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SCHEGGE E SCINTILLE

PENSIERI, SPUNTI, RIFLESSIONI

DALLA PAROLA DI DIO E DALLA VITA

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a cura di: don_franco_locci@libero.it

 

MARZO 2025

SABATO 1° MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

CHE GIOIA SENTIRSI BAMBINI TRA LE TUE BRACCIA, SIGNORE.

 

HANNO DETTO: L’uomo più felice è quello nel cui animo non c’è alcuna traccia di cattiveria. (Platone)

SAGGEZZA POPOLARE: Fare quello che ti piace è la libertà. Amare ciò che si fa è la felicità.

UN ANEDDOTO: A scuola mi domandarono cosa volessi essere da grande. Io scrissi “Essere felice”. Mi dissero che non avevo capito il compito, e io risposi che loro non avevano capito la vita.

PAROLA DI DIO: Sir 17,1-13; Sal 102; Mc 10,13-16

 

Vangelo Mc 10,13-16

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, ponendo le mani su di loro. Parola del Signore

 

LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME, NON GLIELO IMPEDITE: A CHI È COME LORO, INFATTI, APPARTIENE IL REGNO DI DIO

I bambini dipendono in tutto dai genitori, per il cibo, il vestito, la casa, le cure, l’istruzione... Anche noi, "bambini evangelici", dipendiamo in tutto dal Padre: ci nutre come nutre gli uccelli del cielo, ci veste come veste i gigli del campo, sa ciò di cui abbiamo bisogno, prima ancora che glielo chiediamo, e ce lo dona. Lo stesso regno di Dio non lo si conquista, lo si accoglie in dono dalle mani del Padre. Ancora, il bambino non fa il male perché non lo conosce. Il discepolo del Vangelo, amando, sfugge il male, si mantiene puro e ridiventa innocente. Il bambino, perché non ha esperienza, va verso la vita con fiducia, come verso un’avventura sempre nuova. Il "bambino evangelico" mette tutto nella misericordia di Dio e, dimentico del passato, inizia ogni giorno una vita nuova, disponibile ai suggerimenti dello Spirito, sempre creativo. Il bambino non sa imparare a parlare da solo, ha bisogno di chi gli insegni. Il discepolo di Gesù non segue i propri ragionamenti, ma impara tutto dalla Parola di Dio fino a parlare e a vivere secondo il Vangelo. Il bambino è portato ad imitare il proprio padre. Se gli si chiede cosa farà da grande spesso dice il mestiere del padre. Così il "bambino evangelico": imita il Padre celeste, che è l’Amore, ed ama come lui ama: ama tutti perché il Padre "fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti"; ama per primo perché lui ci ha amato quando eravamo ancora peccatori; ama gratuitamente, senza interesse perché così fa il Padre celeste.

 

 

DOMENICA 2 MARZO: 8^ DOMENICA T.O. ANNO C

Una scheggia di preghiera:

 

CAMBIA SIGNORE IL CUORE DI PIETRA IN UN CUORE DI CARNE CAPACE DI AMARE.

 

HANNO DETTO: Quelli che sperano di raggiungere la felicità, cercando ricchezze, gloria, potere e imprese eroiche, sono ingenui quanto un bambino che vuole afferrare l’arcobaleno per farsene un mantello. (Dilgo Khyentse Rinpoche)

SAGGEZZA POPOLARE: Il denaro è solo un numero, e i numeri non finiscono mai. Se hai bisogno di soldi per essere felice, la ricerca della felicità non avrà mai fine.

UN ANEDDOTO: Che cosa è la felicità? Secondo il padre della psicologia positiva Martin Selingman il 60 per cento della felicità è determinata dai nostri geni e dall’ambiente, il restante 40 per cento dipende da noi. Pare che la felicità sia anche contagiosa. I ricercatori della Harvard University hanno scoperto che, quando una persona diventa felice, un amico che le vive vicino ha una probabilità del 25 per cento in più di diventarlo anche lui. E secondo un’altra ricerca, condotta sul volontariato, le persone che passano del tempo ogni mese ad aiutare gli altri sono più felici. (e questo lo scriveva già Lev Tolstoj 200 anni fa)

PAROLA DI DIO: Sir 27,5-8; Sal 91; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45

 

Vangelo Lc 6,39-45

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero, infatti, si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.  L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore». Parola del Signore

 

“OGNI ALBERO SI RICONOSCE DAL SUO FRUTTO”.

Gesù, citando questo proverbio ci dice che è il “fondo” dell’uomo che permette di giudicare dei suoi atti, è il “cuore” dell’uomo che è essenziale. Però è anche vero che non sempre dall’esterno dei frutti si può giudicare la bontà dell’albero: pensate a certe bacche meravigliose che troviamo nei boschi, o a certi funghi bellissimi: tutto sembra dirti la bontà del prodotto, ma se provi a mangiarli... Noi uomini, quindi, possiamo anche confonderci e sbagliarci. E i miei frutti sono buoni?

Tutte le parole che dico sono di “nutrimento”, di incoraggiamento, di speranza, di edificazione per i miei fratelli o dietro magari al miele, alla forma esteriore si radica un veleno che poco per volta infetta e magari uccide?

Signore, trasforma il mio cuore, questo centro profondo della mia personalità: rendilo “buono” come quando si parla di un “buon pane” saporito, gustoso, desiderabile. Che la mia vita sia veramente un buon frutto di cui gli altri possano gioire e nutrirsi.

 

 

LUNEDI’ 3 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU', SENTO SU DI ME IL TUO SGUARDO PIENO DI AMORE.

 

HANNO DETTO: I tre grandi elementi essenziali alla felicità in questa vita sono qualcosa da fare, qualcosa da amare, e qualcosa da sperare. (Joseph Addison)

SAGGEZZA POPOLARE: Per ogni minuto che sei arrabbiato, perdi sessanta secondi di felicità.

UN ANEDDOTO: Se vuoi essere felice per un giorno dai una festa; per due settimane, fai un viaggio; per un anno, eredita una fortuna; per tutta la vita, trova uno scopo degno.

PAROLA DI DIO: Sir 17,20-28; Sal 31; Mc 10,17-27

 

Vangelo Mc 10,17-27

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio». Parola del Signore

 

ALLORA GESÙ FISSÒ LO SGUARDO SU DI LUI, LO AMÒ.

Prova ad immaginare gli occhi di Gesù, pieni di luce, di tenerezza, di amicizia, che con uno sguardo dicono più di mille parole, che in un attimo sanno comunicare un amore infinito!

Pensa che anche tu sei guardato da Gesù con uno sguardo simile. Per Gesù sei un amico, sei un tesoro prezioso e Lui veglia su di te, continuamente rivolge su di te i suoi occhi. Ma pensa anche alla potenza del tuo sguardo. Con i tuoi occhi puoi dire mille cose: paura, rabbia, disagio, tristezza... ma puoi anche dire gioia, amore. E il tuo sguardo può arrivare anche là dove non arrivano le parole. Prova a guardare al mondo, ai tuoi amici, ai tuoi genitori, fratelli, sorelle, insegnanti, passanti, vicini... con lo stesso sguardo di Gesù. Scoprirai di avere un potere grandissimo: quello di accendere nei cuori di tanti una piccola fiamma di amore.

 

 

MARTEDI’ 4 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

TU, SIGNORE, SEI LA NOSTRA GIOIA PER OGGI E PER SEMPRE.

 

HANNO DETTO: Non è possibile vivere felicemente senza anche vivere saggiamente, bene e giustamente, né saggiamente, bene e giustamente senza anche vivere felicemente. (Epicuro)

SAGGEZZA POPOLARE: Cercare l’indirizzo della felicità è inutile. Cambia domicilio in continuazione.

UN ANEDDOTO: Scriveva Matteuw Richard: “Un amico mi ha raccontato che si era ripromesso di mettere da parte un milione di dollari e smettere di lavorare per godersi la vita. Dieci anni dopo possedeva non uno, ma tre milioni di dollari. E la felicità? La sua concisa riposta è stata: “Ho perso dieci anni della mia vita”.

PAROLA DI DIO: Sir 35,1-15; Sal 49; Mc 10,28-31

 

Vangelo Mc 10,28-31

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi». Parola del Signore

 

«GIÀ ORA» 

Della ricchissima pagina evangelica di oggi cogliamo un’espressione semplice, che può sbadatamente apparire secondaria. È invece una frase fondamentale per la vita di ogni cristiano. Se Gesù non l’avesse pronunciata le sue promesse non sarebbero state molto diverse da quelle di tanti altri leaders religiosi che promettono il benessere nell’aldilà. Questa è la differenza: Gesù promette affetto, beni e sicurezza “già al presente”. Lo fa compromettendosi perché le sue parole diventano verificabili. È vero o no che chi lascia qualcosa a causa del vangelo riceverà il centuplo?

Gesù si espone alle smentite o alle conferme della realtà terrena. La sua sicurezza è impressionante, sta a ciascuno metterla alla prova dei fatti. Alle promesse liete Cristo aggiunge una pecora nera: le persecuzioni. Anche queste saranno una conferma che si è sulla buona strada, la loro assenza dovrà invece insospettirci sull’autenticità del nostro cristianesimo. Un politico l’avrebbe taciuto, Gesù è sincero sino in fondo.

 

 

MERCOLEDI’ 5 MARZO: LE CENERI

Una scheggia di preghiera:

 

TU, SIGNORE MI CONOSCI NEL PROFONDO: ABBI PIETA' DI ME.

 

HANNO DETTO: Non ci può essere felicità se le cose in cui crediamo sono diverse dalle cose che facciamo. (Freya Stark)

SAGGEZZA POPOLARE: La felicità è qualcosa che si moltiplica quando viene condivisa.

UN ANEDDOTO: Charlie Brown: Penso che ho paura di essere felice. Lucy: Come si può avere paura di essere felice? Charlie Brown: Perché ogni volta che si diventa troppo felici, accade sempre qualcosa di brutto. (Peanuts)

PAROLA DI DIO: Gl 2,12-18; Sal 50; 2Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18

 

Vangelo Mt 6,1-6.16-18

Dal vangelo secondo Matteo 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Parola del Signore 

 

“IL PADRE TUO CHE VEDE NEL SEGRETO, TI RICOMPENSERÀ”.

Iniziamo oggi la Quaresima, quaranta giorni per prepararci alla Pasqua e subito il Vangelo ci fa un programma di vita attraverso tre pilastri di tutta la vita religiosa: la carità, la preghiera e il sacrificio da viversi nella gioia e solo per Dio. Infatti, Gesù, quasi a ritornello ci ripete: “Il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà”, e questo ci indica la profondità dell’intimità di Dio con noi. Abitualmente noi viviamo troppo spesso nella superficialità, nell’apparenza, nell’esteriore. Dio dobbiamo cercarlo nel profondo perché è là che ci cerca lo sguardo di Dio. Il nostro cammino quaresimale sia allora questo andare a fondo attraverso la preghiera, con l’aiuto della rinuncia al superfluo per scoprire la carità di Dio nei nostri confronti che ci spinge alla solidarietà concreta e non superficiale con i fratelli.

 

 

GIOVEDI’ 6 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU', NELLA TUA CROCE ANCHE LE NOSTRE CROCI POSSONO DIVENTARE AMORE.

 

HANNO DETTO: Dio si è riservato la distribuzione di due o tre piccole cose sulle quali non può nulla l’oro dei potenti della terra: il genio, la bellezza e la felicità. (Théophile Gautier)

SAGGEZZA POPOLARE: Una gioia disperde un centinaio di dolori. (Proverbio cinese)

UN ANEDDOTO: Racconta Charlie Caplin nella sua autobiografia: “Da ragazzo mi lamentavo sempre con mio padre perché non avevo giocattoli. Lui mi diceva indicandosi la testa: questo è il più grande giocattolo del creato, è qui il segreto della felicità.”

PAROLA DI DIO: Dt 30,15-20; Sal 1; Lc 9,22-25

 

Vangelo Lc 9,22-25

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina sé stesso?». Parola del Signore

 

“SE QUALCUNO VUOI VENIRE DIETRO A ME, RINNEGHI SÉ STESSO, PRENDA LA SUA CROCE, OGNI GIORNO, E MI SEGUA”.

Gesù annuncia di essere il Messia crocifisso, ma parla anche della croce del cristiano. Quale sarà questa croce? Non è una croce che possiamo programmare noi. La croce è già lì: i fastidi, le tribolazioni, i problemi, le sofferenze, le difficoltà, le incomprensioni, gli impegni gravosi della vita quotidiana. Tuttavia, non basta portare la croce. Non è sufficiente dire: “Anch’io ho la mia croce da portare”. Occorre portarla secondo la logica di Cristo, nella prospettiva del Regno. Croce di Cristo vuol dire sacrificio per amore. Disponibilità a perdere la propria vita. Solidarietà coi poveri. Impegno di giustizia. Lotta per abolire le divisioni tra gli uomini, insomma, non basta pronunciarsi per Lui, bisogna tenergli dietro. La croce diventa la misura della fedeltà. Non si tratta, beninteso, né di cercare, né tanto meno di amare la croce. Quanto piuttosto di amare attraverso la croce.

 

 

VENERDI’ 7 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU' TU SEI LA NOSTRA VERA GIOIA.

 

HANNO DETTO: Se si costruisse la casa della felicità, la stanza più grande sarebbe la sala d’attesa. (Jules Renard)

SAGGEZZA POPOLARE: La felicità è come un gatto che corre dietro alla sua coda. Più la rincorre e più gli sfugge. Ma quando si impegna in altre cose, la coda gli viene dietro ovunque lui vada.

UN ANEDDOTO: Una volta una ragazzina vide in un bosco una bella farfalla impigliata in un rovo. il cuore gentile le suggerì di salvarla dalla morte. La liberò dolcemente e la farfalla variopinta si mise a volare. Ma, dopo qualche metro si trasformò in una dolce fata. “Tu mi hai salvato la vita, bambina generosa. Che cosa posso fare per te?” La bambina le chiede la ricetta della felicità e la fatina le rivela il segreto della gioia permanente. La piccola trascorre una vita comune, sempre perfettamente felice. Diventata una vecchietta sorridente e piena di brio, i familiari si preoccupano di conoscere il segreto della fata, perché non scenda nella tomba con lei. Finalmente la vecchietta cede e racconta. Ecco la formula della felicità: “Ricordati che ogni persona, anche se sembra molto sicura di sé, ha bisogno di te”.

PAROLA DI DIO: Is 58,1-9a; Sal 50; Mt 9,14-15

 

Vangelo Mt 9,14-15

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno». Parola del Signore

 

“POSSONO, FORSE, GLI INVITATI ALLE NOZZE ESSERE IN LUTTO MENTRE LO SPOSO È CON LORO?”

Gesù sta parlando di noi. Siamo noi gli invitati alle nozze, alla festa di Colui che per noi è morto e risorto. Se vai ad una festa, non ci vai col muso lungo, se no rovini la tua giornata e quella degli altri. Non si può ridurre il cristianesimo a una osservanza di norme o a un noioso succedersi di riti. Il cristianesimo è gioia, amore per la vita, liberazione, perdono, speranza. Non possiamo andare a Messa come se dovessimo pagare una tassa, non possiamo pregare solo perché è un dovere, non possiamo amare il prossimo solo perché, se no, il Signore non ci manda in paradiso. Il cristiano che non vive la gioia della sua fede, che non trasmette serenità o speranza a questo nostro mondo, tradisce il Cristo e i suoi doni. E se è vero che non sempre la vita ci fa ridere, almeno la serenità di non saperci soli e il sorriso nella carità devono contrassegnare la nostra fede.

 

 

SABATO 8 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GESÙ', CHE GIOIA: TU MI AMI.

 

HANNO DETTO: Il segreto della felicità non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa. (Lev Tolstoj)

SAGGEZZA POPOLARE: L’uomo che cerca la felicità in questo mondo è come il bambino che si succhia il dito: ha saliva, non latte. (Proverbio indiano)

UN ANEDDOTO: Un pellegrino giunse dopo un lungo viaggio presso un guru, noto a tutti per la sua saggezza: “Qual è il segreto della felicità?” chiese ansioso il giovane, certo di ottenere finalmente una risposta. “Non ho ancora trovato il segreto della felicità, figlio mio. La vita è un susseguirsi di gioia e dolore. La felicità è una perla rara e preziosa. Tuttavia, se l’esistenza ti concederà un attimo di gioia, leva immediatamente le mani verso il cielo e fa’ risuonare l’universo con un canto di lode al tuo Dio. La gioia di quell’attimo si conserverà nel tuo cuore per sempre. (Tradizione induista)

PAROLA DI DIO: Is 58,9b-14; Sal 85; Lc 5,27-32

 

Vangelo Lc 5,27-32

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». Parola del Signore

 

“LEVI GLI PREPARO’ UN GRANDE BANCHETTO NELLA SUA CASA. E C’ERA UNA FOLLA DI PUBBLICANI E D’ALTRA GENTE SEDUTA CON LORO A TAVOLA”.

Gesù chiama l’esattore Levi-Matteo e questi, dopo aver lasciato il tavolo del cambiavalute, imbandisce una festa per Gesù. Noi siamo talmente abituati a pensare che la sequela di Gesù sia una cosa dura e difficile che ci stupisce che un chiamato, come primo segno di sequela faccia una festa. E pensate bene: Gesù va a quella festa!

Sentirsi dire da Gesù "seguimi!" non è prima di tutto iniziare esami di coscienza per vedere se ne siamo degni o meno, non è farsi interrogativi sul perché e sul per come,  è l’inizio di una stupenda avventura per la quale vale la spesa imbandire un grande banchetto. Evangelizzare, annunziare Gesù è qualcosa di così straordinario, che non può non rivestire l'immagine di una grande festa. Evangelizzare vuol dire invitare a festa! 

Se riscopriamo questo segreto di gioia, le nostre Eucaristie ritorneranno a essere dei momenti gioiosi e non delle tristi abitudini o dei gesti compassati. Se riscopriremo questo far festa per una buona notizia anche i cosiddetti lontani capiranno che il Vangelo non è tristezza ma gioioso annuncio. Un errore che comunemente facciamo mettendoci davanti a Gesù è quello di sottolineare troppo la distanza che c’è tra noi e Lui. Lui è Dio, noi uomini. Lui è santo, noi molto lontani dalla santità. Se questo è vero, è anche vero che Lui è venuto proprio per abolire queste distanze. Noi, poi, spesso pensiamo che solo i buoni possano avvicinarsi a Lui. Egli, invece, è venuto per la salvezza di tutti. Anche le parole di Gesù che noi ripetiamo nella consacrazione del calice, ce lo ricordano: “Questo è il mio sangue versato per voi e per tutti”. Quindi, Gesù non è imprigionato nei monasteri, non è retaggio esclusivo di coloro che pensando di essere gli unici giusti lo rifiutano perché già “occupati” da sé stessi. Anzi, se qualcuno sta particolarmente a cuore a Gesù sono proprio i “lontani”, i peccatori. Gesù è il buon Pastore che va in cerca della pecora perduta. Se dunque ti senti peccatore, indegno di Gesù, pensa che Lui ti sta cercando, che per te ha offerto la sua vita, che non ti considera una “persona persa” ma che ti sta cercando perché ti ama. L’unica cosa che devi fare è lasciarti trovare, cambiare vita, fare festa e invitare anche altri alla festa perché la misericordia di Lui possa riempirti e raggiungere anche i fratelli.

 

 

DOMENICA 9 MARZO: 1^ DOM. QUARESIMA ANNO C

Una scheggia di preghiera:

 

PURIFICAMI, O SIGNORE, SARO' PIU' BIANCO DELLA NEVE.

 

HANNO DETTO: La vita è fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Non è fatta solo di grandi cose, come lo studio, l’amore, i matrimoni, i funerali. Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l’anima respira e grazie alla quale vive.  (Banana Yoshimoto)

SAGGEZZA POPOLARE: La felicità tenuta per sé è il seme; la felicità condivisa è il fiore.

UN ANEDDOTO: Dopo che nell’assemblea degli animali la scimmia si era fatta onore danzando, venne da loro eletta re. La volpe, che era invidiosa di lei, come vide un pezzo di carne che si trovava dentro una trappola, vi condusse la scimmia e le disse che, pur avendo trovato un tesoro, non voleva farne uso, ma lo aveva conservato come omaggio alla sua regalità, e la invitava a prenderlo. La scimmia accorse senza prestare attenzione e, dopo essere stata incastrata dalla trappola, si mise ad accusare la volpe di averle teso un tranello. La volpe replicò: «Scimmia, tu, così sciocca, regni sugli animali?» Allo stesso modo, coloro che, nelle loro azioni, operano sconsideratamente, oltre a patire disgrazie finiscono anche per essere derisi.

PAROLA DI DIO: Dt 26,4-10; Sal 90; Rm 10,8-13; Lc 4,1-13

 

Vangelo Lc 4,1-13

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. Parola del Signore

 

GESÙ, PIENO DI SPIRITO SANTO, SI ALLONTANÒ DAL GIORDANO ED ERA GUIDATO DALLO SPIRITO NEL DESERTO, PER QUARANTA GIORNI, TENTATO DAL DIAVOLO.

Sembra quasi che la Chiesa e Gesù, oggi prima domenica di Quaresima, vogliano portarci nel deserto per dirci: giù le maschere, guardate in voi stessi, cercate di scoprire davvero chi siete, per che cosa correte, che cosa valete. Nel deserto non c’è bisogno di essere diversi da ciò che si è: l’apparenza non serve, sono messo alle strette, senza cedere alle lusinghe del mondo che mi propone modelli di vita impossibili. No, nel deserto dobbiamo scaricarci di tutto il superfluo, nel deserto dovete imparare a sopportare l’inaudito frastuono del silenzio. Nel deserto leviamo le maschere e scopriamo che siamo viandanti, pellegrini, la nostra patria è altrove. Occorre pazienza, quindi, nel raggiungere la meta (a proposito: lo sappiamo dove stiamo andando?) Il deserto rivela la nostra natura profonda di viandanti, e il viaggio ricorda parole quali precarietà, essenzialità, disponibilità alla scoperta e allo stupore, fiducia. Gesù nel deserto sceglie in che modo essere Messia, rifiuta le tentazioni per giocare in pieno la sua libertà. Gesù rifiuta la tentazione del pane, che riduce l’uomo a sopravvivere intorno alle “cose”: denaro, lavoro, vacanze, vestiti. Cose utili, ottimi servi, pessimi padroni. L’uomo non si riempie il cuore con gli zeri del suo conto in banca. Gesù rifiuta un messianismo di gloria e di plauso, di facili consensi, di gesti mirabolanti. Che stupore!

Gesù, uomo riuscito, ha un’autostima tale che può senza difficoltà fare a meno del giudizio degli altri, Gesù rifiuta il potere (ma come? Rifiuta ciò che noi desideriamo?) Infine, Gesù rifiuta l’immagine di un Dio che compie miracoli, un Dio eclatante. Gesù toglie la maschera che gli uomini hanno messo anche a Dio e vede un Padre, non un despota Onnipotente da corrompere. Vogliamo allora provare anche noi, pellegrini, a passare attraverso la tentazione per gettare quello che non serve, per guardare al nostro cuore?

La chiesa, da duemila anni, propone tre strade: la preghiera, il digiuno, l’elemosina. La preghiera: cinque minuti di silenzio al giorno con il Vangelo della domenica davanti agli occhi, cinque minuti per iniziare la giornata entrando nel grande mare della pace interiore che viene da Dio. Il digiuno: rinunciare a qualcosa (che so? La TV? Una sigaretta? Un dolce?) per ristabilire un ordine nella nostra volontà (chi guida la mia vita? Le mie passioni?), per dedicare del tempo agli altri.

 

 

LUNEDI’ 10 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU', CHE IO TI VEDA NEL FRATELLO.

 

HANNO DETTO: La felicità è folgore, la gioia luce: perciò non si può vivere nella felicità, ma si può vivere nella gioia. (Maura Del Serra)

SAGGEZZA POPOLARE: Se sei felice non gridare troppo: la tristezza ha il sonno leggero.

UN ANEDDOTO: Amore. Amore non è una parola farfallina che volteggia su labbra profumate. Amore fa rima con sudore. La prima parola dell'amore non è: “Ti do un bacio”. La prima parola dell'amore è: “Ti do una mano”.  “Le parole non fanno cuocere il riso”. Dicono nel Senegal. Commuoversi è essere nel territorio del sentimento: muoversi è passare nel territorio dell'amore.

PAROLA DI DIO: Lv 19,1-2.11-18; Sal 18; Mt 25,31-46

 

Vangelo Mt 25,31-46

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». Parola del Signore

 

"ERO MALATO E MI AVETE VISITATO".

Come fanno le suore di Madre Teresa ad occuparsi di certi malati?

"Quando ci occupiamo del malato e del bisognoso noi tocchiamo il corpo sofferente di Cristo e questo tocco ci rende eroici; ci fa scordare la ripugnanza e tendenze naturali che sono in noi. Ci occorrono gli occhi di una fede profonda per vedere Cristo nel corpo mutilato e negli abiti sudici sotto i quali si nasconde il più bello dei figli dell'uomo. Ci occorrono le mani di Cristo per toccare questi corpi feriti dalla sofferenza e dal dolore. Una Sorella mi diceva che proprio due o tre settimane prima, a Bombay, lei ed alcune Sorelle avevano raccolto un uomo dalla strada e lo avevano portato a casa. Disponiamo di un luogo spazioso che ci è stato regalato e che noi abbiamo trasformato in una casa d'accoglienza degli incurabili. Quell'uomo venne portato là e le Sorelle si presero cura di lui. Lo amarono e lo trattarono con dignità. Subito si accorsero che la sua schiena non aveva più pelle né carne. Era interamente mangiato. Dopo averlo lavato lo misero a letto e una Sorella mi disse che mai aveva veduto tanta gioia quanta ne aveva scorta sul volto di quell'uomo. Allora le domandai: "Cosa avete provato quando avete tolto i vermi dal suo corpo, ditemelo!"

Lei mi guardò e poi disse: "Mai avevo sentito la presenza di Cristo; non avevo mai creduto veramente alla parola di Gesù che dice: "Ero malato e voi questo l'avete fatto a me Ora la sua presenza era in “quell’uomo e io la potevo vedere su quel viso”. Questo è un dono di Dio.

 

 

MARTEDI’ 11 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

PADRE, LIBERACI DAL MALE.

 

HANNO DETTO: Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici, sono gli affascinanti giardinieri che rendono la nostra anima un fiore. (Marcel Proust)

SAGGEZZA POPOLARE: Non si può avere sempre la felicità, ma si può sempre dare la felicità.

UN ANEDDOTO: Risposte di bambini: La mamma, di Domenico, cinque anni, dice: “Gesù, è in Cielo!» «No, Gesù non è, in Cielo! È, nel mio cuore!» La mamma gli spiega, che non c'è contraddizione: che il Cielo non è un luogo, e che Gesù sta, anche, nel suo cuore! «No, mamma! Gesù non sta, in Cielo: sta, nel mio cuore. E, nel mio cuore, è il Cielo!» Un medico, visita, una bambina: «Chi c'è, nelle orecchie? Paperino?» «No!» «Chi c'è, nel naso? Topolino?». «No!» «Chi c'è, nel cuore? Tom, e Jerry?». «No! Quelli, sono, sulle calze! Nel cuore, c'è Gesù!».

PAROLA DI DIO: Is 55,10-11; Sal 33; Mt 6,7-15

 

Vangelo Mt 6,7-15

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome,  venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi, infatti, perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi, ma, se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe». Parola del Signore

 

"LIBERACI DAL MALE"

Di che 'MALE' si tratta?

Da quale 'MALE' ci deve liberare Dio Padre?

Il MALE è il MALIGNO. Il male è una persona, non una parola vaga, astratta. Molti, lo so, scuoteranno la testa, credendo di essere più intelligenti e moderni del prete, della Chiesa. Così facendo essi sono già preda del male. Per quanta gente non esiste la mafia, la corruzione, la pedofilia, la falsità, il tradimento, la prepotenza... il male: eppure ci  sono, eccome!

Ogni male, tutto il male ha una sorgente: il maligno. Occorrerebbe leggere nel Vangelo tutte le volte che Gesù ne parla. Noi, dunque, non buttiamo sul ridere questo argomento, ma umilmente, e sapientemente, preghiamo il Padre celeste: "LIBERACI dal MALE". Il male è forte, ci circonda, e potrebbe anche travolgerci: Padre, liberaci dal male. Satana c'è ed agisce, anche se tanta gente sghignazza: Padre, liberaci dal male. Gesù ne parla troppo nel Vangelo; non è una 'storiella': Padre, liberaci dal male. Il Vangelo parla di ossessi e di esorcismi: e nemmeno oggi mancano, e sono cose tremende, come al tempo di Gesù: Padre, liberaci dal male. Ma Gesù ci ha insegnato a NON TEMERE, ed a PREGARE IL PADRE perché ce ne liberi: Padre, liberaci dal male. Dunque, pregando così frequentemente il Padre nostro saremo aiutati ad aprire gli occhi contro ogni superficialità e faciloneria. Chiamiamo con il loro nome le cose!

 

 

MERCOLEDI’ 12 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA RISURREZIONE, GESU', È IL SEGNO DELLA NOSTRA SALVEZZA.

 

HANNO DETTO: La ragione per cui le persone trovano così difficile essere felici è che sempre vedono il passato migliore di quello che era, il presente peggio di quello che è, e il futuro meno risolto di quello che sarà. (Marcel Pagnol)

SAGGEZZA POPOLARE: Ci sono due tipi di persone: quelli che potrebbero essere felici e non lo sono, e quelli che cercano la felicità senza trovarla. (Proverbio arabo)

UN ANEDDOTO: Un iceberg, magnifica montagna di ghiaccio, bianco, e azzurro, portato dalle onde del mare, arrivò fin di fronte ad una spiaggia, che, altro non era, se non l'estremo lembo, di un deserto! Proprio davanti all'iceberg, si affacciava una graziosa duna di sabbia, bionda, e finissima. La duna, e l'iceberg, si presentarono, educatamente: conversarono, prima, del più, e del meno, poi, sempre più intimamente, e si innamorarono! Si resero conto, di non poter vivere l'uno, senza l'altra, e decisero di sposarsi. «Sei diventata matta?» Le amiche della duna la assalirono! «Resterai appiccicata al ghiaccio, e il vento ti porterà in giro, e ti disperderà!» «Sii ragionevole, figlio mio!», lo implorava la madre dell'iceberg. «Nulla sarà più, come una volta. La sabbia calda ti farà sciogliere, completamente!» Ma non ascoltarono! Entrambi, invece, decisero di sposarsi! E, quel lembo di deserto, divenne un giardino fiorito. "A volte, il cuore ha delle ragioni, che la ragione non comprende".

PAROLA DI DIO: Gn 3,1-10; Sal 50; Lc 11,29-32

 

Vangelo Lc 11,29-32

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». Parola del Signore

 

COMINCIÒ A DIRE: “QUESTA GENERAZIONE È UNA GENERAZIONE MALVAGIA; ESSA CERCA UN SEGNO, MA NON LE SARÀ DATO NESSUN SEGNO FUORCHÉ IL SEGNO DI GIONA”.

Non sono soltanto “alcuni scribi e farisei” a chiedere a Cristo un segno, qualcosa di tangibilmente prodigioso per credere in lui. Siamo tutti in cerca di un segno: crediamo, ma spesso ci leghiamo a miracoli, ad apparizioni, a poteri straordinari. Anche per fidarci di autentici discepoli di Cristo, uomini e donne del nostro tempo, attendiamo da loro che ci stupiscano con l’impossibile. Gesù si è indignato di fronte a tale richiesta e non ha promesso altro segno che quello di Giona, il segno della sua resurrezione; l’episodio di Giona, per tre giorni nel ventre della balena, ne è simbolo.

La resurrezione del Signore opera in noi dandoci la forza, la certezza di risorgere quotidianamente in attesa della resurrezione finale nella gloria. “Resurrezione” è fiducia e coraggio di vivere, è liberante superamento del male che è in noi, è trasformazione di noi stessi in “uomo nuovo”, ogni giorno nuovo, ii “segno” per la nostra fede è soprattutto sentire in noi la forza operante di Cristo risorto.

 

 

GIOVEDI’ 13 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE TI CHIEDO QUELLO CHE TU SAI ESSERE IL MIO VERO BENE.

 

HANNO DETTO: Non esistono grandi scoperte né reale progresso finché sulla terra esiste un bambino infelice. (Albert Einstein)

SAGGEZZA POPOLARE: Ci sono due modi per essere felici: migliorare la vostra realtà, o abbassare le vostre aspettative.

UN ANEDDOTO: Al mattino mi guardo allo specchio e dico: “Questo sono io. Mi piaccio, mi trovo bene nella mia pelle. Sono Ok.” Alla sera penso: Dio è intelligente. Non guarda come appaio: guarda il cuore. Dio si che se ne intende!”

PAROLA DI DIO: Est 4,17; Sal 137; Mt 7,7-12

 

Vangelo Mt 7,7-12

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa, infatti, è la Legge e i Profeti». Parola del Signore

 

“CHIEDETE E VI SARÀ DATO”.

Sono molti e diversi i modi di chiedere. C’è chi non chiede (“lo basto a me stesso! Piuttosto che chiedere sto senza”); c’è chi chiede con prepotenza ed arroganza (“chiedo, ma mi è dovuto”); chi contratta (“lo ti do se Tu mi dai”); chi per ottenere “lecca” (“sei veramente buono, grande, quindi dammi”); chi chiede per non doversi impegnare (“certe cose le potrei ottenere con il lavoro, con lo sforzo, ma è più facile chiederle gratis”); ci sono i professionisti del chiedere (pensate a certa gente che vive bene di assistenza); c’è chi chiede perché ha bisogno, con dignità e umiltà.

Gesù ci dice di chiedere per ottenere nella preghiera. Ma in quale categoria e con quale atteggiamento sono le mie richieste?

Gesù ci assicura che il Padre è disponibile al nostro bene ma in un altro passo del Vangelo dice: “Voi chiedete e non ottenete, perché chiedete male e per i vostri interessi”.

 

 

VENERDI’ 14 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

L'UNICO VERO GIUSTO SEI TU, SIGNORE.

 

HANNO DETTO: La vera felicità proviene da un senso di pace ed appagamento interiore che a sua volta si ottiene coltivando altruismo, amore, compassione, e grazie all’eliminazione di rancore, egoismo e avidità. (Dalai Lama)

SAGGEZZA POPOLARE: Le 5 regole per vivere felice: 1) Non odiare. 2) Non ti preoccupare. 3) Dona di più. 4) Abbi meno aspettative. 5) Vivi con semplicità.

UN ANEDDOTO: Il maestro raduna i suoi discepoli, e domanda loro: "Da dove, prende avvio, la preghiera?" Il primo, risponde: "Dal bisogno!" Il secondo, risponde: "Dall'esultanza. Quando esulta, l'animo sfugge all'angusto guscio, delle mie paure, e preoccupazioni, e si leva, in alto, verso Dio!" Il terzo: "Dal silenzio. Quando tutto, in me, si è fatto silenzio, allora, Dio può parlare!" Il maestro risponde: "Avete risposto, tutti, esattamente. Tuttavia, v'è ancora un momento, da cui prende avvio, e che precede, quelli, da voi indicati!  La preghiera inizia, in Dio stesso. È Lui, ad iniziarla, non noi!" "Se l’anima cerca Dio, molto più, il suo amato Signore, cerca lei". (San Giovanni della Croce).

PAROLA DI DIO: Ez 18,21-28; Sal 129; Mt 5,20-26

 

Vangelo Mt 5,20-26

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geenna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!». Parola del Signore

 

“IO VI DICO: SE LA VOSTRA GIUSTIZIA NON SUPERERA’ QUELLA DEGLI SCRIBI E DEI FARISEI, NON ENTRERETE NEL REGNO DEI CIELI”.

Gesù parla di giustizia degli scribi e dei farisei e di giustizia di Dio. Noi scopriamo nel nostro mondo colui che si fa giustizia da solo, la giustizia delle legge, la giustizia del più forte. Ma, quante giustizie ci sono?

La giustizia è una sola, solo Dio è il Giusto. Gli uomini guardando a Lui, da Lui dovrebbero imparare la giustizia. Infatti, penso che siamo tutti d’accordo nel dire che nel nostro mondo non c’è giustizia vera. Anche le leggi più giuste spesso non sono applicate in modo equanime, non tengono conto di persone o situazioni. Qualche volta ci fa perfino difficoltà la giustizia di Dio “che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi”. E allora, ognuno di noi vorrebbe la giustizia come la pensa lui. Gesù, oggi, ci invita a cercare e vivere una giustizia che non sia ipocrita, cercata solo a misura di noi stessi, esteriore, solo legalistica. Il credente, in primo luogo, sa che solo a Dio che conosce i cuori spetta la vera giustizia. Chi sono io per giudicare il mio fratello se del mio fratello conosco unicamente ciò che appare?

Chi sono io, piccola creatura, per dettare leggi al mio Creatore?

Ma allora può esistere ancora la giustizia sulla terra?

Come per la Verità, per la Bontà e per tutti gli altri assoluti, sulla terra non avremo mai la pienezza di questi valori, ma ci avvicineremo enormemente ad essi se faremo derivare il nostro agire da Colui che è in sé la pienezza di tutte queste cose.

 

 

SABATO 15 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GUARDO A TE, O DIO, PER CONOSCERE LA STRADA DELL'AMORE.

 

HANNO DETTO: Non esiste una strada verso la felicità. La felicità è la strada (Confucio)

SAGGEZZA POPOLARE: Felicità? Una piccola incombenza giornaliera da curare come faresti con un giardino.

UN ANEDDOTO: Dicono che le scimmie partoriscano due figli: uno è amato e allevato con cura, l’altro odiato e trascurato. Accade, tuttavia, che, per volere del fato, quello accudito con amore e stretto con energia dagli abbracci finisce per essere soffocato dalla madre, mentre quello trascurato riesce a diventare adulto.

PAROLA DI DIO: Dt 26,16-19; Sal 118; Mt 5,43-48

 

Vangelo Mt 5,43-48

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Parola del Signore

 

“AMATE I VOSTRI NEMICI, PERCHE’ SIATE FIGLI DEL PADRE VOSTRO CELESTE, CHE FA SORGERE IL SUO SOLE SOPRA I MALVAGI E SOPRA I BUONI, E FA PIOVERE SOPRA I GIUSTI E GLI INGIUSTI”.

Ancora una volta riprendiamo la riflessione sul perdono, e oggi ci viene offerta una possibilità in più per fare un altro passo su questa strada. Gesù ci ricorda che la controprova di essere figli di Dio ci è data dal fatto di comportarci come Lui. Quindi l’essere figli non è un fatto acquisito una volta per sempre, è un titolo che viene guadagnato cercando di rassomigliare al Padre nella sua generosità verso tutti, compresi i nemici, nella sua benevolenza verso gli «ingiusti» e i «malvagi». Io posso considerarmi figlio del Padre celeste, solo se lo imito nel perdono, e nell’amore verso i nemici, i cattivi, i mascalzoni che mi offendono. Oserei dire che non si nasce figli. Lo si diventa. Il Padre ci riconosce come figli allorché sul nostro volto, nelle nostre azioni, appaiono i tratti caratteristici della sua bontà sconfinata. Essere figli è una cosa stupenda, ma anche una grossa fatica, un impegno interminabile. Inutile cullarci in facili illusioni. Il Padre non ci perde di vista. Solo se gli lanciamo regolari segnali di presenza sulla strada ardua, impossibile, della «rassomiglianza», ma contemporaneamente se noi cerchiamo di percorrere le sue strade scopriamo la gioia di essere capaci a compiere cose normalmente impossibili e a provare gioie che nessuna vendetta o astio nei confronti del nemico ci avrebbero mai procurato.

 

 

DOMENICA 16 MARZO: 2^ DOM. QUARESIMA ANNO C

Una scheggia di preghiera:

 

FA' CHE ASCOLTIAMO OGGI LA TUA VOCE.

 

HANNO DETTO: La gente non si accorge se è inverno o estate quando è felice. (Anton Cechov)

SAGGEZZA POPOLARE: Chi può conseguir oggi la propria felicità, non deve aspettar domani. (proverbio italiano)

UN ANEDDOTO: Visto il fuoco per la prima volta, un satiro voleva baciarlo e abbracciarlo, ma Prometeo lo ammonì: «Tu, capro, piangerai la perdita della barba». E infatti esso brucia chi lo tocca, ma fornisce luce e calore ed è strumento di ogni arte per chi ne ha appreso l’uso. (Plutarco)

PAROLA DI DIO: Gen 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36

 

Vangelo Lc 9,28b-36

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. Parola del Signore

 

“APPENA LA VOCE CESSO’, GESÙ RESTO’ SOLO”.

Per capire bene la Trasfigurazione bisogna partire dal fondo. Gesù ha portato i suoi amici su quella montagna e, lì, essi sono rimasti storditi dalla luce, dalla bellezza, da Mosè, da Elia e soprattutto dalla voce del Padre: “che bello stare qui!”; ma invece, alla fine, Gesù rimane solo. È il Gesù che ha smesso l’abito della luce ed ha ripreso il vestito dei giorni feriali, e il Gesù dell’ordinario che mi riporta alla quotidianità. Gesù ci fa frequentare, almeno per qualche istante le altezze, perché riusciamo a sollevare gli occhi nelle cose quotidiane e banali. Abbiamo bisogno di portare la speranza nella concretezza del nostro vivere. San Filippo Neri, a chi voleva raggiungere le vette della mistica, consigliava: “Va’ piuttosto a rifare il letto ad un mendicante...” Inoltre, sentenziava che “volea volar senz’ale, bisognava pigliarlo per i piedi e tirarlo in basso”. Gesù, con la Trasfigurazione vuole allora far nascere in noi la speranza “dell’alto” ma vuole aiutarci soprattutto a trasfigurare “il basso”.

 

 

LUNEDI’ 17 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

LA TUA MISERICORDIA PERDONA ED INSEGNA A PERDONARE.

 

HANNO DETTO: Il piacere è la felicità degli stolti, la felicità è il piacere del saggio. (Jules Barbey d’Aurevilly)

SAGGEZZA POPOLARE: Felice non è, chi d'esserlo non sa.

UN ANEDDOTO: Il giovane si era lasciato cadere, sulla panchina, nel parco, e si era preso la testa fra le mani! Tutta la disperazione, degli ultimi tempi, gli impediva, quasi, di respirare. Era arrabbiato, e aveva voglia di piangere! Una ragazza graziosa si sedette, sulla panchina, accanto a lui. «Perché, sei così triste?», gli chiese, all'improvviso. «La mia vita, è una schifezza!», mormorò il giovane. «Tutto, è contro di me: non ho un briciolo, di fortuna. Mai! Non ce la faccio più, a continuare!» «Uhm!», sospirò la ragazza. «Dove tieni, il tuo fazzoletto rosa? Mostramelo! Voglio dargli un'occhiata!» «Che cos'è, il fazzoletto rosa?», domandò il giovane. «Io ho solo un fazzoletto nero!». In silenzio, glielo consegnò. La ragazza guardò il fazzoletto! Fu scossa, da un brivido! «È pieno di incubi, di cupa infelicità, e di orribili esperienze!». «È quello, che ti ho detto. Che ci posso fare? Non posso, cambiare la vita!» «Prendi, questo!», disse la ragazza, porgendogli un fazzoletto rosa. «Guardaci, dentro!» Con mani esitanti, il giovane lo aprì, e vide che era pieno di ricordi gioiosi, e dolci momenti! «E dov'è, il tuo fazzoletto nero?», chiese il giovane, incuriosito. «Lo butto, ogni giorno, nella spazzatura, e non ci penso più!», rispose la ragazza. «Metto tutti i momenti più belli, della vita, nel mio fazzoletto rosa. Così, quando sento arrivare un po' di tristezza, o di scoramento, apro il fazzoletto, e mi dico: "Questa, è la mia vera vita!"» Il giovane non fece in tempo, a replicare! La ragazza gli schioccò un bacio, sulla guancia, e scomparve. Al suo posto, sulla panchina, c'era un fazzoletto rosa, con la scritta: «Per te!». Lo aprì, e vide che era vuoto, tranne il piccolo, tenero, bacio, che la ragazza gli aveva dato. A quel pensiero, sorrise, e si sentì il cuore più caldo, e una gran voglia di ricominciare! "Se cerchi bene, anche tu, hai un fazzoletto rosa".

PAROLA DI DIO: Dn 9,4b-10; Sal 78; Lc 6,36-38

 

Vangelo Lc 6,36-38

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio». Parola del Signore

 

"SIATE MISERICORDIOSI COM'E' MISERICORDIOSO IL PADRE VOSTRO. NON GIUDICATE E NON SARETE GIUDICATI".

Ma, si può davvero vivere senza giudicare?

Io non posso non vedere, e sarei anche un 'amorale' se non vedessi ciò che è bene e ciò che è male. Il "non giudicate" di Gesù, per essere capito nel suo significato più profondo, va unito al "siate misericordiosi come il Padre vostro", infatti noi non possiamo non avere dei criteri di misura (il Vangelo stesso ci giudica e ci indica dei criteri per conoscere il bene e per respingere e fuggire il male). Il fatto è che il nostro giudizio sarà un giudizio giusto solo nella misura in cui si avvicinerà al giudizio del Padre misericordioso. È il giudizio del Padre misericordioso quello di quei genitori che vedendosi tornare a casa la figlia incinta (e senza marito) le dicono, per amore dei propri principi morali(!): "O abortisci, o tu e quel piccolo bastardo ve ne andate da questa casa onorata!"

È il giudizio del Padre misericordioso quello del prete che, avendo mascherato o nascosto in nome di supposti valori religiosi i propri sentimenti, si sente bellamente di giudicare e di condannare una persona che ha visto il suo matrimonio fallire in mezzo a colpe ed errori propri e altrui e che vorrebbe ricostruire almeno qualcosa per sé stessa e per altri?

 

 

MARTEDI’ 18 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

FEDELTÀ' E COERENZA CI SIANO COMPAGNE.

 

HANNO DETTO: Migliaia di candele possono essere accese da una sola candela, senza che questa ne risulti intaccata. La felicità non diminuisce quando viene condivisa. (Buddha)

SAGGEZZA POPOLARE: È impossibile essere felici se non lo si vuol essere.

UN ANEDDOTO: Una favola di Esopo: Saltando una siepe, una volpe scivolò e stava per cadere: allora cercò di aggrapparsi a un rovo. Tuttavia, si ferì le zampe, a causa delle spine della pianta, e sofferente le disse: «Ahimè! Ho cercato sostegno in te e tu mi hai maltrattato». «Ma carissima, sei tu che hai commesso un errore – rispose il rovo – nel volerti aggrappare a me, che sono solito aggrapparmi a tutti.» La favola dimostra che così anche tra gli uomini sono sciocchi coloro che, per avere aiuto, si rivolgono a coloro che sono, piuttosto, portati naturalmente a fare il male.

PAROLA DI DIO: Is 1,10.16-20; Sal 49; Mt 23,1-12

 

Vangelo Mt 23,1-12

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filatteri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbi” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbi”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». Parola del Signore

 

“SULLA CATTEDRA DI MOSÈ SI SONO SEDUTI GLI SCRIBI E I FARISEI. QUANTO VI DICONO FATELO E OSSERVATELO, MA NON FATE SECONDO LE LORO OPERE PERCHÉ DICONO E NON FANNO”.

C’è da fare un profondo esame di coscienza per il nostro mondo e per noi stessi!

Quanti capi e responsabili delle nostre comunità civili e religiose dicono e non fanno!

Come è facile riempirsi la bocca di moralismi per gli altri e vivere da immorali, come è facile dire: “Si dovrebbe fare così... e non muovere un dito. Gesù però non fa di tutt’erba un fascio, come spesso può capitare a qualcuno che magari avendo incontrato un cattivo prete butta via con esso anche tutta la religione. Gesù ci invita a meditare ed accogliere l’insegnamento anche quando non è suffragato dalla testimonianza, ma soprattutto ci invita alla coerenza. Che cosa ne dite?

Se ci scandalizzassimo di meno per le tante immoralità della nostra epoca e cominciassimo magari ad usare un po’ più moralmente il nostro denaro, non sarebbe già un piccolo, ma significativo tentativo di coerenza?

 

 

MERCOLEDI’ 19 MARZO: S. GIUSEPPE

Una scheggia di preghiera:

 

ECCOMI, AVVENGA DI ME SECONDO LA TUA PAROLA.

 

HANNO DETTO: Il successo non è la chiave della felicità. La felicità è la chiave del successo. Se ami quello che stai facendo, avrai successo. (Herman Cain)

SAGGEZZA POPOLARE: Non vi è felicità più grande, che vedere la felicità negli occhi dell'amato.

UN ANEDDOTO: Silenzio. Ogni cosa ha il suo silenzio: silenzio che parla e ammaestra. È da saggi ascoltare l'eloquenza mite di tanti silenzi. Il silenzio solenne del monte, quello infinito del cielo; il silenzio del bosco che cresce, quello ripetitivo della risacca del mare, il silenzio gentile dei fiori, il silenzio bianco della neve. Il silenzio pieno di santità delle abbazie, quello pieno di speranza del Sabato Santo; il silenzio prezioso dei nove mesi di gravidanza, il silenzio misterioso e atroce della morte, il silenzio abissale di Dio, il silenzio dei fatti che urla più forte di tutte le parole.

PAROLA DI DIO: 2 Sam 7,4-5a.12-14a.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24a - Opp. Lc 2,41-51a

 

Vangelo Mt 1,16.18-21.24a

Dal vangelo secondo Matteo

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore. Parola del Signore

 

GIUSEPPE, FIGLIO DI DAVIDE, NON TEMERE DI PRENDERE CON TE MARIA, TUA SPOSA...

Oggi la liturgia ci propone un gigante di ineguagliata e insuperabile fede: Giuseppe, padre di Gesù. Uomo semplice e di poche parole (nei vangeli non parla mai!), Giuseppe ha voluto piegare la sua vita ai progetti di Dio. Senza recriminare, senza lamentarsi, senza fuggire, Giuseppe ha fatto della realtà il suo metro di giudizio. Voleva una moglie, si è trovato una santa; voleva dei figli, si è trovato in casa il figlio di Dio; voleva una vita semplice, senza scossoni e si è trovato in casa la presenza stessa dell’Altissimo. Quanta fede ci vuole nel prendere fra le proprie braccia muscolose il proprio bambino che impara a camminare e credere che si tiene fra le braccia la presenza stessa di Dio!

Quanta nell’insegnargli le preghiere del pio israelita prima di coricarsi!

Quanta nel muovere un rimprovero all’adolescente Gesù!

Giuseppe ci mostra che è possibile santificarsi senza fare cose grandi, senza grandi scoperte o miracoli eclatanti, ma prendendo a bottega Dio e insegnandogli a seguire la vena del legno con la pialla. Che Giuseppe insegni a tutti noi a vivere la vita che abbiamo come opportunità di scrutare l’altrove.

 

 

GIOVEDI’ 20 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GESÙ', AIUTACI A VEDERTI IN OGNI UOMO.

 

HANNO DETTO: Quando la porta della felicità si chiude un’altra se ne apre, ma tante volte guardiamo così a lungo quella chiusa da non vedere quella che si è aperta per noi. (Paulo Coelho)

SAGGEZZA POPOLARE: La felicità è come l'ombra che ci segue senza che ce ne accorgiamo. È una specie di eco che risponde a ciò che doniamo.

UN ANEDDOTO: Il Re Salomone, un giorno, gironzolava per il deserto, quando fu attratto da un formicaio! Tutte le formiche si precipitarono, a ossequiare le sante impronte, del Re. Una sola, non si curò, minimamente, della sua presenza! Continuò, imperturbabile, a lavorare, con invariata alacrità, senza fermarsi un attimo. Stava ai piedi di una duna di sabbia, e il Re si chinò, su di lei, e chiese: «Che cosa fai, formichina?» Senza distrarsi un attimo, dal lavoro, la formica gli rispose: «Vedi, Re dei Re: un granello, dopo l'altro, io porto, altrove, questa duna!» «Formichina generosa!», le disse Salomone. «Non è un lavoro sproporzionato, per le tue forze? Questa duna è così alta, che neanche riesci a vederne la cima. Neanche con la longevità di Matusalemme, e la pazienza di Giobbe, potresti sperare, di spostare questa duna!» «Gran Re!», riprese la formica. «Faccio questo, per l'amore della mia amata! Questa duna, mi separa, da lei. Niente, e nessuno, mi potrà impedire, di abbatterla! E, se quest'opera consumerà tutte le mie forze, almeno, morirò, nella misteriosa, e felice, follia, della speranza!»

PAROLA DI DIO: Ger 17,5-10; Sal 1; Lc 16,19-31

 

Vangelo Lc 16,19-31

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». Parola del Signore

 

“C’ERA UN UOMO RICCO…”.

Il ricco e Lazzaro: da un lato un uomo semplicemente definito “ricco”, senza altri attributi, non è neanche un “ricco cattivo”. Dall’altra c’è Lazzaro, il cui nome significa: “Dio aiuta”. Quest’ultimo non chiede nulla: è presente e basta. Ma tra i due si avverte una distanza invalicabile. Il ricco non riesce neanche ad accorgersi di Lazzaro. Capita di leggere sulle porte di ingresso di certe case signorili: “Vietato ai venditori ambulanti e agli accattoni”, cioè: essi non hanno diritto di esistere. E se lo stesso divieto si trovasse capovolto alle soglie dell’aldilà: “Vietato ai ricchi”?

Più che mai attuale questa pagina di Vangelo. Tanti Lazzaro giacciono alla nostra porta, tanti Lazzaro attendono nei paesi del Terzo Mondo, qualcosa di diverso da un rapporto di sfruttamento e di forza. Oggi, come ieri, ciò che conta è varcare l’abisso che ci separa da loro, prima che diventi un baratro invalicabile.

 

 

VENERDI’ 21 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, FA' CHE OGGI ASCOLTIAMO LA TUA VOCE.

 

HANNO DETTO: La felicità sta nel gusto e non nelle cose; si è felici perché si ha ciò che ci piace, e non perché si ha ciò che gli altri trovano piacevole” (François de La Rochefoucauld)

SAGGEZZA POPOLARE: La felicità nel vocabolario è un nome, nella vita è un verbo che si coniuga al passato con la memoria, all'avvenire con la speranza, ma non ha tempo presente. La vera felicità è retaggio del Cielo, e il Cielo è per coloro che non l'hanno cercata in terra. (Anonimo)

UN ANEDDOTO: Paul Ricoeur, il filosofo francese morto nel 2005 scriveva: La confusione in cui si trovano gli uomini deriva dal fatto che essi, la sera, non sanno perché al mattino si sono alzati e perché domani ricominceranno.

PAROLA DI DIO: Gen 37,3-4.12-13a.17b-28; Sal 104; Mt 21,33-43.45-46

 

Vangelo Mt 21,33-43.45-46

Dal vangelo secondo Matteo.

In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?».  Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: "La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri"? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare». Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo, ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta. Parola del Signore

 

“DA ULTIMO MANDÒ LORO IL PROPRIO FIGLIO, DICENDO: AVRANNO RISPETTO DI MIO FIGLIO”.

Il padrone di questa parabola le ha proprio tentate tutte con quei vignaioli, ha persino sopportato i suoi servi bastonati. Si potrebbe dire che è un terribile ottimista sulla natura umana. E manda suo figlio. Dio le ha tentate tutte con l’uomo: gli ha dato intelligenza e libertà e l’uomo ha usato la libertà per rivoltarsi contro di Lui; gli ha dato la creazione e l’uomo la sta distruggendo; gli ha parlato attraverso patriarchi e profeti e l’uomo, sordo, ha fatto tacere queste voci fastidiose: “Manderò Gesù”. E gli uomini: “Costui è l’erede, venite, uccidiamolo ed avremo noi l’eredità. E ancora oggi per molti è così: “Aboliamo Dio, facciamo finta che non ci sia e faremo i nostri comodi; tacitiamo la voce di Gesù e di chi ci parla di Lui e cerchiamo la felicità nelle cose”. E Gesù continua ad essere preso e cacciato fuori della vigna e crocifisso. A coloro che “lo accolsero, però, diede il potere di diventare figli di Dio”.

 

 

SABATO 22 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

TU, PADRE DI GESU', SEI IL MIO PADRE MISERICORDIOSO.

 

HANNO DETTO: La felicità è come gli orologi: i meno complicati sono quelli che si guastano meno. (Nicolas De Chamfort)

SAGGEZZA POPOLARE: "La felicità è avere amici che ridono delle vostre barzellette anche quando non sono tanto divertenti e che vi stanno vicini al momento dei guai anche quando non sono tanto grossi." (Anonimo)

UN ANEDDOTO: Dove porta la distrazione. Louis Pasteur, il biologo francese vissuto nell'Ottocento e fondatore della batteriologia moderna, era molto distratto. Un giorno aveva invitato a pranzo un amico. Alla fine, come dessert furono portate delle bellissime ciliegie. L'amico ne prese una e se la mangiò direttamente. Pasteur, scandalizzato, osservò che bisognava prima lavarle e gli disse: 'Non sai che ciascuno di questi globi rossi contiene sulla sua buccia qualche milione di microbi?' Pasteur prese qualche ciliegia, la lavò con cura nel proprio bicchiere pieno d'acqua e poi se le mangiò. I due continuarono poi a chiacchierare e poco dopo Pasteur prese il bicchiere e lo bevve d'un fiato!

PAROLA DI DIO: Mi 7,14-15.18-20; Sal 102; Lc 15,1-3.11-32

 

Vangelo Lc 15,1-3.11-32

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci, ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». Parola del Signore

 

“UN UOMO AVEVA DUE FIGLI”.

Proviamo oggi a rileggere i verbi principali della parabola del Figliol Prodigo o del Padre misericordioso.

“Padre dammi la mia parte di eredità: e il verbo dell’egoista. Non c’è amore per il padre. Si rivendicano solo diritti. È il verbo del peccato: “Tu, o Dio, devi essere a mia misura, hai degli obblighi nei miei confronti, devi darmi ciò che voglio, pena: non ti considero più Padre”.

Sperperò le sue sostanze”: è il verbo del presuntuoso incapace di gestirsi da solo. Sono le cose, i piaceri a comandare: “Il mondo è nelle mie mani, altro che stare a lavorare in casa di quel padre tiranno!”

Cominciò a trovarsi nel bisogno”: è il verbo della fame, del bisogno. La conversione non comincia dall’amore per il padre ma dalla fame.

Entrò in sé stesso”: e il verbo del ripensamento graduale: “Non stavo poi così male... avevo almeno da mangiare... Mio padre non aveva poi tutti i torti... Mi perdonerà?... Ci provo...

Almeno come servo, forse potrà accogliermi”.

Si  incamminò verso suo padre”: è il verbo della decisione. Non basta crogiolarsi sui propri mali, non basta neanche la nostalgia, bisogna agire, fare la strada per tornare indietro.

Il padre, commosso, gli corse incontro”: è il verbo della misericordia infinita e dell’amore. “Ti ho aspettato, ho pianto per te. Non parlare. Hai capito: sei mio figlio”.

 

 

DOMENICA 23 MARZO: 3^ DOM. QUARESIMA ANNO C

Una scheggia di preghiera:

 

PIETA' DI ME, SIGNORE, NEL TUO AFFETTO CANCELLA IL MIO PECCATO.

 

HANNO DETTO: La felicità è una ricompensa che giunge a chi non l’ha cercata. (Anton Cechov)

SAGGEZZA POPOLARE:  Occorre più felicità per riempire un castello, che una capanna. (proverbio italiano)

UN ANEDDOTO: Diceva il Dalai Lama: “Vi sono due giorni all'anno in cui non puoi far niente: uno si chiama ieri, l'altro domani. Perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere e fare e principalmente vivere”.

PAROLA DI DIO: Es 3,1-8a.13-15; Sal 102; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9

 

Vangelo Lc 13,1-9

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». Parola del Signore

 

“SE NON VI CONVERTIRETE PERIRETE TUTTI ALLO STESSO MODO”.

La pagina del Vangelo ci presenta Gesù che commenta due episodi di cronaca successi in quel periodo a Gerusalemme: una repressione brutale nel Tempio da parte di soldati romani e il crollo della torre di Siloe. Gesù – a sorpresa – afferma che gli uomini uccisi durante questi due fatti non erano più o meno peccatori degli altri. Una frase buttata lì con semplicità e che pure scardina molte nostre false sicurezze. Quante volte mi sento dire: “cosa ho fatto di male per meritarmi questo?” Malgrado l’apparenza ci spinga a formulare tali pensieri, la Bibbia afferma il contrario: disgrazia e fortuna non sono legati al nostro comportamento, né ad una punizione di Dio, ma diventano l’occasione, come asserisce Gesù, di accorgerci che la vita è un soffio e che occorre davvero cogliere ogni momento per guardare a Dio. La vita – ci ricorda il Maestro – è un’unica occasione che ci è data per scoprire la Verità in noi. La vita, fortunata o tragica che sia, non è che lo strumento con cui impariamo a scoprire la pienezza nascosta nelle cose ed è la nostra occasione di conversione: Dio nella sua misericordia concede, come nella parabola del fico, delle dilazioni, ma abusarne vorrebbe dire prendersi gioco della sua pazienza. Non è improprio identificarci con il fico infruttuoso: tante foglie e pochi frutti. Tante parole, tante promesse, tanti sogni poi il tempo passa e le nostre mani rimangono vuote. “Taglialo” potrebbe dire il Signore, ma Lui ci dà speranza: “Lascialo ancora per quest’anno”. Non possiamo deluderlo.

 

 

LUNEDI’ 24 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

GESU', TU AMI TUTTI E CIASCUNO:  AIUTACI A VEDERTI NEL FRATELLO.

 

HANNO DETTO: Andate pure di continente in continente, di regno in regno, di ricchezza in ricchezza, di piacere in piacere: non troverete la felicità che cercate. La terra e quanto contiene non possono appagare un'anima immortale più di quanto un pizzico di farina, in bocca ad un affamato, possa saziarlo. (Giovanni Maria Vianney)

SAGGEZZA POPOLARE: Cuor contento non sente stento.

UN ANEDDOTO: Il tiranno di Siracusa Dionisio I si trovava un giorno a Sparta e volle assaggiare il brodetto nero, specialità culinaria locale e piatto nazionale. Non gli piacque per niente e non lo nascose. Allora lo spartano che lo aveva preparato gli disse: ‘Non mi meraviglia che il brodetto non ti sia piaciuto, perché mancava il condimento.' 'Quale condimento, dovevi darmelo tu!' 'Non potevo perché il miglior condimento del nostro brodo sono la ginnastica, la corsa, il sudore, la stanchezza, cioè la fame!'

PAROLA DI DIO: 2Re 5,1-15a; Sal 41 e 42; Lc 4,24-30

 

Vangelo Lc 4,24-30

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nazareth:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Parola del Signore

 

TUTTI NELLA SINAGOGA SI RIEMPIRONO DI SDEGNO.

I concittadini sono pieni di sdegno alle parole di Gesù. Come non capirli?

Lo hanno visto crescere, lo hanno visto correre nelle strade polverose di Nazareth insieme ai loro figli, lo hanno visto lavorare nella bottega del padre, Giuseppe. Come possono accettare che possa presentarsi come colui che adempie le parole della Scrittura, che si spacci per il Messia atteso da secoli?

Nessuno di noi forse sarebbe stato capace di reagire diversamente. Ed è questo il nostro limite: quello di dare peso soltanto a ciò che vediamo e rientra nei nostri schemi di normalità. Viviamo ogni giorno mettendo un'etichetta alle persone che sfioriamo distrattamente, convinti ormai di conoscerle a fondo. Salvo poi risvegliarci un brutto giorno e dirci: ma chi è questa persona con cui ho vissuto per tutti questi anni?

L'occhio dell'amore e della fede non dà mai nulla per scontato, si apre sempre oltre la rassicurante normalità, si mette in gioco di fronte al dono continuamente nuovo e misterioso della vita. E il modo migliore è quello di dare subito il nome giusto ad ogni persona che incontro, anche se abitassi con lui da sempre: Gesù. Questo nome mi mantiene aperto alla novità e al mistero che ogni persona custodisce nel suo cuore perché immensamente amata da Dio, perché immagine e somiglianza del suo creatore che è Amore.

 

 

MARTEDI’ 25 MARZO: ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

Una scheggia di preghiera:

 

AVE, MARIA, PIENA DI GRAZIA.

 

HANNO DETTO: Imparare ad amare Dio e, con lui, il prossimo significa aver trovato finalmente il luogo del proprio riposo, la fonte stessa della felicità. (Raniero Cantalamessa)

SAGGEZZA POPOLARE: Dopo, aver girato il mondo cercando la felicità, ti accorgi che essa stava alla porta di casa. (proverbio africano)

UN ANEDDOTO: Albert Camus, scrittore francese diceva: “Se dovessi scrivere un trattato di morale, avrebbe 100 pagine 99 delle quali assolutamente bianche. Sull'ultima poi scriverei: Conosco solo un dovere: amare!”

PAROLA DI DIO: Is 7,10-14.8,10c; Sal 39; Eb 10,4-10; Lc 1,26-38

 

Vangelo Lc 1,26-38

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. Parola del Signore

 

"LA VERGINE SI CHIAMAVA MARIA".

Maria: quante cose sono state dette a proposito e a sproposito di Lei. Un antico modo di dire suggeriva: "Di Maria non si è mai detto abbastanza". Ed è vero perché è la meraviglia del creato, ma proprio per rispettarla nella sua grandezza e nel suo mistero non si deve dire di Maria cose che offuschino la sua umanità o i doni da Lei ricevuti e che invece di renderla a noi vicina nel suo ruolo e nella sua maternità la allontanino da noi quasi a farla diventare una dea. Maria era una ragazza semplice, del popolo di Israele ed è stata scelta proprio per questo da Dio "che abbassa i potenti e guarda all'umiltà della sua serva", Il suo "sì" incondizionato e le meraviglie che Dio ha operato in Lei la fanno grande, madre del Figlio di Dio e Madre nostra. A una mamma vera mi sento di dire con sincerità, di chiedere sapendo che mi ascolta, di affidarmi con sincerità. Per me la vera grandezza di Maria non sono i "grandi doni" pur veri e importanti che Dio le ha fatto ma la sua semplice fedeltà e la presenza silenziosa ma costante alla vita di Gesù e nostra.

 

 

MERCOLEDI’ 26 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

L'UNICA MIA LEGGE SEI TU, GESU'.

 

HANNO DETTO: La felicità è una realtà sfuggente, simile per certi versi a un'anguilla: ogni volta che pensi di averla catturata, ti sfugge, sguscia via. (Willy Pasini)

SAGGEZZA POPOLARE: Il piacere può fondarsi sull'illusione, ma la felicità riposa sulla verità. (Proverbio americano)

UN ANEDDOTO: Santa Teresa di Gesù Bambino trovava, sommamente antipatica, una sua Consorella, che, senza nominarla, descriveva così: «C'è, in Comunità, una Sorella, che ha il talento di dispiacermi, in ogni cosa: le sue maniere, le sue parole, il suo carattere!». Invece di evitarla, Teresa la cercava continuamente, e la trattava, come se fosse stata «la persona, che amo di più», riuscendoci talmente bene, che quella Sorella, un giorno, le chiese: «Volete dirmi, che cos'è che l'attira tanto, verso di me, e perché, ogni volta che lei mi guarda, la vedo sorridere?» Dopo la morte di Teresa, quando fu chiamata a testimoniare, durante il processo di Beatificazione, quella Suora antipatica disse, compiaciuta: «Almeno posso dire che, per quanto mi riguarda, durante la sua vita, la resi veramente felice!» Quella Suora seppe di essere, proprio lei, la Suora sgradevole, nominata nella "Storia di un'Anima", soltanto tredici anni più tardi, quando il Cappellano, in un moto d'esasperazione, le racconto la verità!

PAROLA DI DIO: Dt 4,1.5-9; Sal 147; Mt 5,17-19

 

Vangelo Mt 5,17-19

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi, dunque, trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli». Parola del Signore

 

“NON SONO VENUTO AD ABOLIRE MA A DARE COMPIMENTO”.

Ai tempi della Chiesa primitiva ci si poneva una domanda: per essere cristiani bisogna continuare ad osservare le prescrizioni della legge giudaica?

Gesù non supera ogni forma di legalismo?

Oggi ci possono essere altre domande: per essere cristiani bisogna tener conto e osservare le tradizioni che si sono accumulate lungo il corso degli anni della vita della Chiesa?

Faccio degli esempi: per essere cristiano devo credere alla veridicità della Sindone?

Devo osservare i primi nove venerdì del mese per andare in Paradiso?

Se mangio carne nei venerdì di quaresima, faccio peccato?

Che cosa dice Gesù?

Lui è la pienezza della rivelazione, “al di fuori di Lui non c’è salvezza”. Gesù ci invita a adorare Dio in “Spirito e Verità”. Gesù, cioè, ci invita ad una religione non di esteriorità ma ad una religione come espressione di fede. La fede, poi, può essere aiutata dalle tradizioni, allora posso essere cristiano anche se non credo alla veridicità della Sindone, ma essa può aiutarmi a contemplare l’amore di Gesù per noi, posso pregare facendo o non facendo i primi venerdì del mese, l’importante è che preghi, posso onorare Dio con qualunque sacrificio, se è espressione della mia solidarietà ai fratelli.

 

 

GIOVEDI’ 27 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

CAMBIA SIGNORE IL CUORE DI PIETRA IN UN CUORE DI CARNE CAPACE DI AMARE.

 

HANNO DETTO: La felicità perpetua non è che un'altra parola per indicare Dio. (Louis De Wohl)

SAGGEZZA POPOLARE: Alcuni dicono che la felicità bisogna cercarla lontano. Altri sostengono che dimora vicino, nella casa. Ma la felicità perfetta è nella culla di un bambino nato dall'amore. (proverbio cinese)

UN ANEDDOTO: C'era una volta un saggio eremita, che accoglieva, alla sua scuola, tutti i giovani generosi, e pieni di ideali, che volevano apprendere la vera saggezza! Per saggiare la loro indole più intima, aveva ideato un curioso espediente. Davanti all'alloggio, di ogni allievo, aveva collocato un barile, d'acqua piovana, in cui aveva fatto cadere una formica! Arrivarono, un giorno, tre allievi. Il primo, guardò nel barile, e vide la formica! Le disse: «Cosa ci fai, nel mio barile, d'acqua piovana?» E la schiacciò!  Egoismo. Poi, arrivò il secondo! Guardò, vide la formica, e disse: «Sai, è molto caldo, anche per le formiche! Tu non fai nessun danno. Resta pure, nel mio barile!». Tolleranza. Arrivò il terzo, e non pensò a comportarsi con tolleranza, né ad andare in collera! Vide la formica, nel barile e, spontaneamente, le diede un po' di zucchero. Questo, è amore! "C'è qualcuno, sulla strada, e ha bisogno di me. Mi fermo!  Qualcuno ha fretta, e lo lascio passare! Qualcuno piange, e io dico: «Posso essere, d'aiuto?» Non si ama, per essere amati, in cambio! Si ama, per amare".

PAROLA DI DIO: Ger 7,23-28; Sal 94; Lc 11,14-23

 

Vangelo Lc 11,14-23

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demoni, che egli scaccia i demoni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in sé stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in sé stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde». Parola del Signore

 

“GESÙ STAVA SCACCIANDO UN DEMONIO CHE ERA MUTO”.

Penso che tutti abbiamo notato che la maggioranza dei miracoli nel Vangelo riguardano muti e ciechi. Gesù, chiaramente, vuole indicarci qualcosa con questo. L’incontro con una persona che non può sentire né vedere è sempre un’esperienza sconvolgente. Si avverte dolorosamente quello che gli manca per avere con gli altri un rapporto più profondo. Ma è ancora più doloroso il contatto con una persona che ha chiuso il proprio cuore al prossimo e a Dio, condannandosi a un isolamento che minaccia la sua stessa umanità. L’ultima scoperta in fatto di malattie si chiama “sindrome dell’uomo invisibile”. Una persona ci è davanti tutti i giorni, a tavola, in salotto, a letto. Ne avvertiamo la presenza fisica, eppure non la vediamo. Ci rifiutiamo, si direbbe di guardarla. Buscaglia racconta di un uomo e una donna che si erano sposati, avevano avuto quattro figli, li avevano cresciuti bene, li avevano aiutati a sposarsi. La sera del matrimonio dell’ultima figlia, quando si ritrovarono loro due, soli, nella casa ritornata vuota, si sedettero uno di fronte all’altra. Lui guardò a lungo lei. Poi disse: “Chi diavolo sei, tu?”.

 

 

VENERDI’ 28 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

IL TUO SPIRITO MI ACCOMPAGNI VERSO IL TUO REGNO.

 

HANNO DETTO: Mie care, la felicità consiste nel poter dire la verità senza far mai soffrire nessuno. (Dal film 8½ di Federico Fellini)

SAGGEZZA POPOLARE: La felicità della salute si comprende al letto dell'ammalato; la felicità della casa tranquilla si comprende quando quella pace è sconvolta. (proverbio cinese)

UN ANEDDOTO: Chi ha inventato questa piccola intervista a Dio doveva saperla lunga: “Caro Dio, qual è l'uomo più intelligente del mondo?” “L'uomo più intelligente del mondo non è quello che si domanda: “Dov'è che si guadagna di più?”, ma quello che si domanda: “Dov’è che si ride di più?”.

PAROLA DI DIO: Os 14,2-10; Sal 80; Mc 12,28b-34

 

Vangelo Mc 12,28-34

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come sé stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. Parola del Signore

 

“GESÙ, VEDENDO CHE AVEVA RISPOSTO SAGGIAMENTE, DISSE ALLO SCRIBA: “NON SEI LONTANO DAL REGNO DI DIO”.

Gli scribi di solito non fanno una bella figura nel Vangelo. Di solito sono persone piene di sé stessi, della propria cultura, incapaci di novità, sempre pronti a giudicare dall’alto. Ma c’è questa eccezione. Lo scriba ha capito che il centro del Regno di Dio è l’amore di Dio e del prossimo. Una volta tanto uno scriba la pensa come Gesù. Allora gli dice che non è lontano dal Regno, non ne è ancora cittadino al cento per cento ma lo può diventare. Dovremmo sempre tener presente questo particolare, onde evitare pericolose illusioni. Mai ritenerci “dentro”, definitivamente. Credere di tenere in tasca la cittadinanza e relativi diritti. Cristiano è soltanto uno che lo sta diventando. Che ha sempre ancora un passo da compiere. Fino all’ultimo giorno. È però anche convinto che cercando di imitare Gesù, presto arriverà a parlare e pensare come Lui.

 

 

SABATO 29 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

O DIO, ABBI PIETÀ DI ME PECCATORE

 

HANNO DETTO: Non dissetarti a tutte le fonti che trovi: la felicità sta nell'avere sempre sete. (Nino Salvaneschi)

SAGGEZZA POPOLARE:  La felicità e l'arcobaleno non si vedono mai sulla propria casa, ma soltanto su quella degli altri. (proverbio tedesco)

UN ANEDDOTO: Una favola di Esopo. A un giovane scialacquatore, che aveva divorato il suo patrimonio, rimase soltanto il mantello. Come vide una rondine che era arrivata fuori stagione, credendo che fosse già estate, ritenne di non avere più bisogno del mantello e andò a vendere anche questo. Ma poi, sopraggiunto il cattivo tempo, ci fu molto freddo e il ragazzo, andando in giro, vide la rondine morta per il freddo e le disse: «Disgraziata, hai portato in rovina, insieme, me e te». La favola dimostra che tutto quello che non è compiuto nel momento opportuno è rischioso.

PAROLA DI DIO: Os 6,1-6; Sal 50; Lc 18,9-14

 

Vangelo Lc 18,9-14

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Parola del Signore

 

«ABBI PIETÀ DI ME» 

Il fariseo sale al tempio per ringraziare Dio, e ne ha buoni motivi: egli, infatti, nella sua vita fa anche più del dovuto ('digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo'); eppure, la sorpresa: Gesù dice che il fariseo torna a casa non giustificato. Cosa non ha funzionato agli occhi di Dio?

Forse il fatto che il fariseo prega 'tra sé': un monologo, dunque, più che una preghiera, con al centro sé stesso, le proprie opere buone, e con un certo disprezzo per gli altri uomini meno bravi di lui. Soprattutto il fariseo si dimentica di quella che è invece l'unica cosa che chiede a Dio il pubblicano, anche lui salito al tempio, il quale però si ferma a distanza, non osa nemmeno alzare lo sguardo, si batte il petto, e implora: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". Di questo abbiamo tutti bisogno, e il pubblicano che l'ha chiesto a Dio, da Dio l'ha ottenuto!

 

 

DOMENICA 30 MARZO: 4^ DOM. QUARESIMA ANNO C

Una scheggia di preghiera:

 

PERDONO SIGNORE, PER TUTTE LE OCCASIONI DI BENE SPRECATE.

 

HANNO DETTO: Nulla giova alla felicità come sostituire il lavoro alle preoccupazioni. (Maurice Maeterlinck)

SAGGEZZA POPOLARE: Per toccare la felicità basta tendere la mano. (proverbio cinese)

UN ANEDDOTO: Un anno prima della sua morte Giuseppe Ungaretti si 'confessava' dicendo questo: “Non so che poeta sia stato in tutti questi anni. Ma so di essere stato un uomo perché ho molto amato, ho molto sofferto e non ho odiato mai. Proprio quello che un uomo deve fare: amare molto, anche errare, molto soffrire e non odiare mai”

PAROLA DI DIO: Gs 5,9a.10-12; Sal 33; 2Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32

 

Vangelo Lc 15,1-3.11-32

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci, ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». Parola del Signore

 

IL FIGLIO PIÙ GIOVANE, RACCOLTE TUTTE LE SUE COSE, PARTÌ PER UN PAESE LONTANO E LÀ SPERPERÒ IL SUO PATRIMONIO VIVENDO IN MODO DISSOLUTO

Forse noi non siamo mai andati lontano da casa come il figliol prodigo della parabola, ma se ci pensiamo bene, e probabile che abbiamo anche noi sperperato tante ricchezze: il tempo, la capacità, i talenti, le infinite occasioni di bene. Il nostro peccato più continuato è quello di omissione, quello di non vivere a fondo il nostro impegno di uomini e di credenti. Il passare del tempo, spesso ci fa tristezza e non solo per l’accumularsi di anni, ma ancor più per il rimpianto delle cose non fatte, delle occasioni mancate. Umanamente non è rimedio per il tempo perduto, per le ricchezze sperperate, ma la parabola parla di festa per chi, come il prodigo, ritorna povero e lacero alla casa di origine: è un ritorno alla vita, Il rimpianto umano è sempre difficile da cancellare; può essere però compensato da una rinnovata intensità nel vivere. Ci si può ancora rivestire dell’abito da festa: festa di un amore ritrovato, di una fede riscoperta, di una vita che ha trovato finalmente il suo senso. Solo la sapienza e l’amore del Padre possono compiere il miracolo di ridar vita al tempo perduto.

 

 

LUNEDI’ 31 MARZO

Una scheggia di preghiera:

 

SIGNORE, AUMENTA LA NOSTRA FEDE.

 

HANNO DETTO: Resta in ogni caso il pericolo costituito da chi vuole imporre, a ogni costo, il proprio modello di felicità agli altri. Di solito le conseguenze per chi vorrebbe essere felice a modo suo sono i roghi o i campi di concentramento. (Enzo Biagi)

SAGGEZZA POPOLARE: La felicità è come gli occhiali, che si cercano mentre si hanno sul naso.

UN ANEDDOTO: Avete mai visto un ricco felice perché ricco? Un ricco che viva piacevolmente felice, talvolta lo si vede, ma un ricco felice a casa della sua ricchezza, no! Basta avere metà cervello in casa per convincerci che il portafoglio non risolve tutto. I soldi ti danno le medicine ma non la salute, ti danno il cibo ma non l'appetito, ti danno casa ma non la famiglia.

PAROLA DI DIO: Is 65,17-21; Sal 29; Gv 4,43-54

 

Vangelo Gv 4,43-54

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù partì [dalla Samaria] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi, infatti, erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea. Parola del Signore

 

“SE NON VEDETE SEGNI E PRODIGI, VOI NON CREDETE”.

Ancora una volta Gesù si difende dall’essere considerato un mago, o un facile dispensatore di miracoli. Ciò che Gesù desidera, attraverso queste parole, è trovare uomini che abbiano in Lui una fiducia totale con una fede spoglia di ogni esteriorismo: credere senza aver bisogno di segni e prodigi, credere senza miracoli, credere senza vedere. Capita che all’inizio della vita spirituale l’uomo possa avere delle soddisfazioni interiori assai intense, che gli servono da punto d’appoggio. Si è contenti di pregare. Si gusta il tempo della meditazione come un tempo di pienezza. Succede anche che certi avvenimenti felici succedano dopo un’intensa preghiera ed essi vengono letti come “segni di Dio”. Ma abitualmente, la vita con Dio è spoglia di ogni soddisfazione sensibile. È il tempo del silenzio di Dio, il tempo della purificazione della fede. Però, sono proprio questi momenti più difficili che ci danno la possibilità di incontrare Dio per sé stesso.

 

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a cura di: don_franco_locci@libero.it

     
     
 

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