Un ordinario caso di
mobbing contrastato in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
Tribunale di Bari,
29 settembre 2000 (ordinanza)– Est. Notarnicola - Di Canosa c. Poste Italiane.
Demansionamento illegittimo
– Fattispecie – Nozione di equivalenza delle mansioni: requisiti – Sottoposizione a trattamento di mobbing, per demansionamento, riduzione
qualitativa degli incarichi ed inoperosità coniugata ad una situazione di
emarginazione logistica e fisica, con riflessi sulla salute – Sussistenza – Ricorrenza del fumus boni
iuris e del periculum in mora – Ordine di revoca del provvedimento
di trasferimento ed obbligo di reintegrazione nel posto in precedenza
rivestito.
Costituisce illegittimo
demansionamento l’assegnazione o trasferimento di una dipendente con qualifica
di Quadro di 1° livello di Poste
Italiane da mansioni di coordinamento e controllo del servizio “Conto terzi”
(ove rivestiva ruolo gerarchico di supervisione e aveva maturato elevate
competenze e professionalità specifiche di natura economica del settore) alla
Direzione Privati, per lo svolgimento di una sostanziale attività di raccolta
dati, con conseguente depauperamento professionale e diminuzione di
prestigio nell’ambito delle relazioni
interpersonali con interni ed esterni. Non rileva poi in alcun modo il fatto
che entrambe le mansioni siano riconducibili o collocate contrattualmente all’Area
Quadri di 1° livello, giacchè l'equivalenza va valutata "in relazione alla
competenza richiesta, al livello professionale raggiunto e alla utilizzazione
del patrimonio professionale acquisiti nella pregressa fase del rapporto e
della precedente attività svolta", nonché nella possibilità per il
lavoratore di "essere adibito a funzioni confacenti alle sue qualità nell'ottica
di un loro costante affinamento e di una progressiva evoluzione delle
stesse" (Cass. 2428/99).
Vanno altresì riconosciuti nella fattispecie gli
elementi costitutivi del c.d. “mobbing”, ricomprendente secondo tipizzazione
sociale rinvenibile nei d.d.l. presentati al Parlamento “gli atti vessatori,
persecutori, l'offesa alla dignità, ... la delegittimazione di immagine, anche
di fronte a soggetti esterni dell'impresa, ente o amministrazione (clienti,
fornitori, consulenti)..." ovvero le condotte teleologicamente finalizzate
a "... danneggiare il lavoratore nella propria carriera, status, potere
formale ed informale, grado di influenza sugli altri, rimozione da incarichi,
esclusione o immotivata marginalizzazione della normale comunicazione aziendale"
(d.d.l. Tapparo ed altri), atteso che l’interessata versa in situazione di
inoperosità, di depauperamento delle mansioni, di emarginazione logistica e
fisica, accompagnate al conseguente svilimento della personalità professionale
e della dignità della persona, con riflessi certificati sanitariamente (e
controllati e confermati dall’Inps)
sulla integrità dello stato di salute.
Pertanto la domanda di
tutela della ricorrente deve essere accolta sia in relazione all'impugnato
trasferimento che in relazione alla cessazione delle condotte vessatorie.
*****
Il Giudice presso il
Tribunale di Bari, dr.ssa Beatrice Notarnicola, in funzione di Giudice del
lavoro, letti gli atti e sciolta la riserva,
premesso
che con ricorso ex art.700 c.p.c. depositato il 20.4.00, la dr.ssa Caterina Di Canosa deduceva la nullità del provvedimento di trasferimento comunicatole il 29.2.00 e l'illiceità dei comportamenti discriminatori e lesivi di emarginazione, depauperamento del suo bagaglio professionale e lesione della sua immagine, dignità e personalità, tenuti in suo danno nell'ultimo anno e mezzo dai dirigenti della sede pugliese delle Poste Italiane (di seguito P. I.) e chiedeva l'adozione dei provvedimenti di urgenza idonei a tutelare il diritto e la salute e, in particolare, l'ordine di immediata sospensione degli effetti del trasferimento del 29.2.00 - con i consequenziali provvedimenti, tra cui la reintegrazione nel posto di lavoro occupato prima, nonché l'ordine di cessazione di tutti i comportamenti volti danneggiare professionalmente la ricorrente, in particolare, tenendola inoperosa, isolata dai colleghi, ovvero assegnandole incarichi inadeguati alla sua professionalità.
che si costituivano le
P. I. contestando l'esistenza del fumus boni iuris e del periculum in
mora;
che, all'esito
dell'interrogatorio libero delle parti e dell'esame degli informatori,
acquisite note, sentite le parti all'udienza del 22.9.00 questo GL si
riservava;
osserva quanto segue.
La domanda è fondata.
Quanto al fumus boni
iuris essa si fonda su un doppio ordine di motivi, rappresentati dalla
nullità del provvedimento di trasferimento del 29.2.00 per insussistenza di
motivazione tecnica, produttiva ed organizzativa e dall'illiceità della
condotta datoriale di cd. mobbing.
In ordine al primo
motivo.
E' pacifico che la
ricorrente, laureata in Economia e Commercio era inquadrata dal 24.11.94
nell'area Quadri 1 livello ed assegnata all'Area Servizi Finanziari, ove aveva
ricevuto la responsabilità di dirigere l'articolazione "Servizi Conto
Terzi" preposto alla gestione amministrativa e contabile dei servizi resi
ai terzi, ovvero ai maggiori clienti dell'ente, (pensioni INPS, pensioni dello
Stato, riscossione crediti, pagamenti, imposte, etc.) ed aveva espletato dette
mansioni per quattro anni.
A tale riguardo, l'informatore
dr. Ventrella, Dirigente dell'Area Servizi Finanziari dal febbraio 1998 al
gennaio 1999, ha riferito che "la ricorrente si occupava del
"Servizio Conto Terzi" … svolgeva attività di staff in quanto era
responsabile del servizio e a lei facevano capo gli operatori della produzione,
... svolgeva attività di controllo, coordinamento ecc.... per quanto riguarda
le trattative con i rappresentanti degli enti e delle società con cui erano
strette le convenzioni, erano condotte personalmente dalla ricorrente e
concluse da me sulla base delle relazioni fatte dalla ricorrente".
Con lettera del
28.2.99, in atti, l'Ing. Augusto, Direttore Regionale R. T., aveva comunicato
la soppressione della struttura di appartenenza e la prossima valutazione della
ricollocazione della lavoratrice.
Con lettera del
28.5.99, in atti, lo stesso ing. Augusto aveva comunicato l'assegnazione alla
Direzione Privati - Divisione S. F.
Con fax del 6.6.99, in
atti, l'ing. Augusto aveva comunicato alla ricorrente l'affidamento del compito
di rilevazione dei dati sulla qualità dei servizi finanziari.
Dall'istruttoria è
risultato che oltre tale attività di raccolta dati la ricorrente non ha svolto
altre mansioni, tanto meno quelle proprie dell'area di assegnazione e che è
stata tenuta al di fuori dell'attività dell'area stessa.
Tale circostanza emerge
dalle deposizioni degli informatori di parte ricorrente, che hanno dichiarato
che la ricorrente "non aveva lavoro da fare ed era sola... la vedevo a disagio
e lei mi diceva che non aveva lavoro da fare" (dr. Ventrella) e che
"la ricorrente lamentava di avere paura di essere spostata dall'ambiente
lavorativo della Direzione Regionale ... intorno alla ricorrente non vi era
molto movimento" (dr. Oresta).
Essa è confermata
proprio dal dr. Toma, dirigente della Direzione Privati della Divisione
Bancoposta, cui la ricorrente era assegnata, informatore citato dalle P. I.; il
dr. Torna ha dichiarato che "la ricorrente non era inserita effettivamente
nella Direzione Privati ...per quanto riguarda le mansioni espletate dalla
ricorrente nel periodo in questione mi risulta che fosse addetta
all'elaborazione dati .... da me non venivano impartiti disposizioni o
incarichi".
Con lettera del
29.2.00, in atti, l'ing. Augusto aveva comunicato la prossima assegnazione
dell'istante ad un ufficio di produzione dal 1.3.00, individuato nell'U. P.
Bari succ. 5 come da telefax del 1.3.00 del Direttore di Filiale, in atti. Dal
1.4.00 la ricorrente si era assentata dal lavoro per malattia. Dall'istruttoria
svolta è emerso che la ricorrente era stata addetta nell'ambito dei servizio
"Conto terzi", ad attività di staff, aveva curato personalmente i
rapporti con i maggiori utenti delle Poste; aveva sviluppato aveva svolto attività
di coordinamento e controllo del servizio; era stata preposta gerarchicamente
agli operatori del servizio; era stata sottoposta gerarchicamente, nell'ambito
dell'area, solo al dirigente dr. Ventrella; aveva maturato elevate competenze e
professionalità specifiche del settore.
In definitiva la
ricorrente presenta un bagaglio di professionalità notevole in materia di
rapporti economici con i più importati clienti delle Poste, ovvero in ambito di
attività cd. di staff.
Invece, nel periodo
dell'assegnazione alla Direzione Privati, che lo stesso dr. Toma ha definito
"formale", la ricorrente ha svolto solo un'attività di raccolta dati.
E' di palmare evidenza
che si tratti di mansioni non equiparabili a quelle svolte in precedenza.
In relazione alla
oggettiva consistenza, l'attività successiva era una mera attività di
rilevazione di dati mentre la precedente attività comportava funzioni di
coordinamento, elaborazione di relazioni, etc.; in relazione alle modalità di
espletamento, le mansioni erano espletate dalla ricorrente completamente sola,
mentre le sue mansioni anteriori comportavano la responsabilità di un settore e
la superiorità gerarchica sugli altri dipendenti addetti e il rapporto con
altri enti pubblici e privati di primaria importanza.
Pertanto, il demansionamento
subito si rileva sia in relazione alla natura della mansioni e al
depauperamento professionale che ne deriva sia in relazione alla diminuzione
del prestigio subito nell'ambito delle relazioni interpersonali con interni ed
esterni.
Infine, non può neppure
ritenersi legittima l'assegnazione dell’istante ad un ufficio postale, ovvero
ad un settore tipicamente ed esclusivamente di cd. produzione.
Secondo quanto
dichiarato dall'informatore dr. Oresta "gli uffici postali comportano
rapporti con la clientela e gestione di denaro, e questi problemi di natura
contabile richiedono esperienza e specifiche propensioni".
Si deduce, quindi, la
differenza tra un'attività di cd. staff rispetto a quella di cd. produzione
quale quella cui l'istante è stata destinata.
Ciò impedisce
l'utilizzazione del bagaglio di competenze specifiche maturate dalla
lavoratrice e provoca un depauperamento delle stesse a causa del mancato
esercizio.
Questo comporta la
negazione dell'equivalenza delle mansioni ai sensi dell'art.2103 c.c. cui
l'istante aveva diritto.
A riguardo non si
condivide la tesi di parte resistente secondo cui l'equivalenza delle mansioni,
nel caso di specie, è assicurata dalla circostanza che entrambe siano
riconducibili alla previsione contrattuale dell'Area Quadri di 1 livello.
Infatti, la violazione
del diritto all'equivalenza delle mansioni può anche coesistere con
l'inquadramento delle nuove mansioni nel medesimo livello o nella medesima area
di provenienza individuati dalla contrattazione collettiva.
L'equivalenza va
valutata "in relazione alla competenza richiesta, al livello professionale
raggiunto e alla utilizzazione del patrimonio professionale acquisiti nella
pregressa fase del rapporto e della precedente attività svolta", nonché
nella possibilità per il lavoratore di "essere adibito a funzioni
confacenti alle sue qualità nell'ottica di un loro costante affinamento e di
una progressiva evoluzione delle stesse" (Cass. 2428/99).
In tale ottica, nel
caso di specie l'equivalenza non sussiste.
Peraltro, proprio la
circostanza che all'indomani dell'inizio del processo di riorganizzazione
aziendale la ricorrente fu assegnata alla Direzione Privati conferma la
iniziale volontà delle Poste di assegnare la lavoratrice ad un settore a lei
consono.
Il fatto che l'istante
sia stata tenuta completamente isolata ed estraniata dall'attività della
direzione, nonostante il suo inserimento nella stessa, ad opera del dr. Toma,
con il benestare - da egli stesso riferito - dei suoi superiori gerarchici, non
può portare a ritenere che sia stata attuata solo una posticipazione del suo
trasferimento presso la Filiale.
Proprio la motivazione
fornita dalle Poste, e cioè che l'assegnazione era solo "formale"
denuncia un'irregolarità della gestione del rapporto lavorativo con la
ricorrente.
Infatti, in base alle
regole della correttezza e della buona fede, la legittima assegnazione ad un
determinato settore comporta il diritto - dovere da parte del datore di lavoro
di pretendere ed anche assicurare al lavoratore ad esso destinato di esplicarvi
la propria attività lavorativa, salva l'adozione di provvedimenti temporanei di
mobilità che non sono stati certamente emessi nel caso di specie.
Infine, l'innegabile
diritto delle Poste ad attuare la propria organizzazione aziendale, connotata
dalla necessità di trasformare un apparato di vecchio stampo tipico di una
pubblica amministrazione in una impresa moderna, deve essere esercitato con le
opportune cautele, in modo da non ledere il diritto all'equivalenza della
mansioni dei lavoratori.
Pertanto il
trasferimento adottato con provvedimento del 28.2.00 è illegittimo.
Quanto al secondo
motivo.
Dall'istruttoria
espletata è risultata confermata la doglianza dell'istante, di essere stata
sottoposta ad una condotta di cd. mobbing.
Il termine mobbing è
stato utilizzato dall'etologo Konrad Lorenz allo scopo di descrivere
l'atteggiamento del branco che vuole allontanare un membro dello stesso.
Introdotto nell'ambito
lavoristico, il termine indica i comportamenti ostili, vessatori e di
persecuzione psicologica realizzati da colleghi (cd. orizzontale); e dal datore
di lavoro e dai superiori gerarchici (cd. verticale) nei confronti di un
dipendente individuato come vittima, intenzionalmente rivolti ad isolare ed
emarginare il soggetto passivo nell'ambiente di lavoro.
Secondo le tabelle
degli psicologi il mobbing si configura dopo almeno sei mesi di vessazioni
ripetute.
Sotto il profilo
medico-legale, il fenomeno si concretizza in una lesione della salute del lavoratore,
consistente in uno stato di disagio psicologico e nell'insorgenza di malattie
psico-somatiche sino ai disturbi da stress ("Mobbing e rapporto di
lavoro" P. Tullini, R. I. D. L., 2000, 1).
All'esito di una
tipizzazione sociale, il progetto di legge del sen. Tapparo ed altri individua
come rilevanti, tra le altre condotte, "gli atti vessatori, persecutori,
l'offesa alla dignità, ... la delegittimazione di immagine, anche di fronte a
soggetti esterni dell'impresa, ente o amministrazione (clienti, fornitori,
consulenti)..." ovvero le condotte teleologicamente finalizzate a
"... danneggiare il lavoratore nella propria carriera, status, potere
formale ed informale, grado di influenza sugli altri, rimozione da incarichi,
esclusione o immotivata marginalizzazione della normale comunicazione
aziendale".
Così individuato il
concetto di mobbing, può rilevarsi come nel caso in esame sussistano i suoi
elementi costituivi.
Come già innanzi
evidenziato la ricorrente, pur essendo formalmente assegnata alla Direzioni
Privati, non fu mai coinvolta nelle attività della stessa.
Il dr. Toma ha
espressamente riconosciuto di un averle mai impartito ordini o direttive in
quanto "non faceva parte dell'organico" a lui assegnato.
Come pure già
evidenziato, la ricorrente veniva anche lasciata senza lavoro, a parte la
raccolta dei dati, attività certamente inadeguata alle sue capacità e al suo
livello di inquadramento.
Gli informatori hanno
dichiarato che la ricorrente "non aveva lavoro da fare ed era sola… la
vedevo a disagio e lei mi diceva che non aveva lavoro da fare" (dr.
Ventrella) e che "la ricorrente lamentava di avere paura di essere
spostata dall'ambiente lavorativo della Direzione Regionale ... intorno alla
ricorrente non vi era molto movimento" (dr. Oresta).
All'esclusione dal
settore di assegnazione, alla riduzione qualitativa degli incarichi ed
all'inoperosità si aggiungeva una situazione di emarginazione logistica e
fisica.
Lo stesso dr. Toma ha
afferma che "Nel primo periodo la ricorrente era allocata all'8° piano e
il personale a me assegnato era collocato tra il 9° e l'8° e in un secondo
periodo, nell'ambito di una ricollocazione del personale, la mia direzione fu
tutta spostata al primo piano. Non so se la ricorrente fu spostata e dove fu
collocata".
L'arch. Orlando,
informatore di parte resistente, ha dichiarato di essere stato contattato
dall'istante in quanto, una volta spostato il personale della Direzione Privati
al 1° piano del corpo A, "Lei era rimasta all'8° piano"; di avere
appreso dall'Ufficio Gestione Risorse Umane che la ricorrente era
"assegnata ad un progetto speciale" e " non faceva parte di
alcuna area" e di averla spostata, dovendosi chiudere il piano 8° al 2°
piano del corpo B; presso tale piano è situato l'ispettorato "ed alcune
stanze vuote per delle criticità".
Il dr. Ventrella ha
dichiarato che "la ricorrente rimase all'8° piano dove prima era sistemata
l’Area dei Servizi Finanziari, mentre gli altri addetti all’Area Direzione
Provati erano sistemati su altri piani … a dicembre 1999 sia io che la
ricorrente fummo spostati in un'altra ala del palazzo e la ricorrente rimase
poco tempo... quando fummo spostati, gli altri dipendenti della Direzione
Privati non furono spostati dove eravamo sistemati noi … Constatai in tali
circostanze che ... era sola... "
Quindi, la ricorrente
fu collocata in ufficio addirittura situato in un corpo di fabbrica differente
rispetto a quello dove erano dislocati gli addetti alla Direzione Privati.
L'inoperosità, il
depauperamento delle mansioni, l'emarginazione logistica e fisica, accompagnate
al conseguente svilimento della personalità professionale e della dignità della
persona costituiscono condotte sussumibili sotto la fattispecie del mobbing.
A tale riguardo il
Tribunale dì Torino, nella sentenza dell'11 dicembre 1999, ha stigmatizzato
come mobbing la condotta dì assegnazione di una lavoratrice a "compiti
che, benché rientranti astrattamente nell'inquadramento di appartenenza.-
assumono nella specie valenza del tutto dequalificante, avuto riguardo alla sua
storia lavorativa, alla professionalità acquisita nel corso del tempo ".
E ancora, lo stesso
Tribunale, con sentenza del 16 novembre 1999, qualifica come mobbing la
condotta del superiore della lavoratrice consistita, in via principale,
nell'averla "stabilmente collocata ad una macchina, ... chiusa tra altre
macchine e i cassoni di lavorazione, così da impedire possibili contatti,
durante l'orario di lavoro, con i colleghi o colleghe o da renderli assai
difficili o infrequenti... ".
Nei confronti
dell'istante le condotte di depauperamento di mansioni, emarginazione dal
settore di assegnazione isolamento sono state perpetuate per un periodo
superiore ai sei mesi, essendosi protratte, dopo la l'esaurimento della
mansioni precedenti, quanto meno dal giugno 1999, in cui iniziò l'assegnazione
alla Direzione Privati, sino al marzo 2000 in cui sono culminate nel
trasferimento in agenzia.
Inoltre esse hanno
avuto riflessi sull'integrità psico-fisica della ricorrente.
Il dott. Chianura,
primario del Dipartimento di salute mentale dell'Ospedale "Di
Venere", di cui il primo datato 1.4.00, nei certificati medici in atti ha
attestato di avere riscontrato che la ricorrente era affetta da "stato
ansioso depressivo reattivo ad avvenimenti lavorativi sfavorevoli" necessitante
"l'astensione dall'attività lavorativa".
Tale certificazione
proviene dal primario di un settore specialistico di un ente ospedaliero
pubblico ed appare quindi dotata di sufficiente attendibilità. Inoltre la
diagnosi è stata confermata in sede di visita di controllo eseguita a cura
dell'INPS, come risulta dal referto in atti.
Essa non è stata
neppure oggetto di contestazioni specifiche da parte delle Poste, che si è
limitata a negare il nesso eziologico, senza addurre elementi di fatto
specifici (preesistenza di disturbi assimilabili, etc.) sufficienti a confutare
tali risultanze.
Pertanto, anche in
considerazione della sommarietà che connota la procedura cautelare, la
certificazione medica prodotta è atta a provare - ai fini del presente giudizio
- la dipendenza della patologia acclarata dalla situazione lavorativa
sfavorevole.
Infine, anche a
prescindere dal richiamo alla emergente fattispecie del mobbing, e per
ricondurre i fatti di causa nell'alveo degli istituti già individuati dal
nostro ordinamento, va puntualizzato che essi costituiscono senz'altro
inadempimento dell'obbligo datoriale sancito dall'art. 2087 c.c. di sicurezza e
protezione dei dipendenti e lesione del diritto alla salute costituzionalmente
sancito dall'art.32 Cost. It..
Sussiste, infine, il periculum
in mora.
Accertata l'esistenza
dello stato patologico, la lesione del diritto alla salute della ricorrente,
compromesso da una situazione lavorativa sfavorevole appare difficilmente
risarcibile per equivalente. Ciò a maggior ragione ove si ipotizzi che un
perdurare della situazione lavorativa sfavorevole nelle more del giudizio
ordinario non potrebbe che comportare un aggravamento della lesione
dell'integrità psico-fisica dell'istante.
Inoltre, il perdurare
di una condotta di mobbing, anche a prescindere dai suoi riflessi sulla salute
dell'istante, avrebbe comunque un effetto lesivo sulla sua dignità e sulla sua
immagine professionale e personale.
Anche la
professionalità della ricorrente potrebbe subire danni nelle more del giudizio
ordinario: la ricorrente è dotata di competenze specifiche legate in modo
preponderante alla conoscenza dei fenomeni e delle leggi del mercato, di
normative, usi e prassi in continua evoluzione, anche alla luce del processo di
riorganizzazione aziendale attuato dalle Poste, sicché l'allontanamento
perdurante dalle mansioni di competenza porterebbe ad un depauperamento delle
capacità e conoscenze tecniche e professionali pure irrisarcibile e renderebbe
poi difficile il reinserimento della lavoratrice nei settori di staff cui andrebbe
destinata.
La gravità del pericolo
del depauperamento professionale deve essere valutato anche in relazione al
prestigioso inquadramento della ricorrente, appartenente al livello più alto
costituito dall'Area dei Quadri di 1 livello, che, in base alla circ. n.25
dell'E.P.I., a seconda dei "filoni operativi di appartenenza sono
responsabili di grandi unità organiche (funzionale o gestionale), o svolgono
attività tecniche con elevato contenuto specialistico (f. o tecnico) o attività
di natura professionale (f. o professionale)".
Proprio la delicatezza
e l'elevata responsabilità connotanti le mansioni dei Q 1 comportano che
l'assegnazione a mansioni anche dello stesso livello di inquadramento ma non
consone alla professionalità della lavoratrice rendono di maggiore rilevanza e
gravità la non equivalenza delle mansioni di destinazione.
Pertanto la domanda di
tutela della ricorrente deve essere accolta sia in relazione all'impugnato trasferimento
che in relazione alla cessazione delle condotte vessatorie. Spese al merito.
P.q.m.
Il GL così provvede:
ordina alle Poste Italiane l'immediata sospensione degli effetti del
trasferimento del 29.2.00 e la reintegrazione nel posto di lavoro occupato in
precedenza dall'istante, nonché la cessazione di tutti i comportamenti volti
danneggiare professionalmente la ricorrente, in particolare, tenendola
inoperosa, isolata dai colleghi, ovvero assegnandole incarichi inadeguati alla
sua professionalità; spese al merito.
Manda alla Cancelleria
per gli adempimenti.
Bari, 29.9.00
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