Amoretti

cognomi liguri

Maria Pellegrina Amoretti

Gaspare Amoretti

Giuseppe Amoretti

AMORETTI ALEKSEI (ALESSIO O ALIOSHA)

da Mosca scrive ......

Maria Pellegrina Amoretti

Un tempo era molto diffusa ed apprezzata in Italia la pasta Agnesi, veniva prodotta ad Oneglia con il grano Importato dall'Ucraina.

La scatola degli spaghetti riportava sempre su uno dei lati notizie e curiosità riguardanti il luogo d'origine del prodotto. 

Fu cosi che un giorno di tanti anni fa, all'ora di pranzo, venimmo a sapere che a Oneglia, nel diciottesimo secolo, era vissuta Maria Pellegrína Amoretti, la prima donna italiana laureata a Padova in " ambo le scienze".

Si tratta di una specie di primato mondiale.

Poiché il nonno Gaspare era di Porto Maurizio (il che è come dire di Oneglia), decidemmo senza tentennamenti che Maria Pellegrina non poteva non essere stata una nostra bisavola.

Del resto, a fugare ogni possibile dubbio, ci aiutò la considerazione che la propensione agli studi umanistici e filosofici dimostrata dal nonno Gaspare, e più tardi dai suoi figli, non poteva certamente venire dal nulla.

Gaspare Amoretti

(bisnonno del Sig Amoretti Alessio)

Gaspare Amoretti nacque nel 1870 e Porto Maurizio, ma visse ed operò sopratutto a San Remo

In gioventù fu amico dello scrittore e patriota Giuseppe Cesare Abbe, di lui assai più anziano, che probabilmente esercitò una notevole influenza sulla sua visione politica e sulle sue scelte di vita.

A San Remo Gaspare si fece ben presto una certa notorietà come agitatore socialista e fu poi, nel 1921 come delegato a1 Congresso di Livorno, tra i fondatori del Partito Comunista Italiano.

Nel periodo fascista subì a più riprese la angherie delle Camicie nere, ma seppe fronteggiarle con coraggio e dignità rimanendo sempre un punto di riferimento per quanti si opponevano alla dittatura.

Nella ricorrenza del decennale una banda di facinorosi irruppe in casa sua imponendogli a forza l'esposizione del tricolore al balcone dell'abitazione.

Qualche antifascista vedendo la bandiera avrà pensato: "Ecco! Anche 1'Amoretti ha ceduto!".

Ma poi, passata la festa, tutti i buoni sanremesi riposero negli armadi di casa ì vessilli più o meno volontariamente esposti ed unica rimase, soggetta all'azione del sole, della pioggia, del vento, la povera bandiera del balcone di Amoretti- Appesa in bella vista al suo pennone, col tempo si sgualcì, scolorì, perse corpo e consistenza, marcì a lungo senza che alcuno accorresse in suo soccorso.

Il messaggio ironico, sottile, indirizzato a coloro che volevano e che non volevano sentirlo fu sufficientemente chiaro: "In questa casa non si celebrano ì fasti di regime, le iniziative dei fascisti non ci riguardano, qui siamo antifascisti, esistiamo e resistiamo!

Gaspare aveva una spiccata predisposìzíone per le discipline umanistiche.

Lavorò per la casa editrice Carlo Signorelli redigendo ad uso scolastico compendi commentato di opere di autori italiani.

In età avanzata preparava un commento alla Divina Commedia che non riusci a terminare.

La sua attività principale fu però sempre l'insegnamento privato del greco e del latino.

Fu sempre circondato dalla stima e dall'affetto dei suoi,numerosi allievi, dei compagni e dei cittadini sanremesi.

Questi non esitarono ad aiutarlo quando, ormai settantenne e molto malato, non fu più in grado di lavorare.

Gaspare si unì in matrimonio con una giovane di Marsiglia,Carolina Margier.

Ebbero tre figli: Francesco, Rosetta e Giuseppe

L'ultimo doveva essere chiamato Garibaldo, ma l'impiegato dell'anagrafe (per fortuna!) sì oppose.

Questionarono per un pò e raggiunsero un compromesso: il piccolo incolpevole fu chiamato Giuseppe, Garibaldo (la virgola é Importante).

Occorre dire che Giuseppe di questo secondo nome fu sempre molta fiero. Per gli amici ed i compagni di lotta fu sempre "Baldo".

Gaspare e Carolina vissero in povertà ed armonia più di mezzo secolo, superando prove difficili (il lungo carcere di Baldo), la morte del nipotino Giannino, figlio di Rosetta, travolto da una motocicletta all'uscita da scuola, le angherie dei fascisti).

I due sopravvissero anche a Baldo, ma non lo vennero mai a sapere perché questo dolore fu loro intenzionalmente risparmiato. 

Gaspare mori nel 1949.

E' stato detto che ai suoi funerali partecipò "tutta San Remo".

Giuseppe Amoretti

(nonno del Sig Amoretti Alessio)

Giuseppe Amoretti, detto Baldo, nacque a San Remo da Gaspare e Carolina il 2 giugno 1902.

Già a sedici anni, ancora studente liceale, partecipava, come giovane socialista, alla fondazione dì circoli giovanili ed all'organizzazione di movimenti di massa.

In quel periodo fu collaboratore del giornale socialista locale "La Parola".

Nel 1918, su presentazione di Serrati, entrò come redattore all'Avanti" torinese.

A Torino conobbe Gramsci ed alla sua scuola visse ed operò durante l'esaltante stagione dell'occupazione delle fabbriche.

Entrò nel Partito Comunista dalla sua fondazione, nel 1921.

Dal 1921 all'inizio del 1923 lavorò all'Ordine Nuovo" di cui era il redattore più giovane.

senzione leva del 24/nov/1923

Il lavoro di giornalista gli ere assai congeniale, scriveva in modo chiaro, intelligente a ... veloce riempiendo facilmente cartelle su cartelle.

Quando il giornale, devastato dai fascisti, cessò le pubblicazioni Baldo fu impiegato per breve tempo nell'apparato illegale del Partito di Milano e fu poi, nel 1923, destinato al "Lavoratore" di Trieste.

Qui ì redattori erano pochi e quindi, complice la sua prodigiosa capacità di lavoro, capitava che il quotidiano uscisse scritto da Baldo quasi per intero.

A Trieste fu arrestato e sottoposto a processo, assieme ad un gruppo di compagni, con l'accusa di operare per sovvertire con la violenza gli ordinamenti dello Stato su indicazione dell'Internazionale Comunista. 

Ne uscì assolto poiché la magistratura non era ancora totalmente asservita al regime ed il Tribunale non era ancora "speciale".

Subì tuttavia quaranta giorni dì carcere.

Ben presto anche il "Lavoratore" dovette cessare le pubblicazioni. Perciò nel 1924 il giovane Baldo ormai "vecchio" e sperimentato giornalista) fu destinato dal Partito alla redazione de11'UnItà di Milano.

Cui lavorò fino alla metà del 1926, svolgendo anche compiti di natura politica.

Fu aggredito e percosso dai fascisti in un comizio alla periferia di Milano dove parlava per incarico dell'organizzazione milanese del Partito.

Sotto lo pseudonimo di Vicentini lavorò poi alcuni mesi a Roma, nell'apparato illegale della Segreteria del Partito.

Qui lavorava anche Anna Bessone.

Tra i due nacque subito un grande sentimento di amore.

Sembra che il Partito ne abbia tenuto debito conto, dal momento che a tutti i successivi incarichi i due furono destinati "in coppia".

Nel successivo anno 1927 la Segreteria organizzò a Genova Sturla, nella casa divenuta poi nota come "Albergo dei poveri", un "centro interno" per coordinare, nelle dure condizioni dell'illegalità, il lavoro politico su tutto il territorio nazionale.

Gli abitanti "fissi" della casa dell'ortolano erano tre: Camilla Ravera, responsabile della Segreteria e del centro interno,

Giuseppe Amoretti come Funzionario politico 

ed Anna Bessone come segretaria (con la esse minuscola).

Verso la fine del 1927 la Segreteria fu riorganizzata, Baldo fu destinato, con Li Causi e D'Onofrío, all'organizzazione di un nuovo "centro interno" per l'Italia Meridionale e centrale con sede a Roma, Anna lo segui partecipando attivamente al lavora íllegale.

Vissero insieme in via Panisperna (riuscendo anche ad adottare un gatto!) ma per poco.

Nel maggio 1928, tutta l'organizzazione romana del Partito cadde nelle mani della polizia fascista.

Processato dinanzi al Tribunale Speciale, Baldo fu condannato a 13 anni di carcere e "1'amante dì costui" Anna Bessone a 8 anni.

Baldo trascorse la sua prigionia:

  • al Regina Coeli di Roma, durante la fase istruttoria e processuale dal giugno 1928 al gennaio 1929,
  • nel Penitenziario di Fossombrone, durante la segregazione cellulare dal gennaio 1929 al gennaio 1931 (numero di matricola 5621), 
  • nello Stabilimento Carcerario di Padova dal gennaio 1931 all'agosto 1932 (numero di matricola 2790,camerata 117),
  • nello stabilimento Carcerario dì Cívitavecchia dal novembre 1932 al maggio 1933 (numero di matricola 5832), 
  • ed infine, fino alla scarcerazione, nel tubercolosario dell'isola di Pianosa.

Fu scarcerato nel 1934: la pena risultò ridotta a poco più di sei anni per effetto di amnistie ed indulti.

In carcere Baldo si impegnò ad ampliare le proprie conoscenze in letteratura, filosofia, economia e diritto.

A Civítavecchia fu compagno di cella dì Scoccimarro e Betti; incontrò anche Bibolotti, Li Causi, Secchia e Terracini.

A Pínnosa rivide Santià e conobbe Pertini.

Secondo Santià Baldo scrisse in carcere almeno tre "quaderni" su temi filosofici.

Oggi solo una di questisi é conservato.

Una volta liberato, varcò clandestinamente la frontiera chiamato al lavoro della Segreteria a Parigi.

Qui rimase fino al settembre 1935 per essere poi destinato al lavoro nella Scuola Leninista Internazionale di Mosca.

Partì quindi per 1'Unione Sovietica con passaporto a none di Neri Aldo. 

Qui la raggiunse Anna con cui aveva contratto matrimonio negli ultimi mesi di prigionia nel 1934.

Qui, il 13 novembre 1936 nacque Mario (Mario Neri).

Verso la fine del 1937 Baldo fu preposto alla Sezione italiana del Komintern ed alla direzione della Sezione di Lingua Italiana della Radio di Mosca per l'estero.

A dicembre del 1940 fu destinato dal Komintern al lavoro politico tra gli emigrati italiani in America.

Lasciò Mosca il 20 dicembre con Anna e Mario per un viagqio che attraverso la Siberia il Giappone ed il Messico lo avrebbe dovuto portare a New York. Stando al documenti in loro possesso si trattava dì un commerciante argentino, certo Carlo Gasparini, con moglie e figlio.

A Kobe, in Giappone, Baldo sì ammala di polmonite ed il 27 gennaio del 1941 muore.

La moglie ed il fig1íoletto ne riportano a Mosca le ceneri.

Maggiori notizie sulla sua vita si possono avere leggendo le vere "Storie del PCI" o dei movimento antifascista, il discorso commemorativo tenuto a San Remo nel 1955 da Mario Montagnana, lo scritto, parzialmente autobiografico, " Con Gramsci sotto la mole", e le sue lettere dal carcere, pubblicate con quelle degli altri detenuti politici antitascisti.

Si può anche consultare la "Enciclopedia Nuovissima" alla voce "Amoretti Giuseppe".

In singoli episodi Baldo è stato ricordato nelle memoria dì tutti ì suoi compagni di lotta (Santìà, Montagnana, Ravera, Li Causi, Leonetti, Erminì,...).

Giuseppe Amoretti fu un uomo intelligente, capace, coraggioso, sereno e modesto (ma l'elenco delle sue qualità potrebbe continuare).

Un difetto comunque lo aveva: era un pó sbadato, sopratutto verso se stesso, e distratto.

Recensioni

Un ricordo del 1923 di Camilla Ravera

Nino De Andreis - Lettera all'Unità

  • La mia Famiglia (in preparazione)

  • Mio padre (in preparazione)

di Amoretti Alessio

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