LE SANTE ICONE








NON TI FARAI ALCUNA IMMAGINE


Esodo 20,4-5

 

LE SANTE ICONE LE SANTE ICONE

 

 

 

 

 

 

 

 

Le icone di Cristo occupano il posto principale sia nel tempio ortodosso, sia nella casa d’ogni credente. La rappresentazione canonica di Dio in forma umana è confermata nel IX secolo: “...di bell’aspetto... ciglia aggrottate, occhi bellissimi, con il naso lungo, capelli chiari, inclinato, umile, con un bellissimo colore del corpo, barba scura, dall’aspetto color di frumento, somigliante alla madre, con dita sottili, mite, silenzioso, paziente...”.


I cristiani primitivi rappresentavano Cristo sotto la forma dell’agnello, sotto quella del pesce, o del buon pastore che porta la pecora sulle spalle. Attualmente esistono due tipi di rappresentazioni del Salvatore: 1) come il Pantocrator e il Giudice, il Re dei re; 2) sotto quella forma con cui è vissuto tra gli uomini e ha compiuto la sua missione (in questo caso come bambino o giovane). A volte si possono incontrare immagini di Cristo sotto la forma di un angelo.


Ma se i modi di rappresentazione sono così diversi, non è forse difficile riconoscere il Salvatore nelle icone? No, è facile, grazie ad un dettaglio: l’immagine di Cristo ha l’aureola con una croce dipinta dentro. Cos’è un’aureola? Questa parola si traduce dal latino come “nube”, “nebbia”, “nimbo”. Il nimbo è il simbolo di una luce divina soprannaturale, rivelata dal Salvatore ai discepoli sul monte Tabor: “E si trasfigurò davanti a loro; il suo volto divenne brillante come il sole, e le sue vesti bianche come la luce”.  Attraverso l’aureola noi confessiamo in Cristo due nature: divina e umana. Il pittore d’icone dipinge il Lik di Cristo simile ad un volto umano, e con questo confessa il dogma che Cristo è “perfettamente uomo per la sua natura umana”. L’aureola trasmette che Cristo è “perfettamente Dio per la sua natura divina”.
Anche le lettere dipinte sull’icona assumono un particolare valore: le icone del Cristo presentano sempre la dicitura “IC XC” (forma greca abbreviata di Gesù Cristo) e anche “O ΩN” ("colui che è") che ricorda le parole dette da Dio a Mosè: “Io sono colui che sono, l’Essente”.  La vergine Maria invece, presenta spesso la dicitura “MP OY” (forma greca abbreviata di Madre di Dio)


Nelle icone, Cristo è spesso dipinto con un libro, che può essere aperto oppure chiuso. Il libro aperto contiene una citazione del Vangelo. Il libro può essere rappresentato anche sotto forma di un rotolo, ma l’interpretazione simbolica è sempre la stessa: l’insegnamento salvifico, con il quale Cristo è venuto nel mondo.


Guardiamo le vesti di Cristo. Di solito il Dio-Uomo è raffigurato vestito con un chiton (veste a forma di tunica) rosso e con un himatij (manto) azzurro.

Il colore rosso è simbolo della natura terrestre e umana del Salvatore, quello azzurro della natura celeste e divina.


Di solito, sulla spalla destra si può notare una fascia scura cucita alla tunica, questa fascia nell’antichità era segno di dignità nobiliare. Nelle icone è simbolo della purezza e della perfezione della natura terrestre del Salvatore e segno del suo speciale ruolo messianico. Le icone del Salvatore si dividono in sei tipi iconografici principali:


1. il Salvatore non fatto da mano d’uomo;
2. il Salvatore Signore dell’universo (Pantocratore);
3. il Salvatore in trono;
4. il Salvatore tra le potenze;
5. il Salvatore Emmanuele;
6. il Salvatore Beato silenzio.

 

Spas (il Salvatore) non fatto da mano d’uomo

Spas (il Salvatore) non fatto da mano d’uomo è sempre stata una delle immagini più amate nella Russia. Proprio quest’immagine era di solito dipinta sulle bandiere dell’esercito russo. Esistono due tipi di quest’icona del Salvatore non fatto da mani d’uomo: il Salvatore sul velo e il Salvatore sulla tegola. Nelle icone “Il Salvatore sul velo” il lik di Cristo è raffigurato su di un velo (sudario), i cui lati superiori sono legati in nodi. Il lik di Gesù Cristo è il volto di un uomo di media età con tratti delicati e ispirati, con la barba divisa in due, con capelli lunghi e intrecciati alla fine e con la riga nel mezzo. La storia di quest’icona è la seguente. Lo zar d’Edessa Avgar, malato di lebbra, rivolse al Salvatore un invito, perché venisse a visitarlo. Il Salvatore non poté andare da Avgar e compì un miracolo: lavatasi la faccia, prese un asciugatoio, lo strinse al volto, e sull’asciugatoio rimase miracolosamente impresso il suo lik. In seguito, quando a Edessa arrivò l’apostolo Taddeo per predicarvi il Vangelo, Avgar e gli abitanti d’Edessa accettarono il battesimo e diventarono cristiani. L’immagine non fatta da mani d’uomo fu incollata su di una tavola e messa sopra le porte della città. Dell’apparizione dell’icona “il Salvatore sulla tegola” parla la seguente leggenda. Più tardi, uno degli zar di Edessa ritornò al paganesimo e l’immagine del Salvatore non fattodamani d’uomo fu murata nelle mura della città ed il suo posto fu dimenticato. Nel 545, durante l’assedio d’Edessa da parte dei Persiani, al vescovo della città fu rivelato il posto dove si trovava l’immagine. Quando i mattoni furono rimossi, gli abitanti della città videro non soltanto l’icona, conservatasi benissimo, ma anche la sua impronta sulla tavoletta d’argilla (tegola), che copriva l’immagine non fatta da mani d’uomo. Nell’icona “Il Salvatore sulla tegola” non c’è il velo, il fondo è diritto e a volte si imita la forma della tegola o di una semplice pietra da muratura. Nelle icone russe, il Salvatore (Spas) non fatto da mani d’uomo è raffigurato di solito in atteggiamento tranquillo, con gli occhi aperti. I cattolici disegnano il volto di Cristo, sofferente, a volte con gli occhi chiusi, con la corona di spine sulla testa e tracce di sangue.

 

Spas (il Salvatore) Signore dell’universo (Pantocratore)

Spas (il Salvatore) Signore dell’universo (Pantocratore), è un’altra icona che si può vedere in ogni tempio ortodosso. Di solito l’affresco o il mosaico del “Pantocrator” si trova nella parte centrale della cupola della chiesa. Cristo è avvolto nella tunica (chiton) e nel manto (himatij). Il lik del Salvatore mostra l’età di Cristo al tempo della predicazione: ha capelli lunghi e lisci, che scendono sulle spalle, baffi piccoli e barba corta. La sua mano destra benedice, la sinistra regge il Vangelo, che può essere chiuso oppure aperto.

 

Spas (il Salvatore) in trono

Spas (il Salvatore) in trono è un’icona che ha molto in comune con la precedente (il libro, la mano che benedice), però la figura di Cristo è sempre dipinta seduta su di un trono. Il trono è il simbolo dell’Universo, di tutto il mondo visibile e invisibile ed inoltre, è il simbolo della gloria regale del Salvatore.

 

Spas (il Salvatore) tra le potenze

Spas (il Salvatore) tra le potenze è l’immagine centrale nell’iconostasi del tempio ortodosso. Anche quest’icona ha molte cose in comune con il “Pantocrator” e con il “Salvatore in trono”, ma è differente per la simbologia più complessa. Cristo, in tunica e manto, seduto in trono con il libro, è raffigurato sullo sfondo di un quadrato rosso con gli angoli allungati. Il quadrato è il simbolo della terra. Ai quattro angoli di questo quadrato si possono trovare le immagini dell’angelo (dell’uomo), del leone, del toro e dell’aquila. Sono i simboli degli evangelisti (rispettivamente Matteo, Marco, Luca e Giovanni), che portano la parola della salvezza in tutte le parti del mondo. Sotto il quadrato rosso è dipinto un cerchio azzurro, è il mondo spirituale. In questo cerchio sono rappresentati gli angeli, le potenze celesti (da cui il nome dell’immagine). Sotto il cerchio azzurro c’è ancora un rombo rosso (simbolo del mondo invisibile). Quest’icona del Salvatore è un vero trattato teologico a colori. L’iconografia si appoggia soprattutto sull’Apocalisse di S. Giovanni Apostolo; l’immagine mostra il Cristo come apparirà alla fine dei tempi.

 

Spas (il Salvatore) Emmanuele

Spas (il Salvatore) Emmanuele è un’immagine di Cristo, quando aveva dodici anni. Il volto del Salvatore corrisponde al testo evangelico: “E quando aveva dodici anni, i suoi genitori salirono con lui a Gerusalemme per la festa, secondo l’usanza”. Emmanuele significa “Dio con noi”. Il Cristo adolescente è presentato in tunica e manto e con un rotolo nella mano. Quest’immagine è abbastanza rara.

 

Spas (il Salvatore) Beato silenzio

Spas (il Salvatore) Beato silenzio è un’icona di Cristo ancora più rara. Se il “Salvatore Emmanuele” e il “Salvatore non fatto da mano d’uomo” rappresentano Cristo come era sulla terra, e il “Salvatore tra le potenze”, come verrà alla fine dei tempi, il “Salvatore Beato silenzio” è il Cristoo prima della sua venuta tra gli uomini. Questa è l’unica immagine di Cristo in cui nell’aureola, invece della croce, si mette una stella a otto punte. Questa stella è fatta da due quadrati, uno dei quali simboleggia la divinità del Signore, l’altro il buio dell’impenetrabilità della Divinità. Il Salvatore è raffigurato sotto forma di un angelo, come un giovane in un manto bianco a larghe maniche. Le sue mani sono incrociate e strette al petto, dietro le spalle ha due ali abbassate. L’icona trasmette l’immagine angelica del Figlio di Dio, di Cristo prima della sua incarnazione, dell’Angelo del Gran Consiglio.

 

 

DOMANDE E RISPOSTE SULLE ICONE
di Fr. John Whiteford (diacono cristiano ortodosso)

 

1. Che cos’è un’Icona?

Un’icona (dal termine greco eikòna, “immagine”) è un’immagine - di solito bidimensionale - di Cristo, dei Santi, degli Angeli, o di importanti eventi biblici, parabole, o eventi nella storia della Chiesa. San Gregorio il Dialogo (Papa di Roma attorno agli anni 590-604), parla delle icone come di Sacra Scrittura per gli analfabeti: “Ciò che uno scritto presenta ai lettori, una raffigurazione lo presenta agli illetterati che la contemplano, poi che in essa anche gli ignoranti vedono ciò che dovrebbero seguire; in essa gli analfabeti leggono” (Epistola al Vescovo Sereno di Marsiglia, NPNF 2, Vol. XII, p. 53). A quanti vorrebbero suggerire che ciò non ha più alcuna rilevanza nella nostra era illuminata, vorremmo far considerare quanto è alto il nostro tasso di “analfabetismo di ritorno”, e il fatto che anche le società più colte hanno un notevole segmento di analfabeti: i loro bambini piccoli! Le icone elevano le nostre menti dalle cose terrene a quelle celesti. San Giovanni Damasceno scrive: “siamo condotti da icone percettibili alla contemplazione di quelle divine e spirituali” (PG 94:1261°). E mantenendo di fronte a noi la loro memoria attraverso le icone, siamo pure ispirati a imitare la santità di quanti vi sono raffigurati. San Gregorio di Nissa (ca. 330-395) parlava di come non potesse passare “senza lacrime” di fronte a un’Icona di Abramo che sacrifica Isacco (PG 46: 572). Commentando su questo passo, fu notato nel Settimo Concilio Ecumenico, “Se a un simile Dottore l’immagine era d’aiuto e procurava lacrime, quanto più nel caso di persone ignoranti o semplici porterà compunzione e beneficio.” (NPNF2, Vol.4, p. 539).

 

2. I cristiani cattolici ed ortodossi pregano le icone?

I cristiani pregano in presenza di icone (così come gli Israeliti pregavano in presenza di icone nel Tempio), ma noi non preghiamo “le” immagini.

 

3. Le icone fanno miracoli?

Per mettere questa domanda nella giusta prospettiva, consideriamo alcune altre domande:

 

*L’Arca dell’Alleanza faceva miracoli? (Gs 3: 15s; 1 Sam 4-6; 2 Sam 11-12)

*Il Serpente di Bronzo guariva chi era stato morso dai serpenti? (Num 21 :9)

*Le ossa del Profeta Eliseo risuscitarono un uomo dai morti? (2 Re 13:21)

*L’ombra di San Pietro guariva i malati? (At 5:15)

*I grembiuli e fazzoletti toccati da San Paolo guarivano gli infermi e scacciavano gli spiriti maligni? (At 19:12)

 

La risposta a queste domande è: "era Dio che operava miracoli attraverso queste cose". Nel caso dell’Arca e del Serpente di Bronzo, abbiamo immagini che vengono usate per operare miracoli. Dio operò miracoli attraverso le reliquie del Profeta Eliseo, attraverso l’ombra di un Santo, e attraverso oggetti che avevano appena toccato un santo. Perché? Perché Dio onora quanti lo onorano (1 Sam 2:30), e perciò si compiace di operare miracoli attraverso i suoi Santi, anche attraverso questi mezzi indiretti. Il fatto che Dio possa santificare oggetti materiali non dovrebbe sorprendere alcuna persona che sia familiare con le Scritture. Per esempio, non solo l’Altare del Tempio era santo, ma pure tutto ciò che lo toccava era santo (Eso 29:37). Rifiutare la verità che Dio opera attraverso le cose materiali significa cadere nello gnosticismo. Perciò sì, in senso lato, le icone possono fare miracoli -ma per essere precisi, è Dio che opera miracoli attraverso le icone, perché Egli onora quanti lo hanno onorato.

 

4. I cristiani cattolici ed ortodossi adorano le icone? Qual’è la differenza tra “adorazione” e “venerazione”?

I cristiani cattolici ed ortodossi non adorano le icone nel senso in cui la parola “adorazione” si usa comunemente in italiano. In traduzioni antiche (e in alcune traduzioni più recenti in cui i traduttori insistono a usare questa parola nel senso originale), si trova la parola “adorare” usata per tradurre il verbo greco proskyneo (letteralmente, “prosternarsi”). Nondimeno, bisogna comprendere che tale uso era molto più ampio di quello odierno. Spesso si usava questo verbo per indicare l’atto di onorare, venerare, riverire. Oggi si restringe il temine “adorazione” al senso del termine greco latrìa , che il Settimo Concilio Ecumenico (787) aveva precisamente stabilito come culto che si deve solo a Dio, a differenza della dulia o venerazione dovuta alla Vergine, ai Santi, alle Sante Scritture, alla Croce, alle Reliquie e a tutto il materiale liturgico. I cristiani cattolici ed ortodossi venerano le icone, vale a dire, rendono loro rispetto poiché sono oggetti santi, e poiché onorano ciò che le icone raffigurano. Noi non adoriamo le icone più di quanto un patriota non adori la sua bandiera. Il saluto alla bandiera non è esattamente lo stesso tipo di venerazione che diamo alle icone, ma è proprio un tipo di venerazione. E così come non veneriamo il legno e la vernice, ma piuttosto le persone dipinte nelle icone, i patrioti non venerano il tessuto e le tinture, ma piuttosto il paese rappresentato dalla bandiera. Queste furono le conclusioni del Settimo Concilio Ecumenico, che stabilì nel proprio Oros (decreto) quanto segue: “Poiché questo è il caso in questione, seguendo il sentiero regale e l’insegnamento divinamente ispirato dei nostri santi Padri e della Tradizione della Chiesa cattolica - poiché sappiamo che essa è ispirata dal Santo Spirito che in essa vive - decidiamo in tutta correttezza e dopo un completo esame che, così come la santa e vivifica Croce, allo stesso modo le sante e preziose icone dipinte con colori, ornate con piccole pietre o con quant’altro è utile a questo scopo (epitedeios), debbano essere poste nelle sante chiese di Dio, sui vasi e paramenti sacri, su muri e tavole, nelle case e nelle strade, sia che esse siano icone del nostro Dio e Salvatore, Gesù Cristo, o della nostra intemerata Signora e Sovrana, la santa Madre di Dio, o dei santi angeli e di santi e pii uomini. Ogni volta, infatti, che vediamo le loro rappresentazioni in immagine, siamo condotti, mentre le contempliamo, a rammentare i prototipi, progrediamo nell’amore per loro, e siamo indotti a venerarli ulteriormente baciando le icone e testimoniando la nostra venerazione (proskenesin), non la vera adorazione (latreian) che, secondo la nostra fede, è appropriata solo per l’unica natura divina, ma nello stesso modo in cui veneriamo l’immagine della preziosa e vivifica Croce, il santo Vangelo e gli altri oggetti sacri che onoriamo con incenso e lumi di candela secondo la pia usanza dei nostri antenati. L’onore reso all’immagine va infatti al suo prototipo, e la persona che venera un’Icona venera la persona che vi è rappresentata. Invero, tale è l’insegnamento dei nostri santi Padri e della Tradizione della santa Chiesa cattolica che ha propagato il Vangelo da un capo all’altro della terra.” Gli ebrei capiscono la differenza tra venerazione e adorazione. Un pio ebreo bacia la Mezuzà sugli stipiti della sua porta, bacia il suo scialle da preghiera prima di indossarlo, bacia i tallenin (filatteri), prima di legarli alla fronte e al braccio. Bacia la Torah prima di leggerla nella Sinagoga. Senza dubbio Cristo fece le stesse cose, quando leggeva le Scritture in Sinagoga. Anche i primi cristiani capivano questa distinzione.

 

5. Il secondo comandamento non proibisce le icone?

Il problema relativo al secondo comandamento dipende da com’è tradotta la parola che indica le immagini. Se essa significa mere raffigurazioni, allora le immagini nel Tempio sarebbero violazioni di questo comandamento. La nostra guida migliore al significato della parola ebraica, tuttavia, è ciò che essa significava per gli ebrei: quando gli ebrei tradussero la Bibbia in greco, tradussero questo termine semplicemente come “eidoloi” , ovvero “idoli.” Per di più, la parola ebraica "pesel"non viene mai usata in riferimento a qualsivoglia immagine nel Tempio. Perciò è chiaro che qui ci si riferisce a immagini pagane piuttosto che alle immagini in generale. Guardiamo più attentamente il passo scritturale in questione: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prosternerai davanti a loro e non li servirai.” (Eso 20:4-5°).  Ora, se prendiamo questo passo come riferimento a immagini di ogni genere, allora chiaramente i cherubini nel tempio violano questo comandamento. Se ci limitiamo ad applicarlo solo agli idoli, non esiste alcuna contraddizione. Inoltre, se il termine si applica a tutte le immagini - allora anche la foto sulla carta d’identità viola il comandamento, ed è un idolo. Così, o tutti i protestanti con la carta d’identità sono idolatri, oppure le icone non sono idoli. Lasciando da parte, per il momento, le sfumature del termine “immagini”, limitiamoci a osservare che cosa ne dice il testo. Non farai x, non ti prosternerai a x, non adorerai x. Se x = immagini, allora il Tempio stesso viola il comandamento. Se x = idoli e non tutte le immagini, allora questo verso non contraddice le icone nel Tempio, né le icone ortodosse.

 

6. Deuteronomio 4:14-19 non vieta forse le immagini di Dio? Come potete allora avere icone di Cristo?

Questo passo istruisce gli ebrei a non farsi immagini (false) di Dio, poiché essi non hanno visto Dio. Come cristiani, tuttavia, noi crediamo che Dio si è incarnato nella persona di Gesù Cristo, e così possiamo raffigurare “ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi” (1 Gv 1:1). Come disse San Giovanni Damasceno: “Fin dai tempi antichi, Dio l’incorporeo e l’incircoscritto non fu mai raffigurato. Ora, tuttavia, Quando Dio è stato visto rivestirsi di carne, e conversare con gli uomini, io faccio un’immagine del Dio che io vedo. Io non adoro la materia, adoro il Dio della materia, che per me è divenuto materia, e si è degnato di abitare nella materia, e ha portato la mia salvezza attraverso la materia. Non cesserò di onorare quella materia che opera la mia salvezza. La venero, seppure non come Dio. Come potrebbe Dio essere nato nel mondo da cose senza vita? E se il corpo di Dio è Dio per unione, allora è immutabile. La natura di Dio rimane la stesa di prima, mentre la carne creata nel tempo è vivificata da un’anima logica e razionale.”

 

7. Ma considerata la violenta opposizione che gli ebrei avevano per le immagini, come è possibile che i primi cristiani abbiano accettato le icone?

Non solo si trova iconografia in tutte le catacombe cristiane, ma anche nelle catacombe ebraiche dello stesso periodo. Abbiamo anche le icone ebraiche ben conservate di Dura-Europos, in una città distrutta dai persiani a metà del III secolo (cosa che mette ovviamente un limite a quanto recenti potessero essere queste icone). Spesso si prendono le vedute di Giuseppe Flavio sull’iconografia come la norma delle vedute ebraiche in materia, ma questo è scorretto e chiaramente inappropriato. Un testo specifico che è solitamente citato è un passo che si riferisce a un tumulto scoppiato quando i romani posero un’aquila imperiale sul cancello del Tempio. Questa storia non è così bianca e nera come alcuni vorrebbero pensare. Questi erano zeloti. Giuseppe Flavio, anche lui un ribelle, per quanto in seguito avesse cambiato bandiera e aiutato i romani, ne narra gli eventi. Giuseppe racconta come i romani avessero montato l’aquila sopra l’ingresso del Tempio, e il popolo la strappò come sacrilega - ma erano le immagini di animali per se a essere in questione, o piuttosto l’aquila romana sull’ingresso del Tempio? Il punto di vista di Giuseppe a proposito era così estremista che egli pensò che le statue di animali connesse al Tempio di Salomone fossero un peccato (Antichità, VIII, 7,5). L’attitudine globale degli ebrei verso l’arte religiosa non era neppure in parte così iconoclasta. Il Talmud Palestinese narra (in Abodah Zarah 48d) “Nei giorni di Rabbi Jochanan gli uomini incominciarono a dipingere figure sulle pareti, ed egli non lo impedì,” e “Nei giorni di Rabbi Abbun gli uomini incominciarono a fare disegni a mosaico, ed egli non lo impedì.” Inoltre, il Targum dello Pseudo-Gionata ripete il comandamento contro gli idoli, ma poi dice “nei vostri santuari potete tuttavia fare colonne di pietra incise con immagini e figure, ma non per adorarle.” Inoltre, i libri sacri degli ebrei sono stati illustrati fin dai più antichi esemplari che abbiamo. Essi contengono illustrazioni di scene bibliche, molto simili a quelle ritrovate nella Sinagoga di Dura-Europos (e anche nella chiesa cristiana che si trovava nelle vicinanze). È importante notare che le più antiche icone delle catacombe erano per la maggior parte scene dell’Antico Testamento, e icone di Cristo. Il predominio di scene dell’Antico Testamento mostra come questa non era una pratica pagana cristianizzata dai convertiti, ma una pratica ebraica adottata dai cristiani.

 

8. Se le icone sono così importanti, perché non le troviamo nelle Scritture ?

Ah, ma noi le troviamo davvero nelle Scritture: e ne troviamo un sacco! Considerate quante se ne trovano nel Tabernacolo e quindi nel Tempio. C’erano immagini di cherubini:

 

*Sull’Arca - Eso 25:18

*Sui veli del Tabernacolo - Eso 26: 1

*Sul velo del Santo dei Santi - Eso 26:31

*Due grandi Cherubini nel Santuario - 1 Re 6:23

*Sulle pareti - 1 Re 6:29

*Sulle porte - 1 Re 6:32

*Sul mobilio - 1 Re 7:29,36

 

In breve, c’erano icone dovunque uno si girasse.

 

9. Perché c’erano solo icone di Cherubini, e non di Santi?

Il Tempio era un’immagine del Cielo, come rende chiaro San Paolo: “[i sacerdoti che servono nel tempio di Gerusalemme] attendono a un servizio che è una copia e un’ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando stava per costruire la Tenda: Guarda, disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.” (Eb 8:5; cfr. Eso 25:40). Prima che Cristo venisse nella carne trionfando sulla morte con la sua Risurrezione, i Santi dell’Antico Testamento non erano in presenza di Dio nel Cielo, ma erano nello Sheol (spesso tradotto come “la tomba”, e tradotto “hades” (Ade) in greco). Prima della Risurrezione di Cristo, lo Sheol era il destino dei giusti e degli ingiusti (Gen 37:35; Is 38:10), anche se le loro condizioni non erano in alcun modo le stesse. Le possiamo vedere nella parabola raccontata da Cristo del ricco e di Lazzaro (Lc 16:19-31) e in Enoch 22: 8-15 (anche se il Libro di Enoch non è incluso nel Canone delle Sacre Scritture, è una parte venerabile della Santa Tradizione, ed è citato nell’Epistola di San Giuda, oltre che in molti scritti dei santi Padri): c’era un abisso che separava i giusti dagli ingiusti, e i giusti erano in uno stato di beatitudine, i malvagi erano (e sono) in uno stato di tormento - i giusti aspettavano la loro liberazione attraverso la Risurrezione di Cristo, mentre i malvagi aspettavano con paura il loro giudizio. E così, sotto l’antica alleanza, si dicevano preghiere solo per i dipartiti, poiché essi non erano ancora in cielo a intercedere per noi. Come disse San Paolo agli Ebrei mentre parlava dei Santi dell’Antico Testamento, “Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi” (Eb 11:39-40). In Ebrei 12, San Paolo procede a mettere in contrasto la natura dell’Antica Alleanza (12:18s) con quella della Nuova (12:22s) - e tra le distinzioni che fa, dice che nella Nuova Alleanza “Voi vi siete invece accostati... agli spiriti dei giusti portati alla perfezione” (12:22-23). Come ci dicono sia le Scritture che il resto della Santa Tradizione, mentre il corpo di Cristo giaceva nella tomba, il suo spirito discese nello Sheol e proclamò la libertà ai prigionieri (Ef 4:8-10; 1 Pt 3:19,4:6; cfr. Mt 27:52-53). E questi Santi che hanno trionfato su questo mondo, ora regnano con Cristo nella Gloria (2 Tim 2: 12), e offrono continuamente preghiere per noi di fronte al Signore (Ap 5:8; cfr. il Martirio di Sant’Ignazio, cap 7: Sant’Ignazio era uno dei discepoli dell’Apostolo Giovanni, e fu fatto da lui Vescovo di Antiochia). E così, mentre nell’Antico Testamento il Tempio era immagine del cielo con i soli Cherubini a servire il Signore, nella Nuova Alleanza, i nostri Templi sono immagini del cielo con la grande nube dei testimoni che ora vi risiedono nella gloria.

 

10. Va bene, ammettiamo che vi siano icone di un certo tipo nelle Scritture, ma dov’è che agli Israeliti viene detto di venerarle?

Le Scritture comandano agli Israeliti di prosternarsi di fronte all’Arca, che aveva due prominenti immagini di cherubini. Nel Salmo 99:5, c’è il comando: “inchinatevi di fronte allo sgabello dei suoi piedi...” Dovremmo notare prima di tutto che la parola usata per “inchinarsi” qui, è la stessa parola usata in Esodo 20:5, dove di dice di non prosternarsi agli idoli. E che cos’è lo “sgabello dei suoi piedi”? In 1 Cronache 28:2, Davide usa questa frase in riferimento all’Arca dell’Alleanza. Il Salmo 99 [98 nella Septuaginta] inizia parlando del Signore che “dimora sui Cherubini” (99:1), e termina con un invito ad “adorare sul suo monte santo” - cosa che rende ancora più chiaro che in tale contesto si sta parlando dell’Arca dell’Alleanza. Questa frase appare di nuovo nel Salmo 132:7, dove è preceduta dalla frase: “Andremo ai suoi tabernacoli” ed è seguita dalla frase: “Sorgi, Signore, nel luogo del tuo riposo; tu e l’Arca della tua forza.” Curiosamente, questa frase si applica alla Croce negli offici della Chiesa, e la connessione non è accidentale - infatti era sull’Arca, sul seggio della grazia tra i Cherubini, che il sangue sacrificale era asperso per i peccati del popolo (Eso 25:22, Lev 16:15).

 

11. Ma che dire del Serpente di bronzo? Non fu distrutto precisamente perche il popolo iniziò a venerarlo?

Se guardate il passo in questione (2 Re 18:4), vedrete che il Serpente di bronzo non fu distrutto solo perché il popolo lo onorava, ma perché lo aveva trasformato in un dio serpente, chiamato “Nekushtan.”

 

12. Non vi furono iconoclasti nella Chiesa, ben prima che venissero alla luce i protestanti?

È importante tenere a mente, quando si considera la questione delle icone (e pertanto anche l’iconoclasmo), che questa comprende due questioni separate, che spesso vengono confuse:

 

1) È ammissibile fare o avere icone?

2) È ammissibile venerarle?

 

E chiaro, a partire dall’Antico Testamento, che la risposta a entrambe le domande è sì. Mentre i protestanti, comunque, hanno obiezioni alla venerazione delle icone, tipicamente non hanno da ridire sulla creazione o il possesso di immagini. Se lo facessero, non avrebbero opuscoli biblici illustrati, televisioni, o quadri... ma a parte gli Amish, si farebbe fatica a trovare un altro gruppo di protestanti che esclude regolarmente le immagini. I protestanti tipicamente hanno obiezioni alla venerazione delle immagini, ma curiosamente il tipo di argomentazioni e prove che usano si ritorcono quasi sempre contro ogni tipo di immagine, se la logica della loro linea di argomenti viene portata fino in fondo. Gli iconoclasti, spesso citati dai protestanti come sostenitori della loro posizione in materia, di fatto hanno argomenti che si oppongono ai loro. Da un lato, gli iconoclasti scomunicavano tutti quanti “si azzardavano a rappresentare con colori materiali...” Cristo o i Santi - una cosa che quasi tutti i protestanti fanno a loro volta. D’altro canto, scomunicavano anche tutti quanti “non confessano la santa e semprevergine Maria, veramente e realmente Madre di Dio, come più alta di ogni creatura visibile e invisibile, e non cercano con fede sincera le sue intercessioni, come colei che ha confidenza con Dio per averlo partorito...” e scomunicavano anche tutti quanti “negano il profitto dell’invocazione dei Santi...” (NPNF2, Vol. 14, p. 545s). Così, di fatto, i protestanti si trovano sotto un maggior numero di anatemi degli iconoclasti di quanti ne abbiano gli ortodossi. I protestanti potrebbero desiderare di trovare un certo sollievo nel fatto che per lo meno gli iconoclasti erano opposti alla venerazione delle immagini, ma la venerazione non fu mai una questione a se stante per gli iconoclasti. Essi erano opposti alla venerazione delle icone, solo perché erano opposti alle icone. Non si opponevano alla venerazione di oggetti sacri: gli iconoclasti veneravano la Croce, e non ne facevano mistero. I protestanti citano anche alcuni altri primi padri e primi scrittori ecclesiastici in sostegno della loro posizione. La maggior parte di queste citazioni sono semplici denuncie dell’idolatria, e non hanno nulla a che fare con le icone. In quei pochi casi in cui le citazioni potrebbero essere plausibilmente interpretate come condanne delle icone (e alcune delle quali, si può argomentare, sono interpolazioni iconoclastiche successive), una interpretazione coerente richiederebbe che non siano fatte immagini di alcun tipo... poiché, ancora una volta, l’obiezione che si trova in questi testi è rivolta alla creazione e al possesso di immagini. Nessuno di questi testi prende neppure in considerazione il tema della venerazione. I Canoni del Sinodo di Elvira sono spesso citati a sostegno di una posizione iconoclasta. Nel suo Canone 36, il concilio decretava: “Si ordina che non vi siano pitture nelle chiese, così che ciò che è venerato e adorato non sia raffigurato sulle pareti.” Ma anche gli studiosi protestanti riconoscono che il significato del canone non è così chiaro come gli apologeti protestanti spesso suggeriscono: non è chiaro quale fosse l’occasione di questo canone, e non è chiaro che cosa cercasse di prevenire. A causa delle parole stesse del canone, è quasi certo che non si tratti di un bando assoluto alle immagini. Non è chiaro che cosa si proibisce, e soprattutto a quale fine. Le interpretazioni plausibili vanno da un mero divieto di immagini in chiesa, a una misura di precauzione per proteggere le icone dai pagani (dato che il canone fu composto in tempi di persecuzione, ciò è certamente possibile). In ogni caso, il fatto è che le icone erano in uso nelle chiese della Spagna prima del Sinodo di Elvira, e continuarono a essere usate in seguito, senza alcuna ulteriore prova di controversie. Inoltre, questo Sinodo ebbe un carattere meramente locale e non venne mai menzionato a livello ecumenico.

 

13. Come sapete che non fossero gli iconoclasti quelli che mantenevano la più antica tradizione cristiana sulle icone?

Da un lato, l’iconoclasmo avrebbe dovuto fiorire nei territori a dominio islamico... ma non lo fece. Il primo scoppio di iconoclasmo iniziò in territorio musulmano, anche se non si trattava di cristiani che distruggevano immagini, ma di musulmani che distruggevano immagini cristiane. C’è anche ragione di pensare che un’influenza musulmana ispirò gli imperatori iconoclasti (tutti provenivano da aree dell’impero in cui i musulmani avevano preso il sopravvento), ma il fatto è che le uniche parti della Chiesa in cui l’iconoclasmo prese piede furono quelle in cui gli imperatori iconoclasti poterono imporre la loro eresia sul popolo. In tutte le aree della Chiesa al di fuori della portata degli eserciti imperiali, la Chiesa si oppose agli iconoclasti e ruppe la comunione con loro. Uno degli oppositori più aperti degli iconoclasti fu San Giovanni Damasceno, che visse sotto il dominio musulmano, e per conseguenza ebbe a soffrire persecuzioni. Se la visione degli iconoclasti fosse stata davvero quella tradizionale, ci saremmo dovuti aspettare di vedere tale opinione come dominante tra i cristiani che vivevano sotto il dominio musulmano. Per lo meno, ci saremmo aspettati qualche iconoclasta sorto in mezzo a questi cristiani, ma di fatto era vero il contrario - non si udirono voci iconoclastiche dai territori sotto il dominio musulmano, nonostante gli ovvi vantaggi che tali cristiani avrebbero avuto con i loro governanti. Inoltre, prima della controversia iconoclasta, abbiamo ampie prove archeologiche che le icone erano usate ovunque nella Chiesa, e se questa fosse stata una deviazione dalla Tradizione apostolica, ci dovremmo aspettare di trovare un’ampia controversia in materia dal primo momento in cui le icone entrarono in uso, e che avrebbe dovuto intensificarsi mentre il loro uso diventava più comune. Tuttavia, non troviamo niente del genere. Di fatto, trenta anni prima della controversia iconoclasta, il Concilio Quinisesto stabilì un canone (Canone 82) riguardo a ciò che dovrebbe essere dipinto in certe icone, ma senza il più pallido accenno a una controversia sulle icone per se. Vi sono molte altre cose che mostrano la completa novità dell’eresia degli iconoclasti: essi si opponevano al monachesimo, nonostante il fatto che esso fosse stato indiscutibilmente accolto dalla Chiesa per secoli, si dilettavano a derubare i monaci, prendere le loro terre, forzarli a sposarsi, a mangiare carne, e a partecipare agli spettacoli pubblici (e quanti resistevano spesso erano gli spettacoli pubblici), contrariamente alle pratiche monastiche ben stabilite. Anche gli storici protestanti sono forzati ad ammettere che i santi uomini e donne del tempo erano sostenitori della venerazione delle icone, e che gli Iconoclasti erano un partito piuttosto immorale e spietato. Si può essere iconoclasti solo se si crede - contrariamente a quanto dicono le Scritture - che la Chiesa possa cessare di esistere, poiché non c’è dubbio che la Chiesa abbia respinto l’iconoclasmo e usato icone da tempi remoti almeno come quelli dell’uso delle catacombe (che sono piene di icone cristiane). E questa opzione della Chiesa che cessa di esistere è di solito rifiutata dagli Evangelici ragionevoli.

 

14. Come considerano i cristiani la croce?

Nei confronti della croce esistono ben quattro posizioni diverse: a) i testimoni di Geova guardano con orrore alla croce, vista come strumento di morte, considerano la croce di ambiguo valore cultuale e simbolico e dubitano della sua forma tradizionale (Cristo sarebbe morto su un legno che potrebbe avere tanto forma di croce che forma di palo); b) i protestanti evitano di tributare forme di culto al crocifisso, pur riconoscendo il valore simbolico della croce, che peraltro preferiscono utilizzare vuota, sottolineando così la risurrezione di Nostro Signore e la sua vittoria sulla morte; c) gli ortodossi venerano la Santa Croce ed il Crocifisso come una Santa Icona. Il segno della Croce è un gesto che il cristiano ortodosso compie nella sua preghiera e in ogni momento della giornata per ricordare Dio. Il gesto è una confessione e, nello stesso tempo, una preghiera. Con il segno della Croce si confessa che la morte è stata sconfitta dalla morte e dalla risurrezione di Cristo. La Croce non è dunque un segno di morte e di finitezza ma di vita perché unisce veramente i credenti con la sorgente della vita stessa. Il segno della Croce è anche una preghiera con la quale si chiede la partecipazione a quella vita trasfigurata anticipata dalla Resurrezione di Cristo, vita che non conosce termine. Nella Chiesa Ortodossa il segno della Croce si fa tenendo tre dita della mano destra unite e le altre due libere. Questo gesto è la confessione dell'unità e trinità di Dio e delle due nature (umana e divina) unite in Cristo senza essere confuse tra loro (Dogma del Concilio di Calcedonia). La mano così disposta tocca la fronte (Nel nome del Padre), l'ombelico (del Figlio), la spalla destra (e del Santo) e la spalla sinistra (Spirito). d) i cattolici riconoscono come gli ortodossi la liceità della devozione alle icone e distinguono sia tra adorazione (al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo) e venerazione (alla Vergine Maria, ai Santi e agli Angeli) che tra "devozione diretta" (da tributare alle persone divine, alla Vergine, ai Santi ed agli Angeli) e "culto relativo" (da tributare alle Sante Scritture, alle Sante Icone ed alle reliquie). La devozione ad un’icona di Maria sarebbe pertanto una “venerazione relativa”, mentre la devozione al crocifisso sarebbe un’”adorazione relativa”, in quanto rivolta alla seconda persona della Trinità. Quanto alla croce vuota senza il crocifisso il "culto relativo" sarebbe ammissibile solo sotto l’ipotesi che si tratti di un’icona semplificata del Cristo Crocifisso. I cattolici (come del resto gli ortodossi) hanno comunque sempre preferito l’icona del Cristo Crocifisso alla croce vuota, proclamando con chiarezza che: “Adoremus Te Christe et benedicimus Tibi quia per Sancta crucem tuam redemisti mundum”.