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LE
VALIGIE: inizio raccontandovi la storia delle valigie.
Di come vengo a scoprire da PDZ e dal Maggini
del fatto che sia possibile portare solo UN
bagaglio da 22 kg a testa, quando io mi ero presentato a
Milano con DUE bagagli, e di come io abbia dovuto
lasciare a casa di una persona meneghina una delle due
valigie (con vari articoli di prima necessità) stipando
all’inverosimile una sola delle due per poterla
imbarcare sull’aereo. E di come, al check-in, vengo a
sapere che avrei potuto portare DUE valigie di 32
kg l’una…
TELEFONI: una volta arrivati al JFK, sfidando tutte le leggi sulla sicurezza negli aeroporti, abbiamo tutti ad utilizzare i propri cellulari per vedere se funzionavano (e si è provato con 011, senza 011, con gli zeri davanti, senza zeri, etc…), scoprendo che la maggior parte di noi poteva ricevere telefonate, ricevere e spedire sms, ma non telefonare L ! ARRIVO A MANHATTAN: durante il tragitto in bus, restavamo a bocca aperta a guardare le automobili, gli scuolabus, il paesaggio, le case, i cimiteri, i trucks. Tutto così tipicamente “americano”, tutto così insolitamente “nuovo” per chi come me non era mai stato così lontano da casa, e conosceva il tutto tramite qualche film o telefilm. E l’arrivo in centro Manhattan non era da meno. Tutti col naso all’insù, rischiando di sbattere il mento contro qualche palo una volta scesi a terra. Raggiungevamo subito il centro Maratona dopo un tragitto a piedi attraverso il cuore di NY. Attraversiamo streets ed avenues con una facilità impressionante. La 42° Str. ci abbagliava con tutto lo splendore delle sue insegne, mentre in lontananza si intravedeva Times Square (da una traversa), e l’Empire State Building faceva da punto di riferimento in quell’orizzonte di grattacieli. Il ritiro dei pettorali avviene con una velocità disarmante, ma erano le 18.00 del giovedì e ci si sarebbe dovuto stupire del contrario. Seguono acquisti, passeggiata di ritorno, cena in uno di quei ristorantini/tavola fredda/calda/spuntinerie che hanno una frequenza di 1 ogni 2 rispetto ad ogni altro tipo di esercizio. E ci credo che in USA sono così obesi in media, con tutta quella rumenta che mangiano, poi… Il letto era raggiunto quasi come una liberazione da molti, visto che grazie/a causa del fuso si era in piedi da praticamente 24 ore. VEN 31/10: Mi ritrovo con gli occhi spalancati alle 04.30 (grazie, fuso!). Mi giro sul fianco sinistro e trovo Pierpaolo. Sono proprio a New York, non è un sogno. Sono costretto a saltare l’allenamento collettivo a causa della mia gita alla Statua della Libertà ed Ellis Island che partiva alle 08.00. Mi indirizzo quindi in solitaria alle 06.00 verso Central Park per il mio primo allenamento in terra statunitense. Solitaria? A parte quei tre minuti iniziali durante i quali riesco ad eclissarmi dietro qualche cespuglio per le solite operazioni di rito, proprio davanti allo sguardo fiero della statua di Balto, incontro un casino di gente che corre! Alle 06.00 del mattino!! Non mi sembra vero, e credo ancora di sognare. Decido quindi di non svegliarmi e m’indirizzo verso il Reservoir per provare a fare qualche allungo intorno al lago dove Dustin Hoffmann eseguiva i suoi allenamenti ne “Il maratoneta”. La mia ora di allenamento non è mai passata tanto in fretta come questa mattina. Al ritorno in hotel, la brutta sorpresa. La mia gita era stata spostata alle 09.30. Avrei avuto quindi tutto il tempo per fare l’allenamento collettivo con gli altri. Ma ormai è fatta. Mi doccio con calma e faccio il primo dei miei 6 “colazanzi” (colazioni + pranzi, data la quantità di roba che riuscivo ad ingurgitare). Nel parlare della gita mi dilungherei troppo, accenno solo al fatto che un must deve essere, per chi non ci è ancora andato, il museo dell’immigrazione di Ellis Island. Ci ho trovato anche due che avevano il mio stesso cognome, ovviamente. E la Statua della Libertà non è enorme come dimensioni effettive, ma aveva una imponenza ed una carica simbolica da far rimpicciolire ogni singolo grattacielo dello Skyline.Seguono poi Ground Zero (con qualche lacrima trattenuta a stento, veramente impressionante) ed un tentativo di salita sull’Empire per fotografare il tramonto. Ma ho subito rinunciato per la troppa coda. Alla sera riesco a trovare Salvatore, Nicola ed il socio Stefano che mi portavano alla sfilata di Halloween. O meglio, che provavano a portarmi alla sfilata. Forse ci siamo andati troppo tardi ed il muro umano era insormontabile. Non riusciamo a vedere nulla, ed io dalla stanchezza preferivo tornare verso l’albergo per mangiare e riposare, senza fare le 24.00… SAB 01/11: Come poter descrivere l’armonia, la gioia, l’aria di festa che pervadeva ogni singolo partecipante della Friendship Run? Io non riesco, quindi non lo farò. Lascerò che parlino le foto che ho fatto prima, durante e dopo la cerimonia di fianco al palazzo delle Nazioni Unite. Non avevo visto prima tante persone felici, di tante nazioni diverse, tutte insieme contemporaneamente. L’atmosfera era alla pari di quella che avrei trovato il giorno dopo lungo il percorso della Maratona. Ho fatto una foto ad un gruppo di canadesi e loro per tutta risposta mi omaggiavano di due manciate di spille con la loro bandiera. Mi hanno detto “Tieni, sono per te e per i tuoi amici”. Io “ma io non ho portato nulla da dare a voi!”. “Non importa, va bene così!” (con un sorriso disarmante). Ed io (pirla), mentre le davo al Gladiator ed agli altri, mi vergognavo a far vedere che stavo piangendo dalla commozione. Ed anche ora, ricordando (pirla, ripeto)… (un attimo che cerco un fazzoletto….. ok, ora ricomincio) Si partiva dal palazzo ONU e si arrivava a Central Park. Dovevano essere 5km, invece erano non meno di 7km. Ma con le conversioni non credo siano pratici, ‘sti americani. Segue foto di rito con la statua di Fred Lebow posizionata presso l’arrivo. Il resto della giornata è passato tra il briefing pre-Maratona, qualche spesa in giro e la cena in albergo, dove vengono a farci visita i Soprano. No, non parlo di Pavarotti-Domingos-Carrera. Parlo di Cantarella-Bovio-Salsa. Non vi dico le chiacchere e le “scherzate” che si sono dovuti subire quella sera, grazie al loro abbigliamento. Erano vestiti in un modo che sembravano uno il gestore del “Ba-da-bim”, l’altro il titolare della macelleria, l’altro un capo-mandamento del telefilm “I Soprano” J. Anche grazie a loro, la sera prima della gara abbiamo stemperato la tensione pre-gara in maniera adeguata J J !! DOM 02/11: c’era da ricordare che si doveva anche correre una Maratona? Ma che dico “una”. E’ più corretto “LA” Maratona. Prima di salire sul bus, facciamo una foto io e Jokess da mandare a qualche amico, e poi via a Staten Island. Curioso, mi sembrava di saperlo o di essermi dato appuntamento. Chi, tra 34000 partecipanti, becco prima della partenza? Proprio lui, quello che crede di portare sfiga a me… Quindi evito di aggregarmi al gruppo toscano in pre-pre-pre-riscaldamento e resto tranquillo e sdraiato sul mio rettangolino di erba in posizione relax fino a poco prima dell’incalanamento nei recinti.Il mio pettorale è verde, quindi dovrei essere inserirmi con agli altri verdi nel recinto verde, ovviamente. Infatti mi fiondo nel recinto rosso. Devo fare le foto, e non posso permettermi di passare sotto il ponte, come i verdi. Nel recinto inizio ad incontrare (ovviamente, tra 34000 persone e facile trovarsi, no?) Silvia, Attilio, Zando, Teo, Igor e Max, ognuno con le sue aspettative, ognuno con i suoi riti pre-gara. Dopo aver sfiorato una crisi internazionale con una gentile signora molto abbronzata (i dettagli stavolta non chiedetemeli), ci incamminano verso la linea dello start, e sembriamo molto vicini ad essa. BOOOOOOMMMM!! E’ partita, è partita! Il botto era molto forte, spaventava anche qualcuno, ma forse perché vicino. Passiamo infatti sulla linea dello start dopo appena 1’ solamente. Dopo 300 mt li perdo tutti, separandoci su vari ritmi. Io cerco subito di restare a metà del ponte per fare poi le foto in piedi alla folla che avevo dietro (e questa scelta si rivelerà vincente il giorno dopo… J ). Scatto qualche bella foto e, mentre ormai si scende dalla parte opposta, becco Pierpa ancora corrente dopo più di un miglio. Proprio lui, che fino alla sera prima diceva di fare 500mt di corsa e 500mt al passo, alla fine otterrà il risultato più sorprendente. Pretattica? E’ descrivibile quello che provo arrivando a Brooklyn? Era aspettata quella marea umana ai lati della strada? Potevo immaginare di fare metà corsa con gli occhi lucidi dall’emozione? No. La risposta è no a tutte le tre domande. Almeno da parte mia. Luca, Antonio e gli altri forse ci riescono. Io no. Vedo molti cartelli con la scritta “Diddy run the City”, “Don’t stop Diddy”, e mi chiedo “ma siamo in campagna elettorale? Ma chi/cosa è ‘sto Diddy?”). Faccio il 5 a tutti quelli che me lo chiedono. Corro Lafayette Str. (7° miglio) con i peli delle braccia in una continua erezione. Da un terrazzino affollato ai limiti delle leggi della fisica mandano al massimo della potenza possibile YMCA dei Village People, e mi si drizzano anche quelli delle gambe. Becco Paola Maggini e mi ci affianco per una foto letteralmente “in corsa”. Fantastica! In seguito mi passa anche il braccio forte dei Peretto’s (Sabrina). Mi passa tanta gente, io passo tanta gente. Non importa, sto facendo un sacco di foto e sto avendo “the time of my life”; non so se tradurre questa frase in italiano renda lo stesso significato. Meglio lasciarla così. Un altro punto indimenticabile è la fine del Queensborough Bridge e l’inizio della 1st Avenue. Si passa dal silenzio del ponte all’inferno dei tifosi. La curva all’uscita del ponte già impressionante muraglia umana posta all’estrerno della curva. L’uscita sulla Avenue ti lascia poi senza fiato. Gente che urla a destra, gente che urla a sinistra, un fiume davanti a te e dietro di te. E tu ci sei proprio in mezzo. Sono stato colto alla sprovvista, non ero preparato ad uno spettacolo simile. Mi si paralizzano quasi le gambe; avrei voluto fermarmi lì e restare fino alla chiusura della Maratona. Ma di quel momento ho fortunatamente impresso l’immagina nella mia memoria e soprattutto nella pellicola della mia macchina fotografica. Viaggio con la mente così leggera che intorno al 17° miglio mi supera addirittura Puff Daddy (oppure P. Diddy, oppure Sean Combs, chiamatelo come volete), seguito da una motocarrozzetta attrezzata di telecamera e da qualche tirapiedi. E quell’”addirittura” è motivato dal fatto che mai più immaginavo che uno la cui fama non è angelica fosse in grado di correre una Maratona (precedenti penali, coinvolto in risse con sparatorie ed altro – non voglio neppure lontanamente pensare alle tirate di coca che si fa certa gente del suo ambiente). Ma poi vengo a sapere che è riuscito a raccogliere ben 2 milioni di dollari per beneficenza, e questi cattivi pensieri spariscono dalla mia testa, e gli urlo un mio personalissimo “GO DIDDY!!” Al 18° miglio (che vi ricordo essere il 29°km circa) inizio ad alternare tratti di corsa con tratti al passo (ma non per scattare foto), con una strana sensazione viscerale. Subito dopo il cartello del 20° miglio (noterete poi il modificarsi delle espressioni facciali nelle mie foto) mi ritrovo seduto su di un paracarro con la testa tra le mani in preda al mal di stomaco. Vedo passare Pinokkio, lo chiamo per un incoraggiamento, per distrarmi dal male, e lui mi fa: “Pagliotz, mamma mia, mi sono fermato a ca..re ben 14 volte. Le ho contate tutte!!!” Grazie Maurizio, bell’incoraggiamento J. Gli dico di continuare da solo, e dopo aver fatto 17,54 metri mi sdraio su un marciapiede del Bronx per vedere se mi passava. No, non passava. Due poliziotti mi venivano a chiedere se stavo bene. Cosa volevate che rispondesse loro uno sdraiato sul marciapiede, tra le foglie cadute, qualche cacca di cane (spero, ma in quel momento non mi interessava), e le cicche delle sigarette? Dico loro di mandarmi per favore l’ambulanza, ma senza fretta, non stavo per morire. Sentivo che blateravano qualcosa con la trasmittente. Ecco, non sono mai andato più vicino ad un ritiro (a parte quando mi sono ritirato per davvero). Ma dopo 40’ l’ambulanza non arrivava ancora ed avevo ancora mal di stomaco. All’improvviso non resisto più e (scusate) vomito l’impossibile (throw out, dicono loro)! Nel senso che rimetto solo l’acqua bevuta ed un po’ di roba gialla che credo sia bile o un’altra schifezza prodotta dall’organismo. Ma perché? Che sforzo sovrumano avrei fatto fino ad allora? Sembra che così i crampi diminuiscano un po’. I poliziotti mi guardano senza sapere che fare o dirmi. Dopo 10’ che mi guardavano, uno mi dice “Vuoi provare ad alzarti? L’ambulanza è un po’ in ritardo. Te la senti di vedere se riesci a stare in piedi?”. Io annuisco e con fatica, barcollando, mi reggo all’albero e resto in piedi. Altri 5’ così e decido che forse riesco a camminare un po’. Li saluto, scusandomi per aver sporcato la città, e per aver fato chiamare l’ambulanza per nulla. Loro mi salutano e mi dicono di fermarmi al prossimo ristoro se non ce l’avessi fatta. Dissi di si, ma in cuor mio sapevo che sarei arrivato alla fine. Camminando, ma sarei arrivato. Infatti ho camminato dal 20° al 25° miglio, vergognandomi quando la gente mi incitava a non mollare. “I will not give up!” era il mio grido di risposta agli incitamenti. Al cartello del 25° miglio comunque la crisi era passata, ed azzardo a correre nuovamente, trascinando nella mia “foga agonistica” (capirai, a quelle andature…) anche Cinzia Cecchella, impedendole di camminare nell’ultimo kmetro + 609 metri. L’arrivo a braccia alzate me lo sono evitato, ma le braccia larghe con le mani a pugno concedetemele (insieme anche ad una lacrimuccia, và. Che tenero ‘sto Pagliotto…). Finalmente/purtroppo è finita! Nell’andare a riprenderci i sacchi con i nostri vestiti, io e Cinzia notiamo come siano desolatamente vuoti i camion con i sacchi, e ci mettiamo a ridere commentando come a questo punto potevano anche lasciarci le chiavi che pensavamo poi noi a chiudere tutta la struttura J. Ritorniamo in hotel, esibendo anche noi la medaglia faticosamente meritata. Foto di rito collettive, cena, notte, riposo. LUN 03/11: Ovviamente al mattino facciamo incetta di copie del New York Times per verificare la classifica, ed io scopro che sono desolatamente arrivato dopo Morandi, Linus e Puff Daddy. Tra i pochi che sono riuscito a tenere dietro di me scopro soltanto uno dei Soprano (Salvatore) e Fauja Singh, quel 92enne che a settembre aveva fatto 5h40 in un'altra Maratona, ma che per fortuna mia ieri ha avuto anch’egli una bella cotta… Poi acquisti in giro, e pellegrinaggio presso il negozio del primo vincitore della Maratona di NY nel 1970, Gary Muhrcke, con foto obbligate (nel senso che l’abbiamo costretto a fare la foto con noi). Ah, nel frattempo mando anche a quel paese un mio amico che mi aveva telefonato dicendomi che c’era la mia foto in prima pagina sulla Stampa. Ma poi mi sono convinto J. Della mia pattinata serale al Rockefeller Center eviterò di parlare. Anche in questo caso parlano le foto (grazie Gladiator, neh!). MAR 04/11: Oggi la Ronda si è trasferita. Oggi si correva la “Ronda di Brooklyn”. Che emozione correre all’alba sul più famoso ponte di NY. All’arrivo in albergo, durante la colazione, salutiamo le prime partenze (Antonio, anche le tue lacrime me le ricorderò) e ci prepariamo per una giornata di acquisti. Riesco finalmente ad andare sull’Empire per le foto al tramonto. Alcune sono proprio belle, ma averle viste dal vivo sono sicuramente meglio. Alla sera, per me che avevo prenotato da casa un mese prima, finalmente teatro con i Blue Man Group. Fenomenali! Ricordatevi questo nome se mai verranno in tournée. Musica, suoni, colori, comicità con solo tre (TRE) minuti complessivamente di parole inglesi (scritte, neanche pronunciate, quindi comprensibilissimo). MER 05/11: Ultimo giorno. Oggi ronda in Central Park alla ricerca del Dakota Building (e non dico perché è famoso). Ma anziché trovare il palazzo, raggiungiamo Strawberry Fields e senza metterci d’accordo ci mettiamo in circolo tutti quanti intorno al mosaico con la parola “IMAGINE”. Ognuno di noi inconsciamente inizia a cantarsela, e mi piace chiudere i ricordi con questa immagine di tutti noi. Questo posso dire sia il ricordo più bello di tutta la settimana appena passata. PS: Mi mancano le serate con la disco-music, ma prima della gara eravamo stanchi per il troppo girare, poi il lunedì ed il martedì mi hanno detto dalla conciergie dell’hotel che le discoteche sono chiuse. Ottima occasione per tornare tra qualche anno… Paolo Pagliotz Pagliotto
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