Le psicopatologie da lavoro tra danno biologico ed esistenziale

 

L'applicazione di nuove tecnologie stimolate dall'attività di ricerca per il miglioramento degli standard di sicurezza nel lavoro, in uno con l'attuazione del D.Lgs 626/94 e successive modificazioni ed integrazioni ma, soprattutto, lo studio sistematico del binomio “Uomo - Lavoro” anche sotto l'aspetto della psicologia del lavoro, hanno permesso di individuare, tra i numerosi e vari rischi dell'ambiente di lavoro, situazioni conflittuali e “stressors” lavorativi capaci di indurre od esaltare quadri patologici genericamente latenti e svelare vere e proprie “nuove patologie” lavoro correlate.

Sono queste patologie che, non figurando nel sistema tabellare degli infortuni e delle malattie professionali, vanno, sotto il profilo giuridico, dimostrate dal lavoratore con onere di prova. Le ormai note sentenze 179/88 e la 206/76 hanno, infatti, abbattuto il sistema tabellare rigido consentendo l'inserimento della patologia di cui è dimostrato il nesso con l'attività lavorativa (attraverso il criterio etiologico, patogenetico e statistico-epidemiologico). È, infatti, grazie a quest'attività di ricerca congiunta plurispecialistica che segni clinici non differenziabili sono stati inseriti in un unico contesto caratterizzante una patologia da cause lavorative. È in quest'ambito che recentemente trovano collocazione patologie della sfera neuro-psichica correlate all'attività lavorativa quali, per l'appunto, la Sindrome del Burn-out, il Mobbing e la Nevrosi da Computer. Oggetto di queste riflessioni è quel particolare aspetto del danno non patrimoniale di origine lavorativa, che cerca spazio tra il biologico e l'esistenziale.

 

Il danno biologico

Nel D.Lgs 70/2000 articolo 3 comma 2 per danno biologico s'intende «la lesione all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito».

Nel D.Lgs 38/2000 articolo 13 comma 1 si definisce danno biologico “la lesione all'integrità psicofisica della persona, suscettibile di valutazione medico-legale”. L'articolo 13 ha stabilito che la menomazione (Invalidità permanente) conseguente alla lesione sia indennizzata con una nuova prestazione economica che sostituisce la rendita per inabilità permanente già prevista dall'articolo 66 n. 2 del Tu (Nuove tabelle di valutazione del danno biologico).

La Corte costituzionale ha riconosciuto al danno biologico la risarcibilità autonoma disgiungendolo dal danno patrimoniale e morale (sentenza 184/86)e con le sentenze 87/1991, 356/91, 485/91 ha indicato l'opportunità di estendere la tutela pubblica al danno biologico di origine lavorativa.

Il D.L.gs 209/05 ha definito il danno biologico come «la lesione, temporanea o permanente, all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica una incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito».

Ripartiamo, dunque, dalla definizione di danno biologico come lesione dell'integrità psicofisica della persona e notiamo come il danno conseguente alla lesione ha, in effetti, agito modificando l'equilibrio biologico, cioè lo Stato Biologico del soggetto. Infatti, l'alterazione dello Stato Biologico dell'individuo o, meglio, l'alterazione del suo equilibrio organo-funzionale indotto da uno stimolo esogeno di qualsivoglia natura, che agisca modificando uno o più complessi (elettro-fisiologico, neuro-psichico, chimico-metabolico, neuro-endocrino, ecc., ecc.) costituenti nell'insieme, appunto, lo Stato Biologico, rappresenta un danno all'integrità psico-fisica della persona.

 

Il danno esistenziale

Del tutto recentemente si inserisce nel sistema risarcitorio un'altra figura di danno non patrimoniale il c.d. “danno esistenziale” cioè la lesione della personalità del soggetto nel suo modo di essere, sia personale che sociale, che si sostanzia nelle apprezzabili alterazioni della qualità della vita consistente in un “agire altrimenti” oppure in un “non poter più fare come prima”

Questa figura di danno non patrimoniale, si definisce attraverso un iter legislativo-giuridico obbligato. È opportuno partire dal D.Lgs 209/05 (codice delle Assicurazioni private) il capo III del titolo X regola il “Risarcimento del Danno” e negli articoli 137, 138 e 139 sono contemplati il danno patrimoniale ed il danno biologico; vengono di fatto escluse altre figure di danno. La Cassazione il 7 giugno 2000 con sentenza n. 7713 riconosce il risarcimento del danno esistenziale ed alla vita di relazione; con questa sentenza è, quindi ammessa la risarcibilità ad una diversa figura di danno non patrimoniale oltre il danno biologico ed il danno morale.

Il danno morale (ex articolo2059 Cc) altrimenti identificabile nella sofferenza per la lesione psichica “pecunia doloris” è una componente del danno biologico ma, anche il danno esistenziale era contemplato nel danno biologico per i riflessi pregiudizievoli della lesione su rapporti, situazioni ed attività in cui la persona esplica se stessa (Corte costituzionale decisione 356/91).

Il danno esistenziale non innova per aver definito una nuova forma di danno non patrimoniale risarcibile ma consente di risarcire autonomamente questo aspetto del danno in assenza di danno biologico.

Con il D.Lgs 38/2000 si ritiene che il danno biologico comprenda qualsiasi violazione della integrità psicofisica della persona che ne modifichi peggiorandone il modo d'essere e che si rifletta in negativo sulla sfera individuale nelle sue molteplici manifestazioni di vita.

Sotto il profilo giurisprudenziale i genovesi nel 1974 individuarono il danno biologico nella “lesione dell'integrità fisica in sé e per sé considerata” non comprendendo in questo, però, l'elemento psicologico che è parte integrante dello stato di salute psicofisico dell'individuo. Il danno psichico rientra, quindi, nello “Stato biologico” e non può, quindi, estrapolarsi dal concetto di danno biologico rappresentandone, semmai, un particolare aspetto, una specificazione di questo.

Il danno psicologico risiede, infatti, nella lesione dell'integrità psichica dell'individuo vittima del fatto illecito, dunque, nella violazione, nel perturbamento, nella destabilizzazione dell'equilibrio psichico del danneggiato. Esso non va confuso con il danno morale che è, invece, lo stato di sofferenza psichica che si determina per la rottura dell'equilibrio psichico causato dalle lesioni dell'integrità psicofisica ma che è, anche dolore morale e patimento per l'iter diagnostico - terapeutico - riabilitativo cui è soggetta la vittima; com'è, anche un'offesa alla dignità, alla reputazione alla identità personale (com'è possibile si verifichi nel mobbing).

Il danno morale consisterebbe, in definitiva, in «un momentaneo, tendenzialmente transeunte, turba mento psicologico del soggetto offeso».

Il danno biologico di natura Psichica, invece, consisterebbe «nella sofferenza psichica o morale che determini di per sé stessa alterazioni della psiche tali da incidere negativamente sull'attitudine del soggetto a partecipare normalmente alle attività, alle situazioni e ai rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita» (Corte costituzionale 37/1994).

Una specificazione va posta tra il danno biologico ed il danno alla vita di relazione nel senso che quest'ultima è la lesione alla capacità realizzativa dell'individuo nell'ambito dei rapporti sociali ed in quanto tale incidente sulla sfera collettiva (partecipazione alla vita pubblica), è quindi un danno patrimoniale indiretto poiché inibisce le potenzialità di sviluppo del soggetto nei rapporti socio-economici ledendo l'immagine pubblica.

Il danno biologico, invece, si limita alla sfera personale ed è pregiudizio all'attività psico-fisica. nonostante questa specificazione oggi sono considerati nella valutazione del danno biologico, per il cosiddetto “Fenomeno dell'assorbimento” , altre figure preesistenti di danno quali, appunto, il danno alla vita di relazione, il danno alla vita sessuale , il danno estetico e l'incapacità lavorativa generica.

Ciò non annulla nel danno biologico l'aspetto risarcitorio di queste figure ma ne determina, quali componenti del danno biologico, una personalizzazione del danno stesso in sede di liquidazione.

La valutazione del danno biologico nelle psicopatologie da lavoro o lavoro-correlate (Mobbing, Burn-out, Nevrosi da VDT, Nevrosi da stressors lavorativi) si concretizza, appunto, nelle cosiddette Nevrosi tra le quali il Disturbo da Attacchi di Panico, il Disturbo d'Ansia generalizzata, la Fobia Sociale, il Disturbo ossessivo-compulsivo, la Neurastenia.

È lapalissiano che in queste patologie l'accertamento e la valutazione dei perturbamenti psichici conseguenti ad una lesione della psiche, indotta da qualsiasi causa, anche lavorativa, sia imprescindibilmente di pertinenza dello psichiatra che considera il danno psichico non una menomazione organica e/o neurologica ma un modo di funzionare diverso della psiche ed un'alterazione di determinati processi mentali non prima presenti.

 

La prova del danno

L'onere di prova dell'avvenuto danno spetta al richiedente. Di solito l'istanza è accompagnata da una consulenza tecnica che deve condurre alla diagnosi di psicopatologia ma deve, soprattutto, evidenziare tecnicamente la correlazione tra patologia ed attività lavorativa. La consulenza deve analizzare la patologia e validarne il risvolto lavorativo con analisi criteriologica medico-legale (criterio del nesso di causa, criterio etiologico, patogenetico, epidemiologico, ecc., ecc.). Ma se per il danno psichico si deve dimostrare una patologia, per il danno morale ciò non è necessario potendosi presumere sia lo stato di perturbamento psichico che il dolore morale per le sofferenze dell'animo.

La correlazione del nesso causale tra patologia psichica e attività lavorativa (ma per il Mobbing anche vessazioni, violenze, soprusi, ecc., ) è utile se non imprescindibile, anche se, come in talune sentenze, è sufficiente il convincimento del Magistrato in base al rapporto cronologico tra fatto illecito e malattia.

La dimostrazione del danno esistenziale, invece, segue due orientamenti, l'uno con la c.d. “prova in re ipsa” qualora viene leso un diritto tutelato dalla Costituzione (c.d. danno evento) c. n. 4881/01, c. 6507/01, e l'altro basato sulle prove effettive (ma anche su presunzioni, fatti notori, di esperienza comune) . In questo caso l'onere probatorio si sposta dalla vittima all'autore del danno, che dovrà dimostrare non solo di non essere colpevole ma, in quanto datore di lavoro, dovrà dimostrare di aver rispettato le norme di prevenzione e sicurezza della salute nei luoghi di lavoro (D.Lgs 626/94). Spetterà, invece, al lavoratore fornire la prova del danno non patrimoniale quale conseguenza concreta della lesione, proiettatasi sulla quotidianità del danneggiato. Il lavoratore dipendente vittima del fatto illecito dovrà, quindi, provare che l'illecito datoriale ha seriamente sconvolto la sua organizzazione di vita. Nel caso in cui, per esempio il lavoratore che ha subito un demansionamento, dovrà provare non solo di non poter svolgere i compiti della propria qualifica ma dimostrare come sia stato frustrato l'interesse non patrimoniale alla realizzazione della sua personalità nell'ambiente di lavoro.

 

La risarcibilità del danno

Il rischio è sempre quello di una inopportuna duplicazione risarcitoria del danno (tra danno patrimoniale, danno non patrimoniale, biologico, morale, esistenziale) non è difficile incorrere in una erronea valutazione.

Invero il danno biologico di per sé trova possibilità pratica nell'ambito del diritto del lavoro, la stessa definizione di danno biologico quale menomazione dell'integrità psico-fisica della persona in se considerata rischia di assorbire anche aspetti (quali l'onore, immagine, dignità, professionalità, ecc., ecc.) non correlabili agli effetti della lesione.

Il risarcimento del danno non patrimoniale prescinde dalla perdita o riduzione del reddito e dev'essere considerato non soltanto in riferimento alla sfera produttiva ma anche a quella culturale, spirituale, sociale, affettiva, sportiva e ad ogni altro ambito e modo con cui il soggetto svolge la sua personalità.

 

Conclusioni

Il danno biologico nelle psicopatologie da lavoro s'identifica con il danno psichico delle cosiddette nevrosi quali il disturbo da attacchi di panico, il disturbo d'ansia generalizzata, la fobia sociale, il disturbo ossessivo-compulsivo, la neurastenia.

Il danno biologico di natura psichica è, in parte, anche danno morale (per quel momentaneo, tendenzialmente transeunte, turbamento psicologico del soggetto offeso).

Il danno biologico di natura psichica, è, quindi la sofferenza psichica o morale che determini di per sé stessa alterazioni della psiche tali da incidere negativamente sull'attitudine del soggetto a partecipare normalmente alle attività, alle situazioni e ai rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita (Corte costituzionale 37/1994) Ma allora questo cos'è ? Se non è danno esistenziale?

 

Anna Maria Laganà - Medico chirurgo

Giuseppe Galtieri -Medico Specialista in Medicina del lavoro Docente Università degli Studi di Messina

 

(fonte: D&G,  Quotidiano del: 29/04/2006)

 

Riferimenti normativi

D.Lgs 209/05 capo III, titolo X “Risarcimento del danno” articolo 137, 138 e 139

Corte di cassazione 184/86; 7713/00

Corte costituzionale 87/1991, 356/91, 485/91, 37/1994, 179/88; 206/76

D.Lgs 38/2000

D.Lgs 70/2000

D.Lgs 626/94

 

Note bibliografiche

H. EGE, La valutazione peritale del danno da mobbing, Milano 2002, 39.

P. CENDON, Esistere o non esistere, in Persona e danno, Milano 2004, 1707.

P. CENDON, P. Ziviz, Il danno esistenziale. Una nuova categoria della responsabilità civile, Milano 2000, 10.

P. G. MONATERI, M. BONA Il nuovo danno non patrimoniale Ipsoa Milano 2004

P. G. MONATERI, U. OLIVA, M. BONA Il nuovo danno alla persona Milano Giuffrè 1999

 

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