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Scuola Elementare "Nino Costa" – Pinerolo
Classi terze

Ins. Donatella Merlo

L’esperienza con MicroMondi nelle due classi terze è iniziata l’anno scorso quando eravamo ancora tutti in attesa della versione in Italiano curata da Augusto Chioccariello. Le prime attività facevano riferimento a mie precedenti esperienze con il Terrapin Logo su piattaforma Apple, quando ero distaccata sul laboratorio di informatica della Scuola "Collodi". Avevo raccolto tutti i materiali in alcuni volumetti e quando si è trattato di avviare l’attività con i miei alunni ho ripescato le vecchie procedure e ho cercato di creare un ambiente di lavoro adatto a dei bambini di seconda. Parallelamente ho anche iniziato l’attività di formazione degli insegnanti del circolo con le modalità che verranno illustrate nella relazione.

Sono partita facendo fare ai bambini dei percorsi con la tartaruga: l’ambiente virtuale, entro cui si doveva muovere, era costituito da rettangoli o da labirinti generati in modo casuale (le procedure originali si trovano sul libro di Caldelli e D’Amore del progetto MA.SE, sono state modificate per adattarle al logo di MicroMondi).

Da questi primi giochi, fatti apposta per far imparare i comandi, i miei alunni sono poi gradatamente passati alla scrittura delle procedure cominciando con quella del quadrato.

Parallelamente in classe stavamo conducendo un’esperienza di costruzione di cubi e di quadrati. Costruire quadrati con carta e cartoncino è diverso da scrivere una procedura per la tartaruga, si mettono in moto altre conoscenze, si devono sviluppare nuove abilità. Ma è anche dall’interazione fra i diversi modi di giungere alla realizzazione di prodotti simili che si costruisce nuova conoscenza. Il mio interesse infatti era puntato soprattutto sui processi mentali che i bambini potevano a mettere in atto facendo queste nuove esperienze con il computer.

MicroMondi mi è piaciuto subito perché si presentava come ambiente aperto: potevi usarlo per disegnare e per raccontare storie con strumenti multimediali, anche molto sofisticati (nella versione per Macintosh si possono prelevare filmati da un DVD), ma anche per imparare a programmare.

Ma perché insegnare ai bambini a programmare? E che cosa insegnare?

Secondo me la programmazione in Logo è interessante per le capacità inventive e progettuali richieste, per capire che è possibile costruirsi strategie personali, per sperimentare che si può arrivare ad un identico risultato attraverso strade diverse.

Il percorso per raggiungere questi obiettivi è lungo, non si vedono i risultati dopo poche sedute nel laboratorio, perché si tratta di acquisire un atteggiamento mentale.

Osservando i miei alunni all’opera, quest’anno comincio a riconoscere da alcuni indicatori che questo processo però è partito e sono certa che d’ora in poi procederà quasi da solo perché con MicroMondi ho offerto ai bambini uno "strumento per pensare". Infatti scrivere una procedura li obbliga ad agire, ad anticipare mentalmente i risultati di certe azioni, a trovare gli errori e a correggerli. La motivazione scaturisce dall’attività stessa, non è esterna, forzata dall’insegnante. È quindi un ambiente adatto per "porsi problemi" oltre che per risolverne.

Quando parlo di procedure non intendo però solo le procedure in linguaggio Logo: MicroMondi offre molte altre possibilità.

Anche imparare ad animare un personaggio implica una procedura, cioè una serie di azioni che devono essere eseguite con un certo ordine, altrimenti l’animazione non funziona; lo stesso discorso vale per l’uso del registratore di suoni o della pianola con cui comporre melodie e inoltre le abilità richieste sono sempre nuove.

Un altro aspetto interessante dell’uso di MicroMondi è la semplicità con cui è possibile manovrare le variabili.

Nell’esperienza che ho condotto quest’anno dopo aver scritto la procedura del quadrato con l’istruzione "ripeti", ho fatto notare ai bambini che nella parentesi c’erano due numeri, uno ci diceva quanto era lungo il lato e l’altro era il numero speciale che faceva girare la tartaruga di un angolo retto. Partendo da questa considerazione ho posto loro un problema: che cosa può succedere se cambiamo quei numeri? Sono partite immediatamente le prove. Alla fine i bambini hanno capito che l’angolo non andava modificato, altrimenti la figura che si otteneva non era più un quadrato, e invece, cambiando il valore per il lato, si cambiavano solo le dimensioni del quadrato.

Da qui siamo passati alla scrittura della procedura con la variabile, ma l'esperienza più interessante in questo senso è stata poi realizzata usando lo slider. In modo immediato i bambini potevano verificare cosa succedeva cambiando la dimensione del lato e quindi quali proprietà del quadrato si conservavano e quali no.

 

Queste attività con le forme secondo me servono a creare delle potenti immagini mentali che si trasformano nel tempo in modelli concettuali di riferimento, pensate ad esempio alle potenzialità che vengono offerte per capire le trasformazioni geometriche sia quelle isometriche sia quelle proiettive.

 

L’attività è poi proseguita con una parte creativa:

Dal lavoro sulle forme siamo poi passati a quello sui problemi: anche in questo caso la partenza è stata un’attività condotta in classe di classificazione dei problemi in quattro scatole, una per ogni operazione aritmetica. I bambini hanno inventato problemi, li hanno messi nella rispettiva scatola, collettivamente sono stati letti, discussi e corretti quando non funzionavano bene. Ma che farne poi?

 

LORENZO AVEVA 42 FIGURINE, NE COMPRA ALTRE 10. QUANTE FIGURINE HA IN TUTTO? (Martina) IN UNA PISCINA C’ERANO 63 BAMBINI, 50 SE NE SONO ANDATI. QUANTI BAMBINI SONO RIMASTI? (Silvia) FILIPPO AL MERCATINO DELLE PULCI HA COMPRATO BAMBI CHE COSTA 320 LIRE. HA PAGATO CON UNA MONETA DA 500 LIRE. QUANTO DEVE DARE DI RESTO IL VENDITORE? (Stefania)

 

Poteva diventare un’attività fine a se stessa se non avessimo introdotto il computer: l’idea era quella di produrre delle schede interattive multimediali con dei problemi standard di aritmetica da far poi risolvere alle altre classi del plesso e del circolo.

Nella prima parte del lavoro i bambini hanno messo in pratica tutte le cose che avevano imparato con le esperienze precedenti, utilizzando di Micromondi soprattutto le possibilità "narrative": scrittura del testo, sua "drammatizzazione" mediante il disegno e introduzione di commenti sonori, suoni, musiche.

Successivamente io ho posto loro il problema dell’interfaccia da creare per facilitarne l’utilizzo da parte di altri bambini. Abbiamo cominciato ponendoci una serie di problemi: gli altri devono "capire" il problema (il disegno e i commenti sonori, aiutano oppure no?), devono rispondere alla domanda (quindi ci vuole un posto dove scriverla) e poi vorranno sapere se la risposta è giusta o sbagliata (glielo dobbiamo dire noi o glielo può comunicare il computer? e come?). Ma prima di tutto devono sapere cosa fare quando compare loro davanti la videata con il problema (quindi occorre inserire box di testo che spieghino cosa fare, dove cliccare ecc.). Sorvolo sugli aspetti metacognitivi sottostanti a questa attività e sottolineo invece come si siano messe in moto le capacità inventive dei bambini tanto che io mi sono solo limitata a costruire con loro la procedura per il controllo della risposta individuando passo passo che cosa doveva fare il computer e che cosa dovevano fare i bambini:

La procedura di controllo è stata costruita prima in un metalinguaggio simile a quello naturale e poi tradotta in Logo con l'aiuto dell’insegnante.

 

 

Un altro aspetto interessante di questo lavoro è stato questo: un bambino scrive una procedura che funziona, questa immediatamente diventa patrimonio di tutto il gruppo. Da qui si ricava che in laboratorio copiare è importante e questo crea un rapporto diverso fra i bambini e il sapere scolastico, fra i bambini stessi e soprattutto fra i bambini e l’insegnante.

Un altro esempio: un giorno un bambino voleva far sparire un aereo dentro il tornado. Mi sono seduta vicino a lui e abbiamo cominciato a fare delle prove: io ci ho messo la mia abilità programmatoria e lui la sua creatività. Dopo alcune prove abbiamo finalmente ottenuto il risultato voluto e subito, tramite la rete, la procedura è stata copiata da altri bambini. Io non considero negativo questo intervento dell’insegnante: è come andare a bottega, si impara per imitazione e quello che non si sa ancora fare all’inizio lo fa qualcun altro. Guardando si impara perché si comincia a capire, ad esempio, come si può affrontare il problema.

Ancora un esempio: quando imparano ad animare un personaggio, i bambini si rendono conto quasi subito che variando alcuni parametri cambia il tipo di movimento che si ottiene. Se nella tartaruga scrivi "av 10 de 90" o se scrivi "av acaso 10 de acaso 90", cioè aggiungi l’istruzione "acaso", trasformi la tartaruga in un animale che esplora il suo ambiente alla ricerca di qualcosa.

Una cosa divertente che stiamo imparando a fare, collegata con questa idea di esplorazione casuale di un ambiente virtuale, è la programmazione dei colori che in MicroMondi si può fare in due modi: può accadere qualcosa o al passaggio della tartaruga o al clic del mouse su un determinato colore. Ad esempio la tartaruga può cambiare forma, passando sul blu diventa pesce e passando sul giallo diventa leone.

I due manuali allegati al programma sono molto ricchi di spunti e suggerimenti a questo proposito. Con poche istruzioni è possibile costruire storie animate e videogiochi, simulare situazioni, fenomeni scientifici… l’unico limite è quindi la creatività dei bambini e … dell’insegnante!

Le attività proposte, oltre a far riflettere sul testo del problema e sui suoi significati e a favorire l’interiorizzazione delle strategie, hanno assunto una certa importanza anche per la crescita dei bambini a livello metacognitivo:, i bambini sono stati frequentemente stimolati a ritornare sulle proprie procedure risolutive per preparare gli help destinati ai futuri risolutori. Questo ha favorito il decentramento del bambino dalla situazione e lo ha obbligato a guardare il problema da un diverso punto di vista.

La creazione delle animazioni e delle procedure, infine, ha richiesto l’esercizio o lo sviluppo anche di altri tipi di capacità, ad esempio il rispetto della giusta sequenza di istruzioni e della sintassi dei comandi. Quindi durante il lavoro erano sempre necessari livelli di attenzione abbastanza alti perché bisognava interpretare i messaggi del computer quando si commettevano degli errori; l’interattività immediata della macchina obbliga sempre a prestare maggiore attenzione al compito.