COrso
per operatore dell’escursionismo. ESCURSIONANDO (Bacheca
virtuale degli escursionisti) |
Monte Triglav mt.2863 ( Slovenia ) Articolo di Sergio
LENA. Fotografie di Franco PICILLO.( Fotografie
in fondo alla pagina ) E’ fine luglio e le ore di luce assicurate sono ancora tante,
ma il cammino è lungo ed è meglio partire per tempo. Così alle 6 i nostri
piedi già macinano allegri il ghiaino della strada bianca della Zadnjica, valletta laterale della Trenta che
inizia dall’omonimo borgo in località Na Logu e si insinua, tra gli ultimi prati, alla base di
varie cime ed anticime del gruppo del Triglav.
Sapendo di doversi elevare di quasi 2.200 metri dal parcheggio alla cima è
con un pizzico di stizza che si affronta questa mezzoretta
di cammino in un fondovalle quasi piatto, che stenta a prendere quota, ma lo
prendiamo a mo’ di riscaldamento, non mancando di esprimere la nostra invidia
per i proprietari delle deliziose vikendice
(case per il week end) che ogni tanto punteggiano
la piana. Al fondo della valle alziamo lo sguardo a N e ci appare il
primo serio punto di riferimento della nostra escursione, forcella Luknja, che sovrasta un canalone che iniziamo a
risalire su facile sentiero. Qui Claudio e Franco rievocano la loro uscita scialpinistica alla Luknja
dell’inverno scorso e mi promettono (ma io la vedo più come una minaccia) di
portare anche me la prossima volta, magari in una uscita verso Cez Dol, la
forcella che si vede dall’altra parte della valle. Fa già caldo, in questa
estate torrida e secca che non vuole lasciare respiro, ma in un paio di
orette arriviamo a respirare il venticello della forcella, a quota 1758. Qui
si incrociano vari sentieri che giungono da altrettanto interessanti
escursioni. Questi tre arzilli vecchietti austriaci da dove arrivano?
Dal Pogacnikov Dom
sulle pietraie lunari dei Kriski Podi,
dove gli stambecchi se ne stanno stravaccati indolenti sul sentiero, o dal
rifugio Aljaz nella valle Vrata, che ci si apre davanti a Nord? Da qui inizia l’approccio al Triglav
per la via attrezzata più impegnativa (parole della Bibbia delle Giulie, il
mitico Buscaini, mica mie!), la via Bamberg. Si tratta di una ferrata non ostica, ma è
saggio l’utilizzo dell’attrezzatura, anche in considerazione dell’elevato
numero di escursionisti oggi presenti. Attraversato lo sperone roccioso
usciamo finalmente sul pianoro pietroso di Plemenice,
a quota 2360, con una vista già ragguardevole. E’ d’obbligo una foto ai
compagni di uscita con sullo sfondo i gemelli Jalovec
e Mangart che svettano a N-O.
Alla luce del sole si accompagna il biancore delle rocce, un vero “regno del
calcare”. Qui la parte attrezzata è per ora finita, ancora un po’ e
giungeremo sui piani detritici alla base della cima, dove si riuniscono i
vari sentieri che provengono da sud. Attacchiamo la parte finale dell’ascesa
entrando in una fenditura attrezzata che in breve ci porta ai 2659 della Triglavska Skrbina,
forcelletta dalla quale, seguendo la cresta sud,
raggiungeremo la cima. Tanta gente che già scende, ma in questo periodo siamo al
top dell’affollamento; nei passaggi attrezzati ci si alterna continuamente
nel transito con altri escursionisti, in un continuo succedersi di doberdan, ciao, danke,
grazie, gruss gott, hvala, mandi e
brevi saluti in lingue a noi sconosciute. Alle 11.30 siamo finalmente in
cima, ma il tutto fa più spiaggia che vetta. Ci saranno almeno 20 persone ed
i gracchi fanno festa con tutto quello che avanza dagli spuntini usciti dagli
zaini. Forse è a causa di questo affollamento che non abbiamo incontrato lo Zlatorog, il mitico stambecco candido dalle corna
d’oro, custode del giardino nel quale fiorisce la rosa del Triglav e protagonista di una delle più popolari
leggende slovene. Siamo sulla montagna più alta (2863m.) di questa parte delle
Alpi, ad alta valenza simbolica per gli Sloveni, che hanno inserito la sua silhouette
tricime nella loro bandiera nazionale. Inutile dire che il panorama è
di quelli “super”a 360°, anche se un po’ di nuvolaglia incappuccia ora alcune
cime vicine. Ancora qualche foto accanto all’ Aljazev
Stolp, la torretta metallica eretta in cima che
reca la data del 1895 e ci accingiamo a riprendere la via del ritorno con il
desiderio della birretta che ci concederemo a
conclusione del tratto più impegnativo, quanto raggiungeremo l’unico rifugio
toccato nel corso della gita, la Trzaska Koca (Capanna dei triestini) a sella Dolic. Tornati alla base della cima, invece che
puntare verso la Luknja percorriamo il
pianoro verso sud fino a scendere alla koca,
posta su una sella a 2152 sotto le pareti del Kanjavec
e buon punto di appoggio per le escursioni al Tricorno attraverso la Valle
dei sette laghi. Qui ci possiamo permettere la meritata pivo,
seduti su una panchina a dominare la val Trenta ed
il non breve percorso che ci riporterà in Zadnjica
attraverso un comunque agevole sentiero. Come sempre il ritorno pare non finire mai, e scendendo il caldo torna
a farsi sentire. Franco è in forma smagliante, e per tenere il suo passo
ricorro ad una misura da formula uno, il cambio delle coperture. Cavo gli
scarponcini, li lego allo zaino ed infilo i sandali, tanto da qui alla fine
il fondo è relativamente agevole. Quando il fondovalle per raggiungere l’auto
ci appare interminabile, finalmente la sbarra che delimita il parcheggio appare.
Comprese le soste siamo stati fuori per 10h 30’ ed ora possiamo rinfrescarci
nella Krajcarca, il torrentello
di fondovalle che, nonostante le notevoli carenze idriche del periodo,
gorgoglia deciso nel bosco, ma la mano nell’acqua non resiste per più di 3 o
4 secondi. E’ ora di
tornare, e dopo un saluto silenzioso a zio Julius
il cui spirito aleggia eterno tra questi alberi e rocce, riprendiamo appagati
la via della stupenda val Trenta, accompagnati nel
nostro andare sino a destinazione dallo scorrere dell’ Isonzo. |