Contro
la sua volontà di farsi prete sembra congiurare
l’universo intero: la famiglia povera, il padre
ostile, la Rivoluzione che scristianizza la Francia;
poi Napoleone lo chiama soldato e lui diserta per
non dover servire l’uomo che ha imprigionato papa
Pio VII (lo salva il fratello François, arruolandosi
al posto suo). Diventa infine prete a 29 anni
nell’agosto 1815, mentre gli inglesi portano
Napoleone prigioniero a Sant’Elena.
Ma i suoi studi sono stati un disastro, e non solo
per la Rivoluzione: è lui che non ce la fa col
latino, non sa argomentare né predicare... Per farlo
sacerdote c’è voluta la tenacia dell’abbé Charles
Balley, parroco di Ecully, presso Lione: gli ha
fatto scuola in canonica, l’ha avviato al seminario,
lo ha riaccolto quando è stato sospeso dagli studi.
Dopo un altro periodo di preparazione, l’ha poi
fatto ordinare sacerdote a Grenoble.
![](images2/curatoars2.JPG)
E Giovanni Maria Vianney, appena prete, torna a
Ecully come vicario dell’abbé Balley, che però muore
nel 1817. Allora lo mandano vicino a Bourg-en-Bresse,
ad Ars, un borgo con meno di trecento abitanti, che
diventerà parrocchia soltanto nel 1821.
Poca gente, frastornata da 25 anni di sconquassi. E
tra questa gente lui, con un suo rigorismo male
accetto, con la sua impreparazione, tormentato dal
sentirsi incapace. Aria di fallimento, angoscia,
voglia di andarsene...
Ma dopo alcuni anni ad Ars viene gente da ogni
parte. Quasi dei pellegrinaggi. Vengono per lui,
conosciuto in altre parrocchie dove va ad aiutare o
a supplire parroci, specie nelle confessioni. Le
confessioni: ecco perché vengono. Questo curato
deriso da altri preti, e anche denunciato al vescovo
per le “stranezze” e i “disordini”, è costretto a
stare in confessionale sempre più a lungo.
E ormai ascolta anche il professionista di città, il
funzionario, la gente autorevole, chiamata ad Ars
dai suoi straordinari talenti nell’orientare e
confortare, attirata dalle ragioni che sa offrire
alla speranza, dai mutamenti che il suo parlare
tutto minuscolo sa innescare.
E
qui potremmo parlare di successo, di rivincita del
curato d’Ars, e di una sua trionfale realizzazione.
Invece continua a credersi indegno e incapace, tenta
due volte la fuga e poi deve tornare ad Ars, perché
lo aspettano in chiesa, venuti anche da lontano.
Sempre la messa, sempre le confessioni, fino alla
caldissima estate 1859, quando non può più andare
nella chiesa piena di gente perché sta morendo. Paga
il medico dicendogli di non venire più: ormai le
cure sono inutili. Annunciata la sua morte, "treni e
vetture private non bastano più", scrive un
testimone. Dopo le esequie il suo corpo rimane
ancora esposto in chiesa per dieci giorni e dieci
notti. Papa Pio XI lo proclamerà santo nel 1925.
Autore: Domenico Agasso
(Dal sito
www.santiebeati.it) |
IL
MESSAGGIO DEL SANTO CURATO
Il messaggio
che oggi ci offre il Santo Curato d’Ars, riassunto
in alcuni punti…
Uomo di preghiera
Lunghi momenti di preghiera davanti
tabernacolo, un’autentica intimità con Dio, un
abbandono totale alla sua volontà, un volto
trasfigurato…ecco quello che toccava il cuore di
coloro che lo incontravano e che lasciava
intravedere la profondità della sua vita di
preghiera e della sua unione con Dio. Fu questa la
sorgente di un’autentica amicizia con Dio e di una
grande gioia : « Moi Dio, io vi amo, ed il mio unico
desiderio è quello di amarvi fino all’ultimo sospiro
della mia vita ». Tale amicizia sottintendeva una
reciprocità: come due pezzi di cera, precisava
Giovanni-Maria Vianney, che fusi insieme non possono
più essere separati o identificati. La stessa cosa
accade alla nostra anima con Dio, quando ci mettiamo
in preghiera…
Al centro, l’Eucaristia celebrata ed adorata
« Egli è lì » esclamava il santo Curato, guardando
il tabernacolo. Uomo dell’Eucaristia, celebrata ed
adorata, affermava: « Non c’è niente di più grande
dell’Eucaristia ». Ciò che maggiormente lo
commuoveva era il constatare che Dio era lì, per
noi, presente nel tabernacolo : « Egli ci attende !
». La coscienza della presenza reale di Dio nel
Santissimo Sacramento costituì per lui la più grande
grazia e la più grande gioia. Donare Dio agli uomini
e gli uomini a Dio : ecco perché il sacrificio
eucaristico divenne ben presto il cuore delle sue
giornate e della sua pastorale.
Assillo per la salvezza degli uomini
Questa espressione riassume più di ogni altra ciò
che è stato il Santo Curato nei suoi 41 anni di
presenza ad Ars. Egli era assillato dalla sua
salvezza e da quella degli altri, in modo
particolare di quelli che gli erano stati affidati e
di quelli che venivano a lui. Come curato, Dio “me
ne domanderà conto”, diceva. Che ognuno potesse
gustare la gioia di conoscere Dio e di amarlo, di
sapere che Egli ci ama…ecco la ragione dell’opera
instancabile di Vianney.
Martire del confessionale
A partire dal 1830 migliaia di persone verranno ad
Ars per confessarsi dal santo Curato. Nell’ultimo
anno della sua vita saranno più di centomila…
Inchiodato fino a 17 ore al giorno al suo
confessionale, per riconciliare gli uomini con Dio e
tra di loro, egli fu, come ha sottolineato Giovanni
Paolo II, un autentico martire del confessionale.
Afferrato dall’amore di Dio, stupito davanti alla
vocazione dell’uomo, aveva coscienza della follia
che consisteva nel volere essere separati da Dio.
Per questo desiderava che ognuno fosse libero di
poter gustare l’amore di Dio.
Al cuore della sua parrocchia, un uomo
caritatevole
“Nessuno può immaginare quello che il Santo Curato
ha fatto dal punto di vista sociale”, afferma uno
dei suoi biografi. Vedendo in ogni suo fratello la
presenza del Signore, egli non era mai stanco di
soccorrere, aiutare, consolare le sofferenze e le
ferite, al fine di permettere ad ognuno di essere
libero e felice. Orfanotrofio, scuole, attenzione ai
più poveri e ai malati, costruttore
infaticabile…nulla gli sfugge. Accompagna le
famiglie e cerca di proteggerle da tutto quello che
può distruggerle (alcool, violenza, egoismo…).
Al cuore del suo villaggio egli si fa carico
dell’uomo in tutte le sue dimensioni (umana,
spirituale, sociale).
Patrono di tutti i parroci del mondo
Beatificato nel 1905, nello stesso anno – il 12
aprile – verrà dichiarato da san Pio X patrono dei
preti francesi. Nel 1929, quattro anni dopo la sua
canonizzazione, il Papa Pio XI lo proclamerà
“patrono di tutti i parroci del mondo”. Il papa
Giovanni Paolo II non si esprimerà diversamente
quando ricorderà per tre volte che: “il Curato d’Ars
rimane per tutti i paesi un modello senza pari per
quanto riguarda il compimento del ministero e la
santità del ministro”. “Oh, il prete è qualcosa di
grande!”, affermava Giovanni-Maria Vianney, perché
può donare Dio agli uomini e gli uomini a Dio: egli
è il testimone della tenerezza del Padre verso
ognuno e un artigiano di salvezza.
Il Curato d’Ars, un grande fratello nel sacerdozio,
al quale ogni prete del mondo può venire ad affidare
il suo ministero e la sua vita sacerdotale.
Un appello
universale alla santità
“Io ti indicherò la via del Cielo” aveva risposto al
piccolo pastore che gli aveva mostrato la strada che
portava ad Ars, cioè “ti aiuterò a diventare un
santo”. “Là dove passano i santi, Dio passa assieme
a loro”, preciserà più tardi. Egli invita dunque
ognuno a lasciarsi santificare da Dio, ad accogliere
i mezzi che gli vengono offerti per questa unione
con Dio, che inizia quaggiù e dura per tutta
l’eternità.
(Dal sito Sanctuaire d'ARS
http://www.arsnet.org/index_it.php ) |