Una donna senza tempo

La rivedo ancora, leggermente curva, i capelli canuti che si lasciavano qua e la vaghe testimonianze di quello che fu il colore castano dei suoi capelli. Sempre affaccendata, sempre di corsa, dietro ai suoi animali da cortile che conosceva uno per uno ed a cui dedicava grandi cure. Questa è stata mia nonna. Una donna senza tempo, che ho sempre visto della stessa età, senza mai percepire il suo invecchiamento. Dopo aver dedicato un post alla memoria di mio nonno, mi sento quasi in dovere di dedicare anche a lei ed alla sua memoria, questo mio pensiero. Mia nonna è stata una donna che mi ha donato un amore totale, incondizionato. Quando ero quel bambino pestifero che ho descritto nel post precedente,  quante volte ha nascosto le mie marachelle! Una donna umile, gran lavoratrice, sempre dedita, ininterrottamente, ad accudire alla casa, ai lavori domestici, ad allevare i suoi numerosi animali da cortile, a contribuire ai pesanti lavori dei campi. Una donna fortissima,  insensibile al dolore. La ricordo come talvolta, ferendosi con la falce o con qualche altro utensile, non si fasciava o disinfettava neppure la mano ferita, come se quell’ingiuria al suo corpo, non le appartenesse. Sempre incurante di se e totalmente dedita agli altri, a me, a mio nonno, a tutta la sua famiglia.

Aveva una slancio totale verso il suo lavoro e verso di me, unico nipote. Sono convinto che avrebbe donato la sua vita per la mia, se necessario. Povera nonna, che destino ingrato e maligno si nascondeva nel suo futuro. Un destino ingrato e cieco che non ha certo ricompensato i suoi slanci di generosità incondizionata e totale, che ha sempre avuto per tutto e per tutti.

Tutto iniziò con lievi amnesie. Si scordava di accudire i suoi cari animali, i suoi conigli, le sue anatre, il suo pollaio, che teneva con gran cura e perizia. Poi lentamente la sua malattia progredì e culminò, quando l’osteoporosi, maligna, le causò la frattura di un femore. L’intervento chirurgico riuscì ma lei non camminò mai più.

La sua ferrea volontà, annichilita dalla malattia, si era dissolta nel vuoto della sua mente. Occorre avere la volontà di vivere, per stare fra i vivi. Lei però, tradita dal tarlo che le divorava la mente, aveva perso qualsiasi interesse alla vita. Non riconosceva più neppure me. Il suo caro nipote. La morte l’aveva così divorata lentamente, giorno dopo giorno, onnubilandole la coscienza, uccidendola ancor prima di toglierle la vita. La ricordo ancora e sempre la ricorderò, mentre si spegneva, come una candela senza cera, in quel letto, divenuto una tomba per vivi.

Quando poi finalmente la morte, sazia delle sofferenze che le aveva imposto, se la portò via, era diventata una piccola e povera “cosa”, aggomitolata su se stessa. Povera nonna. Ricordo che vegliai su di lei tutta la notte e tutta la notte piansi. Piansi per lei e piansi per me. Quel giorno, come altri ce ne sarebbero stati nella mia vita, morii un po’ anch’io, assieme a lei ed ai miei dolci ricordi. Lei, morendo, aveva forse raggiunto quella pace agognata, che tanto avevo desiderato per lei. Però si era portata via per sempre, la sua insostituibile figura, simulacro della mia infanzia, del mio felice passato, relegandolo in una dimensione remota, non più raggiungibile. Addio anche a te cara nonna. Ti vedrò comunque sempre, nella mia memoria, come quell’arzilla vecchietta, che sempre si affrettava per i campi e nel cortile, ad accudire i suoi animali.

Addio cara nonna, spero che un giorno, possa incontrarti di nuovo, al di là dello spazio e del tempo, per poterti riabbracciare ancora. Spero davvero di rivederti in una remota dimensione dove magari le rughe sul tuo volto, con cui ti ho sempre visto, si siano magicamente dissolte e trasformate nel dolce volto, di quella giovane donna che ammiro, talvolta, in quella vecchia foto ingiallita….

  Cliccare qui per visualizzare tutti gli scritti del sito...