LA PREGHIERA DI GESU' IN CROCE






GIACOMO IL GIUSTO E LA ROVINA DI GERUSALEMME

SECONDO LA NARRAZIONE DI EUSEBIO DI CESAREA



 

 

Ci furono due di nome Giacomo: uno, il Giusto, che fu precipitato dal pinnacolo del tempio e morì sotto i colpi di bastone di un lavandaio; mentre l'altro Giacomo fratello di Giovanni fu decapitato....Allora Giacomo, detto fratello del Signore, perché figlio di Giuseppe (Giuseppe era padre putativo di Cristo, marito della Vergine, la quale, come c'insegna il sacro testo evangelico, prima che stesse con lui insieme si scoperse gravida di Spirito Santo); questo Giacomo, dunque, chiamato dagli antichi il Giusto per antonomasia per la sua preminente virtù, fu, si dice, il primo che occupò il trono episcopale della Chiesa gerosolimitana....

Paolo, avendo appellato a Cesare, era stato da Festo inviato a Roma; e i Giudei, delusi allora nella speranza che li aveva spinti a muovere contro di lui l'insidia, la rivolsero contro Giacomo, fratello del Signore, che dagli Apostoli aveva ricevuto il trono episcopale di Gerusalemme.  Ecco ciò che intrapresero contro di lui. Chiamatolo a sé, davanti a tutto il popolo, gli chiesero di rinnegare la fede di Cristo; ma egli, contro l'aspettazione di ognuno, con libera voce e con franchezza superiore a ogni attesa, davanti a tutta la moltitudine, dichiarò e confessò che Gesù nostro Salvatore e Signore, era il Figlio di Dio. La testimonianza di un tal uomo, riuscì loro insoffribile, perché da tutti egli era creduto giustissimo per la sublime saggezza, e pietà di vita; e perciò lo uccisero, approfittando della vacanza della sede governatoriale: difatti in quel tempo, nella Giudea, era morto Festo e la provincia era rimasta senza capo e moderatore.

 

La morte di Giacomo fu già narrata in una citazione di Clemente, il quale racconta che, precipitato dal pinnacolo del Tempio, fu ucciso a colpi di bastone. Però questa storia la espone nel modo più esatto Egesippo, appartenuto alla prima successione degli Apostoli. Ecco ciò che narra nel libro quinto delle sue Memorie: “L'amministrazione della Chiesa di Gerusalemme, la ricevette insieme con gli Apostoli, Giacomo, fratello del Signore, chiamato da tutti, dal tempo del Signore sino a noi, il Giusto, perché molti portarono il nome di Giacomo. Egli fu santo fino dal grembo materno; non bevve vino, né altro liquore inebriante; non mangiò carni di animali; la forbice non scese sulla sua testa; non si spalmò di olio, e non fece mai uso di bagni. . A lui solo era permesso di entrare nel Santuario; le sue vesti pertanto erano di lino e non di lana. Entrava solo nel tempio, e lo si trovava genuflesso sempre a impetrare il divino perdono per il popolo, di modo che la pelle dei suoi ginocchi si era incallita come quella del cammello, per il continuo stare prostrato ad adorare Iddio e a chiedere aiuto per la sua gente.

 

Per la sua giustizia singolare davvero, era denominato il Giusto e Oblias, che in greco significa “presidio del popolo e giustizia”, come anche i Profeti predissero di lui. Alcuni, aderenti alle fazioni ch'erano in numero di sette nel popolo ebreo, e di cui già si è scritto, domandarono a Giacomo quale fosse la porta di Gesù. Ripose che Gesù era il Salvatore. Alcuni di loro si lasciarono persuadere che Gesù era il Cristo, ma le sette già ricordate non credevano nella Sua resurrezione e nella Sua futura venuta a rendere a ciascuno secondo le proprie opere; e quanti credettero, credettero per opera di Giacomo. E poiché anche molti dei capi abbracciarono la fede cristiana, i Giudei, gli Scribi e i Farisei erano in gran subbuglio; essi dicevano che tutta la nazione correva rischio di convertirsi a Gesù Cristo.

 

Andarono, perciò, in massa da Giacomo, e gli dissero: “Di grazia, fa di rattenere il popolo che si è sbagliato quanto a Gesù, quasi che fosse il Cristo. Ti preghiamo di persuadere tutti quanti verranno qui per il giorno di Pasqua, della falsità di Gesù: tutti ti prestiamo ascolto, perché noi col popolo inoltre attestiamo che sei giusto e imparziale. Persuadi, dunque, la plebe di non lasciarsi ingannare su Gesù: tutto il popolo e noi ti ascolteremo. Ascendi sul fastigio del Tempio, onde tu possa da quell'altezza facilmente essere veduto e udito da tutta la gente.”

 

 Venne la Pasqua, e si raccolsero tutte le tribù, e c'erano anche i Gentili tra esse. Gli Scribi e i Farisei collocarono Giacomo sul pinnacolo del Tempio e, gridando gli dissero: “O Giusto, cui tutti dobbiamo obbedire, visto che il popolo erra dietro le orme di Gesù crocifisso, dì quale sia la porta di codesto Gesù.” Egli, allora, rispose con voce stentorea: “Perché mi interrogate intorno al Figliuolo dell'uomo? Ecco che siede nel Cielo alla destra della somma Potestà, e ha da venire sulle nuvole del Cielo.” 14 Molti rimasero convinti per la testimonianza di Giacomo, e glorificando Gesù esclamarono: “Osanna al figlio di Davide!” Allora gli Scribi e i Farisei si dissero l'un l'altro: “Abbiamo fatto male a procurare a Gesù una tale testimonianza. Andiamo e gettiamo di sotto quell'uomo, affinché, impauriti, non gli credano più.” E cacciarono un grido: “Ih ih! Anche il Giusto ha errato!” E adempirono all'oracolo scritto in Isaia: “Togliamo di mezzo il Giusto, perché ci dà molta molestia; per conseguenza mangeranno i frutti delle loro opere.” Saliti su, precipitarono il Giusto. Poi si dissero a vicenda: “Lapidiamo Giacomo, il Giusto.” E difatti cominciarono a colpirlo a sassate, giacché non era rimasto morto per la caduta, ma, riavutosi, s'era messo in ginocchio e pregava così: “Ti supplico, o Signore, Dio e Padre, perdona ad essi, perché non sanno quello che fanno.” Mentre lo lapidavano, uno dei sacerdoti figli di Rechab, figlio di Rechabim, dei quali rese testimonianza il profeta Geremia, gridò: “Arrestatevi! Che fate? Il Giusto prega per voi.”  Allora un lavandaio che si trovava tra loro, preso il legno con cui batteva le vesti, percosse sulla testa il Giusto; e così questi morì martire. Lo seppellirono là sul posto, vicino al Tempio, e tutt'ora se ne conserva presso il Tempio, il cippo sepolcrale. Egli è divenuto, per il Giudei e per i Gentili, il testimone veritiero della messianità di Gesù. Subito dopo Vespasiano li strinse d'assedio”. Ecco ciò che Egesippo racconta diffusamente in pieno accordo con Clemente. Giacomo era talmente ammirato e celebrato da tutti per la sua singolare giustizia, che i più assennati tra i Giudei pensarono che la sua uccisione fu la causa dell'assedio di Gerusalemme, seguito immediatamente al suo martirio, e che tale calamità non aveva altra cagione che il delitto perpetrato contro di lui.

Certo Giuseppe Flavio stesso non dubitò di condividere questa opinione nei suoi scritti, dove afferma: “Tutto ciò successe ai Giudei, perché fosse vendicato Giacomo, il Giusto: egli era fratello di Gesù, chiamato il Cristo e, sebbene giustissimo, i Giudei lo uccisero.” . Il medesimo, nel libro ventesimo delle Antichità, racconta quella morte con queste parole: “Cesare, saputa la morte di Festo, manda nella Giudea come governatore Albino. Ananos, il minore, di cui già si disse ch'era stato insignito del sommo pontificato, era d'indole risoluta e straordinariamente spavaldo. Seguiva la setta dei Sadducei, i quali, fra tutti i Giudei, sono i meno pietosi nei giudizi, come abbiamo già dimostrato. Egli era fatto così. Avendo pensato che gli si apprestava un'occasione propizia per la morte di Festa, e per il trovarsi Albino ancora in viaggio, radunò un'assemblea di giudici, e vi fece comparire davanti il fratello di Gesù detto il Cristo, di nome Giacomo e alcuni altri, imputandoli di trasgredire la Legge; e li condannò alla lapidazione. Ma tutti i cittadini ritenuti per moderati, e osservanti della Legge, ne provarono profondo rammarico e di nascosto inviarono messi al re con la preghiera che proibisse ad Ananos di agire così, ed acciocché lo informassero che in tutto il tempo non aveva combinato niente di buono. Alcuni di loro andarono anche incontro ad Albino, che veniva da Alessandria, e gli fecero conoscere che Ananos non poteva senza il suo consenso, convocare il Sinedrio. Albino credette a quanto gli venne riferito, e scrisse serio serio [ad Ananos] minacciando di punirlo; anche il re Agrippa per questo motivo lo esautorò dal sommo pontificato, che teneva da tre mesi, e mise in sua vece Gesù, figlio di Dameas.”

 

Questa è la storia di Giacomo, al quale viene attribuita la prima delle epistole dette cattoliche. (Eusebio, Storia Ecclesiastica, II)