La "pica delle piume"

(aggiornamenti a fondo pagina)

foto 1) A. roseicollis con "pica" in forma leggera

Affronto l'argomento della "pica delle piume", da parte dei riproduttori sui propri piccoli, raccontando la mia esperienza, perchè vedo il fenomeno, inspiegabilmente,  in fortissima espansione .

Non c'è allevatore che non possieda almeno una coppia con il vizietto di deplumare; anch'io ne possiedo alcune.

La causa di questo fenomeno è, a tutt'oggi, sconosciuta.

Su questo argomento, qualche tempo fa, uno studioso svedese effettuò uno studio che giunse alla conclusione che la pica era causata dalla carenza di un aminoacido, (l'arginina) ma altri studiosi, in seguito, ne hanno dimostrato la non veridicità.

Quindi, come spesso accade nel nostro hobby, si dovrà operare per tentativi sulla base alle esperienze condotte "sul campo".

Le cause possano essere molteplici ed a volte, molto probabilmente,  intrecciate fra di loro, ma eviterò di fare un lungo elenco  limitandomi ad esporne alcune, a mio parere, le più importanti.

Due possono essere le cause di fondo: una di ordine comportamentale e l'altra ereditaria.

Il fenomeno si può manifestare in forme più o meno accentuate, da una leggera deplumazione sul collo e/o sulla schiena, ad una vera e propria estrazione dei calami delle remiganti, spesso, con conseguente sanguinamento.

Se la deplumazione si limita all'estrazione delle piume, senza procurare sanguinamenti,  e senza interessare

le penne remiganti (a volte, anche delle primarie) non si noteranno conseguenze sull'estetica complessiva del piumaggio una volta che il soggetto avrà completato la vestitura, se invece vengono strappate le remiganti e/o le timoniere si può verificare che le penne crescano scomposte e non più perfettamente sovrapponibili (a squame di pesce).

Sovente può accadere che una "pica" pesante, con fuoriuscita di sangue, possa causare la morte del pullus.

Nella stragrande maggioranza dei casi è la femmina a spiumare; a volte si accanisce su di un soggetto per volta, mentre nella maggioranza dei casi la deplumazione avviene contemporaneamente sull'intera nidiata.

foto 2) A. lilianae con "pica" in forma pesante

Se il difetto ha carattere ereditario (anche se non è scientificamente provato) o comunque fa parte dell'imprinting dell'esemplare ci sono poche possibilità di recuperarlo ad un corretto comportamento.

Di norma, in questi casi, la deplumazione avviene in modo molto pesante.

Quando mi capitano soggetti che spiumano pesantemente evito di metterli in riproduzione.

Se invece la causa è derivata dal comportamento, magari condizionato da un fattore ambientale (noia, esigenza di imbottire il nido etc.) si possono tentare diverse azioni per interrompere la deplumazione.

Io adotto le seguenti misure:

1) spruzzo sui pullus un prodotto repellente che si trova in commercio (No Pica) oppure, in alternativa, utilizzo un colluttorio ad uso umano (Listerine) miscelato al 50% con acqua. Eseguo il trattamento una volta al giorno (nella fase iniziale, anche due);

2) contestualmente al trattamento di cui sopra fornisco abbondanti quantità di rami di salice;

Devo dire che le predette azioni si sono rivelate abbastanza efficaci ed,  in moltissimi casi, sono riuscito ad interrompere, o, a contenere fortemente, il fenomeno della deplumazione.

Ci sono esemplari che cessano quasi immediatamente ed altri, invece, che continuano per diversi giorni come nel caso del lilianae in foto 2) al quale sono state strappate anche tutte le remiganti dell'ala sinistra.

Come si può notare, le penne stanno ricrescendo senza che la madre continui a strapparle; in questo caso, però, quasi sicuramente il piumaggio, una volta completato,  apparirà scomposto.

3) se sono disponibili altri nidi con pullus della stessa età ed in numero contenuto provvedo allo spostamento.  Si possono inserire lilianae e nigrigenis nei nidi dei roseicollis senza nessun problema; evito l'azione contraria per evitare uno stress particolarmente gravoso per i minuscoli lilianae e i nigrigenis.

4) se i pullus sono già abbastanza impiumati si possono togliere dal nido e mettere sul fondo della gabbia; raramente i riproduttori continuano la loro deplorevole azione fuori dal nido;

5) se nessuna delle opzioni sopra elencate si dimostra possibile e/o efficace, adotto una soluzione sicuramente risolutiva anche se un pò impegnativa...prelevo i piccoli dal nido e li imbecco a mano.

Castelnuovo Rangone, 10 aprile 2012

(aggiornamento del 20.04.12)

Mi è pervenuto un interessante contributo dell'amico Attilio Casagrande, che ringrazio, e che pubblico di seguito:

Ciao Daniele, ho letto con piacere l'articolo che hai pubblicato sul sito, lo trovo perfetto sia come contenuti che soluzioni, (le condivido tutte) nella mia modesta esperienza, posso aggiungere un particolare che ho notato di recente, se una coppia o anche un singolo soggetto (di solito la femmina) ha preso tale abitudine diventa efficace lo spostamento di locazione, e credo, anche se non ho ancora provato, la sostituzione del partner, una sorta di coppia infelice che sfoga in stress di deplumazione la mancanza di effusioni amorose che sono fondamentali negli psittaciformi, molto più che non in altre famiglie di uccelli o primati, questa è solo una mia convinzione anche se non ho ancora provato, penso che i pappagalli siano molto simili a noi e basta studiare bene il nostro comportamento per risolvere problemi anche complessi come la pica o la mancata riproduzione.

Le coppie che non hanno mai riprodotto se sono cambiate di posto, nido, cibo, compagno/a e spesso anche solo di vicino di casa, cambiano completamente, posso affermare ad esempio che una coppia di roselle di pennant che si riproduceva regolarmente, solo per aver messo una coppia di conuri adiacente alla loro voliera ha smesso di riprodurre ed il maschio imbeccava attraverso la rete i parrocchetti veloci trascurando totalmente la sua femmina, li ho spostati di voliera e nido e l'anno dopo hanno riprodotto regolarmente come fanno da 5-6 anni a questa parte.

Con queste considerazioni non posso risolvere certamente il problema, ma ho notato anche che gli allevamenti intensivi, poco spazio e tanti animali, aumentano notevolmente tale problema.

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Castelnuovo Rangone, 10 aprile 2012