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17 LUGLIO

 

TRA I SANTI DI OGGI

DONATA, Santa, Martire

Fu martire a Cartagine (180 circa), fa parte del gruppo dei martiri detti Scillitani.

 

UNA PAROLA AL GIORNO

“IN CRISTO GESÙ NON È LA CIRCON­CISIONE CHE CONTA O LA NON CIRCONCISIONE, MA LA FEDE CHE OPERA PER MEZZO DELLA CARITÀ”. (Gal. 5,6)

La circoncisione era il segno esteriore di appartenenza al popolo dell’alleanza, ma per essere cristiani non c’è più un passaporto timbrato, rinnovabile, pagabile. La fede non è quantificabile. Nel Regno di Dio non si entra per raccomandazioni. I veri segni del nostro essere cristiani ci ricorda S. Paolo sono i segni della carità e dell’amore che nascono dalla fede. Gesù non ci impone segni esteriori ma, attraverso la carità ci invita a manifestare concretamente la gioia dell’essere salvati.

 

OGGI NELLA STORIA DEI CRISTIANI

17 luglio 1794

16 suore, cantando il Salve Regina e il Veni Creator salgono i gradini dell’orribile palco  in Piazza della Rivoluzione a Parigi per essere giustiziate sotto l’accusa di aver cospirato contro le istituzioni repubblicane. Da questo episodio nascerà : “Dialoghi delle Carmelitane di George Bernanos.

 

UN ANEDDOTO

Il 17 luglio del 180, sotto l’imperatore Còmmodo, a Cartagine, furono processati e condannati a morte alcuni cristiani di Scilli, località della Numidia. Il ver­bale del processo, scritto da uno stenografo pagano (chiamato allora tachigrafo), che prese appunti frettolosi durante la discussione, è giunto fino a noi. E’ una delle più semplici e commoventi confessioni di fede di tutta la storia cristiana. Le battute della discussione sono brevi, essenziali, in vero stile romano. Ecco il verbale:

“Il 17 luglio, consoli Presente e Claudiano, il magistrato della città di Cartagine fece chiamare in tribunale Sperato, Narzalo e Cittino; Donata, Seconda, Vestia. Il proconsole Saturnino disse: “Se rinnegate Cristo, siete ancora in tempo ad ottenere la grazia dal nostro imperatore”.

Sperato: “Noi non abbiamo fatto del male a nessuno non abbiamo aiutato nessuno a farlo. Mai abbiamo risposto con arroganza. Anzi, vogliamo bene anche a coloro che ci maltrattano, appunto perché amiamo ed ubbidiamo al Signore nostro”.

Saturnino: “Siamo religiosi anche noi, e la nostra religione è semplice: adoriamo il genio dell’imperatore e preghiamo per la sua salvezza. E questo dovete farlo anche voi...”

Sperato: “Noi non riconosciamo per Dio nessun signore di questo mondo. Il vero Signore sta in cielo. Io servo Lui solo, che nessuno vide né può vedere. Inoltre non ho mai rubato; se compro qualcosa pago le tasse, appunto perché temo il mio Signore, re dei re e imperatore di tutti i popoli”.

Saturnino: “Via! Smettetela con codeste idee!”

Sperato: “Cattive idee sono l’omicidio e la calunnia”.

Cittino:   “Noi pure non temiamo altri che il Dio che è nei cieli, Lui nostro Signore”.

Donata:  “A Cesare l’onore dovuto a Cesare, ma il timore soltanto al nostro Dio!”

Vestia:   “Io sono cristiana”.

Seconda: “Sono cristiana anch’io, e rimango tale”.

Saturnino: (a Sperato) “Sicché vuoi restare cristiano?”

Sperato: “Sono cristiano”. “E noi pure” — replicano tutti gli altri.

Saturnino: “Volete del tempo per riflettere?”

Sperato: “In una cosa tanto giusta non c’è niente da riflettere”.

Saturnino: Che cosa portate in questo astuccio?

Sperato: “I libri sacri, e le lettere di Paolo, uomo giusto”.

Saturnino: “Ebbene, voglio darvi tempo trenta giorni affinché ripensiate meglio alla cosa”.

Sperato: “Io rimango cristiano”. Altrettanto dissero gli altri.

Allora il proconsole prese la tavoletta e diede la sentenza:

“Sperato, Narzalo, Cittino, Donata, Vestia, Seconda e gli altri che si professano cristiani, siano decapitati, perché hanno assolutamente rifiutato di ritornare a vivere secondo il costume romano”.

Sperato: “Ne ringrazio il Signore”.

Narzalo:  “Oggi entreremo martiri in cielo. Deo gratias”.

Il proconsole Saturnino comandò che la sentenza fosse letta per le vie della città: “Sperato, Narzalo, Cittino, Veturio, Felice, Aquilino, Lattanzio, Gennara, Generosa, Vestia, Donata, Seconda: condannati a morte”.

Ed essi: “Deo gratias”.

Portati via, ebbero la testa troncata.

     
     
 

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