi verticali;
= resistenza caratteristica a compressione della
muratura;
= arctg
, angolo della diagonale del pannello rispetto
all'orizzontale;
= |
fattore di
riduzione delle tensioni: per verifiche alle tensioni
ammissibili equivale a 2; per verifiche agli stati limite
equivale a 1; |
Ec
= modulo di elasticità di calcestruzzo:
Em
= modulo di elasticità della muratura;
I = |
momento di inerzia della sezione trasversale del
pilastro calcolato rispetto al suo asse ortogonale al piano
della tamponatura (in caso di pilastri di diversa sezione si
assume il valore medio dei due momenti di
inerzia); |
Per i
valori delle caratteristiche di resistenza e dei moduli elastici
della muratura può farsi riferimento al D.M. 20.11.87 oppure a
risultati di apposite indagini teorico - sperimentali chiaramente
comprovati.
5. Verifica delle strutture di contenirnento in cemento
armato
5.1 Forze assiali nei pilastri.
Si deve
tener conto delle variazioni delle forze assiali nei pilastri che si
calcolano applicando le forze sismiche orizzontali al modello di
struttura comprendente i puntoni equivalenti (fig. 4a)(fig. 4b)(fig. 4c)
.
5.2. Forze di taglio nei pilastri
Per la
validità delle considerazioni svolte e delle formule indicate è
essenziale che la rottura per taglio dei pilastri non preceda quella
dei pannelli murari. Pertanto ciascun pilastro adiacente ad un
pannello di tamponatura deve essere verificato per una forza
tagliante pari al taglio su di esso calcolato secondo lo schema
indicato al punto 2., aumentato della forza orizzontale
H0 calcolata per la tamponatura.
5.3. Flessione nei pilastri
Ciascun
pilastro che affianchi una tamponatura deve essere verificato per un
momento flettente pari al momento flettente su di esso calcolato
secondo lo schema indicato al punto 2. aumentato del
momento:

ALLEGATO 3
Edifici in muratura: Provvedimenti tecnici di
intervento
Nella
concezione ed esecuzione degli interventi di seguito illustrati,
particolare attenzione deve essere dedicata ai problemi della
durabilità; in particolare, ove si utilizzino elementi metallici, si
consiglia l'uso di materiali autopassivanti o adeguatamente
protetti.
1. Pareti murarie
Per
aumentare la resistenza di un elemento murario si può ricorrere, in
genere, ad uno o più dei seguenti provvedimenti:
-
iniezioni
di miscele leganti;
-
applicazione di lastre in cemento armato o di reti
metalliche elettrosaldate e betoncino;
-
inserimento di pilastrini in cemento armato o metallici in
breccia nella muratura;
-
tirantature orizzontali e verticali.
Gli
interventi localizzati sono sconsigliati come unico modo di
rafforzamento delle murature se non inseriti in un sistema generale
di riorganizzazione della struttura.
Devono essere eliminati o
consolidati indebolimenti locali delle pareti murarie in prossimità
degli innesti e degli incroci per l'eventuale presenza di canne
fumarie o vuoti di qualsiasi genere.
In caso di irregolare
distribuzione delle aperture (vani di finestre o porte) nei muri
maestri, quando non sia possibile la loro chiusura, con muratura
efficacemente ammorsata alla esistente, si deve provvedere alla
cerchiatura delle aperture stesse a mezzo di telai in cemento armato
o metallici collegati alla muratura adiacente tramite perforazioni
armate.
2. Applicazione di tiranti
Ove non
sia presente un efficace cordolo in cemento armato, devono disporsi
tiranti ancorati tramite piastre di dimensioni opportune o di
chiavi, che consentano una efficace cerchiatura dell'edificio.
I
tiranti possono essere realizzati con normali barre in acciaio per
armatura, piatti o profilati metallici o con trefoli in acciaio
armonico. Questi possono essere disposti sia orizzontalmente che
verticalmente, e devono essere estesi a tutta la dimensione della
parete.
Se i solai non sono in grado di assicurare un sufficiente
incatenamento delle pareti, si deve intervenire con tiranti
orizzontali, ancorati all'esterno delle pareti medesime. In
alternativa si possono far funzionare i solai come incatenamenti,
applicando alle travi ed ai travetti, se questi elementi possono
essere ritenuti idonei allo scopo, chiavi metalliche ancorate
all'esterno delle pareti.
L'uso di tiranti di acciaio,
analogamente a quello dei cordoli di piano, mira a migliorare lo
schema strutturale tramite la realizzazione di efficaci collegamenti
tra le strutture murarie -portanti, assicurando un funzionamento
monolitico del complesso edilizio da consolidare.
Non risultano,
peraltro, trascurabili i vantaggi che ne conseguono nei riguardi
della duttilità e della risposta ultima alle azioni sismiche se i
tiranti sono presollecitati. Tuttavia, per quanto riguarda in
particolare la presollecitazione verticale, è opportuno che la
tensione normale. nelle murature, non superi, aggiunta alla
precompressione, il valore di un quinto di quella di rottura.
I
tiranti possono essere posti in opera all'interno o all'esterno
delle murature. Nel primo caso (tiranti trivellati) essi sono
costituiti da trefoli d'acciaio arrnonico disposti inguainati entro
fori trivellati nello spessore delle murature. Nei secondo caso i
tiranti sono costituiti da barre, piatti o profilati in acciaio
paralleli sulle due facce della muratura ed ammorsati ad una piastra
in testa del muro per mezzo di un sistema a vite che consente di
imprimere uno stato di presollecitazione. Questo tipo di tiranti è
prevalentemente usato nella disposizione orizzontale.
Gli
elementi di contrasto sulle murature, sono di regola costituiti da
piastre metalliche che hanno il compito di distribuire la forza
indotta dal tirante sulla muratura evitando concentrazioni di
sforzi. Le tirantature orizzontali, adempiono inoltre, al compito di
legare le pareti ortogonali: a questo fine è opportuno che le teste
dei tiranti siano collegate a piastre o a chiavi di dimensioni
adeguate alle caratteristiche di connessione.
I tiranti esterni
sono costituiti da barre metalliche aderenti alle murature o poste
in scanalature ricavate sulla loro superficie in modo da occultarne
la vista. Anche qui, per i tiranti orizzontali, è opportuno disporre
chiavi in testata, di dimensioni tali da garantire una buona
legatura tra le murature.
3. Iniezioni di miscele e leganti
L'adozione di iniezioni di miscele leganti, mira al
miglioramento delle caratteristiche meccaniche della muratura da
consolidare. A tale tecnica. pertanto, non può essere affidato il
compito di realizzare efficaci ammorsature dei muri e quindi di
migliorare, se applicata da sola, il primitivo schema
strutturale.
Le iniezioni possono essere eseguite con miscele
cementizie, semplici o additivate, oppure a base di resine
organiche.
Le miscele a base di resine saranno scelte adottando,
in generale, prodotti a basso valore di modulo elastico quando
l'ampiezza media delle lesioni è piccola e a più elevato valore di
detto modulo per riempimenti di zone estese.
a)
Miscele a base di legante
cementizio
La
miscela da iniettare deve possedere le seguenti
proprietà:
Tali
proprietà, sono agevolmente conseguibili con le sospensioni
cementizie in acqua, semplici o con sabbie molto fini a granuli
arrotondati, caratterizzate da valori del rapporto acqua-cemento in
genere variabili da 0,6 a 1,2 e migliorate con l'aggiunta di
additivi fluidificanti ed espansivi antiritiro. Il cemento deve
essere di granulometria molto fine.
La scelta della pressione di
immissione va fatta tenendo conto che le dilatazioni trasversali
prodotte dal fluido in pressione, a causa delle eventuali
discontinuità della muratura nei piani paralleli ai paramenti,
potrebbero modificare negativamente la configurazione di equilibrio
raggiunta dalla costruzione.
In ogni caso le iniezioni devono
essere fatte a bassa pressione, eventualmente ricorrendo a fasi
successive con pressioni via via crescenti e vanno condotte
iniziando dal basso, e procedendo con simmetria.
Nel caso di
murature incoerenti e caotiche, l'uso di questa tecnica richiede la
loro incamiciatura o il ricorso ad altri provvedimenti cautelativi
per non disperdere la miscela.
La tecnica operativa può essere
articolata nelle seguenti fasi di lavoro:
-
scelta dei
punti in cui praticare i fori, effettuata in funzione della
diffusione delle fessure e della porosità del muro; in genere sono
sufficienti 2-3 fori per m2;
-
asportazione dell'intonaco lesionato e stuccatura con malta
cementizia delle lesioni per evitare risorgenze di miscela;
-
esecuzione
dei fori con perforazioni di diametro fino a 40 mm, eseguite
mediante trapani o sonde rotative;
-
posizionamento nei fori degli ugelli di immissione e
successiva sigillatura con malta di cemento;
-
immissione
preliminare di acqua a leggera pressione, allo scopo di effettuare
il lavaggio delle sezioni filtranti e di saturare la massa
muraria;
-
iniezione
della miscela.
Nel caso
di dissesti localizzati in zone limitate può risultare conveniente
risanare dapprima a bassa pressione queste zone e poi operare a
pressione più elevata, nelle zone rimanenti.
b)
Miscele a base di resine
Stante la
forte dipendenza, per il buon esito dell'operazione, dal dosaggio
dei componenti base e dalle condizioni di esecuzione, si consiglia
l'uso delle iniezioni di miscele a base di resine nei soli casi in
cui risulti dimostrata la convenienza economica e si possa fare
ricorso ad operatori specializzati.
La tecnica operativa resta,
comunque, non dissimile da quelle già illustrate per le iniezioni
cementizie alla quale si rimanda.
c)
Iniezioni armate
Tale
sistema di consolidamento prevede l'inserimento nella muratura di un
reticolo di barre metalliche, assicurandone la collaborazione per
aderenza mediante miscele cementanti. In condizioni sfavorevoli, può
essere necessario consolidare, preventivamente la muratura mediante
iniezioni semplici.
L'uso di questa tecnica è consigliabile
allorché si debbano realizzare efficaci ammorsature tra le murature
portanti, nei casi in cui non si possa ricorrere all'uso di altre
tecnologie. In questo caso le cuciture si realizzano mediante
armature di lunghezza pari a 2
3 volte lo spessore delle murature, disposte in fori
trivellati alla distanza di 40-50 cm l'uno dall'altro e
preferibilmente inclinati alternativamente verso l'alto e verso il
basso.
Le miscele leganti da impiegare sono dello
stesso tipo di quelle esaminate al punto a) con l'avvertenza che
dovranno essere ancora più accentuate le caratteristiche di aderenza
ed antiritiro, oltre che di resistenza, per poter contare sulla
collaborazione fra armature e muratura, poiché nel caso specifico le
iniezioni sono localizzate nelle zone più sollecitate.
4. Applicazione di lastre e reti metalliche
elettrosaldate
L'intervento mira a conservare, adeguandola alle nuove
esigenze, la funzione resistente degli elementi murari, fornendo ad
essi un'adeguata resistenza a trazione e dotandoli di un grado più o
meno elevato di duttilità, sia nel comportamento a piastra che in
quello a parete di taglio.
È opportuno che questo tipo di
intervento venga esteso, con particolari accorgimenti, in
corrispondenza degli innesti murari, onde realizzare anche una
modificazione migliorativa dello schema strutturale.
Il
consolidamento si effettua con l'apposizione, possibilmente su una o
entrambe le facce del muro, di lastre cementizie opportunamente
armate e di adeguato spessore. Le armature sono costituite da barre
verticali ed orizzontali o da reti, nonché da ferri trasversali
passanti nel muro che assicurino i collegamenti.
In relazione al
tipo ed allo stato di consistenza della muratura, a questo
intervento può essere associata la iniezione in pressione, nel corpo
murario, di miscele leganti.
Su ciascun elemento murario
l'intervento può ancora essere dosato, sia operando per "fasce"
verticali ed orizzontali, sia limitandolo al solo rinforzo del
perimetro dei vani porta o finestra o adottando un sistema misto di
rinforzo.
La tecnologia dell'intervento, di norma è articolata
nelle seguenti operazioni:
-
preparazione delle murature, previa adeguata puntellatura:
asportazione dell'intonaco, riempimento delle cavità esistenti con
particolare riguardo a quelle in prossimità delle ammorsature tra
i muri, rifacimento a cuci-scuci;
-
spazzolatura e lavaggio con acqua od aria in
pressione;
-
esecuzione
delle perforazioni nella muratura per l'alloggiamento delle barre
trasversali di collegamento;
-
applicazione delle barre o delle reti di armatura su una o
entrambe le facce del muro, con adeguate sovrapposizioni e
risvolti;
-
messa in
opera di distanziatori dell'armatura dal muro, per consentire il
completo avvolgimento delle barre da parte della lastra
cementizia, di spessore adeguato e comunque non inferiore a 2
cm;
-
alloggiamento, nei fori, delle barre trasversali con
adeguati risvolti di ancoraggio;
-
l'inserimento dei collegamenti delle lastre cementizie agli
elementi resistenti di contorno (solai - cordoli - pareti
trasversali - fondazioni);
-
esecuzione
della lastra cementizia per lo spessore prefissato, dopo
abbondante lavaggio del la superficie muraria;
-
esecuzione
delle eventuali iniezioni nei muri, effettuate con pressioni che,
per la presenza delle lastre armate aventi funzione di
contenimento, possono essere anche elevate, fino a 2
3 kg/cm2.
5. Inserimento di cordoli e pilastrini
Tale
tecnica non differisce, nelle finalità, da quella precedentemente
illustrata.
Il concetto informatore è quello dell'introduzione
nelle murature di elementi resistenti, atti a confinare la muratura
o dotarla di duttilità strutturale - in modo discontinuo e
concentrato, anziché diffuso.
Per tale motivo è consigliabile
l'adozione di questa tecnica quando si debba operare con murature a
blocchi squadrati (mattoni, pietre lavorate) o comunque di discreta
consistenza, risultando per contro sconsigliabile per interventi su
murature di costituzione caotica e con malta degradata.
Il
funzionamento dell'insieme strutturale si modifica profondamente in
senso positivo, solo se gli elementi in cemento armato o in acciaio,
sono convenientemente organizzati fra loro ed in rapporto alla
muratura, come può ottenersi eseguendo una serie di cordoli
verticali ed orizzontali tutti collegati fra loro.
L'inserimento
di pilastrini, in breccia è effettuato a distanze regolari (circa 2
m). Si crea uno scasso per circa 15 cm all'interno della muratura e
si realizza l'ancoraggio, per mezzo di staffe passanti o di
spaccature distribuite lungo l'altezza.
Per la realizzazione di
cordoli a tutto spessore, è necessario procedere al taglio a forza
della muratura, operando per campioni o globalmente.
Nel primo
caso si affida la resistenza del pannello murario durante le fasi
realizzative alle porzioni di murature integre o già trattate; nel
secondo caso occorre disporre appositi sostegni (eventualmente
martinetti) ai quali è delegato il compito di sostenere i carichi
verticali durante la costruzione del cordolo.
Per i cordoli di
tipo a spessore parziale è necessario predisporre tagli passanti per
realizzare poi collegamenti di ancoraggio e sostegno; se due cordoli
cingono la muratura al medesimo livello, tali collegamenti hanno
sagoma cilindrica, mentre se il cordolo è da un solo lato, tali
collegamenti sono conformati a mò di tronco di piramide con
dimensione maggiore verso l'esterno.
L'armatura metallica è
costituita da una gabbia formata da barre longitudinali e staffe,
con un minimo di 4 Ø 12 e staffe Ø 6 ogni 30cm.
Nei cordoli a
tutto spessore, realizzati globalmente, i martinetti a vite restano
ingiobati nel getto.
L'esecuzione di cordoli e pilastrini in
acciaio avviene con modalità analoghe a quelle sopra indicate,
assicurando la collaborazione con la muratura mediante opportune
zancature.
6. Archi e volte
Gli archi
e le volte devono essere muniti di cinture, chiavi e tiranti, posti
convenientemente in tensione, ed atti ad assorbire integralmente le
spinte, a meno che le murature di sostegno abbiano spessori
sufficienti a sopportare le spinte, valutate tenendo conto anche
delle azioni sismiche.
Qualora occorra risanare o rinforzare le
volte, è possibile intervenire con la tecnica delle iniezioni di
miscele leganti meglio se integrate da perforazioni armate.
Nel
caso delle volte di luce non molto grande, un valido sistema di
rafforzamento consiste nel costruire in aderenza un guscio portante,
generalmente estradossato, realizzato da una rete metallica
elettrosaldata chiodata alla struttura da rinforzare e
da uno strato di malta antiritiro ad elevata
resistenza o di miscele di resine. L'intervento deve essere
preceduto da una accurata pulitura della superficie, in aderenza
alla quale si esegue il rinforzo, con aria compressa ed
eventualmente qualora si impieghino malte cementizie, con acqua,
nonché dalla sigillatura delle lesioni macroscopiche.
Con tale
procedimento, in particolare, è possibile evitare interventi sulla
superficie di intradosso, il che assume fondamentale importanza
allorché questa ultima sia affrescata o presenti, comunque.
caratteristiche estetiche da non alterare.
Gli archi e le volte
che siano interessati da gravi dissesti, se realizzati con muratura
di non buona consistenza e fattura, devono essere
eliminati.
7. Solai
Il
restauro statico del solaio deve puntare al soddisfacimento dei
seguenti requisiti fondamentali:
-
resistenza
adeguata ai carichi previsti in fase di utilizzazione;
-
in
relazione a detti carichi, rigidezze (trasversali e nel proprio
piano) sufficienti ad assicurare sia la funzionalità in esercizio
dell'elemento strutturale, sia la funzione di diaframma di
collegamento e ripartizione tra le strutture verticali;
-
collegamento efficace con le murature verticali, agli
effetti delle trasmissioni degli sforzi.
I primi
due requisiti, nel caso di solai in legno, possono essere
agevolmente realizzati, ad esempio, inchiodando al tavolato
esistente uno strato di tavole ortogonali alle precedenti di
conveniente spessore (S
3 cm) oppure, realizzando una soletta di calcestruzzo
armato di sufficiente spessore per assicurare resistenza e rigidezza
alla struttura mista finale (legno -cemento armato).
Qualora i
solai siano deteriorati, si da non possedere adeguata rigidezza nel
proprio piano, essi devono essere sostituiti o rinforzati.
Nel
caso si impieghino travetti prefabbricati in cemento armato
ordinario o precompresso, si deve disporre una apposita armatura di
collegamento dei travetti alle strutture perimetrali in modo da
costituire un efficace ancoraggio sia agli effetti della
trasmissione del momento negativo, sia della forza di taglio che
delle azioni normali alla parete.
L'ancoraggio alle murature
verticali può essere realizzato con l'esecuzione di un cordolo in
cemento armato, di altezza non inferiore a quella del solaio in
corrispondenza di ciascun orizzontamento, oppure con il
consolidamento della muratura in corrispondenza degli orizzontamenti
mediante iniezioni di miscele leganti armate. In quest'ultimo caso
le perforazioni possono essere eseguite trasversalmente alle
murature, con andamento incrociato e inclinazione tale da
interessare un'altezza pari aImeno a quella del solaio, oppure
orizzontalmente e parallelamente all'asse della muratura,
completandole in tal caso, eventualmente, con cuciture d'angolo, in
modo da legare solidamente tutti gli elementi componenti la
compagine strutturale.
In alternativa, per le strutture più
modeste può essere sufficiente anche un collegamento discontinuo
che, nel caso di solai in legno. può realizzarsi mediante piatti
metallici d'ancoraggio chiodati alle travi, passanti in fori
predisposti nei muri e successivamente sioillati con malta
cementizia.
Infine per solai in legno con cappa in calcestruzzo e
solai latero-cementizi di nuova costruzione, un sufficiente
collegamento può essere costituito da un cordolo continuo in cemento
armato a spessore parziale o semplicemente in aderenza, provvisto di
cunei di ancoraggio passanti attraverso le murature ed
opportunamente armati.
8. Scale
Le
scale in muratura a sbalzo, cioè quelle aventi gli scalini o
la sottostruttura incastrati nei muri di gabbia da un lato e liberi
dall'altro, devono essere di regola sostituite con scale in cemento
armato o in acciaio. Possono tuttavia essere conservate soltanto se
prive di lesioni e dopo averne verificata l'efficienza a mezzo di
prove di carico.
Quando necessità ambientali-architettoniche
richiedano la conservazione di scale a sbalzo staticamente non
sicure, potranno adottarsi rinforzi con strutture metalliche oppure
cementizie. In quest'ultimo caso dovrà porsi massima cura affinché
gli sforzi di trazione, presenti sulla struttura muraria delle
scale, siano completamente assorbiti da armature opportunamente
inserite, ancorate alla muratura perimetrale e suggeltate con malte
cementizie antiritiro o epossidiche.
9. Coperture
I tetti
devono essere resi non spingenti. Negli interventi di semplice
miglioramento occorre, in particolare, assicurarsi della capacità di
resistere alle azioni orizzontali da parte delle murature
perimetrali ed interne che spiccano dall'ultimo solaio per sostenere
il tetto e di realizzare un efficace collegamento fra le strutture
del tetto e le murature su accennate. Nel caso di tetti in legno si
deve garantire anche una adeguata connessione fra i diversi elementi
costituenti l'orditura.
Gli elementi sporgenti dalle coperture
(comignoli, abbaini, parapetti torrini, antenne, ecc.) devono essere
ben fissati alla base e, se necessario, controventati.
I
provvedimenti intesi ad ottenere l'adeguamento sismico possono
essere i seguenti:
-
costruzione di cordoli di sottotetto in c.a. per la
ripartizione delle forze trasmesse alla muratura dagli elementi
strutturali lignei e cerchiatura dell'edificio in sommità;
-
applicazione di un tavolato di sottotetto in legno o di
croci di Sant'Andrea per irrigidire la struttura nel piano di
falda;
-
applicazione di catene in ferro e/o in legno.
Qualora,
per motivi di particolare pregio architettonico o per l'ottimo stato
di conservazione della copertura, non risulti conveniente la
creazione di cordoli in cemento armato di sommità, si può, in via
del tutto eccezionale, procedere al rinforzo della muratura che
spicca dall'ultimo piano (compresi gli eventuali timpani) mediante
iniezioni e cuciture armate o incorniciatura con lastre di cemento
armato; particolare cura si deve porre comunque per realizzare
efficaci collegamenti dell' orditura principale ugnea con la
muratura così rinforzata.
10. Fondazioni
Nella
maggior parte degli edifici in muratura, la struttura di fondazione
è sostanzialmente coincidente con l'edificio stesso. Pertanto gli
eventuali interventi sono prevalentemente di tipo localizzato,
tendenti a sanare eventuali situazioni di debolezza puntuali.
Nel
caso di inserimento nell'edificio di una nuova muratura, la sua
fondazione deve essere ammorsata in quella delle murature esistenti
mediante un opportuno innesto.
La riduzione della pressione di
contatto edificio-terreno può ottenersi, in generale, ampliando la
base del fabbricato mediante placcaggi in conglomerato cementizio a
getto od a spruzzo convenientemente armati, applicati da uno o da
entrambi i lati della muratura. L'efficacia di tale intervento è
peraltro legata alle caratteristiche di compressibilità del terreno
e alle modalità esecutive.
In quei particolari casi in cui il
terreno di fondazione sia di scadenti proprietà fisico-meccaniche,
può essere necessario riportare i carichi in profondità mediante
pozzi o pali. Si possono usare pali di normale diametro
opportunamente collegati alle strutture, ovvero si possono
utilizzare pali di piccolo diametro eventualmente eseguiti
attraverso le strutture esistenti così da collegarsi ad esse, per
poi approfondirsi nel terreno sottostante.
Per i pali di regola
si adotta il sistema di trivellazione a rotazione, che non comporta
scuotimenti pericolosi per strutture già in fase di
dissesto.
ALLEGATO 4
Edifici in cemento armato: Provvedimenti tecnici di
intervento
Nella
concezione ed esecuzione degli interventi di seguito illustrati,
particolare attenzione deve essere dedicata ai problemi della
durabilità; in particolare, ove si utilizzino elementi metallici, si
consiglia l'uso di materiali autopassivanti.
1. Generalità
I
provvedimenti tecnici descritti in questa parte, riguardano
prevalentemente le modalità esecutive a carattere locale, che
possono costituire le singole fasi di realizzazione degli
interventi. Il progetto generale dell'intervento che considera il
comportamento globale del fabbricato in fase sismica, rimane il
fattore principale che assicura la buona riuscita dell'opera, dal
quale pertanto non è mai possibile prescindere e dalla cui
organicità, i singoli interventi devono derivare.
2. Strutture in elevazione
Per la
riparazione ed il rafforzamento locale delle strutture in
elevazione, si può ricorrere ad uno o più dei seguenti provvedimenti
tecnici:
-
iniezioni
di miscele leganti;
-
ripristino
localizzato con conglomerati;
-
ripristino
e rinforzo dell'armatura metallica;
-
cerchiature di elementi strutturali;
-
integrazione di armatura con l'applicazione di lamiere
metalliche;
-
rinforzo
con tiranti.
Nei casi
in cui l'intervento consista nel ripristinare strutture cementizie
per porzioni o tratti di entità considerevoli può essere usato
calcestruzzo ordinario, che abbia resistenza e modulo elastico non
troppo diversi da quelli del calcestruzzo esistente; l'aderenza del
getto all'elemento da riparare può essere migliorata mediante
l'applicazione di uno strato adesivo.
Per conciliare le esigenze
di elevata resistenza e buona lavorabilità dei getti può essere
opportuno usare additivi fluidificanti (che in genere migliorano
anche l'adesione al materiale preesistente).
Idoneo, in generale,
è anche l'uso di calcestruzzi o malte con additivi che realizzano
un'espansione volumetrica iniziale capace di compensare o
addirittura di superare il ritiro.
Questo accorgimento permette
di creare modesti stati di coazione, benefici per I inserimento dei
nuovi getti; è peraltro essenziale utilizzare casseri
contrastanti.
2.1. Iniezioni con miscele leganti
Le
iniezioni sotto pressione, di materiali (miscele cementizie e di
resine) di opportuno modulo elastico e con spiccate proprietà di
aderenza al calcestruzzo ed all'acciaio, possono essere usate
soltanto per la risarcitura di lesioni la cui apertura non superi i
3-4 mm.
L'impiego di resine migliora la resistenza sia a
compressione che a trazione. Il materiale si presta bene ad essere
usato per iniezioni anche mescolato con inerti fini. In funzione di
molti fattori, fra cui anche il tipo di inerti, si ottengono moduli
elastici molto variabili (da 20.000 kg/cm2 a valori
simili a quelli del calcestruzzo ordinario).
Le caratteristiche
finali delle miscele dipendono sensibilmente, tra l'altro, dalle
condizioni ambientali (temperature ed umidità) nelle quali avviene
la loro maturazione. Pertanto, è raccomandabile che lo studio delle
modalità di preparazione tenga conto delle effettive condizioni
ambientali prevedibili e che si provveda, in sede di esecuzione, al
controllo delle condizioni stesse, eventualmente con misurazioni
della temperatura e dell'umidità.
Risarciture di lesioni
localizzate di piccola entità sono effettuabili con miscele
prevalentemente di resine con viscosità e pressioni dipendenti dalle
ampiezze delle stesse. Si raccomanda di usare pressioni non troppo
elevate per non indurre stati di coazione eccessivi nell'elemento
iniettato. Si sconsigliano iniezioni di resina per lesioni rilevanti
per evitare eccessivi riscaldamenti prodotti dalla polimerizzazione
della miscela.
Le operazioni da effettuare sono:
-
pulizia
della polvere o dalle altre impurità delle superfici danneggiate
con l'eliminazione del materiale disgregato;
-
pulizia in
profondità con aria o acqua in pressione;
-
sigillatura delle lesioni con stucco o intonaco e
predisposizione di tubicini di ingresso della miscela che è
costituita generalmente da resina pura o debolmente
caricata.
La
tecnica descritta è altresì da evitare nel caso di lesioni molto
piccole (ad esempio attorno al decimo di millimetro) perché
l'iniezione diventa difficoltosa e richiede pressioni elevate, con
esito incerto e possibilità di effetti negativi difficilmente
controllabili sulle parti di struttura lesionate. In questi casi si
raccomanda di non fare affidamento sul completo ripristino della
continuità dell'elemento fessurato, ma solo su una percentuale
cautelativa che tenga conto appunto della probabile presenza di
lesioni e distacchi non iniettati.
2.2. Ripristino localizzato con conglomerati
Nel caso
di lesioni di apertura superiore ai 3-4 mm ovvero quando il
calcestruzzo si presenta fortemente degradato o frantumato si
ricorre al ripristino dell'elemento danneggiato mediante il getto
localizzato di conglomerato, che potrà essere, a seconda dei casi,
di tipo ordinario, di tipo additivato con spiccata proprietà di
aderenza al preesistente calcestruzzo ed alle armature di tipo
spruzzato (gunite, spritzbeton, ecc.) adoperabile soltanto su nuclei
integri e per spessori non eccessivi, e del tipo composto da
resine.
Qualsiasi intervento deve essere preceduto dalla
scarificazione nel calcestruzzo con la rimozione di tutte le parti
disgregate.
La riparazione con getto di calcestruzzo, ordinario o
con additivi, è la più frequente nel caso che si presenti parziale
disgregazione del materiale (eventualmente evidenziabile anche con
debole percussione).
Eseguite le occorrenti puntellature o
tirantature provvisorie, si procede nella maniera
seguente:
-
eliminazione di tutte le parti disgregate o parzialmente
espulse ponendo attenzione a non danneggiare le armature
presenti;
-
eventuale
iniezione della parte messa a nudo;
-
pulizia
della superficie con aria compressa e lavaggio; se si rende
necessario l'inserimento di nuove armature, dopo l'operazione
indicata alla lettera a) si prosegue con le operazioni appresso
elencate;
-
messa in
opera di nuove armature mediante saldatura alle preesistenti,
semplice legatura con spinotti o con barre infilate in fori
trapanati nella parte di calcestruzzo indenne (successivamente
iniettati); quest'ultimo intervento è da effettuare quando non si
ritenga sufficiente per il collegamento tra vecchio e nuovo, la
sola aderenza del calcestruzzo o la resistenza dell'adesivo
spalmato prima del getto;
-
posizionamento dei casseri e loro eventuale
contrasto;
-
eventuale
spalmatura di adesivo tra vecchio calcestruzzo e nuovo
getto;
-
esecuzione
del getto di calcestruzzo e di malta, prima che l'eventuale
adesivo abbia iniziato la polimerizzazione; una tecnica analoga
utilizzabile quando il danno si limita al copriferro o poco di
più, consiste nella applicazione di una intonacatura con malta
cementizia a ritiro compensato, posta in opera mediante
spruzzatura.
Questo
tipo di applicazione (opportuno per spessori non superiori a 3
centimetri) è conveniente nella riparazione delle pareti di cemento
armato. In questo caso la riparazione si effettua applicando uno o
più strati di rete elettrosaldata e collegando i due strati con
barre, spinotti o gabbie staffate passanti attraverso la parete; i
collegamenti sono completati iniettando i fori di
attraversamento.
Il materiale per la ricostruzione dell'elemento
può essere anche malta di resina con il vantaggio di avere una
resistenza e un'adesione elevate, ma con la possibilità di
introdurre una zona con moduli elastici e resistenze generalmente
diversi da quelli del calcestruzzo.
2.3. Ripristino e rinforzo dell'armatura
metallica
Ove
necessario, le armature vanno integrate. Particolare cura va posta
all'ancoraggio delle nuove armature ed alla loro solidarizzazione
all'elemento esistente.
Il rinforzo può essere realizzato
localmente con l'aggiunta di nuove barre, od interessare l'intera
struttura, con l'inserimento di elementi aggiuntivi in cemento
armato o in acciaio, resi collaboranti con quelli esistenti. In
presenza di pilastri fortemente danneggiati alle estremità, la
riparazione deve comportare anche il rinforzo delle armature
longitudinali e trasversali.
Il getto di completamento può essere
eseguito con malta o calcestruzzo a stabilità volumetrica oppure con
malta o calcestruzzo ordinari assicurando in ogni caso l'aderenza
tra il nuovo e il vecchio calcestruzzo.
Il rinforzo dei nodi
trave-pilastro deve assicurare il miglioramento dell'ancoraggio
delle armature, e una continuità meccanica sufficiente a trasmettere
gli sforzi massimi sopportabili dalle sezioni di estremità
interessate, contenere il conglomerato e le armature nei riguardi
della espulsione trasversale, mediante opportuna
staffatura.
Quando i nodi trave-pilastro sono tanto danneggiati
da rendere tecnicamente difficile la loro riparazione, la funzione
statica degli elementi strutturali convergenti nei nodi deve essere
attribuita ad altri elementi portanti dell'ossatura.
Per
ripristinare l'efficienza di barre ingobbate, occorre un
provvedimento diretto di riparazione costituito, ad esempio, da
saldatura di spezzoni di barre o di angolari a cavallo dcl tratto
danneggiato e da inserimenti di armature trasversali per ridurre la
lunghezza libera di inflessione.
Il caso di un insufficiente o
mal disposto ancoraggio delle barre dei pilastri si può risolvere
con armature saldate passanti entro fori praticati attraverso i
nodi, e successivamente ricoperti con malta cementizia a ritiro
compensato o epossidica e/o con iniezioni di resina. Nuove barre
possono essere saldate anche in elementi inflessi a cavallo delle
sezioni danneggiate per difetto di armature longitudinali, con
adeguato prolungamento per I'ancoraggio.
In elementi sottoposti a
forze di taglio e nei nodi dei telai possono essere applicate staffe
o collari per quanto possibile perpendicolari alla lesione. Le
armature vanno poi protette da intonaco cementizio a ritiro
compensato.
In ogni caso gli ancoraggi delle barre e le loro
giunzioni mediante saldatura sono migliorati dal confinamento
realizzato da una fitta armatura trasversale che avvolga la zona
trattata.
Per l'acciaio in barre, quando ne sia previsto il
collegamento alle armature esistenti tramite saldature, si
raccomanda di controllare la saldabilità, sia delle esistenti che di
quelle aggiuntive, o meglio la capacità di sopportare l'unione senza
divenire fragile.
2.4. Cerchiature di elementi strutturali
L'effetto
della "cerchiatura" si ottiene con staffe o altre armature
trasversali di contenimento. Esso ha lo scopo di contrastare le
deformazioni trasversali del calcestruzzo, prodotte dalle tensioni
di compressione longitudinali, migliorandone le caratteristiche di
resistenza e di duttilità.
Queste armature possono essere
semplici collari di lamierino, ovvero eliche di filo d'acciaio,
oppure vere e proprie strutture di carpenteria metallica,
calastrellate o più raramente reticolate. Le armature esterne devono
essere protette mediante intonaco cementizio o gunite armata con
rete.
Una cerchiatura si realizza anche con la messa in opera di
armature trasversali generalmente chiuse, quali staffe
(eventualmente saldate), spirali, collari o profilati saldati a
formare una struttura chiusa.
2.5. Integrazioni di armatura con l'applicazione di lamiere
metalliche
Un'armatura aggiuntiva, se necessaria, può essere realizzata
mediante piastre di acciaio, applicate sulla superficie
dell'elemento strutturale da riparare o da rinforzare ed a questo
solidarizzate opportunamente.
Nel caso di piastre sollecitate a
taglio o compressione, deve porsi attenzione al pericolo di
instabilità; in ogni caso, questa tecnica comporta un aumento della
rigidezza dell'elemento riparato, di cui si deve tener conto nei
calcoli.
Le piastre devono essere opportunamente protette dalla
corrosione.
Tale tecnica consiste nella solidarizzazione tramite
incollaggio e chiodature di lamiere o profilati su elementi in
cemento armato. Questo provvedimento può essere usato in casi
particolari in cui non sono applicabili metodi tradizionali; ne può
essere giustificato l'impiego ad esempio quando si
riscontrino:
-
danni
nella parte tesa di elementi inflessi. In questo caso la lamiera
ha funzione di armatura tesa e la resina, e i chiodi, assicurano
la trasmissione delle forze di scorrimento;
-
danni in
zone sottoposte a taglio. In questo caso la lamiera è posta in
genere a cavallo fra zona tesa e compressa; in quest'ultima vanno
posti i connettori di collegamento trasversale per prevenire
fenomeni di instabilità delle lamiere stesse. Alla lamiera viei
affidato il compito di trasmettere le forze di scorrimento;
-
danni per
eccessiva trazione o nelle zone di ancoraggio delle barre di
armatura.
L'incollaggio delle lamiere è ammesso quando il conglomerato
presenta buone caratteristiche di resistenza.
In ogni caso le
operazioni consistono in:
-
pulizia
della superficie da incollare previa asportazione dello strato di
calcestruzzo degradato mediante energica azione di spicconatura e
di martellinatura;
-
applicazione di successivi strati di malta di resina per
regolarizzare, ove necessario, superficie (si raccomanda di non
superare, per lo spessore di ogni strato, valori intorno a 5 6
mm);
-
incollaggio delle lamiere con adesivo spalmato. Le lamiere
devono essere tenute in sito con chiodi ad espansione con puntelli
forzanti fino ad indurimento;
-
in
alternativa al punto 3) possono impiegarsi lamiere con successive
iniezioni resina;
-
protezione
delle lamiere con prodotti anticorrosivi.
Il
rinforzo di elementi in cemento armato può conseguirsi mediante
tiranti di acciaio posti in tensione seguendo la tecnica della
precompressione, oppure delle chiodature pretese.
In ogni caso
deve verificarsi che l'intervento non provochi dannosi stati di
coazione.
3. Fondazioni
In
consolidamento delle fondazioni può in genere
conseguirsi:
-
con la
costruzione, ove possibile di travi in cemento armato per il
collegamento dei plinti nelle due direzioni in guisa da realizzare
un reticolo orizzontale di base;
-
con la
costruzione di setti in cemento armato al livello di primo
interpiano sì da costruire nel suo complesso una struttura
scatolare rigida;
-
con
l'approfondimento delle strutture fondali mediante pali di piccolo
o medi diametro, fortemente armati;
-
con
l'allargamento della base d'appoggio mediante sottofondazione in
cemento armato oppure mediante la costruzione di cordolature
laterali in cemento armato;
-
con
rinforzi localizzati delle strutture di fondazione (fasciature in
acciaio od in cemento armato presollecitato, cerchiature
ecc.).
Nei casi
in cui l'intervento consista nel ripristinare strutture cementizie
per porzioni o tratti di entità considerevoli può essere usato
calcestruzzo ordinario, che abbia resistenza e modulo elastico non
troppo diversi da quelli del calcestruzzo esistente; l'aderenza del
getto all'elemento da riparare può essere migliorata mediante
l'applicazione di uno strato adesivo. Per conciliare le esigenze di
elevata resistenza e buona lavorabilità dei getti può essere
opportuno usare additivi fluidificanti (che in genere migliorano
anche l'adesione al materiale preesistente).
Idoneo, in generale,
è anche l'uso di calcestruzzi o malte con additivi che realizzano
un'espansione volumetrica iniziale capace di compensare o
addirittura di superare il ritiro.
Questo accorgimento permette
di creare modesti stati di coazione, benefici per l'inserimento dei
nuovi getti; è peraltro essenziale utiIizzare casseri
contrastanti.