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SATURNO


Saturno è il sesto pianeta in ordine di distanza dal Sole; ha una rotazione notevole ed è molto appiattito ai poli; è circondato da un sistema di anelli, composti da rocce e ghiaccio, che girano intorno al pianeta a grande velocità. Impiega circa 29 anni e mezzo a compiere un’orbita completa. Prima che fossero scoperti Urano, Nettuno e Plutone, Saturno era il pianeta più distante e il più lento di quelli del sistema solare.

 

IL MITO DI SATURNO


Dal nome Saturno l’Italia fu detta Saturnia Tellus e la gente d’Italia Saturnia Gens; le sue feste o Saturnalia erano celebrate dal 17 al 24 dicembre di ogni anno; l’identità di Saturno come signore del fatto e del tempo può risultare dalla fusione Cronos, il tempo, e Saturno, che era una divinità per Romani essenzialmente agricola e prospera. Saturno è il governatore del segno del Capricorno e dell'Acquario. Prima di diventare a Roma Saturno, il dio fu chiamato dai Greci Cronos e come Cronos fu definito da Omero “il padre dei tre re del mondo” cioè di Zeus, di Poseidone e di Ade. La diversa velocità dei pianeti é rappresentata dall’ottica antica greca all' età dell’uomo: così il nonno è più lento del padre che a sua volta è più lento del giovane figlio; ecco perché Cronos va qui collegato alla vecchiaia. Egli, il minore dei Titani, era figlio di Gea e di Urano; evirò il padre per aiutare la madre che lo odiava; così, quando si avvicino alla moglie, Cronos gli tagliò di netto con un colpo di falce i genitali e li lancio in mare (dalle acque così fecondate nacque Afrodite); detronizzato il padre, Cronos cominciò a governare l’universo, sposando la sorella Rea. Questo periodo fu definito “l’età dell’oro” perché per i romani Cronos (cioè l’antichissimo Saturno) rappresentava la divinità da cui derivava la ricchezza della terra. Per la tradizione latina Cronos, dopo essere stato cacciato dal cielo da Zeus, trovò asilo presso il re Giano e qui diede leggi alle genti, giustizia e pace. Ebbe la sua dimora in Campidoglio e c’era un tempio in cui la statua di Saturno era addirittura impastoiata nelle catene perché i Romani non volevano che lasciasse mai Roma, oppure perché si ricordava così il periodo in cui Zeus lo aveva imprigionato. Durante i Saturnali, nel mese di dicembre, a Roma perfino gli schiavi venivano lasciati liberi e si eleggeva una specie di re carnevalesco: il saturnalicius princeps. Tornando alla storia di Cronos, la falce con cui castrò il padre Urano si dice fosse a forma di “becco di corvo”: infatti il nome Cronos è affine a korone una specie di cornacchia ritenuta dai Greci capace di concedere vaticini. Cronos era considerato il padre del tempo, l’Antico, ed era raffigurato mentre incideva con la falce e spesso aveva al suo fianco un corvo nero; Saturno – Cronos, che divora i suoi figli, ci dà l’immagine del tempo che passa. Se Giovane personifica l’espansione, il benessere, l’ottimismo, Saturno è invece il tempo che inghiotte e divora tutto. Il mito narra che, una volta divenuto signore del mondo, scaraventò nel Tartaro i suoi figli (gli Ecatonchiri), sposò sua sorella Rea e da essa ebbe i figli Plutone, Poseidone, Era, Demetra ed Ezia; via- via che i figli nascevano, li divorava perché – come di è detto – gli era stato predetto che uno di questi lo avrebbe detronizzato e soltanto Zeus sfuggì a questa sorte. Quando poi Zeus riuscì a far risputare al padre tutti i figli che aveva trangugiato, insieme a loro mosse guerra a Cronos, che era aiutato dai Titani, suoi fratelli; un oracolo aveva predetto a Zeus che avrebbe vinto i suoi nemici se avesse liberato tutti gli esseri che erano stati precipitati da Cronos nel Tartaro, cioè i Giganti e gli Ecantonchiri. Dopo dieci anni Zeus, aiutato dai fratelli, dai Giganti e dagli Ecatonchiri, vinse; quindi Cronos e tutti i Titani furono incatenati nel Tartaro, mentre egli spodestava il padre e regnava al suo posto. Secondo un’ antichissima tradizione orfica, Cronos poi si riconcilio con Zeus e pose la sua sede nell’Isola dei Beati.

In astrologia è da osservare che Saturno non solo è un figlio che si vendica del padre, privandolo degli attributi virili, ma per non perdere il proprio potere divora anche i propri figli; quindi si Giove è benevolo, Saturno invece porta ferite, perdite, separazioni. Inoltre Cronos viene esiliato dal figlio Zeus, alla fine di questa lotta, nell’Isola dei Beati; quindi il mito parla anche di abbandono e di perdite della vita, perché Saturno viene raffigurato sempre con la falce, dato che è colui che recide la pianta della vita ed è apportatore di morte. Esso è considerato “il Maestro” dell' intero Zodiaco perché non solo è il Grande Vecchio, ma anche colui che punisce (e infatti ha castrato il "padre cattivo”), ferisce quando non ci si comporta rettamente e alla fine abbandona; come infatti abbiamo detto, rappresenta la perdita, la separazione, la lama che taglia e che stacca definitivamente; quindi l’uomo – anima incarnata – deve seguire la strada retta, per quanto difficile, indicata da Saturno, per arrivare al Cielo. Dopo aver indicato Saturno come il grande Maestro dello Zodiaco, sottolineo che esso indica nell’oroscopo di ciascun individuo le grandi prove che dovrà subire durante la vita terrena; Saturno simboleggia gli anziani, i nonni, la terza età; il suo elemento è la Terra, il suo domicilio è nel segno del Capricorno e in Acquario insieme ad Urano, però il suo influsso, giusto e severo, si estende a tutte le persone a qualsiasi segno esse appartengono; dato che in un oroscopo indica la crescita morale dell’individuo, ogni tema astrale è dominato da questo grande e severo correttore; il suo metallo è il piombo, il suo colore è il grigio scuro; sul piano medico è collegato all’intero sistema osseo, ai denti, alla milza, alle articolazioni. Il pianeta, se è positivo, esprime il sacrificio, l’attesa paziente, la rinuncia, il lavoro costante e durevole che prima o poi sarà premiato, e anche la prudenza, la giustizia, la forza e la temperanza (e cioè tutte e quattro le virtù cardinali); quando invece è negativo può indurre all’avarizia, all’egoismo, alla grettezza, alla durezza propria di chi non sa perdonare perché non sa che cosa significhi amare veramente.

Il segno zodiacale e il settore in cui questo importantissimo, fondamentale pianeta è posto al momento della nascita indicano il tipo di prove che l’individuo dovrà affrontare nel corso della sua vita per crescere spiritualmente. Il segno grafico che rappresenta Saturno consiste in una croce dal cui braccio sinistro parte una iperbole che è rivolta verso il basso: questa iperbole rammenta proprio la falce, attributo di Saturno, che rappresenta anche il trauma del distacco che si esprime proprio alla nascita con il taglio del cordone ombelicale; cioè la frustrazione affettiva della separazione dall’utero materno che l’ha protetto per nove mesi. Il nato, per quanto aiutato e curato nell’infanzia, deve poi fare da sé la sua strada ed ha come prospettiva la Croce che è in alto; quindi riesce, comportandosi bene per tutta la sua vita, a raggiungere quella meta trascendente che Dio gli ha posto come premio e che è simboleggiata dalla Croce di Cristo. Dante colloca Saturno nel Settimo Cielo , Canto XXI del Paradiso (vv, 1- 24).

Dante e Beatrice sono arrivati al Settimo Cielo dove regna Saturno; a loro si mostrano le anime dette contemplative: dentro il corpo lucido e trasparente di Saturno si innalza una scalata tutta d’oro, talmente alta che l’occhio umano non arriva a scorgerne la fine; di gradino in gradino si muovono, ora scendono ora risalgono, ora sostando ora roteando, innumerevoli splendori, nel modo ".. che le pole al cominciare del giorno si muovono a scaldar le fredde piume”; quindi il tema di fondo della rappresentazione del Cielo di Saturno è il raccoglimento, la preghiera che si sviluppa in una serie di schemi figurativi: il silenzio delle anime, l’ardente fervore di questa coreografia, la visione della scala che si perde fino all’infinito rispondono ancora una volta al motivo della predestinazione e della Provvidenza. La mente si leva su se stessa e si immerge nell’abisso del riconoscimento di un mistero trascendente. Beatrice, però, non ride più e Dante, a cui una sola luce si è fermata vicino, l’interroga e le chiede perché non c’è più il canto dei beati e perché Beatrice non ride di gioia. “Qui non si canta per la stessa ragione per cui Beatrice non ha riso”, risponde la voce, altrimenti verrebbero meno le facoltà sensibili dell’anima distrutte dall’eccesso della luce e del suono. La voce è quella di Pier Damiani, il grande monaco dell’XI secolo, e spiega che non si possono penetrare le segrete ragioni di questa predestinazione perché neppure al più perfetto dei Serafini è lecito fissare lo sguardo in questo mistero.

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Ultima modifica: domenica 14 ottobre 2007 00.43
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