Parrocchia"DIVINO CUORE DI GESU'"
Mirto-Crosia (CS)
Archidiocesi Rossano-Cariati
La devozione di Mirto a San Benedetto Circa 5 secoli fa Mirto era la masseria fortificata, detta Castello, che dall'alto della sua collina dominava il mare e la pianura di uliveti. Sulla costa c'era il Convento dei Domenicani e l'altare dedicato a San Benedetto era rivolto verso la strada principale che collegava Sibari e Crotone. Negli anni 40 del secolo scorso, Mirto assumeva la caratteristica di un piccolissimo borgo con pochissime case costruite accanto al convento ormai in rovina, quasi del tutto scomparso. Poi il paese è cominciato a crescere e sulle fondamenta del convento sono state costruite le abitazioni dei mirtesi. Oggi Mirto è una piccola cittadina con quasi 10.000 abitanti, ma la devozione verso San Benedetto ancora è forte. Una piccola nicchia con l'effige di San Benedetto a ricordo dell'antica tradizione devozionale è posta in una stradina secondaria, per non intralciare il traffico, ma resta sempre luogo di preghiera e punto di riferimento per tutto il paese. San Benedetto doveva essere il Santo Patrono di Mirto e il Divino Cuore di Gesù quello di Mirto Castello. Ma la chiesa Cuore di Gesù del Castello non viene mai restaurata e la nascente parrocchia di Mirto viene dedicata al Divino Cuore di Gesù. Tante volte dai molti devoti è stato proposto di celebrare la festa di San Benedetto in modo solenne, ma per vari motivi è stata sempre rimandata. La prima immagine era un quadro che purtroppo è andato perduto, ora c'è una statuetta proveniente da Montecassino e offerta alla devozione popolare per riconoscenza personale. La presenza del Santo in questi luoghi è considerata una grazia di Dio. San Benedetto protegge i passanti che a lui rivolgono un pensiero, salvaguarda coloro che percorrono la strada nazionale cittadina così pericolosa perchè unica via di comunicazione verso i comuni limitrofi, la tristemente famosa Statale 106, e custodisce tutta la popolazione mirtese. (Dal racconto di Gilda e Dora) |
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Dove prima sorgeva il convento, in una viuzza
secondaria del paese,
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LA LEGGENDA DI SAN BENEDETTO (segnalata da Dora e Bruno) E S. Benedetto provvide Sulla cima d'una collina, a qualche chilometro dall'abitato di Mirto, grosso borgo di Crosia, ci sono i resti d'un convento: nel '600, dopo essere stato più volte saccheggiato dai turchi, fu abbandonato a se stesso, e a sola testimonianza dell'antica identità del luogo, rimase, in una nicchia sull'altare, la statua di S. Benedetto con le mani protese in atto di donare; ma, andati via i frati, e rimasto l'edificio senza più porte e finestre, arrivarono le rondini che a ogni primavera presero a nidificarvi. E un anno accadde che una rondine fece il nido giusto sulle mani del santo, che l'accolse di buon grado e che, anche per passare il tempo, prese a farsi raccontare quello che vedeva in giro. E un giorno la rondine disse a S. Benedetto d'aver visto sulla spiaggia tre ragazze tutte stracciate e affamate che, figlie d'un pescatore fatto schiavo dai turchi, campavano d'elemosina. Il santo si fece pensieroso, distratto, come incatturato in un rovello. Il mattino dopo, svegliandosi, la rondine vide con stupore che il suo nido era stato nottetempo spostato e che la statua di S. Benedetto non c'era più; ma quel giorno accadde anche un altro fatto: il padre delle tre ragazze era tornato dalla schiavitù; la rondine fece due più due, ché anche le rondini sanno far di conto, e concluse che S. Benedetto era andato in Oriente a liberare il pescatore. Passarono gli anni, durante i quali la sorte del pescatore e della sua famiglia cambiò dalla notte al giorno. L'uomo aveva ripreso il vecchio lavoro e ogni volta che tirava in secco le reti esse venivano su sempre piene, come se la stella della buona fortuna le guidasse nelle zone di mare ove la pescagione era più abbondante; inoltre, tornato dalla schiavitù egli era diventato un altro, trasformato da cosi a così: prima bestemmiava peggio d'un turco, consumava i suoi giorni nelle cantine a ubriacarsi, trattava tutti con acida scortesia, ora s'era fatto una perla d'uomo, solo casa e lavoro, lavoro e casa. Le tre ragazze crebbero belle e virtuose, e il lavoro del padre assicurò loro anche una buona dote, perciò s'accasarono felicemente; solo che quando l'ultima si sposò accadde che subito dopo le nozze il pescatore sparì. Lo cercarono di qua e di là, e, infine, trovarono una sua scarpa, poi l'altra, poi la giacca e seguendo la traccia degli indumenti seminati lungo la strada da lui fatta, amici e parenti arrivarono al convento abbandonato: entrarono e videro che dopo tanta anni la statua di S. Benedetto era nuovamente al suo posto nella nicchia e, fra le mani atteggiate nel gesto di donare, teneva come prima un nido di rondini. (tratto da GUIDA ALLA CALABRIA MISTERIOSA - G. Palange - Rubbettino Ed. - 2010) |
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