Il
"mobbing" è un termine nuovo che definisce ed inquadra
una problematica presente da tempo nel mondo del lavoro di cui
oggi si parla in quanto studi recenti e numerosi ne hanno
evidenziato la dimensione ed i costi aziendali e sociali, ma anche
per gli adempimenti nuovi introdotti dalla normativa sulla
sicurezza sui posti di lavoro. Problematica che, ci dicono le
cifre, è in aumento, anche in relazione alle nuove tipologie di
lavoro (interinale, para-subordinato, etc). Recenti studi europei
dimostrano trattarsi di un fenomeno esteso; 1 lavoratore su 10 ha
subito nell'ambito del suo lavoro atti di intimidazione, mentre 1
ogni 25 violenze fisiche, ogni giorno afferiscono agli ambulatori
della Clinica del Lavoro di Milano 7 nuovi casi di mobbing che
vengono seguiti in Day Hospital.
Definizione
Il
mobbing è una forma di terrore psicologico, caratterizzato dalla
ripetizione protratta nel tempo, che viene esercitata sul posto di
lavoro, ad opera di un superiore o di colleghi di lavoro singoli o
in gruppo, con lo scopo di eliminare una persona ritenuta scomoda.
Le forme che esso può assumere sono molteplici: dalla semplice
emarginazione alla diffusione di maldicenze, dalle continue
critiche alla sistematica persecuzione, dall'assegnazione di
compiti dequalificanti alla compromissione dell'immagine sociale
nei confronti di clienti e superiori. Riportiamo alcune
definizioni partendo da quella di Heinz Leymann, a cui si devono i
primi studi e la formulazione teorica, negli anni '80, del mobbing:
"In caso di conflitto, le azioni che hanno la funzione di
manipolare la persona in senso non amichevole, si possono
distinguere in tre gruppi di forme di comportamento. Un gruppo di
azioni verte sulla comunicazione con la persona attaccata. Un
altro gruppo di comportamenti punta sulla reputazione della
persona, utilizzando strategie per distruggerla. Infine le azioni
del terzo gruppo tendono a manipolare la prestazione della persona
per punirla. Alcuni di questi comportamenti si possono trovare
nella comunicazione umana quotidiana o durante casuali litigi.
Solo se queste azioni vengono compiute di proposito,
frequentemente e per molto tempo, si possono chiamare mobbing".
Dall'Ente Nazionale per la Salute e la Sicurezza svedese (la
Svezia è il primo paese ad aver adottato una legge che riconosce
il mobbing come malattia professionale): "per persecuzione si
intendono ricorrenti azioni riprovevoli o chiaramente ostili
intraprese nei confronti di singoli lavoratori, in modo offensivo,
tali da determinare l'allontanamento di questi lavoratori dalla
collettività che opera nei luoghi di lavoro".Harald Ege
afferma: "con la parola Mobbing si intende una forma di
terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso
comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di
colleghi o superiori".Il Comune di Losanna (assessorato pari
opportunità): "il mobbing è una situazione di comunicazione
non etica caratterizzata dalla ripetizione, nel lungo periodo, da
parte di una o più persone, di comportamenti ostili diretti
sistematicamente contro un individuo che sviluppa, come reazione,
gravi problemi fisici o psicologici. Esso costituisce un processo
di distruzione che può comportare l'invalidità permanente. Due
condizioni devono essere assolte affinché si possa affermare di
trovarsi in presenza di mobbing: la durata e la ripetitività
Mobbing
di tipo verticale:
quando
la violenza psicologica viene posta in essere nei confronti della
vittima da un superiore (nella terminologia anglosassone questa
forma viene anche definita bossing o bullying );
-
bossing:
azione
compiuta dall'azienda o dalla direzione del personale nei
confronti di dipendenti divenuti scomodi. Si tratta dunque di una
strategia aziendale di riduzione, ringiovanimento o
razionalizzazione
degli organici (detto anche mobbing pianificato);
-
bullying:
indica
i comportamenti vessatori messi in atto da un singolo capo.
Mobbing
di tipo orizzontale:
quando
l'azione discriminatoria è messa in atto dai colleghi nei
confronti del soggetto colpito.
Mobbing
individuale:
quando
oggetto è il singolo lavoratore.
Mobbing
collettivo: quando colpiti da
atti discriminatori sono gruppi di lavoratori (si pensi alle
ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa integrazione
etc.).
Mobbing
dal basso sia individuale che collettivo:
quando
viene messa in discussione l'autorità di un superiore.A queste
forme si deve affiancare una forma di mobbing definibile sessuale
anche se non caratterizzato da contatto fisico.
La
violenza morale può manifestarsi con una molteplicità di aspetti
(che riportiamo, sapendo che è impossibile mettere insieme in
modo sistematico tutte le possibili azioni mobbizzanti):
-
impedire al lavoratore di esprimersi / attacchi alla
possibilità di esprimersi;- isolare il lavoratore (privarlo dei
mezzi di comunicazione: telefono, computer, posta.), bloccare il
flusso d'informazioni necessarie al lavoro, estromettere dalle
decisioni, impedire che gli altri lavoratori gli rivolgano la
parola, negare la sua presenza, comportarsi come se il mobbizzato
non ci fosse, trasferirlo in luoghi isolati o comportanti lunghi
tempi di percorrenza, etc);
-
discreditare il lavoratore / attacchi contro la reputazione
(ridicolizzarlo, umiliarlo, attaccare le sue convinzioni
religiose, sessuali, morali, calunniare membri della sua famiglia;
-
ridurre la considerazione di sé del lavoratore (privarlo
degli status symbol, non attribuirgli incarichi, attribuirgli
incarichi inferiori o superiore alle sue competenze, simulare
errori professionali, continue critiche alle prestazioni o alle
sue capacità professionali anche di fronte a soggetti esterni
all'impresa ma anche critiche soggettive, applicare sanzioni
amministrative senza motivo apparente e senza motivazioni;
consegne volutamente confuse, contraddittorie e/o lacunose; azioni
di sabotaggio, etc);
-
compromettere il suo stato di salute (diniego di periodi di
ferie o di congedo, attribuzione di mansioni a rischio o con turni
massacranti etc);
-
cambio di mansioni;- violenza o minaccia di violenza.In
alcuni casi si tenta di determinare comportamenti incontrollati da
parte del mobizzato in quanto tale comportamento irresponsabile
della vittima può divenire un insindacabile motivo di
licenziamento.
Molte
delle azioni, sopra elencate, possono anche essere assolutamente
normali, cioè dettate da momenti contingenti: si parla di mobbing
quando una o più di queste azioni diviene sistematica ed a lungo
termine.Per le sue stesse caratteristiche si tratta di un processo
in continua evoluzione per cui fin dall'inizio i diversi
ricercatori hanno tentato una sua suddivisione in fasi.Leynmann ha
proposto un modello in 4 fasi che Ege ha adattato alla situazione
italiana pervenendo ad un modello in 6 fasi:
-
condizione zero;
-
conflitto mirato;
-
inizio del mobbing;
-
primi sintomi psico-somatici;
-
errori ed abusi dell'amministrazione del personale;
-
serio aggravamento della salute psico-fisica della vittima;
-
esclusione dal mondo del lavoro.
Gli
studi italiani dimostrano che è più frequente nelle realtà
grandi con una certa quota di anonimato e nei reparti
amministrativi o dei servizi e che colpisce maggiormente la fascia
41-50 anni e molto raramente i lavoratori sotto i 30 anni. Tali
studi dimostrano inoltre che nelle nostre realtà è molto raro il
mobbing dal basso. Il mobbizzato può presentare una lunga serie
di disturbi, somatizzazioni e vere e proprie malattie che possono
protrarsi per un lungo periodo o divenire croniche ed
irreversibili raggiungendo anche quadri di severa gravità. Nella
maggior parte dei casi una vittima di mobbing accusa sintomi e
malesseri a carico di organi od apparati già sede in passato di
disturbi o patologie.
Sintomi
fisici:
-
eruzioni cutanee,
-
abbassamento delle difese immunitarie (tosse, raffreddore,
influenza, maggiore vulnerabilità alle malattie),
-
disturbi tiroidei,
-
disturbi cardiaci: tachicardia, senso di oppressione,
ipertensione,
-
problemi delle funzioni gastriche e digestive: bulimia,
gastrite, ulcera,- disturbi intestinali,- disturbi della sfera
sessuale,
-
dolori osteoarticolari,
-
astenia.
Sintomi
psichici:
-
manifestazioni psicosomatiche (sono le prime a
manifestarsi): perdita di concentrazione, di memoria, turbe del
sonno, cefalee, sudorazione;
-
agitazione / irrequietezza;
-
sindromi ansiose;- depressioni con fissazione del pensiero
sul proprio problema, abuso nei consumi di sigarette, caffè,
analgesici, stimolanti, alcolici etc,
-
disturbi comportamentali che impediscono la partecipazione
alla vita lavorativa fino all'espulsione dal mondo del lavoro
(attacchi di panico, disistima etc);
-
alterazioni della personalità (fino al suicidio).
Bradey
Wilson sulla base di uno studio condotto in Arizona inquadra tali
disturbi psichici in base al DSM IV nel gruppo "disturbo post
traumatico da stress". .Disturbo che secondo Bargagna e
collaboratori corrisponde ad una “variante dei disturbi d'ansia
caratterizzato dalla sperimentazione di uno stato d'animo di
particolare risonanza affettiva evocato da eventi estremamente
traumatizzanti di cui il soggetto sia vittima o sia testimone o
risulti comunque coinvolto".
Rispetto
ad altre forme traumatiche il mobbing ha una maggiore tendenza
alla cronicizzazione anche se essa comporta un lungo periodo di
latenza fino, in alcuni casi, al superamento del periodo di
comporto con grave pregiudizio per la conservazione del posto di
lavoro.
Aspetti
medico-legali:
Il
mobbing può determinare tre, diverse, fattispecie di danno.
Danno
alla salute
Si
tratta del danno che deriva dalla compromissione del bene –
salute, costituzionalmente protetto e che costituisce un valore
fondato sulla integrità psico-fisica della persona, integrità da
cui deriva lo stato di benessere personale e la possibilità di
godere della salute, di poter svolgere la vita per tutta la sua
durata secondo le ordinarie attività proprie del consorzio in cui
il soggetto vive, di poter realizzare il personale progetto di
vita, comprendendo in ciò le relazioni interpersonali e
sociali.Si tratta di un bene che ha caratteristiche comuni con
tutti i componenti del consorzio civile e che prescinde dalla
posizione culturale, economica e sociale della persona, essendo
per questo da valutare con criteri egualitari.In una tale
situazione appare evidente la compromissione degli aspettifisici e
psichici dello stato di salute ma anche l'incremento della
morbilità e per una attendibile riduzione della durata della
vita. In base all'articolo 2087 del codice civile il datore di
lavoro deve prevenire i danni alla salute, adottando tutti gli
strumenti resi disponibili dall'attuale stato della scienza e
della tecnica benché non espressamente contemplati dalle norme
antifortunistiche. Concetto questo ribadito ed esteso
dall'articolo 3 del decreto legislativo n° 626/94 che impone, fra
le misure di tutela al punto f), il "rispetto dei principi
ergonomici nella concezione dei posti di lavoro…e nella
definizione dei metodi di lavoro".Il datore di lavoro è
tenuto al risarcimento sia del danno patrimoniale che di quello
non patrimoniale (danno biologico e danno morale) qualora il
lavoratore possa dimostrare non solo di aver subito una lesione
fisica o psichica (lesione che, come ha indicato il Tribunale di
Torino, Sez. lavoro 1° grado del 16 novembre 1999, può anche
essere non permanente) e che la lesione è dovuta al lavoro ma
anche che vi è stato un illecito nel comportamento che ha
cagionato tale danno, deve cioè provare la condotta dolosa o
colposa del molestatore oppure che sia accertato un inadempimento
contrattuale (vedi Cassazione n° 475 del 19 gennaio 1999).Per
quanto riguarda il danno biologico dobbiamo concentrare la nostra
attenzione su quello di natura psichica che costituisce una
conseguenza tipica delle molestie morali.In questo ambito di danno
va riconsiderato anche l'aspetto definito "doppio mobbing"
che è legato al ruolo particolare che la famiglia ricopre nella
società italiana con trasferimento delle "sofferenze"
all'interno della famiglia, sapendo che il mobbing è una forma di
persecuzione subdola perché è spesso composta di tante piccole
ingiustizie, messaggi non verbali, sottintesi che non sempre
riescono ad assumere una visibilità esterna ancor più quando
l'ambiente di lavoro denuncia dei limiti di solidarietà. A tale
proposito ricordiamo con Ege che "un collega mobber ha sempre
bisogno di una sorta di consenso da parte del capo a mobbizzare
qualcuno".
Con
l'articolo 13 del decreto legislativo n° 38/2000, la cui
applicazione è subordinata all'approvazione delle tabelle
valutative con decreto del ministero del lavoro (vedi nostra
circolare
n°
55 del 13 aprile 2000), è stata introdotta la tutela di tale
danno che viene definito, in via sperimentale, come "la
lesione all'integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione
medico-legale, della persona" e che, dunque, sarà
indennizzato dall'INAIL. Dall'entrata in vigore di tale decreto al
lavoratore residuerà in via esclusiva l'azione per l'eventuale
risarcimento del danno morale. Riduzione della capacità
lavorativa specifica:
Trattasi
di una valutazione che deve fare riferimento, necessariamente,
alle caratteristiche professionali del lavoratore, sia a quelle
acquisite con apposita formazione professionale che a quelle
formate attraverso l'esperienza cumulata con l'esercizio delle
attività lavorative, quindi con una particolare attenzione
all'anamnesi lavorativa ed alle attività consentite.
Inabilità
permanente parziale o assoluta:
Trattasi
del danno permanente alla capacità lavorativa generica di cui al
T.U., DPR n° 1124/65.
Riconoscimento
in ambito INAIL :
Il
giudice Guariniello, al recente convegno "Mobbing un caso
anche italiano" ha affermato: "il mobbing può causare
anche malattie professionali e, quindi, può costituire reato, il
delitto di lesione personale colposa previsto e punito
dall'articolo 590 del C.P."
I
danni da mobbing rientrano in Germania nella casistica delle
malattie professionali. I casi di mobbing possono, dunque, essere
denunciati all'INAIL in base alla sentenza della Corte
Costituzionale n° 179/89 cioè come malattie professionali non
tabellate per cui spetta al lavoratore l'onere della prova
dell'origine professionale, concetto questo ribadito dall'articolo
10 del decreto legislativo n° 38/2000. Prova non sempre facile in
quanto ogni forma di provocazione o di aggressione deve essere
dimostrata e la difficoltà consiste spesso nel disporre di prove
flagranti, anche perché talora non sono presenti manifestazioni
di solidarietà da parte dei compagni di lavoro. Si tratta,
dunque, per il lavoratore di raccogliere documentazioni relative
ad eventuali provvedimenti: lettere di richiamo o di biasimo,
modifica di mansioni, trasferimento di sede di lavoro, spostamento
di ufficio, etc. In questo caso la diagnosi e la prova
dell'origine professionale si intersecano profondamente in quanto
gli elementi che dimostrano l'origine professionale sono
esattamente gli stessi che permettono di porre diagnosi di
"violenza morale in ambito lavorativo". Per aiutarsi
nella diagnosi/prova, oltre che rivolgersi ai centri specializzati
per ora presenti solo a Milano presso la Clinica del Lavoro
dell'Università, si può adottare uno dei metodi già
standardizzati di ricerca, come il questionario LIPT di Leymann
del 1997, che ha avuto adattamenti alle diverse realtà nazionali
(in Italia ad opera di Harald Ege). Il primo passo sarà quello di
pervenire ad una diagnosi differenziale con altre forme di
violenza morale quali lo stalking (controllo costante dei
lavoratori mirante ad abolire tutti i tempi morti) o con lo stress
lavorativo. Quest'ultimo è, infatti, il sintomo che può essere
causato da un aumento eccessivo del carico di lavoro, mentre,
numerosi specialisti, ritengono che vi sia mobbing nel momento in
cui icomportamenti violenti si manifestano per un periodo di
almeno 6 mesi, con una frequenza almeno settimanale degli episodi
di violenza, in una situazione in cui non sia prevedibile alcuna
reazione collettiva.
Per
quanto concerne specificamente il nostro Paese gli studi indicano
una durata del mobbing assai più lunga da 3 ad oltre 5 anni.Una
volta attuata la distinzione fra azioni mobbizzanti e mobbing vero
e proprio (le prime sono eventi traumatizzanti ma a carattere
sporadico spesso derivanti da fattori caratteriali o situazionali
destinati a ricomporsi automaticamente, mentre il mobbing si
manifesta come una azione o una serie di azioni che si ripete per
un lungo periodo di tempo quasi sempre in modo sistemico e con uno
scopo preciso), diviene dunque fondamentale una corretta anamnesi
lavorativa che si concentri sui seguenti punti :·
-
grandezza dell'azienda e del reparto del mobizzato, settore
produttivo;·
-
storia lavorativa all'interno dell'azienda e determinazione
temporale dell'attività in cui il lavoratore avrebbe subito il
mobbing;
-
contesto nel quale si inseriscono le azioni potenzialmente
mobizzanti;
-
durata della violenza morale in numero di mesi ;
-
frequenza degli attacchi ,
-
caratteristiche e modalità degli attacchi subiti; ·
-
numero dei soggetti praticanti tali violenze e loro ruolo
all'interno dell'azienda ·vi sono state forme di violenza
sessuale e se si di che tipo?;
-
valutazione del lavoratore sulle eventuali motivazioni del
mobbing;
·-
eventuale coinvolgimento dei colleghi o dei superiori
gerarchici da parte del mobbizzato; ·
-
situazione interna all'azienda (periodi di riduzione del
personale, ristrutturazioni etc);
-
epoca di esordio delle manifestazioni patologiche; ·
-
definizione esatta delle diverse patologie con attenzione
anche allo stato di salute anteriore,
-
valutazione soggettiva dell'autostima del lavoratore
riferito all'epoca precedente e successiva le azioni di mobbing.
Vanno
poi raccolte informazioni e/o documentazioni relative ad eventuali
provvedimenti: lettere di richiamo, di biasimo, modifica di
mansioni, trasferimento di sede di lavoro, ordini di servizio,
spostamento di ufficio etc).Una particolare attenzione va posta
anche alla struttura psicologica del soggetto in quanto è chiaro
che non tutti reagiscono nello stesso modo alla stessa quantità
di stress. Come afferma il Gilioli (direttore del Centro per la
Prevenzione, Diagnosi, Cura e Riabilitazione della patologia da
disadattamento lavorativo c/o la Clinica del Lavoro di Milano)
"c'è chi possiede anticorpi psicologici per cui è in grado
di neutralizzare per un periodo di tempo maggiore gli effetti
dannosi sull'organismo".Valutazione del danno psichico in
ambito INAIL La valutazione del danno permanente da parte
dell'INAIL comporta talune difficoltà determinate in parte dalle
caratteristiche delle tabelle valutative annesse al T.U., DPR n°
1124/65, che comportano che talora si proceda con metodo
analogico. In ogni caso resta fermo l'ineludibile riferimento al
grado di riduzione della attitudine lavorativa ed alla concreta
spendibilità lavorativa della funzione residuata. che fanno
riferimento alla capacità lavorativa.Tale valutazione dovrebbe
essere fatta, come anche confermato nel recente decreto di
modifica, all'atto della stabilizzazione del danno, che in genere,
quando riguarda la sfera psichica, pretende tempi lunghi, come del
pari lunghi appaiono i periodi di inabilità assoluta temporanea
che mai come in questo caso assumono rilievo ai fini della
prevenzione di maggiori danni. Si tratterà di pervenire ad una
valutazione non appena il quadro sintomatologico appaia
consolidato, dovendosi tenere conto della caratteristica
oscillante di tale danno anche ai fini delle eventuali ricadute.
In primo luogo si può partire, avendo chiare le diversità, per
quanto concerne essenzialmente la capacità lavorativa dalle
valutazioni previste dalle tabelle dell'invalidità civile:
-disturbi
della memoria di lieve entità 11-20;
-
disturbi della memoria di media entità 21-30;
-
nevrosi ossessiva lieve 15
-
nevrosi fobica ossessiva e/o ipocondriaca di media entità 21-30;
-
nevrosi fobica ossessiva grave 41-50;
-
disturbi ciclotimici che consentono una limitata attività
professionale e sociale 36;
-
disturbi ciclotimici con ripercussioni sulla vita sociale 51-60;
-
sindrome depressiva endoreattiva lieve 10;
-
sindrome endoreattiva media 25;
-
sindrome depressiva endoreattiva grave 31-40;
-
nevrosi ansiosa 15.
Nel
volume "Il danno psichico" di W. Brondolo e A.
Marigliano si propone una scala di valutazione che si riporta:
-
intensificazione e permanenza a distanza di almeno uno-due
anni, di sintomi nell'ambito delle funzioni cognitive e della vita
affettiva: appiattimento della affettività, difficoltà
espressive, occasionali attacchi di panico, abbandono delle
amicizie, alterazione dei rapporti interpersonali, con possibilità
di interruzioni di relazioni affettive stabili e peggioramento
globale del modo di essere 10-15%;
-
presenza di sintomi psicopatologici più gravi quali: idee
di suicidio, frequenti attacchi di panico, tendenza cleptomaniche
ed altre anomali della condotta ( potus, assunzione incongrua ed
arbitraria di psico-farmaci, trascorrere spesso la notte fuori
casa), alterazioni significative del tono dell'umore, prendere
decisioni avventate che coinvolgono altri componenti della
famiglia, ripetute assenza non giustificate dal lavoro ecc.
20-30%;
-
presenza di più gravi sintomi psicopatologici: diminuzione
delle capacità critiche nell'esame di realtà, episodiche
alterazioni dell'orientamento temporo-spaziale ed affettivo,
diminuzione delle funzioni cognitive con significativo deficit
delle prestazioni abituali, sia nella vita di relazione che sul
lavoro, significativa alterazione della capacità di entrare in
rapporto con gli altri per la difficoltà di comunicazione,
alterazioni anche gravi del comportamento (episodi di violenza,
tendenze tossicofiliche, disordini affettivi e sessuali anche
nell'ambito familiare), subentranti episodi depressivi ecc.
30-40%;
-
significativa ma episodica alterazione della capacità di
comunicare, di entrare e di essere in relazione con gli altri,
diminuzione delle capacità critiche e di giudizio e saltuari
deliri con deficit del funzionamento sociale ed occupazionale,
40-50%;
-
presenza di deliri e di allucinazioni che compromettono
gravemente la vita quotidiana del soggetto, 55-65%;
-
diminuzione della capacità di avere cura della propria
persona, rischi di atti violenti contro se stessi e contro gli
altri, frequenti stati di eccitamento psicomotorio, perdita delle
relazioni sociali ed affettive, 65-75%;- incapacità quasi
completa di badare a se stessi ed inemendabile sintomatologia
aggressiva con alto rischio suicidiario e di violenze eterodirette,
75-90%.
Scarsa
è stata anche l'attenzione dell'Istituto assicuratore a riguardo
di questa tipologia di danno, con una attenzione rivolta al solo
lato infortunistico. Recentemente Espagnet-Ottaviani-Bonaccorso,
nel volume "INAIL: “Tabelle di valutazione del danno
neuropsichico in ambito infortunistico lavorativo", hanno
affermato:
-
sindrome soggettiva dei traumatizzati cranici o sindrome
fisiogena: valutazione medico legale 5-11%;
-
cefalee vasomotorie 3-5%;
-
emicrania post-traumatica 3-8%;
-
disturbo post-traumatico da stress: solo ITA (inabilità
temporanea assoluta); in alcuni casi, assai rari, i sintomi si
protraggono nel tempo non rispondendo adeguatamente alla terapia
farmacologica e/o analitica 5-11%;
-
disturbo psicotico breve: solo ITA.
Infine
nella "Guida alla valutazione medico-legale" di
Luvoni-Mangili-Bernardi non si danno indicazioni in merito
all'invalidità permanente per le forme psichiche.Unico
riferimento riguarda la sindrome soggettiva generale da trauma
cranico (che può consistere in cefalea, irritabilità, sensazioni
di deficit della memoria e dell'attenzione, disturbi del sonno,
con obiettività neurologica normale) per la quale viene indicata
un'incapacità lavorativa del 6-8%.
Le
proposte di nuove tabelle valutative delle menomazioni di cui
all'articolo 13 del decreto legislativo n° 38/2000, elaborate
dall'INAIL, si soffermano maggiormente, anche se non in maniera
esaustiva, riportando:
179
Epilessia con grave compromissione psicofisica (scadimento sino
alla perdita dell'autonomia personale) a seconda del tipo di crisi
(semplici, complesse, generalizzate): >60;
180
Disturbo post-traumatico da stress cronico moderato, a seconda
dell'efficacia della psicoterapia: fino a 6;
181
Disturbo post-traumatico da stress cronico severo, a seconda
dell'efficacia della psicoterapia: fino a 15
182
Disturbo psicotico - sindrome dissociativa di lieve entità: fino
a 4;
183
Disturbo psicotico - sindrome dissociativa di lieve entità:
10-20;
184
Disturbo psicotico - sindrome dissociativa di media entità:
21-50;
185
Disturbo psicotico - sindrome dissociativa
di grave entità: > 50;
188
Deterioramento mentale, sostanzialmente comparabile a stato
deficitario semplice:fino a 50;
189
Deterioramento mentale generale: > 50;
190
Demenza vera :> 90.
Ricordiamo
però che tali valutazioni fanno riferimento a quanto previsto
dall'articolo 13 e cioè all'indennizzo del danno biologico.
Riconoscimento
come "causa di servizio":
Due
sono gli elementi rispetto ai quali appare utile richiamare
l'attenzione anche alla luce della particolare caratteristica del
nostro paese in cui, unico caso in Europa, il pubblico impiego
partecipa in maniera significativa (oltre al 30%) alla casistica
sul mobbing. In linea generale la predisposizione organica a
contrarre una determinata malattia o la sua preesistenza
all'assunzione in servizio non costituiscono di per sé
preclusione al riconoscimento della dipendenza da causa, o per
meglio dire, concausa di servizio, né quindi del diritto all'equo
indennizzo, dovendosi considerare se l'attività svolta abbia
facilitato o accelerato l'insorgenza della malattia o ne abbia
aggravato o accelerato il decorso, contribuendo all'insorgenza di
esiti più gravi. Inoltre, per dottrina costante, il dies a quo
semestrale decorre dal momento in cui il
dipendente abbia avuto piena consapevolezza della dipendenza della
patologia da causa di servizio.Si può affermare che la
tempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da
causa di servizio decorre non entro i sei mesi dal momento in cui
si è manifestata l'infermità ma entro i sei mesi in cui si sono
conclamati gli esiti dannosi stabilizzati dell'infermità. Occorre
dunque che la domanda di riconoscimento e la relativa
certificazione medica e specialistica siano finalizzati al quadro
menomativo a carattere permanente. A tale riguardo afferma il
Consiglio di Stato Sez. IV n° 639 del 30 aprile 1993: "per
le malattie che col decorso del tempo diventano permanenti, il
dipendente può proporre domanda di accertamento della dipendenza
da causa di servizio entro il termine semestrale decorrente dalla
conoscenza della permanenza della malattia" (vedi anche
Consiglio di Stato Sez. IV n° 365 del 4 maggio 1988, Consiglio di
Stato Sez. IV n° 951 del 9 maggio 1992, Consiglio di Stato Sez.
IV n° 868 del 15 giugno 1993, etc). Nella valutazione del danno
si farà ricorso alle tabelle di legge che per quanto concerne le
patologie di tipo psichiatrico sono lacunose, operando anche per
similitudine:- 1° categoria: le lesioni del sistema nervoso
centrale con conseguenze gravi e permanenti di grado tale da
apportare profondi ed irreparabili perturbamenti alle funzioni più
necessarie alla vita organica e sociale o da determinare incapacità
a lavoro proficuo;- 4° categoria: psico-nevrosi gravi (fobie
persistenti)- 6° categoria: psico-nevrosi di media entità,- 7°
categoria: isteronevrosi di media gravità- 8° categoria:
sindrome nevrosiche lievi, ma persistenti.