Una direzione nascosta nell’evoluzione somatica umana?


Pubblicato il 5 maggio 2009 da dubert

Lo scritto che vi propongo di seguito scaturisce da uno dei miei più intensi scritti a cui tanto tempo ho dedicato e grazie anche alla passione per l’informatica che mi ha permesso di raggiungere livelli semi-professionali se non addirittura professionali. La traduzione inglese del seguente lavoro (qui riportato in versione semplificata) è stata spedita alla rivista “New Scientist” che ama presentare gli articoli scientifici nella seguente fattura. Abbastanza seri ma con punte d’ironia e di un pò “spicy” per invogliare il lettore a digerire dei mattoni talvolta molto pesanti. Spero che a voi non risulti così indigesto. Mi scuso anche per la formattazione penosa del testo. Del resto questa è Splinder…

Alcune osservazioni su di una linea di confine fra antropologia e luoghi comuni.
Figura 1

Stiamo veramente muovendoci verso questa direzione?


Sommario
Una serie di misure sono state eseguite su alcuni volti umani usando un software sviluppato da me stesso. Alcune foto appartengono a volti molto attraenti di uomini e donne, mentre altri a volti assolutamente non gradevoli. Utilizzando cinque diverse misure per ogni volto, una matrice di distanze euclidee fra punti è stata calcolata. Su questa matrice sono poi stati calcolati gli autovettori e gli autovalori. Successivamente utilizzando il piano dei primi due autovettori, sono stati evidenziati i punti relativi ai dati, ossia ai singoli volti esaminati. Usando questa tecnica [ nota come Analisi dei Componenti Principali (PCA) ] è possibile identificare sul piano degli autovettori due differenti raggruppamenti (clusters). Un raggruppamento è costituito dai volti non attraenti e l’altro, ben separato, da quelli attraenti. Le cinque misure effettuate indicano particolari caratteristiche correlate alla percezione della bellezza, che però il software riconosce e separa, sorprendentemente, come il nostro soggettivo giudizio. Gli esseri umani differiscono notevolmente circa il successo che possono avere a livello di competizione sessuale e naturalmente i più attraenti sono da sempre i più favoriti. Questo potrebbe suggerire una direzione specifica verso la quale sembriamo realmente muoverci.

Introduzione
E’ bella, è bello. Pensieri comuni e parole che vengono quotidianamente spese nella conversazioni di tutte le persone. Comunque questo argomento, apparentemente banale, può riservarci qualche interessante sorpresa. In questo lavoro ho cercato di mettere in luce alcune sorprendenti caratteristiche che si celano dietro questi luoghi comuni ed apparentemente banali.
Il concetto di bellezza è sempre stato qualcosa abbastanza indefinito e comunque sfuggente ogni precisa definizione. Forse possiamo definire un bel corpo come un’armonica combinazione di forme ma quando cerchiamo di definire un volto attraente, le cose iniziano a farsi leggermente più complicate.
Come dovrebbe essere il volto di un uomo o di una donna, per poter essere definito attraente? Perché le caratteristiche di un volto, sono così importanti nel definire quanto una persona, uomo o donna che sia, è attraente?  
E’ anche abbastanza logico come una persona attraente abbia più probabilità di successo nella competizione sessuale e nel trovare un partner con cui accoppiarsi (il linguaggio è necessariamente ricondotto alla componente animale del nostro essere). Così come logica conseguenza, le persone attraenti, hanno più probabilità di generare i figli (al di là dei vari condizionamenti culturali che pure pesano molto nella specie umana). Inoltre la loro discendenza avrà maggiori probabilità di assomigliare ai loro genitori e quindi di essere anch’essi attraenti. Così le caratteristiche dei genitori tenderanno ad affermarsi alla loro discendenza, pur tenendo presente la variabilità biologica ed i noti fenomeni di regressione.
Così potremmo dire che in qualche modo le caratteristiche che costituiscono “la bellezza”, ci spingono, in senso evolutivo, verso un modello. Naturalmente uno potrebbe obbiettare come mai dopo tante migliaia di anni di evoluzione dell’uomo, ancora esiste “il non bello”. La risposta non è facile ma una spiegazione possibile potrebbe risiedere nelle attitudini culturali. Queste potrebbero aver pesantemente influenzato la scelta del partner, fra uomini e donne durante la storia, specialmente nel remoto passato. Queste attitudini sopravvivono ancora in alcune aree geografiche ma sono molto meno forti di prima, anche a seguito di un’emancipazione femminile che ha investito oramai quasi tutto il pianeta.
Tornando all’argomento: perché un volto è attraente? Una serie di misure per i volti maschili e femminili sono state prese in considerazione e, sorprendentemente, si può dimostrare come solo cinque misure siano sufficienti a definire un volto attraente o meno. Naturalmente tutto questo non significa che la bellezza od il suo opposto siano esaustivamente descritte da queste cinque misure. Però esse sono una specie di minimo requisito necessario, forse non sempre sufficiente, nell’identificare il “bello” od il “brutto”. L’esperimento descritto è stato eseguito utilizzando un software da me sviluppato, capace di eseguire le misurazioni richieste, su fotografie di volti e di calcolare una matrice di dati normalizzata, la cui varianza (o informazione) è successivamente analizzata tramite l’approccio noto come Analisi dei Componenti Principali (PCA) [1], [2], [3], [4]. Una volta ottenuta la matrice, le colonne rappresentano le cinque variabili misurate, mentre le righe sono il set di immagini dei volti che sono stati analizzati.
In ultimo, un grafico dei punti (volti) viene disegnato utilizzando tecniche di proiezione degli stessi, sul piano dei primi due autovettori, su cui la maggior parte della varianza e quindi dell’informazione, risiede (più dell’ 85%). Sorprendentemente tutti i punti appartenenti ai volti attraenti formano un raggruppamento (cluster) ben separato dagli altri. La cosa persino più sorprendente è che i criteri di separazione (riconoscimento della bellezza) sono indipendenti dal sesso. In altre parole non conta se un volto appartiene ad un uomo o ad una donna, perché il software “decida” a quale raggruppamento appartiene. Ancora più sorprendente è la correlazione fra la “decisione” del software ed il nostro personale giudizio.

Materiali e metodi
Tutte le figure dei volti utilizzate per questo studio sono state scaricate dalla rete. Il software è stato sviluppato utilizzando la piattaforma di sviluppo Visual Basic 6.0 Professional Edition della Microsoft. Tutte le misurazioni sono state eseguite dopo aver caricato l’immagine in una “picture box” nel form principale di questo software. La misura viene eseguita semplicemente cliccando con il puntatore del mouse su due diversi punti della figura. La distanza euclidea fra i due punti cliccati, viene così misurata. Le distanze fra due punti diversi vengono così calcolati secondo la seguente formula   dove “d” rappresenta la distanza fra due punti (o clic del mouse sulla figura) mentre i simboli indicizzati x and y sono le coordinate dei punti 1 e 2.
Le misure scelte per ogni immagine sono le seguenti:
Le cinque misure sono state eseguite su una serie di foto e successivamente normalizzate dividendo ogni misura per il valore numerico ottenuto dalla somma di tutte le misurazioni per ogni immagine. Successivamente è stata eseguita la risoluzione spettrale della matrice dei punti e sono stati calcolati i cinque autovalori ed autovettori, mentre i primi due sono stati utilizzati per identificare il piano su cui sono stati proiettati i punti relativi ai volti rappresentati nelle immagini. Questo processo matematico, assai complesso, è comunque ampiamente descritto ed è possibile, per ulteriori informazioni, reperire facilmente molta letteratura. [1], [2], [3], [4].

La Figura 2 sotto riportata mostra come appare questo grafico dopo che l’analisi dei dati è stata eseguita ed i punti relativi ai vari volti sono stati messi in grafico.

Figura 2


I punti contrassegnati come “Br” e “Bl” sono I centri di gravità (medie dei punti) dei due raggruppamenti. I cerchi invece hanno come raggio un valore pari a due deviazioni standard dei punti (volti). Il raggruppamento a sinistra è relativo ai volti non attraenti mentre l’altro contiene la proiezione dei punti relativi ai volti attraenti.
Nella Figura 3 nel form principale del software c’è una foto di un volto non attraente, mentre nella Figura 4 si trova invece un volto attraente.
 

Le immagini dei volti della Figura 4 (punto 9) e della Figura 3 (punto 2) corrispondono ai punti 9 e 2 rispettivamente della Figura 2, riportata ancora per comodità, qui di seguito. Entrambe sono fuori la seconda deviazione standard dei rispettivi raggruppamenti e molto distanti l’una dall’altra. Tutto questo significa che il software ed il particolare algoritmo utilizzato “vedono” queste immagini come molto attraenti o come molto non attraenti.

Figura 3.


Figura 4
 
Risultati e Discussione
Una serie numerosa di prove sono state eseguite prima di scegliere le cinque misurazioni che poi sono state eseguite. Questo studio è iniziato eseguendo per ogni volto dodici misurazioni e passo, passo, la dimensionalità dello spazio è stata progressivamente ridotta, fino ad arrivare ad uno spazio (statistico) penta-dimensionale con cinque variabili o misurazioni. Questo processo è stato eseguito escludendo di volta in volta quelle variabili che risultavano meno importanti ai fini della separazione dei due raggruppamenti. In altre parole sono state alla fine scelte quelle variabili (misurazioni) che contenevano una quantità significativa d’informazione, tralasciando tutte le altre. Avere un iperspazio statistico a bassa dimensionalità, risulta vantaggioso in quanto, i primi due autovettori, rappresentano veramente la grande maggioranza della varianza e quindi di informazione, contenuta nel modello.
Entrando nel merito dei dettagli di questo lavoro, sorge spontanea una domanda e cioè come queste misure variano passando da un raggruppamento ad un altro. Sembra che le dimensione delle orbite oculari, siano molto maggiori nei volti attraenti, rispetto agli altri e che la base del naso, sia molto più vicina al mento. Quest’ultima osservazione sembrerebbe deporre per un apparato mandibolare più piccolo. Comunque uno dei risultati più di rilievo di questo lavoro è che tutto questo si applica indifferentemente per i volti di donna e di uomo, ossia è assolutamente indipendente dal sesso di appartenenza. Le stesse misure sono state eseguite sui volti di uomini ed è stato ottenuto lo stesso risultato. Volti non attraenti si raggruppano con i volti non attraenti e viceversa per l’altra categoria. Due esempi sono mostrati nella Figura 5 e nella Figura 6 riportate qui di seguito.

Figura 5

 
Figura 6

Ancora come nei precedenti esempi I volti della Figura 5 e della Figura 6 corrispondono ai punti 16 (fig.5) e 15 (fig.6) rispettivamente nella solita Figura 2 riportata ancora di seguito per comodità del lettore.

Figura 2



Conclusioni
Il metodo descritto sembra essere in grado di distinguere alcune caratteristiche fondamentali dei volti umani. In particolare se i dati vengono elaborati tramite l’analisi PCA, il software acquista la capacità di discernere volti attraenti, da quelli che non lo sono. Naturalmente questo non vuole proporsi come uno studio che definisce le ragioni ultime per cui si discerne volti attraenti e non. Un enorme numero di variabili dovrebbe essere preso in considerazione così come certamente i nostri processi mentali, nella quotidiana realtà, fanno. Comunque l’utilizzo di queste cinque variabili sembra essere in grado di istruire il software affinché questo possa “decidere” a quale categoria un volto appartiene. Fra le numerose prove fatte, le scelte del computer e quelle soggettive, mie e di altri miei collaboratori, sono state quasi sempre in stretto accordo, salvo qualche rarissima eccezione. Questo è decisamente sorprendente e dimostra come realtà assai complesse possano, talvolta, essere enormemente semplificate. Sembra che le categorie primigenie, ancestrali, della “bellezza”, siano davvero poche. Successivamente, l’evolversi della nostra sofisticatissima mente ha probabilmente introdotto elementi assolutamente nuovi di complessità, senza però alterare l’architettura di base, del processo. E’ peraltro noto come un bambino, la cui mente è ancora molto naive, sia attratto da volti belli, da cui evidentemente trae rassicurazione.
Questo studio sembra anche dimostrare come la percezione del bello o del brutto sia assolutamente indipendente dal sesso. Così, sia pure inconsciamente, sia gli uomini che le donne tenderanno a cercare nelle loro scelte sessuali, le stesse caratteristiche. Da ciò ne consegue che le caratteristiche stesse, avranno un’elevata probabilità di affermarsi nella loro progenie, che pertanto tenderà a muoversi, in termini di caratteri somatici del volto, in una certa direzione. Naturalmente se tutto ciò sarà confermato da successive e più approfondite investigazioni, molte domande sorgeranno spontanee. La prima potrebbe essere semplicemente il perché di tutto questo.
Non sembra esserci alcuna logica spiegazione al fatto che un volto debba essere in un modo o nell’ altro. Del resto se qualcuno ipotizza che un corpo ben modellato possa riflettere lo stato di salute, di forza fisica, di una persona e pertanto un buon candidato per mettere al mondo dei figli sani e quindi vincente nella selezione sessuale, per far evolvere e migliorare la specie, per i volti tale ragionamento è inapplicabile. Allora perché? In ogni caso, se entrambi i sessi tendono a quel modello, può essere definito a buon diritto, un trend evolutivo. Se tutto questo sarà confermato anche le ipotesi più suggestive potrebbero essere formulate e perché no? Potrebbero essere considerate senz’altro possibili.
La Figura 1 riportata all’inizio di questo lavoro è presa dalla rete e rappresenta le possibili sembianze di una creatura aliena. Queste immagini non scaturiscono per caso dalle menti degli scrittori di fantascienza. Si basano su testimonianze più o meno attendibili ma che celano sempre un qualche fondamento di verità (basti pensare ai mostri di Verne). Il volto dell’alieno, per quanto risulti sconcertante, sembra accordarsi perfettamente al modello e la sua proiezione finisce decisamente dalla parte dei volti attraenti. In effetti è il punto numero 18 nella Figura 2. Peraltro molto, molto oltre, il centro di gravità (medie) del raggruppamento dei “belli” (diverse deviazioni standard) ma giusto in quella direzione. Il genere umano si sta realmente muovendo verso quella direzione ed evolvendo verso quel modello?

Bibliofrafia
[1] C. Blake and C. Merz. UCI repository of machine learning database. Technical report, University of California, Irvine, Dept. of Information and Computer Sciences, 1998.
[2] M.A. Carreira-Perpinan. A review of dimension reduction techniques. Technical report CS-96-09, Dept. of Computer Science, University of Sheffield, January 1997.
[3] J.A. McLaughlin and J. Raviv. Nth-order autocorrelation in pattern recognition. Information and Control, 12:121-1421, 1968
[4] B. Schoelkopf, A. Smola, and K.R. Mueller. Non-linear component analysis as a kernel eigenvalue problem. Neural Computation, 10:1299-1319, 1998

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