Metabolismo cerebrale, serotonina e le pillole del martirio…

Mi tornava alla mente, giusto stamani, una vecchia riflessione che diversi anni fa mi veniva di fare sovente. La riflessione, nella fattispecie, scaturiva dalle conoscenze raggiunte circa il funzionamento del cervello umano. E’ infatti possibile realizzare, non senza un certo sconcerto, come certe sostanze, semplici nella loro struttura, come la serotonina, influenzino la regolazione del sonno, del dolore, il comportamento motorio, l’ aggressività, la fame e persino la libido. Così ecco come certi stati d’animo, elevati talvolta alla dignità di percezioni persino metafisiche, evocatrici di pensieri sublimi, fautrici persino di manifestazioni artistiche, possano brutalmente infrangersi contro la disarmante semplicità di una squallida formula, di una molecola, la serotonina, appunto. E’ ovvio poi, come delle molecole che agiscano su di essa, alterandone il naturale metabolismo, possano farci cambiare umore ed alterare, in sostanza, la percezione del mondo che ci circonda. Eccola qui riportata la formula:

  Serotonina

I cosiddetti antidepressivi SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitor), interferendo con il metabolismo di questa semplice molecola, stravolgono le nostre percezioni, ci impediscono di piangere quando vorremmo, fanno si che tutto diventi più “accettabile” ai nostri occhi. Droghe farmacologiche, legali, al servizio della scienza medica.
Fatta questa premessa, torno alla mia fantasia e riflessione di cui parlavo all’inizio.
In fondo noi conosciamo solo ed a malapena, la punta dell’iceberg. Quante altre molecole, magari altrettanto semplici, possono influenzare attitudini complesse della nostra mente? A tutto questo dobbiamo aggiungere poi un’altra considerazione. E’ noto che i processi evolutivi, a livello molecolare, cessano quando la molecola ha raggiunto il suo optimum funzionale. Questo per la semplice ragione che un qualunque cambiamento della loro struttura, peggiorerebbe la loro funzionalità. Un esempio? Un enzima vitale del nostro metabolismo e di quello di quasi tutti gli esseri viventi (peraltro molecola bersaglio di molti potentissimi veleni, fra cui il cianuro) è la citocromo ossidasi. Questa molecola consente alle cellule di produrre energia. L’energia che ci tiene in vita. Sotto un profilo filogenetico è antichissima, poiché esseri molto più elementari di noi, hanno dovuto “metterla a punto”, ottimizzandone la funzionalità, tramite centinaia di migliaia di anni di processi evolutivi. Ne consegue che tra la nostra citocromo ossidasi e quella di organismi molto elementari, tipo funghi o batteri, non esistono sostanziali differenze. In poche parole: “squadra che vince, non si cambia”.
Torniamo però alle molecole che girovagano per il nostro cervello. A quelle piccole molecole che ci drogano con la loro presenza e che inducono anche comportamenti complessi, pur essendo,  chimicamente parlando, di una sbalorditiva semplicità. La serotonina, già. Quante altre “serotonine” ci sono realmente, che non sono arrivate ancora alla soglia della conoscenza scientifica? Di più. Quante altre ce ne sono e la conoscenza scientifica, potrebbe non averle rese note? Mi spiego. Più la molecola è semplice e più è antica. Più il comportamento è semplice, più è antico. Veniamo dunque ad uno dei doveri esistenziali che la biochimica delle cellule nervose impone a noi, quanto al moscerino, ed alla formica. L’istinto di conservazione. Se una formica od una mosca si sentono minacciate, fuggono esattamente come noi. Tutto fa pensare che nel nostro cervello e nei loro primitivi gangli nervosi, si aggiri, furtiva, una semplice molecola. Un semplice composto come la serotonina, perché no? Potremmo così spiegarci, almeno scientificamente, il suicidio, come un semplice dismetabolismo di questa molecola, così come la depressione, viene liquidata come un semplice dismetabolismo della serotonina. Fin qui tutto bene anche se sinceramente disillusi ed amareggiati, da questa apparente riduzione alla banalità, di certe nostre pulsioni interiori.
Proviamo però un attimo a riflettere come fece il sottoscritto, tempo fa. Quanto sarebbe semplice mettersi a studiare le origini dell’istinto di conservazione e dell’eventuale molecola che lo regola? Tantissimo. Modelli animali a bassissimo costo, visto che nessuno ci vieterebbe di usare anche piccoli insetti per questo. Chi ci dice, quindi, che a qualcuno non sia già venuto in mente tutto questo, magari in qualche ipotetica “area 51” del deserto del Nevada, o su qualche sperduto isolotto del lago di Aral?
Badate bene che tutto ciò non è né fantascienza, né fantapolitica. Vi assicuro che sono ricerche alla portata di quanto oggi la scienza sa e può fare. Inutile soffermarci sulla portata e sulle conseguenze della scoperta della molecola che sta alla base dell’istinto di conservazione. Sarebbe poi facilissimo trovare un antagonista, un inibitore, una molecola che comunque ne alteri il metabolismo. Basta, ancora una volta, pensare al tema più complesso, degli SSRI e della serotonina. Sarebbe poi facilissimo creare delle pillole “dell’eroismo”, o del “martirio” . Eserciti imbattibili di kamikaze, uomini che a nulla interessa vivere o morire e, per questo, dei soldati perfetti, dei perfetti androidi da combattimento …

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