Un viaggio a Praga

Sono passati ormai molti anni da quando, mi recai a Praga. Bellissima città. Centro della cultura Europea nei secoli passati. Eravamo io ed un mio amico e naturalmente avevamo in tasca l’indirizzo di una ragazza. Appena arrivati le telefonammo, lei capiva l’italiano e così c’incontrammo e finimmo in una caffetteria a gustare vino caldo e birra. Era una ragazza piuttosto carina di nome Eva, colta, intelligente, laureata in architettura. Parlava bene l’italiano e non so quante altre lingue ancora. Naturalmente, appena rotto il ghiaccio, le fu subito posta la domanda di rito, se aveva mai un’amica disponibile. Lei rispose che si poteva fare e ci dette appuntamento per il pomeriggio del giorno successivo. Nel frattempo cercammo di spendere il tempo come meglio potevamo, cercando soprattutto di capire come riuscire a muoversi in quella città, dove, all’epoca almeno, quasi nessuno parlava inglese ma solo il boemo ed il russo, lingua peraltro assai affine all’altra. Il mio amico poi aveva maggiori difficoltà di me perché, fatta eccezione per qualche parola di francese, di lingue straniere, non ne sapeva nemmeno un pò.

Il pomeriggio del giorno successivo, ci recammo sul luogo dell’appuntamento. Attendemmo per una buona mezz’ora oltre l’orario stabilito e quando stavamo per andarcene sconsolati, ecco che scorgemmo la graziosa Eva con accanto una creatura che attirò subito la mia attenzione. Bionda, con i capelli del colore delle messi mature, lunghi e riccioluti, che le ricadevano sulle spalle esili, alta e magra, due occhi grandi di un blu intenso che cangiavano con il colore del cielo. Si chiamava Dana. Lei era laureata in economia, aveva fatto uno stage di un anno in Norvegia e parlava perfettamente inglese. Molto meglio di quanto riuscissi a fare io, all’epoca almeno. Non c’era molto da scegliere. Le coppie si formarono spontaneamente fra gli unici che potevano comprendersi a vicenda.

Passeggiammo a lungo e dopo averci fatto visitare i luoghi più belli della loro città, finimmo al solito in una birreria, davanti ad un boccale di birra ed al micidiale vino caldo. Caspita come era bella la mia compagna! Mica l’avevo vista poi così bene, prima! La lucentezza del suo volto era tale, che sembrava si accendesse di luce propria, o forse era solo la mia mente che in preda ormai al delirio testosteronico e non solo, la vedeva così. Mentre parlavamo, la realtà tutta, intorno a me, era scomparsa in una sorta di magica dissolvenza, non sapevo, né mi curavo più di vedere dove fosse finito il mio compagno di viaggio. C’era solo e soltanto lei, bellissima, magica elfa delle foreste incantate del nord,  con la sua voce calda, calma, che elargiva riflessioni di una maturità sorprendente. La condividevo come se avessi parlato davanti ad uno specchio ed in realtà lei era il mio specchio, lo specchio del mio animo, concretizzatosi per una sorprendente magia, in quelle forme stupende, in quegli occhi meravigliosi, in quei capelli fantastici il cui profumo m’inebriava più del vino. Non era solo bella, era anche molto intelligente. L’impatto che ebbe nel mio animo fu devastante. Sentii davvero, in quel preciso istante, come donando tutta la mia anima a quella ragazza, sarei rimasto non soltanto me stesso ma avrei propagato il mio spirito, il mio essere, fuori da me, in una sorta di trasmigrazione dell’anima, fondendo la mia intima essenza, con la sua intima essenza.

Senza neanche accorgermene le stavo accarezzando i capelli magnifici e non so come, mi ritrovai con le mie labbra ad assaporare il caldo e tenero tocco delle sue. I baci profondi che ci scambiammo erano più coinvolgenti di cento amplessi di cui avessi memoria. Cazzo, dico, perché il destino si prende sempre gioco di noi esseri umani? Quella ragazza, doveva essere una ragazza come tante, fra le ragazze della mia vita, doveva essere solo la compagnia per una sera, od al massimo la compagnia per quel viaggio. Invece il destino, beffardo, mi aveva fatto incontrare l’Amore. Si, signori e signore, l’Amore, proprio quello con la A maiuscola. Non ci misi molto a rendermene conto. Quella notte fu la più bella della mia vita ed il mattino successivo quando incontrai il mio amico, che con fare un po’ vitellone e tamarro, mi chiese come era andata, provai per lui un senso di disprezzo e la voglia di prenderlo a pugni. Andata cosa? Gli urlai in faccia. Lui perplesso scosse poi la testa e mi disse – Via, è bella, lo vedo bene anch’io ma non mi dirai mica che tu…-  Non glielo dissi, ma quella era la verità. Me ne ero perdutamente innamorato. Quando tornammo, lasciai il mio cuore là, a Praga, nelle sue mani. Continuammo a scriverci, a telefonarci ma non riuscimmo più ad incontrarci. Anche perché lei, a parte l’intenso coinvolgimento iniziale, si dimostrò poi molto meno coinvolta di me....

Grazie Dana, ti ringrazio comunque, anche se mi hai ferito a morte, uccidendo poi il mio sentimento. Una pulsione così intensa, che mai avevo provato nella vita.

Grazie a te, ho però capito il vero significato della parola Amore. Non è poi così poco in fondo e non capita poi a tutti. Un amore durato solo pochi giorni, vissuti intensissimamente, prima di appassire, irrimediabilmente, proprio come tutte le più belle cose, proprio come quelle rose, di cui recitava il grande de André…

(La ragazza della foto è Nicole Kidman. L'ho messa perché decisamente somigliante alla persona del racconto. Buffo il mondo eh?)

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