La vita e la morte

Salve, eccomi di nuovo qui, con un nuovo scritto, con il mio stile usuale. Non sono abituato a scrivere parole evocatrici di emozioni e sensazioni, bensì parole evocatrici di pensieri e riflessioni. Naturalmente sia per le une che per le altre, affinché superino la minima soglia d’efficacia, occorre avere l’animo e la mente ben disposti ad accoglierle. 

Seguivo casualmente un programma televisivo dove ad un certo punto ci si chiede quando si possa iniziare a parlare di vita, quella umana, durante lo sviluppo embrionale.  Al di là delle consunte filosofie, credenze religiose, onanismi mentali e quant’altro si voglia, la risposta è oltremodo ovvia, se si seguono i luminosi sentieri della ragione.

La vita inizia subito. Subito dopo il concepimento da quella cellula che in gergo si chiama zigote. Il processo che ne segue è assolutamente spontaneo, va inesorabilmente avanti e, seppure nella sua estrema delicatezza, è inarrestabile. Certo la genesi di un nuovo essere umano, lo sviluppo embrionale ed il differenziamento dei molteplici tessuti, e soprattutto lo sviluppo anatomico (o morfogenesi), rimane per moltissimi aspetti avvolto nel mistero. Tant’è che la nascita di una nuova vita, ci appare come un evento miracoloso. Il meccanismo magico, comunque, si mette in moto subito dopo il concepimento. Una metafora. Sarebbe come chiedersi, di fronte alla deflagrazione di una carica esplosiva, quando inizia l’esplosione. L’esplosione inizia nel momento in cui l’innesco si incendia. Esso, poi, nel suo ineluttabile divenire, incendierà a sua volta l’esplosivo, i cui devastanti effetti, si faranno sentire qualche millisecondo dopo, quando la nuvola di gas caldissimo, a pressioni elevatissime, fuoriuscirà, con violenza, a manifestare tutta la propria furia devastatrice.

Gli argomenti banali, cessano di essere tali, solo per ragioni di opportunismo in questo caso di carattere socio-politico-religioso. Oppure magari solo e soltanto perché fanno audience, alimentando la grande industria dei mass media, dalla merda stampata (da non confondersi, esigua minoranza, con la carta stampata), alla merdavisione (ancora da distinguersi, reperto archeologico, da quella che fu la televisione). Quindi quest’argomento di quando si origina la vita durante lo sviluppo embrionale, per quanto spaventosamente banale, è di moda e quindi molto dibattuto.

A me invece è venuto in mente un altro quesito, molto più inquietante, assolutamente non banale, per quanto non susciti particolari interessi, in quanto di scarso impatto socio-politico-religioso.

Quando finisce la vita? Certo la morte clinica per essere decretata segue un certo protocollo che molti sapranno. Però andiamo oltre e proviamo a riflettere. Pensavo a questo dilemma e mi veniva alla mente una sorta di grosso pannello luminoso dove sono incastonate tantissime lampadine e, queste, a gruppi, comandate da una miriade di interruttori “on/off”. Si posiziona un interruttore in off ed un po’ di lampadine si spengono, poi un altro ed un altro ancora, e così via fino al buio completo, fino alla morte del pannello luminoso, quando le tenebre avranno sostituito la luce di tutte le sue lampadine. Noi siamo assimilabili a quel pannello e la morte, è un processo assai lento, progressivo. Questo quand’anche sopraggiunga in maniera repentina, all’improvviso, come recitava il buon de André. La vita si genera con un inesorabile ed estremamente complesso divenire di eventi biochimici, e la morte sembra ripercorrere a ritroso quel processo, non così lento, ma neppure così veloce come possa sembrare a prima vista… Sorge pertanto una domanda, immaginazione verticale, repentina ed inquietante.

Quanto durerà, nella soggettiva percezione, l’ultimo istante della vita? Personalmente me lo sono chiesto molte volte. Molti hanno speculato su tale argomento. C’è chi dice che rivedremo scorrere, come le sequenze di in un film, tutte le vicissitudini della nostra esistenza. Chissà. Certo è che la percezione del tempo è estremamente variabile. Basti pensare a dieci minuti d’attesa spesi magari a fare la fila, oppure lo stesso intervallo di tempo speso a sperimentare gioia e felicità intensa. Recita la vecchia canzone: “Per fare un uomo ci voglion vent’anni…per una vita  migliaia di ore, per il dolore è abbastanza un minuto…”.

Già, davvero mutevole la percezione del tempo e come la nostra mente riesca ad accorciarlo od a dilatarlo a dismisura, molto più della fisica relativistica… Basti pensare che un sogno, che può sembrarci lunghissimo, durante la fase REM del sonno, dura soltanto pochi secondi! L’ultimo istante…. Chissà. Spero solo, quando inevitabilmente dovrò sperimentare tale estrema esperienza, di poter rivivere solo i momenti più felici, “censurando” tutto il resto, prima che le tenebre o la luce, s’impossessino della mia coscienza….

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