Ho visto Troy...

Ho avuto modo di vedere tempo fa il film Troy. Si è una pellicola un po’ datata. Negli Stati Uniti è uscita nel 2004. Quando arrivò in Italia non ebbi modo di vederla e me ne dispiacque, perché sono sempre stato, sin dai banchi di scuola, molto affascinato dall’opera omerica e dai personaggi che descrive.
Debbo dire che non mi è piaciuto particolarmente anche a causa dello scempio che il regista compie con estrema disinvoltura proprio dell’opera del poeta. In particolare mi ha dato fastidio di come ci si sia preoccupati molto più dei ritorni economici che di qualsiasi altre cosa. Si è cercato, spudoratamente, di rendere il più possibile "gradevole" la pellicola al vasto pubblico.

Allora, fantasia per fantasia, a me è tornato in mente il disgraziato fautore di questa tragica guerra. Paride. Mi sono divertito a traspormi in lui. Ve lo propongo comunque, di certo in una versione non molto usuale...

"Nessuno avrebbe potuto prevedere che quella città in fiamme, Troia espugnata, che si dissolveva, nel placido consenso del plenilunio, così come quella freccia infissa nel fianco di Paride, potessero risalire ambedue, catastrofe di un popolo e morte individuale, alla bugia di un giovane pastore. Ora Paride capiva, che i sogni possono mettersi, certe volte, a crescere con il trascorrere degli anni, mangiandosi l'esistenza di chi li ha incautamente evocati e alimentati. Paride ricordò, con amarezza, il peccato originale della sua vita. Pastore solitario, non sapendo bene perché, compì un giorno forse l’unica sua escursione nei campi elisi della fantasia. Così si era raccontata una favola, quella del "giudizio". Aveva immaginato, scendendo in quella zona intermedia, che sta tra la ragione e il delirio, di avere attribuito, in una gara di bellezza tra le dee, il premio a Venere, dea dell'amore.
Ne aveva così ricevuto in cambio la promessa di incontrare, e di possedere, la donna più bella del mondo. Questo sogno infantile, cresciuto al di là di se stesso, sui fuochi ormonali della pubertà, questa fantasia evocata nella mente dalla carne, non si era limitato a raccontarselo ma, reduce dai pascoli montani, l'aveva narrata ai suoi attoniti concittadini.
Poiché la menzogna, è sempre la ricerca di una verità migliore, più prossima al nostro desiderio, è essa stessa sogno, e si mente solo per immaginare. Chi mente evoca il fantasma di un se stesso rinnegato, ma possibile. Creduto da tutti, Paride, venne espropriato della propria libertà. Il pastore, per virtù di una favola, e come nelle favole, diventò il prediletto di Venere, e i suoi concittadini si misero in attesa dell'avverarsi della profezia.
La promessa di Venere aveva posto, nel suo domani, la certezza. Se il futuro è l'immaginazione del presente, Paride si trovò senza futuro. Cambiò così, in un rovinoso scambio, l'avvenire col destino. Da quel giorno diventò prigioniero dell'aspettativa di Troia, ergastolano di un evento che, per forza, avrebbe dovuto prima o poi verificarsi. Paride era destinato ad amare e a possedere la donna più bella del mondo. E non altre.
Nessuna di quelle fanciulle, nessuna di quelle creature che passavano a sera, per le strade e che gli sorridevano da lontano, accennando un saluto. Non poté più avvicinare, o parlare con una donna, senza che qualcuno scuotesse il capo e gli mormorasse che, certo, non era LEI.
Paride era stato condannato all'esilio, Era diventato l'abitatore di un sogno, un sogno che poteva liberarlo da se stesso solo diventando reale. Fu la disperazione, e non l'amore, a spingerlo verso Elena, Quella menzogna infantile l'aveva destinato, fin dalla sua prima giovinezza, a Elena, non per amore di lei ma della fama di lei, che correva per il mondo di allora, e che poteva avverare, la profezia. Elena era il suo sogno calato nella carne. La cura per la ferita aperta dalla sua menzogna. Fu allora che incontrò invece e sperimentò, la gelosia,
Ben presto, tornato a Troia, Paride aveva scoperto che la loro evasione l’uno nell'altra era reciproca, del tutto simmetrica, aveva capito che ambedue erano fuggiaschi, lui dalla sua menzogna, ed Elena da Menelao, ed acquisì, con sottile gelosia, che lei era fuggita non con lui, ma dall'altro.
Paride comprese allora che la strada da percorrere, per lui, avrebbe dovuto essere diversa. Che avverare la profezia non era stata la sua salvezza, ma la sua rovina. Aveva capito che i sogni dell'infanzia, se conservati, impediscono dì crescere, e possono diventare eventi maligni, città incendiate, frecce con il veleno...
Paride percepiva ora chiaramente che avrebbe potuto, se ci fosse stato il tempo, ricominciare piano piano, a vivere un esistenza normale... ma prima c'era stata quella menzogna, ora il veleno..."

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