Senti chi sparla di Cofferati

«Scellerato»; «Collateralismo».  Eccole, le parole dello scandalo: quelle che avrebbero armato (indirettamente, bontà garantistica degli accusatori politici e mediatici) gli assassini di Marco Biagi. Quelle che hanno turbato il Capo del Governo e – a cascata – ministri, sottosegretari e maggioranza tutta. Quelle che hanno fatto stracciare le vesti a opinionisti d’area polista e non solo, editorialisti liberali, ghost writers di peso ed Enrico Mentana. Se non fosse una faccenda terribilmente seria, legata alla morte di un uomo vittima della paranoia terroristica (oltreché della protezione negatagli da prefetti e ministero dell’Interno), ci sarebbe da ridere.

Un riso amaro e desolato che sgorga da una domanda senza risposta: ma non si vergognano? Ma come possono questi sensibilissimi censori delle (pretese) intemperanze verbali di Cofferati prodursi nelle loro deplorazioni pubbliche senza avvertire un minimo di imbarazzo? Come può assurgere a giudice del bonton lessicale un Presidente del Consiglio che dalla sua entrata in politica ha detto di tutto e di più, a suon di insolenze, sparate e accuse pesantissime? Uno che (come ricordava Nando Dalla Chiesa sull’Unità di martedì 9 luglio) ha più volte affermato che Prodi aveva vinto le elezioni del ’96 grazie ai brogli elettorali, e che con la sinistra al potere in Italia si rischiava l’abolizione delle libere elezioni? Uno che a margine di un processo per corruzione in cui era coinvolta la sua azienda definì la Guardia di Finanza «un’associazione a delinquere»? Uno che a causa delle indagini sul suo conto, o forse (non ricordo bene) a seguito del ritrovamento nel suo ufficio di una maxicimice (poi rivelatasi una maxibufala), asserì che nel nostro paese vigeva uno Stato di Polizia? Uno che non fa che dipingere come sicari togati di un complotto comunista valenti magistrati «rei» di indagare sul suo conto in virtù di gravi notizie di reato? Uno che bollò come «illegittimi» (in Italia e all’estero) i governi D’Alema e Amato? Uno che ha utilizzato l’aggettivo «criminoso» per descrivere il giornalismo di Biagi e Santoro e l’umorismo di Luttazzi? E gli uomini del governo e della maggioranza di quest’autoproclamato tutore della moderazione oratoria? Tralasciando il ministro Tremonti, che battezzò amabilmente «gangster contabili» i ministri economici dell’Ulivo (Ciampi compreso?), tralasciando la nota continenza espressiva di Sgarbi, Mancuso e Taormina, si può decentemente accettare l’idea che la lezione di temperanza lessicale a Cofferati venga tenuta da ministri o esponenti leghisti? Ma dico, stiamo scherzando? Fedeli discepoli di un leader che esortò a gettare nel cesso il tricolore, che avvertì un magistrato sgradito rammentando minacciosamente il costo esiguo di una pallottola, che evocò la potenziale insurrezione di torme di bergamaschi armati di kalashnikov, che ha definito «Forcolandia» l’Unione Europea, che ha accusato ministri belgi di perorare una «dose minima di pedofilia», che ha omaggiato Giuliano Amato dell’epiteto di «nano nazista», che insomma ha fatto e fa dell’aggressione verbale al nemico politico, sociale o razziale di turno la ragione (a)sociale del suo partito, bene, fedeli discepoli di un leader siffatto ora, come timorate dame di San Vincenzo, arrossiscono pudichi di fronte al linguaggio sconveniente del segretario generale della Cgil («Orrore! Ha detto “collateralismo”!»)? Ma vi rendete conto? E soprattutto: ma se ne rendono conto, i commentatori «indipendenti», gli opinion makers dei massimi organi di informazione? Si rendono conto che a bacchettare un preteso estremismo extraparlamentare di Cofferati c’è il ministro Maroni, reduce da ripetuti, solenni giuramenti sulla Costituzione della Padania, protagonista pochi anni fa di un memorabile scontro fisico con le forze dell’ordine impegnate in una perquisizione alla sede della Lega regolarmente disposta dall’autorità giudiziaria? Ma come fanno questi severi censori del lessico cofferatiano a non rendersene conto? Soffrono di smemoratezza? Di strabismo? Di doppiopesismo critico cronico? Quando, finendo col telecomando su «Blob», vedono il leghista di governo Borghezio vomitare insulti da taverna sugli immigrati, cosa dicono?

«Però, che uomo moderato: non ha mai usato l’aggettivo “scellerato”»?

  

Enzo Costa

(pubblicato su l'Unità del 10.7.2002)

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