IL BATTISTERO DI DOMO VALTRAVAGLIA

A Domo, frazione di Porto Valtravaglia, un vetusto battistero attesta l'antica origine del luogo e la sua importanza nella valle, intesa come fulcro di vita religiosa ed espansione del cristianesimo in quel territorio, già prima occupato da fortezze romane, poi dai Berengari, infine da Ottone Visconti, arcivescovo di Milano, essendo la Valtravaglia prima tappa di passaggio dalla vicina Svizzera per raggiungere il territorio italico.
L'importanza di Domo rimase sicuramente incontrastata dal V sec. (epoca alla quale si fanno risalire le sue origini religiose) fino al 1137, data in cui l'arcivescovo Robaldo dispone la traslazione della sede canonicale da Domo a Bedero.
Il fatto che nell'elenco delle chiese di Goffredo da Bussero nel XIII sec. fossero elencate per Domo ben sette chiese, che il luogo facesse castellanza a sé in quanto "infeudata ab antiquo" dagli arcivescovi di Milano, riconferma l'ipotesi della sua importanza.
Il Battistero è situato davanti alla facciata della chiesa di S. Maria assunta, di fattura settecentesca, ma sorta sull'originale chiesa romanica della quale si può ancora ammirare una monofora sulla parete destra, verso la piazza. La chiesa romanica e le vicende religiose di Domo sono ampiamente descritte e commentate da Filippo Colombo sulla rivista storica della Biblioteca di Porto Valtravaglia, la collana "Loci Travaliae", in uno studio dedicato a mille anni di visite pastorali a Domo.
Il Battistero si presente di forma ottagonali irregolare, inglobato fra il vecchio municipio del cessato comune di Musadino e la casa parrocchiale costruita nel seicento per ordine di S. Carlo Borromeo: il tutto forma un centro religioso comprendente anche la chiesa di S. Stefano (gemella della parrocchiale), un possente campanile la cui parte bassa è un'antica torre romana, la piazza che era l'antico cimitero.
Nella parte visibile attorno al Battistero, si possono osservare cinque lesene e cinque mensoline che sostengono dieci archetti ciechi. Le mensole molto allungate su cui posano gli archetti, quasi una lesena ininterrotta, sono un motivo più unico che raro nell'architettura romanica comasca e novarese. Tale disegno si può ricollegare ad esempi carolingi (quindi risalenti a prima dell'anno 1000) e può essere considerato un monumento di transizione tra i grandi esempi di architettura romanica (le chiese di S. Pietro a Gemonio, S. Lucio e S. Vittore in Mesolcina, S. Maria foris portas a Castelseprio, e i battisteri di Mazzo in Valtellina, di Vellezzo e Breme in Lomellina, di Agrate Conturbia nel novarese) e l'interpretazioone delle maestranze locali, che hanno cercato di riprodurre i grandi complessi religiosi adattandole alla realtà del posto.
L'attuale pavimento risulta essere stato sopraelevato di circa due metri rispetto l'originale, ma dal prato sottostante annesso alla vecchia casa parrocchiale si può osservare il basamento originario della muratura.
Nel punto di contatto con il tetto della stessa casa è ben visibile una finestrella monofora, tamponata all'interno, segno dell'antichità del Battistero.
Tutti gli studi compiuti finora fanno risalire l'epoca di costruzione di questo monumento al X sec. se non addirittura tra il settimo ed il nono secolo.
A ragione don Vagliano, erudito parroco della fine del 1700, fece apporre sopra la porta d'ingresso la scritta "Antico Battistero della Valtravaglia".