Il mestiere di vivere

Vivere è un mestiere difficile. Progredendo nella metafora, vivere, è una guerra da cui mai più torneremo. Gli anni, inesorabili, attivano nascosti orologi biologici e inducono complessi meccanismi che lentamente ci uccidono. Queste oscure e maligne clessidre, conducono lentamente tutto il nostro essere, a diventare sempre meno efficace, sempre meno pronto, nell’ attuare quel meraviglioso meccanismo, unico degli esseri viventi, che consiste nella capacità di autoripararsi, di autorigenerarsi. L’invecchiamento. Un processo biologico per nulla scontato ed i cui meccanismi non sono stati ancora ben compresi....
Sembrerà tutto assai scontato, perché ormai luogo comune, profondamente insito nelle nostre categorie mentali ma è molto più difficile capire perché s’invecchia, anziché essere tutti quanti dei Dorian Gray. La realtà è capovolta rispetto al senso comune. E’ essa stessa a porsi come magico mistero e non la sua invenzione e contrapposizione letteraria e fantastica.
Quanto alle ferite, al di là di qualsiasi significato metaforico vogliamo attribuire al titolo di questo post, hanno la naturale attitudine a lasciare cicatrici talvolta profonde.
Noi tutti siamo il prodotto delle nostre vicissitudini esistenziali, nel bene e nel male. Le ferite, che la guerra della vita c’infligge, possono rimarginare ma le cicatrici rimangono. Sempre. Quindi le ferite, inevitabili, ci cambiano comunque, sia che si rimarginino o che rimangano sanguinanti. E’ la nostra vita che passa, che ci matura, che ci forgia, e che alla fine, purtroppo, ci uccide. Recitava il noto adagio “non prendete la vita troppo sul serio… comunque vada non ne uscirete vivi”.  No, non esistono ferite che non lasciano cicatrici. Tutte ci segnano irreversibilmente. In misura certamente diversa, ma irreversibilmente. L’amore mancato dei 16 anni.... Non pensiamo che ad oggi non continui ad esercitare la sua subliminale influenza sul nostro comportamento. Non sarebbe rispondente al vero. Una parte di noi, per quanto piccola e dimenticata, è ancora là. Immobile ed attonita come il nostro arcaico sentimento, la nostra fievole pulsione affettiva, la nostra dimenticata ferita, cristallizzata nella nostra stessa coscienza, scultura marmorea e reperto archeologico di un vissuto, che cesserà solo e soltanto quando noi stessi cesseremo di vivere...

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